Il classico tra i classici, il thriller italiano più rappresentativo di ogni tempo non è più giudicabile aprioristicamente, ormai. Il valore effettivo del film di Argento può forse non raggiungere il massimo dei voti (la sceneggiatura, benché affascinante e intricata al punto giusto, ha lacune non da poco), ma la quantità di innovazioni presenti (tra le quali l'uso assolutamente rivoluzionario delle musiche è solo la più appariscente), la cura maniacale dei dettagli, la scelta di scenografie ultrabarocche sottolineate da una fotografia favolosa che esalta i contrasti di luce con una forza impensabile, il cast prestigioso diretto da Argento...Leggi tutto con mano sicura, i movimenti di macchina, le panoramiche, l'uso sapiente delle famose “soggettive” e mille altre qualità hanno trasformato con gli anni PROFONDO ROSSO in un caposaldo del cinema italiano, in un film il cui solo titolo è capace di suggestionare a fondo il nostro inconscio. PROFONDO ROSSO è il manifesto dell'horror in Italia, uno dei pochissimi film di genere che siano stati capaci di travalicare i confini angusti del genere per entrare ad honorem nel gotha del cinema tout court. Pare davvero esercizio stucchevole andare oggi a cercarne i difetti, che pure ci sono. Cosa manca in fondo ad Argento per essere considerato un autore con la a maiuscola? La forza delle immagini di PROFONDO ROSSO ha pochi eguali, la violenza insistita degli omicidi non guarda in faccia nessuno e urla la propria indipendenza dal cinema edulcorato nato per le grandi platee. Quante sono le sequenze epocali, le curiosità... Rivoluzionario!
Profondo rosso è il miglior film horror di sempre. Fa paura, angoscia, il cattivo è veramente cattivo. Le ingenuità registiche magicamente si trasformano in pregi. Trovate uniche (il pupazzo, la nenia infantile, la trovata del quadro/specchio etc). Un tema musicale che è diventato un cult. Nessuno sente la mancanza degli attuali effetti speciali. Da vedere e rivedere.
Non perfetto (brutti i siparietti comici), ma decisamente buono, con moltissimi elementi (la musica, i colori, la scenografia eccetera) di livello eccezionale, al punto da quasi annullare la percezione dei buchi di sceneggiatura, non proprio piccini... La scoperta da parte di Hemmings del disegno infantile sul muro è l'emblema di come tutti gli elementi prima citati concorrano a rendere l'opera indimenticabile. Film decisamente più importante, storicamente ed emotivamente, che privo di difetti.
MEMORABILE: Hemmings che esplora la villa, sulle note di "Mad puppet".
Il capolavoro di Dario Argento e punta inarrivabile del "giallo all'italiana". Il regista romano dopo i suoi precedenti tre gialli aveva provato a mutare radicalmente genere (Le 5 giornate) ma lo scarso riscontro del pubblico (che da lui oramai attendeva solo "thrilling") lo fece ritornare immediatamente sui suoi passi. Il risultato e' questo splendido film, che credo pochi non abbiano visto, e l'altrettanto bello Suspiria (horror e non più giallo). Poi l'inizio della fase discendente.
E' quasi imbarazzante recensire questo film, perchè funziona così bene da non far trovare punti deboli (se li ha, li nasconde alla grande). I colori, le musiche, gli attori, la suspence che si trasforma in genuino terrore, in pura angoscia sono un mix esplosivo. Già vedere l’occhio dell’assassino e su un tavolo nero vari oggetti da bambino, ma non solo, esalta. Per non parlare di due scene tra le più sadiche mai viste al cinema (la donna soffocata nell’acqua bollente e i denti dell'uomo fracassati sugli spigoli). Solo Daria Nicolodi risulta un po' forzata. Unico e imprescindibile.
MEMORABILE: La scena in casa della poverina, col merlo indiano che finisce infilzato (rispetto a lei fa quasi una bella fine).
La consacrazione di Argento, anche sul piano internazionale, arriva curiosamente con un film di transizione, quello che traghetta il regista dai gialli "puri" agli horror visionari. Questo film è ancora un giallo, ma entra prepotentemente in gioco la componente splatter, grand guignol, come è annunciata dalla sequenza d'apertura girata non a caso in un teatro. Fotografia splendida, estrema cura dei dettagli, che devono essere recepiti dallo spettatore per risolvere il film. Parentesi rosa insopportabili.
Profondo rosso. Il titolo è già una mezza genialata. Poi però si aggiunge il film, che è semplicemente fuori dal mondo. Cosa bisogna dire? Un ottimo cast, una trama perversa e cattiva. Lo sfondo infantile rende magica e macabra l'atmosfera, valorizzata da una fotografia straordinaria, musiche passate alla storia e scenografie barocche altrettanto malate. Sia in esterni che in interni tutto pare infettato da quel sublime virus che Argento ha poi perso per strada. Da farsela addosso. Straordinario.
Il miglior thriller della storia del cinema. Tutto funziona alla perfezione: gli attori, davvero azzeccatissimi; la sceneggiatura, incredibilmente complessa ed inquietante, che riesce a portare ai massimi livelli i temi più importanti del thriller e dell'horror; la fotografia, particolarissima ma veramente magistrale; la regia, che praticamente rappresenta l'apoteosi della perfezione cinematografica. Per non parlare delle musiche, veramente leggendarie. Un vero capolavoro.
Dario Argento firma la regia della sua opera più riuscita, che si distacca dalla triade di gialli precedenti perché presenta un nuovo modo di raccontare la paura, qua contaminato con atmosfere paranormali.
Impeccabili sia la sceneggiatura opera di Bernardino Zapponi (e riscritta da Argento stesso), sia la musica di Giorgio Gaslini eseguita dai Goblin. Pur trattandosi di un giallo, Profondo Rosso ha qualcosa di "magnetico" e indefinibile che lo ha reso un vero e proprio capolavoro, mai apparso datato, visto ed apprezzato da diverse generazioni.
MEMORABILE: Carlo: "quello che vedi realmente e quello che immagini si mischia nella memoria come un coktail del quale tu non riesci più a distinguerne i sapori."
Delirante, eclettico e commentato da uno score indimenticabile. Rappresenta, da un lato, una summa dei tòpoi della trilogia degli animali, dall'altra un suo superamento, penetrando negli abissi oscuri dell'irrazionale e insistendo sulla ritualità dell'omicidio e sulla sua violenza. Il cast è perfetto, da Hemmings alla Nicolodi, da Pagni a Lavia, dalla Mèril a Mauri, dalla Calandra alla Calamai e alla piccola Elmi; regia, fotografia e dettagli impeccabili.
Spaventone. Qui si preferisce (di poco) Suspiria, però siamo comunque nell'empireo: la "potenza di fuoco" di questo capolavoro è tale e quale all'epoca. Ottima la scelta di Hemmings (che esplicita il legame con Blow up che caratterizza gran parte del miglior cinema argentiano); il resto del cast (con fior di vedettes del teatro tricolore usate come carne da macello) spiega perchè il cinema italiano degli Anni Sessanta e Settanta è stato quello che è stato, e il cinema italiano odierno è quello che è. Sempre sia lodato.
Secondo Sant'Agostino Dio è massima perfezione, ma le sue creature non condividono lo stesso stato e sono quindi intrinsecamente imperfette.
Se Dario Argento non avesse abbandonato il liceo al secondo anno avrebbe potuto studiare il pensiero del Santo di Ippona e sarebbe divenuto un pacifico notaio di provincia; ma essendo fuggito dagli studi classici non si fece scrupoli: scrisse, sceneggiò e diresse Profondo Rosso e creò un film perfetto.
Senza alcun dubbio il miglior thriller italiano e forse anche quello di più successo. Composto da un'infinità di particolari che deviano lo spettatore da quello che è il suo intento primario: individuare l'assassino. Argento riesce a creare intorno al killer quell'alone di crudele follia omicida che inquieta lo spettatore per tutto il film. Un'opera di terrificante fascino e di perversa e sanguinaria bellezza. Colonna sonora dei Goblin ancora una volta fantastica ed inquietante.
Argento qui elabora la summa di elementi sparsi qua e là nei film precedenti (anche non suoi) e ci regala momenti di terrore e delirio visivo; non importa quanto in verità la narrazione presenti non poche lacune e contraddizioni, tutto si gioca sulla visione e la distorsione della realtà. Di una deliziosa antipatia la Nicolodi (che in una scena butta nel cestino la foto di Marilù Tolo, ex fiamma di Dario Argento).
Ottimo. Uno dei migliori gialli italiani (il migliore è la Lucertola, a mio avviso) ma non il migliore di Argento (che a parer mio è Tenebre). Solidissimo, con un cast di star e di bravi caratteristi a condire il tutto. Ben costruiti i delitti e la colonna sonora è entrata nella storia. Tra le presenze femminili cito la Calamai e la Meril. Un piccolo capolavoro: la scena nella casa abbandonata è da manuale.
Classico indiscutibile nella storia del cinema di genere e nella filmografia di Dario Argento. Sceneggiatura esemplare, ambientazione inquietante e azzeccata, ritmo notevole e colpi di scena da antologia. Perfetto il cast, con un David Hemmings che non toccherà più simili vertici. Stesso discorso per la Calamai e Lavia. Notevole anche Pagni. Grandi effetti speciali. Storica la colonna sonora.
MEMORABILE: Il protagonista assiste sgomento all'omicidio; il professore e il robot; il drammatico finale.
Non rivedrò mai questo film finché campo. Detto questo, è bellissimo. A parte la passione sfegatata che la sottoscritta nutre per David Hemmings ancora giovane e magro, è davvero un classico nel suo genere. Fa paura, soprattutto prima e anche a prescindere dalle celeberrime scene splatter. Non dimenticherò mai l'occhio dell'assassino che appare nel buio dello sgabuzzino della casa di una delle vittime, la galleria di quadri, la voce che sussurra "Gianna" nella scuola silenziosa e deserta. Vale la pena soffrire e vederlo almeno una volta.
Film che travalica qualunque classificazione e giudizio, in quanto è per il thriller ciò che L'esorcista è per l'horror. Solo che "Profondo rosso" la sua fama se la merita tutta. Una tecnica impeccabile, su un impianto vagamente hitchcockiano, la sintesi di tutto ciò che era venuto prima e di parte di ciò che verrà dopo. Il particolare qui alle sue estreme conseguenze, mai stato così ben congegnato. Inspiegabile in due righe.
Il capolavoro di Dario Argento che firma il più bel giallo italiano di sempre. Praticamente perfetto, o quasi, soprattutto grazie ad un plot narrativo più equilibrato del solito, attraverso il quale il regista romano riesce ad avviluppare lo spettatore in una morsa stritolante, dalla quale è impossibile liberarsi prima di arrivare al gran finale che, come raramente accade, soddisfa appieno. Il tutto corroborato da una splendida colonna sonora firmata dai Goblin (che danno vita ad un tema celeberrimo ed immortale) e dai ritmi martellanti di Gaslini.
MEMORABILE: Il particolare che il protagonista non riesce a ricordare. Il gran finale. La macabra nenia infantile.
Classico del thriller italiano, iniziatore di un intero filone, "summa" dell'opera omnia di Argento? Tutte e tre le cose, probabilmente. In effetti il film ha tutto quel che serve per diventare un classico: ambienti curatissimi, fotografia e uso della m.d.p. di alta classe, storia sufficientemente intricata ed appassionante, omicidi molto brutali per l'epoca, una musica eccezionale e usata in modo complementare alle scene... Non so sia è in assoluto il migliore di Argento, ma di sicuro è tra i migliori tre. Di sicuro è un film che non passa mai di moda. Mitico.
Un film potabile, ma Argento è più vecchio dei maestri. Le sue trame da feulleitton, i suoi spaventi ormai pre-teen... Hemmings porta un soffio di Antonioni in questo calendario di morti con risibile trama in mezzo. Niente da fare: Argento non ha malizie, solo tremori adolescenziali. È purtuttavia ottimo idraulico del cinema: sa come tenere una cinepresa in mano. Ma Bava era migliore ed è venuto prima, dicendo già quasi tutto.
MEMORABILE: La linfa biancastra che esce dalla bocca della vecchia mentre l'ascensore...
L'intenzione di Argento era di tornare al genere che gli aveva dato la fama - inizialmente il titolo era "La tigre dai denti a sciabola" - ma il risultato finale non era più il classico thriller. L'accento è posto sulla suspance e sulla folle visionarietà degli omicidi, in bilico sul fantastico. Aumentano a dismisura l'importanza della fotografia, dell'iperbole degli oggetti, dell'architettura, della coreografia degli omicidi, della colonna sonora dei Goblin, divenuta proverbiale. Rivisto oggi è un po' invecchiato, ma rimane un cult assoluto.
Non vi sono dubbi che ci troviamo davanti ad un thriller di ottima fattura, anche se forse il suo nemico più grande è il tempo. Sicuramente negli anni della sua uscita ha mietuto parecchie vittime in fatto di terrorizzare lo spettatore. Detto ciò, ritengo che il pregio più grande (e che forse ha fatto la fortuna del film), sia la stupenda colonna sonora dei Goblin (particolare ammesso anche dallo stesso Argento), quella sì che da sola incute ancora terrore oggi. Classico da vedere almeno una volta nella vita.
Una di quelle rare pellicole che è possibile rivedere sempre, a distanza di tempo, per godere di un prodotto cinematografico di alta qualità; non solo per la sceneggiatura ma anche per la tecnica, i colori, le invenzioni, le musiche. Le morti violente vengono concepite come "naturalmente" sperimentabili da chiunque, per aumentare il fastidio allo spettatore. Praticamente perfetto e girato in stato di grazia.
Il capolavoro di Argento, che non regge però al tempo e alle ripetute visioni. Diverse scene cult (gli specchi, la bollizione della scrittrice, la villa Scott, l'ascensore), attori discreti e un sapiente utilizzo di rumori e musiche memorabili (essenziali per la fama di cui gode il film, senza quelle..). Ma anche dialoghi vuoti, eventi prevedibili e tanto tempo perso sulle scaramuccie amorose tra Hemmings e la Nicolodi. Un prodotto notevole ed emblematico che ha conquistato tanti favori all'estero, ma non è un racconto che toglie il sonno.
MEMORABILE: L'irruzione del merlo che verrà infilzato; la figlia del custode; i primi piani sugli oggetti del killer.
Avevo 13 anni ed era il venerdì 21 ottobre del 1983 quando lo vidi per la prima volta in tv (gli storici dei palinsesti televisivi potranno controllare...). Notte successiva insonne, ovviamente. Ma ciò che mi stupisce ancora oggi ricordare è il senso di malsano che pervase la mia mente per buona parte di quell'autunno di tanto tempo fa. Dopo, mi ci sono voluti anni per sentirmi di rivederlo senza saltare le scene topiche. Se non basta tutto questo a giustificare il massimo dei voti...
MEMORABILE: La scoperta oltre il muro abbattuto nella villa; il diabolico pupazzo meccanico (che sia maledetto...)
Ormai un classico. Dario Argento, allora traboccante di idee, riversa tutta la sua personalità in un'opera che inquieta. Sì, perché Argento non cerca l'orrore "ad effetto" (meccanismo su cui si basa la maggior parte degli horror di oggi), ma lo estrapola dall'atmosfera che, attraverso una sceneggiatura che è un piccolo compendio di tutte le paure che abbiamo dentro, è riuscito a ricreare. Bella inoltre l'idea di omaggiare la carriera di una grande attrice come Clara Calamai. Fotografia e musiche (chi non le conosce?) all'altezza.
MEMORABILE: A volte quello che vedi e quello che immagini si mischia, come in un cocktail, e non si può più distinguere. (Carlo, l'amico di Marc).
Rivisto in pellicola recentemente: che dire... Tanta nostalgia per un cinema che non c'è più. Dopo 33 anni la musica dei Goblin è l'elemento rimasto intatto, capace si suscitare paura per lo spettatore e goduria per chi ama la musica. Lo splatter degli omicidi è invecchiato (su tutti la scena finale), ma così non è per la regia e per l'incredibile montaggio. La parte iniziale della medium rimane davvero un gioiello, come sorprendente è l'interpretazione della Calamai. I duetti Hemmings-Nicolodi, soprattutto sul grande schermo, meritavano un taglio di due minuti.
MEMORABILE: Il bicchiere d'acqua bevuto dalla Mèril-Medium; l'eleganza di Mauri alle prese con il vapore; il trucco del fuoco nella villa (che tenerezza!).
Il famoso venerdì 21 ottobre del 1983 lo vidi in pieno trasloco. Tra scatoloni e mobili fuori posto: atmosfera giusta per spaventarsi. Un film sul quale risulta difficile soffermarsi. Il giallo che ha ha fatto desiderare a tutti noi l'acquisto del videoregistratore per verificare che il particolare del riflesso nello specchio fosse effettivamente visibile. Ora viene un po' il magone a pensare che Argento da una quindicina d'anni ha smarrito il suo occhio e, di conseguenza, la sua capacità di farci perdere il sonno.
Abbastanza datato negli effetti speciali e un po' lacunoso nella trama, ma a suo modo elegante e visionario nella sua violenza quasi stilizzata. Argento riesce a trasmettere un senso di terrore puro e gelido in una serie di sequenze agghiaccianti e perfettamente organizzate. La colonna sonora riesce ancora a far tremare di paura. Non perfetto, ma unico nel suo genere.
Argento definisce meglio il suo formidabile stile, affina ulterirmente la tecnica, aggiunge simboli alle immagini secondo uno schema poi divenuto tipico e aumenta sensibilmente il tasso di violenza. La musica per la prima volta diventa tanto importante all'interno di un soggetto cinematografico e ne accompagna ogni momento significativo. Nelle scene notturne all’aperto vi sono citazioni evidenti ai quadri di Edward Hopper. Meno dichiarate ma presenti sono alcune idee prese da Chi l’ha vista morire di Lado uscito tre anni prima. Quasi capolavoro.
Il miglior film thriller-horror italiano che abbia visto. Non me lo aspettavo ed effettivamente devo dire che è quasi un capolavoro. La suspense dura per tutto il film, grazie anche alla colonna sonora dei Goblin. Credo che possa far parte tranquillamente della storia del cinema italiano.
Gemma del cinema thriller italiano, pietra miliare del regista Argento, che con quest'opera si impose nel panorama mondiale. La storia di per sé non è così spaventosa, ma si fonda su idee psicologiche che mettono la giusta ansia ed è così ricca di piccoli dettagli che diventa difficile distogliere l'attenzione della immagini, rese meravigliose dalla fotografia e dalla scelta delle riprese, mai banali e perfettamente inserite nel clima. Il tutto condito da una colonna sonora che dire memorabile è poco. Iconico.
L'identità è uno specchio. Argento lo manda in frantumi e precipita sullo spettatore un caleidoscopio di frammenti, analogie, ossimori. La percezione si smarrisce in un flusso ininterrotto di apparenze, miraggi, soluzioni figurative magnificate dal grande schermo inquadratura per inquadratura, come un puzzle che si risolve nella rarefazione della logica narrativa. In termini stilistici, siamo a un vertice assoluto: la fluidità - dei generi sessuali, degli spazi immaginali, delle coreografie di morte - informa una partitura che dirada nelle geometrie del sogno. Travolgente.
MEMORABILE: La sequenza del pianoforte; Il burattino e la bambola impiccata. Lo score.
A mio avviso la migliore opera argentiana insieme a Il gatto a nove code. Perfetto bilanciamento tra trama (ben scritta, articolata) e con elementi investigativi che stimolano la mente; impatto visivo e d'atmosfera che colpisce irreversibilmente l'occhio. Argento riprende diversi topoi del genere (la casa abbandonata, la bambina dai capelli rossi), propri (il trauma infantile) e citazioni (Gli uccelli di Hitchcock) e vi unisce grandi elementi d'atmosfera, la musica jazz, le caratterizzazioni di Hemmings e della Nicolodi. 4 pallini. Imperdibile.
MEMORABILE: Almeno due sono entrate nella storia del cinema: la scena del pupazzo e l'idea dell'ascensore, parto di una mente geniale e diabolica. Applausi!
Inimitabile. Un giorno mi dissero che le trame dei film di Dario Argento erano e sono frutto di incubi notturni; peccato soltanto che forse da un certo momento in poi è venuta a mancare la giusta interpretazione delle sue sceneggiature oniriche perché la trilogia dgli animali e questo film rappresentano la perfezione del Giallo. Grandi l'ambientazione torinese e l'intreccio che nasce e muore nello stesso luogo, rispettando il detto che l'assassino torna sempre sul luogo del delitto. Attuale.
Non è un solo un ottimo film ma una macchina perfetta che incute terrore ad ogni fotogramma. Tutto ma proprio tutto funziona in questo superbo capolavoro della suspence e del terrore. Atmosfere angoscianti per una storia impressionante. Autentico caposaldo del thriller, anche se sfocia nell'horror. Una colonna sonora di altissimo livello incornicia il tutto. Chi non lo ha visto?
Grande film. Non un capolavoro (ancora troppe incongruenze di trama, troppe inadeguatezze dei dialoghi ecc.) ma il film in assoluto più terrificante di Argento, ricco di visionarie e sanguinose sequenze. La trama, a dire il vero, ricalca L'uccello dalle piume di cristallo, mentre dal punto di vista iconoclastico il film riprende molte delle intuizioni presenti in 4 mosche. Però è superiore ad entrambi perché, appunto, coniuga il tutto in un sapiente mix assolutamente terrorizzante.
MEMORABILE: Lo svelamento del significato del "quadro" spostato o scomparso.
Per molti lo zenith del regista; sicuramente l'incontro tra il primo Argento (giallo) e il secondo (horror). Ma il film risulta affascinante sì ma farraginoso. Si amplifica la tendenza di Argento a affannarsi per raggiungere le scene madri (invero notevoli). Però un segno profondo (color sangue) nel nostro cinema lo ha lasciato. Come in Bava, Argento ha l'accortezza di lasciar intravedere la meccanica dell'artificio, così da godere sia come vittime sue che come spettatori della macchina teatrale.
Forse è l'horror più celebre e "celebrato" in Italia, riconosciuto sia per la genialità del regista italiano, Dario Argento, sia per la struggente colonna sonora dei Goblin. Un horror mischiato col giallo all'italiana. Argento ci propone una storia brillante, originale. Bellissima la scena della bambola.
Un pianista e una giornalista sulle tracce di un efferato serial killer. Classico del terrore su cui c'è poco da aggiungere. Argento ha una straordinaria capacità di risucchiare l'attenzione dello spettatore all'interno dei meandri morbosi della storia, ma anche di lasciarle sfogo attraverso siparietti leggeri: giocando, quindi, come il gatto con il topo. A questo si aggiunge la straordinaria tensione dei momenti clou attraverso una potente visione dei dettagli e il movimento della macchina. La musica è la ciliegina sulla torta. Grande cinema.
Io preferisco chiamarlo "Deep red". Argento crea un film che è un caposaldo del cinema mondiale. In una viedeoteca di Surfer's paradise, Queensland, Australia, mi capitò anni or sono di vederlo in uno scaffale in bella mostra. Inorgoglito dissi alla commessa che era un film italiano, lei rispose: Really? Aaghentou. Il mio torace aumentò di volume, il mio pensiero corse a Roma. Senza quelle location forse sarebbe stato un film diverso; oggi alcuni momenti ci sembrano buffi e ci fanno tenerezza, ma quando lo vedemmo, per me e il resto della mia classe, non fu così.
Decisamente memorabile, è il film in cui Dario Argento mescola più abilmente le atmosfere del thriller con quelle dell'horror che prevarrà nella parte successiva della carriera del regista. A partire da una solida sceneggiatura, il regista firma sequenze memorabili (specie quelle dei delitti) che lo fanno giustamente entrare nella storia del cinema italiano. Ottima la prova del cast con vecchie e nuove glorie.
Sicuramente si può sostenere che ci troviamo di fronte ad uno dei migliori film horror italiani di sempre e nella fattispecie al miglior film girato da Dario Argento. La trama scorre fluida e le scene d'azione sono incalzate dalla coinvolgente musica dei Goblin. Dall'inizio del film sino alla sua fine, lo spettatore cerca di scoprire, insieme al bravo David Hammings, il mistero che si cela dietro a svariati omicidi molto cruenti, in un crescendo di situazioni da suspence senza sosta.
Un'istituzione, pertanto difficilmente criticabile. È forse il film che più di ogni altro ha insegnato a mettere perfettamente in parallelo immagine e sonoro, a creare un'inquietante armonia tra girato e soundtrack. Una palette di colori sbalorditiva, attori in parte e molte idee ma, checchè se ne dica, "Profondo Rosso" non è un film perfetto. Per dirne una, la lunga durata non è un dettaglio incoraggiante. Per dirne due, Argento alla quinta regia già cade nell'autocitazione (il pupazzo da Quattro Mosche, il particolare sfuggente da L'Uccello...).
MEMORABILE: Indubbiamente, i brani della colonna sonora.
Sì, solo ciò che continua a piacere diventa tradizione, ma dopo 13 volte e un bombardamento trentennale, ormai sono riuscito ad apprezzare soltanto David Hemmings nella villa che ha gli stessi sguardi di 10 anni prima in Blow up. Altrimenti posso inchinarmi al fatto che il film ha creato un nuovo trend e dato una svolta al thriller, ma con buona pace di molti, mi permetto di dire che non è assolutamente il capolavoro del regista, che almeno quattro volte ha fatto di meglio e in due o tre casi anche di molto meglio.
MEMORABILE: Lo specchio, la lavagna, i bambolotti, la Méril. La colonna sonora, specie quando lui s'aggrappa agli arbusti e quando visita la villa la prima volta.
La più riuscita fusione tra giallo e horror mai avvenuta nel cinema. Giallo che stimola il ragionamento e la riflessione (soggetto eccellente) e horror che rievoca primordiali sensazioni di paura e angoscia. A comporre questa miscela la bravura degli attori, la maestria nei movimenti di mdp, l'estrema cura dei dettagli, le contrastanti location liberty e razionaliste e le musiche superbe dei Goblin. Dopo ripetute visioni si possono notare "smagliature" nella trama, ma in fondo l'obiettivo di un film è colpire lo spettatore alla prima volta.
MEMORABILE: "La realtà e la tua immagine della realtà si mescolano nella mente come un cocktail del quale non riesci a distinguerne i sapori".
Uno dei migliori gialli italiani, se non il migliore. È una pietra miliare del thriller internazionale, girato con un gusto per le morbosità eccezionale (le bambole impiccate, i disegni macabri, i delitti molto "dolorosi" e splatter) e con tecniche di ripresa rimarchevoli, che testimoniano tutta l'abilità di Argento con la mdp. E che dire delle musiche (chi non le conosce!), della fotografia e delle scenografie? Tutto è perfetto. Peccato solo per i buchi della trama, per gli SFX e per la recitazione (Hemmings è inespressivo). Inquietantissimo.
MEMORABILE: L'omicidio di Giordani con il tagliacarte nella nuca, quello della Righetti, il brevissimo prologo e il finale.
Per quanto, nel complesso, il film sia "bello", c'è anche da dire che lo stesso è ricco di errori e imperfezioni (la sceneggiatura e gli attori, per dirne due). Il film si basa principalmente sulle folli, ma stupende, inquadrature di Dario Argento, che riempie il suo film di innovazioni tecniche e stilistiche. Meravigliose le soggettive, in cui lo spettatore si immedesima, per così dire, nell'assassino. Mediocri (potevano esserci risparmiate) le scenette tra Hemmings e la Nicolodi, che fanno calare in maniera vertiginosa la qualità del film.
C'è poco da dire: qui ci troviamo davanti all'italian giallo per eccellenza, quello che più volte noi stessi abbiamo provato ad eguagliare senza mai riuscirci veramente. Argento è al suo meglio e, purtroppo, non riuscirà più a ripetersi a questi livelli. Molte sono le scene rimaste nell'immaginario collettivo (una fra tante, l'orrendo omicidio della medium), così come le musiche, entrate nella storia. Certo, c'è qualche incongruenza nella storia, ma i pregi battono ampiamente i difetti.
MEMORABILE: La sequenza iniziale, quasi onirica, dell'omicidio ripreso come ombra.
Signori, il cinema. Energico. Potente. Vigoroso. Emozionante. Inimitabile. Cercare di trovare a tutti i costi dei difetti ad un gioiello come questo, che ha segnato per sempre il cinema del terrore italiano, è un esercizio sterile e puerile che lasciamo volentieri agli snob e ai "blooperisti" di professione che non hanno voglia di sognare e farsi trasportare dalla magnificenza di immagini uniche e irripetibili. Regia solidissima, cast perfetto, musiche rimaste nell'immaginario collettivo da 35 anni. Basta per poterlo definire capolavoro?
MEMORABILE: La scoperta del disegno nella casa del bambino urlante.
Il soggetto non permette di capire con chiarezza alcune dinamiche ed intrecci! Un film non perfetto in assoluto (esistono film PERFETTI?) ma straordinario! Ancora oggi, nonostante lo abbia visto centinaia di volte, mi emoziona! Pur sapendo ad ogni nuova inquadratura cosa vedrò all’inquadratura successiva, le visioni e gli incubi di Argento mi rapiscono… creando quel misto di eccitazione, stupore e paura!
MEMORABILE: Quel corridoio... quei quadri... il volto riflesso nello specchio...
Mi ispira un timore reverenziale, e poi mi pare sia stato già detto tutto! E' vero che qui Argento raggiunge la perfezione nell'equilibrio tra thriller e horror, personalmente credo raggiunga la perfezione nella tempistica della liturgia della paura. C'è una proporzione esatta tra i preliminari del delitto (vestizione dell'assassino, bambolette, passi e rumori, infilzamento del merlo, marionetta) e il delitto vero e proprio. Un'annunciazione della morte attraverso dettagli che gelano il sangue prima di farlo scorrere. Ottimo!
Non si considerano le falle nella sceneggiatura (evidenti) ma ci si lascia prendere dal soggetto (fenomenale): il cast è superbo (un po' meno la Nicolodi, la Calamai immensa), è diretto da Dario con perizia mai eguagliata; le scenografie barocche (vedere la fontana) fenomenali, la fotografia ed il colore forti, eccessivi e perciò magnifici. Le scene degli omicidi curatissime ed impressionanti, la chiave di volta (rappresentata dagli specchi) sublime; finale sorprendente, non banale, dove il macabro la fa da padrone (ma è macabro di classe). Perfetto.
Thriller assolutamente fondamentale, non solo per i meriti intrinseci, ma per aver fatto scuola e aver aperto strade fino allora sconosciute all'evoluzione del genere. Argento rivela appieno il suo talento registico, elaborando quel suo personalissimo linguaggio visivo, prospettico e cromatico che sarà il suo scintillante marchio di fabbrica fino al (ahimè) recente declino. Questo film - è giusto dirlo - non sarebbe lo stesso senza la musica allucinata ed ossessiva dei Goblin, che inventano una delle più straordinarie colonne sonore di sempre.
Straordinario ma inferiore a Phenomena per recitazione, fotografia e sceneggiatura. Si avvale come spesso accadeva nei film di Argento di una scelta delle location perfetta e di una formidabile colonna sonora che spesso però intralcia la forza delle sequenze visivamente più spinte. Risente moltissimo degli anni che passano per la qualità degli effetti gore ma alcuni momenti di paura conservano la loro unicità anche oggi e spaventano come allora. Pessima la love story tra Hemmings e la Nicolodi (tipica debolezza del regista).
A pensarci (dopo la centesima visione o giù di lì) sembra più un "collage" di quadri che non un film: è un insieme di idee geniali raccordate tra loro non sembre bene; eppure il film nel complesso merita, eccome. La summa del giallo argentiano, con una regia ottima, movimenti di macchina virtuosi e scene molto cruente (specie rispetto agli "Argento" precedenti, quasi asettici in tal senso). La Nicolodi recita dignitosamente, David Hemmings è troppo simpatico nelle sue piccole nevrosi.
Apice del giallo all'italiana e uno dei migliori film dell'orrore a livello mondiale, a tutt'oggi insuperato sotto molti aspetti. La fotografia, le insistenti inquadrature in soggettiva, la musica, il gioco di visto e non visto con lo spettatore: tutto concorre a creare un'esperienza visiva di rara intensità, entusiasmante e terrorizzante. Si tratta di una di quelle rarissime opere in grado di segnare un punto di non ritorno nella storia: c'è un "prima" e un "dopo" Profondo Rosso, con cui autori e spettatori dovranno sempre fare i conti.
Uno dei rari casi in cui si può andare orgogliosi del cinema italiano. Ineccepibile in ogni sua parte Argento mette su il film del secolo. Sceneggiatura indovinatissima che surclassa persino le storie di maestri quali Hitchcock e King. Ciliegina sulla torta le musiche dei Goblin rimaste scolpite per sempre nell'immaginario collettivo come sinonimo di "ansia e paura". Anche da un punto di vista stilistico e scenografico rasenta la perfezione. E poi ha il merito di essere il padre putativo di un genere: quando il giallo si sposa con l'horror.
Uno dei pochi thriller italiani conosciuti in tutto il mondo e uno dei pochi che è riuscito a soppiantare la concorrenza americana che di certo in campo cinematografico ha mezzi ben diversi dai nostri. Dario Argento confeziona una sceneggiatura quasi perfetta, ricca di particolari e di suspance. La musica è passata alla storia e il film anche.
Un film al confine tra il thriller e l'horror. Molto efficaci le location: dal teatro della conferenza, passando per la piazza del Blue bar, fino alla villa abbandonata. Ottima la trovata del personaggio che si riflette nello specchio, circondato da lugubri quadri. Apprezzabile quella che è una delle ultime interpretazioni cinematografiche di Clara Calamai, attrice del cinema italiano sin dagli Anni Trenta e grande stella dei Quaranta.
Se è uno dei dieci film più studiati nel mondo, un motivo ci sarà. All'apice del successo Argento ricomincia da capo, riproponendo (ma tecnicamente migliorandolo) il meccanismo dell'Uccello dalle piume di cristallo (artista straniero a Roma assiste a un delitto e inizia una discesa agli inferi durante la quale cerca di ricordare un particolare che gli sfugge). Se la trilogia animalesca aveva dato inizio a un genere, questo film ne rappresenta praticamente una pietra tombale: stavolta sarà impossibile da imitare.
MEMORABILE: Daria Nicolodi fa girare una sigarettina More tra le dita; David Hemmings da solo nella villa sulle note blues di "Mad Puppet".
Un po' datato, forse; e certamente con qualche salto nella sceneggiatura e qualche ingenuità di troppo. Ma "Profondo rosso" rimane nella storia come uno dei migliori di thriller di sempre: per la violenza, per i colori, per la splendida fotografia, per la memorabile colonna sonora, per l'ambientazione. Da vedere e rivedere.
MEMORABILE: Il quadro in realtà era uno specchio...
Caposaldo del cinema italiano di sempre. Ma non senza difetti. Infatti al di là degli enormi meriti dovuti a qualità visive di prim'ordine (inquadrature, movimento di macchina, fotografia, ambientazioni, uso della luce), alcune delle quali imitatissime, e all'incomparabile connubio fra immagini e musica, vanno pure indicati i limiti che la tipica produzione artigianale del periodo si porta appresso (sceneggiatura pretestuosa, svolgimento incostante, interpretazioni non all'altezza), limiti che impediscono di definire capolavoro film come questo.
Tremendamente bello, da brividi veri. Il capolavoro indiscusso di Dario Argento. Sicuramente ancor oggi, calcolando che si tratta di un film del '75, il più bel giallo mai visto: scene che fanno accapponar la pelle. L'avrò visto una decina di volte ma la scena della villa ancora mi mette una sana paura addosso. Dario ci racconta anche le sue fobie, i suoi incubi, come in tutti i suoi film del resto, anche nei meno riusciti, capolavoro assoluto. Pietra miliare di Argento, forse irripetibile, visto i suoi ultimi fiaschi (vedi Il cartaio e Giallo).
MEMORABILE: Giordani... Giordani... brindo a te... vergine stuprata.
Non è necessario disporre della tecnologia per la terza dimensione, perché quando entriamo nella sala della seduta di parapsicologia, tale prospettiva c'è già: è profonda ed è rossa. I colori sono una componente essenziale nel cinema, in particolare in alcuni film di Dario Argento. A parte l'utilizzo di adeguati supporti, l'arte di comporre tutti gli elementi è sempre e comunque supportata dalla forza del suo intenso rosso (o dell'incombente blu). La storia è il risultato di tale composizione, con le sue forme sorprendenti, anche dopo l'ennesima visione.
Capolavoro che va oltre il giallo, si respira nel film un atmosfera malata: il bambino traumatizzato, i disegni infantili e i delitti raccapriccianti. Argento punta molto sulla psicanalisi e lo fa bene (e non lo farà più come in questo film, che rimane il suo miglior thriller). Ottime le ambientazioni: il corridoio con i dipinti e la vecchia villa; ci sono dei momenti umoristici tra il protagonista e la giornalista Gianna che allentano la tensione. La colonna sonora dei Goblin è geniale ed è diventata un simbolo dei film del brivido.
Superbo. L'evoluzione ragionata di un genere (il thriller dalle contaminazioni horror) reinventato anni prima da Argento con L'uccello dalle piume di cristallo: stesse basi, ma qui tutto è portato ai massimi livelli possibili. Intuizioni geniali che quasi si sprecano (il pupazzo, il riflesso nello specchio, i disegni), regia splendida, musiche da antologia: si può chiedere di più? Ebbene si, visto che Suspiria deve ancora venire; li però sarà il trionfo della regia, della forma sul contenuto, due elementi che qui sono invece ancora ben equilibrati.
MEMORABILE: Il pupazzo fatto a pezzi; i disegni macabri sulla parete; l'inquietante figlia del custode.
Un misterioso assassino si aggira indossando un impermeabile e massacrando uomini e donne indistintamente (ma c'è un filo che le lega). L'inquieta narrazione argentiana raggiunge elevati picchi di suspense coadiuvati da un perfetta ed arcinota colonna sonora. Scene efferate e tensione abilmente misurata grazie al valido cast, in cui merita una menzione la Calamai.
Tecnicamente sopraffino con svariati virtuosismi tecnici a deliziare gli occhi dello spettatore: soggettive che impersonano l’assassino, carrellate sinuose a rimarcare gli spazi claustrofobici e malsani, zoom fulminei e montaggio subliminale di grande forza evocativa. Ottima gestione di spazio e tempo. La colonna sonora ipnotica affascina quando si presta a delineare gli snodi più inquietanti e i particolari più sadici. Pecca purtroppo in una sceneggiatura a tratti ingolfata.
MEMORABILE: Le sequenze in cui vengono mostrati in carrellata tutti gli oggetti. I titoli di testa.
Pietra miliare del cinema mondiale. Argento, in questo film, riesce a filmare direttamente la paura, quella più profonda, quella più oscura ed ancestrale. Tutto l’apparato scenico è impregnato di inquietudine e di tensione segreta: una piazza vuota, il volto di una bambina, il suono di un pianoforte, la toilette di un teatro, il corridoio di un palazzo pieno di quadri... Dietro ogni pezzo del mondo si può celare la tagliola, il laccio, la trappola, la morte che uccide. L’angoscia ha preso per sempre il potere e detta la sua logica. Meno male che è solo un film.
Continuo a cercare nei film di Argento qualcosa che mi trasmetta delle sensazioni, la sua grande tecnica non mi è mai bastata. Anche nel suo film, forse, più famoso, niente da fare: la vicenda si dipana in maniera grossolana, interessando poco e dimostrando subito i suoi annetti sulle spalle. Il cast è, come al solito, piuttosto dimenticabile e non riesce a imporsi sulle belle scenografie e location. Senza la grandiosa soundtrack, sarebbe molto più soporifero e dimenticabile. Rimpiango i suoi anni di gloria? Sì, ma non più di tanto.
MEMORABILE: I primissimi piani e la panoramica sugli oggetti; La visita alla villa abbandonata con i Goblin che incalzano.
Praticamente ovvio parlare di questo film come capolavoro del thriller-horror a livello mondiale, grazie alla gestione della mdp da parte di Argento che sconvolge tutti gli schemi con inquadrature e soggettive a dir poco mirabolanti. La fotografia è superlativa e questo già basterebbe per consacrare l'opera nell'olimpo del mondo cinematografico. Inevitabile però non notare qualche toppa nella sceneggiatura con relativa perdita di mordente in alcuni tratti del film e il pessimo doppiaggio italiano della Nicolodi. Poca roba...
L'apice del cinema argentiano, un mix ottimo (ma non perfetto) di giallo e horror, con scene di tensione costruite benissimo e supportate da una colonna sonora cult ed eccezionale. Hemmings è in parte, ma lo è anche il resto del cast, con una menzione speciale per la bravissima Calamai. La soluzione dell'enigma è tra l'altro coronata da un colpo di scena davvero ben realizzato (tanto che viene voglia di tornare all'inizio e vedere se i pezzi son tutti al loro posto e lo sono!) e da effetti speciali davvero lodevoli. Da vedere.
MEMORABILE: I quadri nel corridoio; La nenia infantile; La morte del professore.
Dagli effetti speciali di Carlo Rambaldi alla magnifica interpretazione di Clara Calamai; due figure fondamentali dell'opera argentiana e punti fermi della sua riuscita ricordano ad ogni visione che questo capolavoro, senza eguali, non teme il tempo e le nuove tecnologie! Nonostante alcune pecche di normale amministrazione, la sceneggiatura si libera con grande fluidità e trasmette forte eccitazione. Atmosfera da brivido nella location più famosa di Torino (la “unica” liberty Villa Scott). Partecipazione leggiadra di Eros Pagni. Notevole.
Il miglior film di Dario Argento è il trait d'union tra il thriller hitchcockiano e l'horror gotico. Da ricordare: una Clara Calamai sul viale del tramonto e il celeberrimo tema musicale dei Goblin. Viste le pessime opere moderne di Argento, è un film che si rimpiange decisamente.
MEMORABILE: L'omicidio della sensitiva; Il finale.
Film da tempo entrato nella storia del cinema, in cui il Maestro lavora in stato di grazia con tecnica assoluta. Geniale, il film si distacca dai tre precedenti e non è poco visto che la tentazione di "vivere sugli allori" nonostante schiere di imitatori di genere avrebbe potuto essere forte. Unico neo la presenza di Daria Nicolodi, il cui personaggio ha l'unico scopo di spezzare la tensione, cosa che si capisce forse troppo. Dignitoso Hemmings, grande Lavia.
Nel cinema e nell'arte in generale sarebbe una regola aurea osservare il prodotto, qualunque esso sia, per quello che è e giudicarlo in un'ottica propria senza metterlo in competizione con altri lavori. Poi ti imbatti in film come questo e scopri che ci sono opere che diventano pietre di paragone e che molti altri soggetti più o meno artistici ruotano attorno a queste opere. Ma Profondo rosso rimarrà sempre inimitabile nei suoi pregi e difetti. Non un film lento ma... rallentato, quasi "denso", nel quale si resta piacevolmente invischiati. ****
MEMORABILE: L'atmosfera, surreale e fredda, che precede e talvolta anticipa altri capolavori di Argento.
Mai amalgama fra immagini e musica fu più soddisfacente: le melodie stesse sono infatti parte integrante del racconto. Argento gira con virtuosismi funzionali che soddisfano le esigenze tecniche dello spettatore. Spiazza la tetragona sceneggiatura che si eleva come la migliore nei film del nostro caro amato Dario. Montaggio perfetto, performance attoriali di razza e uso incredibile delle location fanno di Profondo rosso un cult ineguagliato per il genere. Il finale non getta alle ortiche la costruzione narrativa.
Il giallo dei gialli. Argento, qui al suo apice, racchiude in poco più di due ore atmosfere cupe e scene che hanno dell'horror vero e proprio. Il film è del '75 ma sembra non invecchiare mai, ha sempre quel fascino che poche pellicole possiedono. Stupendo il finale "all'ultimo respiro", ottime le musiche dei Goblin. Capolavoro da vedere e rivedere.
Unico, magistrale, impeccabile. Sullo sfondo di una tetra e oscura Torino (mai città fu più azzeccata per un film) si svolge il capolavoro di Dario Argento, che si supera nell'utilizzo dei colori e delle inquadrature che lo hanno reso il maestro del brivido italiano. Ottime le prove di David Hemmings - aiutato anche da una brava Daria Nicolodi - di Gabriele Lavia e di Clara Calamai. La colonna sonora dei Goblin è eccezionale, una delle migliori della storia del cinema. Capolavoro assoluto.
Mai più il cinema thriller italico (e non solo) sarà lo stesso. Perfetta macchina di spaventi e tecnica come pochi al mondo: sperimentalismi, violenza efferrata, specchi rivelatori, bimbe crudeli, nenie infantili da pelle d'oca, flashback natalizi agghiaccianti, ville abbandonate e terrifiche, bambolotti meccanici, occhi sbarrati, bocche sbattute nei punti più spigolosi del tavolo, acque bollenti che sfigurano volti, mannaie che maciullano la carne e ascensori giustizieri e alla fine pozze di sangue di un rosso profondo. Inutile girarci intorno: mitico!
MEMORABILE: Gabriele Lavia (Carlo): "Brindo a te, vergine stuprata!"; Il flashback natalizio con la nenia infantile che squarcia i titoli di testa; Lo specchio.
Nel corso degli anni lo avrò visto una dozzina di volte ma trovo giusto esaltarlo con la mente e l'animo del diciottenne che all'epoca rimase ammaliato nonchè turbato da questa eccezionale esplosione di mistero, orrore, suspense. Gli esteti potranno storcere il naso per la sceneggiatura e qualche dialogo, ma sono inezie di fronte alla classe di una regia che è riuscita a partorire una serie di scene e situazioni memorabili che ne fanno un intoccabile capolavoro assoluto.
Considerato il capolavoro fra i film di Dario Argento, è sicuramente un'opera ricca di impatto visivo, famosa più per la colonna sonora (i cui due motivi principali rimarranno eterni) che per la trama in sè. Se fosse stato girato ai giorni nostri sarebbe stato probabilmente bollato come boiata. C'è un'ottima fantasia nel concepimento dei delitti e nel giallo intricato, eppure non manca di enormi forzature e risvolti altamente improbabili (la decapitazione su tutte). Ha comunque il pregio di contenere sequenze agghiaccianti e mozzafiato che rimangono impresse a lungo nella memoria.
MEMORABILE: La scena della marionetta che entra dalla porta; La brutta fine di Carlo; Il cadavere murato; La decapitazione con collanina d'acciaio.
Dopo la trilogia iniziale Argento realizza la sua opera definitiva, con la grande novità delle musiche dei Goblin, un valore aggiunto alle visionarie scene del regista romano. Davvero notevoli location, scenografia, fotografia e la scelta di attori teatrali come Gabiele Lavia o Glauco Mauri, funzionano meno i siparietti comici di Hemmings e la Nicolodi. Una serie di scene che sono entrate nell'immaginario collettivo e ci accompagnano da quasi 40 anni.
MEMORABILE: La conferenza di parapsicolgia; Il riflesso nello specchio; La visita alla villa abbandonata.
Non c'è nulla da dire se non questo: capolavoro. Il film in cui Dario Argento ha raggiunto la perfezione; anche se lo rivedi mille volte, anche se sai perfettamente cosa succederà in ogni scena, provi gli stessi brividi della prima volta: Profondo Rosso non si discute, si ammira e basta. Qualche piccola sbavatura c'è (alcune scene sono lente, sopratutto quelle dei duetti amorosi tra Hemmings e la Nicolodi), ma nel complesso è un film eccelso, di quelli che fanno rimpiangere il glorioso cinema di genere italiano.
Non il capolavoro di Dario Argento, neppure il miglior giallo italiano. Ha le sue pecche soprattutto nella parte centrale dove si annaspa un po'. Rimane comunque un gran film, ricco di momenti indimenticabili e ancora ad anni di distanza riesce a spaventare. Anche se, a dir del vero, non appare freschissimo. Ma il tempo passa! Il tema principale della colonna sonora è conosciuto da tutti, anche dai non amanti del genere. In questo caso il tempo non annebbia l'udito e provate ad ascoltarlo al buio...!
Pietra miliare del genere: dalla prima all'ultima immagine nulla è scontato e l'abile sceneggiatura con spazi/buchi temporali aiuta a catturare magneticamente l'attenzione di questo capolavoro del maestro Argento. Se non lo si è visto urge rimediare quanto prima. Un bel modo anche per ricordare il bel tempo che fu.
MEMORABILE: Le musiche dei Goblin, scritte a pennello per il film o quasi.
Manifesto incrollabile di un'intera generazione di cinefili, riverbera ancor oggi di malia strabiliante. Non più giallo, non ancora horror, è il magico ponte sospeso tra le due ere argentiane maggiormente celebrate. Condensa in due ore la quintessenza di uno stile che ha fatto scuola nel mondo, offre alla memoria quadri e volti (e volti nei quadri) che al solo ricordo gratificano i sensi. Impossibile giudicare oggettivamente chi ti ha aperto un mondo.
MEMORABILE: Il corridoio della paura; Il fantasma del palcoscenico; Quella villa in fondo al parco.
Senza dubbio il miglior giallo italiano. Regia ottima, musiche che creano suspense come in nessun'altra pellicola del genere, sceneggiatura intricata che è ben sostenuta da un cast di alto livello. Le scene nel teatro sono splendide e le uccisioni originali (quella della vasca da bagno ispirata al maestro del brivido Bava). Superfluo consigliare un film che probabilmente hanno visto tutti.
MEMORABILE: I quadri del corridoio; La scoperta del dipinto sul muro; La scena nel teatro.
Rivisto ieri sera, difficile aggiungere qualcosa che già non sia stata scritta su questo film. Caposaldo del thriller, ancora oggi suggestivo e malsano dopo anni e ripetute visioni grazie a un buon cast (soprattutto Hemmings e Pagni), alla colonna sonora e al plot banale ma ben strutturato. Ho vissuto diversi anni a Torino e vedere dal vivo quella casetta sulle colline.. brrr.
MEMORABILE: Il flashback iniziale e la stanza murata.
Decostruire e analizzare scena per scena il capolavoro argentiano è l'unico modo per comprenderne a 40 anni di distanza l'enorme importanza e seminalità nel panorama giallo/thriller tout court. Tolta una non eccelsa conduzione degli attori (tipica di Argento), il resto è puro cinema estetico ed estetizzante, percorso da una fluidità ferina che conferisce anche ai particolari una minacciosità spaventosa e melliflua. Perfetto anche il connubio con la splendida ost dei Goblin, che fa tutt'uno con uno dei balletti di morte più memorabili di sempre.
MEMORABILE: L'immagine quasi subliminale della Calamai dopo l'omicidio della Mèril; Le carrellate nella scuola deserta; Il pupazzo che sfonda la vetrata.
Capolavoro assoluto del Cinema italiano. Il Maestro Dario Argento, prendendo qualcosa dai suoi precedenti film, realizza una delle più grandi pellicole di sempre. Ottima sceneggiatura, inquadrature spettacolari, fotografia splendida di Kuveiller, colori magnifici, omicidi girati magistralmente. Interpretazioni perfette: su tutte Hemmings, la Nicolodi e la Calamai. Musiche eccezionali. Lo rivedrei in continuazione e ogni volta mi emozionerei come la prima volta. Essenziale.
Un cocktail sapientemente dosato di morti cruente e bizzarre, luoghi suggestivi esaltati dall’ottima fotografia, indizi ben centellinati e un po’ di ironia hitchcockiana, che avvolgono lo spettatore in una spirale di angoscia. Gli attori, azzeccati anche nei ruoli minori, fanno il resto (oltre a Hemmings brillano la Calamai, la Méril, Mauri, Pagni e la Elmi). Fondamentale la musica ossessiva dei Goblin. Un film irripetibile, come il seguito della carriera di Argento ha purtroppo dimostrato.
MEMORABILE: La 500 scassata di Daria Nicolodi; Le varie morti; L’esplorazione della villa abbandonata.
"IL" film! Perfetto in tutto, non più solo thrilling e non solo horror, film che è come se rappresentasse un genere a sé stante rappresentandone in ogni caso la punta di diamante. Ogni scena e ogni trovata sono cult. Chi a partire dall'avvento delle vhs non ha mai ripercorso al rallentatore quel corridoio? Malsano il giusto, gronda tensione da ogni scena e fotogramma. Fondamentale!
MEMORABILE: L'attraversamento del corridoio con i quadri ai lati...
Molti elementi concorrono a far sì che Profondo rosso possa essere considerato un grande esempio di cinema. La sceneggiatura naturalmente è imprescindibile e qui ci siamo, ma non sarebbe sufficiente. Deve, nel corso della realizzazione, diventare solo l'ossatura portante, che sostiene tutto il resto: fotografia, scenografia, musica, inquadrature e movimenti di macchina, interpretazioni, cura dei dettagli... La regia coordina il tutto, Argento sembra molto ispirato e gli si possono perdonare facilmente piccole divagazioni.
Con questo film Dario Argento traccia un solco tra la sua produzione precedente e quella successiva, scrivendo e dirigendo un film tra thriller e horror, autentico cult del cinema italiano di genere e non che ha il pregio, tra gli altri, di non subire il passare del tempo. La cura maniacale per le inquadrature ravvicinate e il disegno accurato dei personaggi ne fanno un film godibilissimo, ma che forse paga dazio per l'eccessivo spreco di sangue...
MEMORABILE: L'uccisione di Amanda nella casa isolata, insuperabile esempio di suspense.
Con Profondo rosso Argento realizza quanto di meglio abbia mai fatto a tutt'oggi. In un momento di particolare ispirazione (e pattuita collaborazione con il suo cervello) riesce finalmente a mettere insieme tutti i pezzi che compongono un capolavoro, a trasporre degnamente le sue idee su pellicola e dare un'inoppugnabile prova del suo grande talento visionario e qualità di regista. Il film non è esente da piccole imprecisioni nella sceneggiatura e forzature varie, ma in un complesso del genere possono essere tranquillamente ignorate.
Per il capolavoro servivano 15 minuti al montaggio. Di tagli: siparietti "comici", paccottiglia splatter che nulla può aggiungere all'atmosfera malata creata da Argento. Con immagini semplici si materializza il delirio (quelle carrellate strettissime su biglie, coltelli e bambolotti). Trama debole, sì, ma la messa in scena di straordinaria eleganza e i complessi movimenti di macchina colpiscono sempre, visione dopo visione. Notevolissimo l'uso "leoniano" della musica. Tutti bravi i protagonisti (grande Lavia). Da vedere - al buio e da soli - in un cinema.
MEMORABILE: I primi piani degli oggetti, presi da prospettive irregolari, che li "estraggono" dallo spazio circostante e li trasformano in sculture astratte.
Il buon cinema di Dario Argento nella sua essenza. Più che la trama contano le immagini e soprattutto la musica (la colonna sonora è essa stessa un cult). Alla fine non ti resta il cosa (è successo) ma il come. Un classico indiscutibile, ma va detto che in parte è un omaggio al mentore di Argento, Mario Bava.
Celeberrimo titolo argentiano che praticamente riprende il soggetto del suo film d'esordio in un contesto più malsano e terrificante. Anello di congiunzione tra la fase gialla e quella puramente horror del regista, è una sinfonia audio-visiva di rumori, oggetti e forme ambientata in una Roma immaginaria quasi interamente ricostruita a Torino sfruttando benissimo le architetture del capoluogo piemontese. E malgrado i banali siparietti comici e l’enfasi sadica nella messa in scena degli omicidi, resta un film che mette paura a ogni visione.
MEMORABILE: Il volto dell'assassino già visibile nello specchio all'inizio del film; La ricerca nella villa abbandonata; L’ascensore nel finale.
Non è un giallo vero e proprio, perché il paranormale fa capolino... ma non è un male, perché questo consente ad Argento di lasciare più libertà alla sua visione. E' un film di genere che riesce ad arrivare all'autorialità. Adesso non sarebbe più possibile, perché in Italia non esistono più i film di serie B. Negli anni 70 c'era un sentire collettivo, anche cinematografico, da cui nascevano film che erano fatti di altri film (nei cosiddetti filoni). Qui potevano spuntare dei capolavori. Ora no...
Dopo la trilogia animalesca Argento, anche se resta nel giallo, prende una strada quasi horror per le scene degli omicidi. Indubbiamente un film molto importante, girato benissimo e di grande impatto visivo. Ampi i buchi di sceneggiatura ma non importa, perché il film va goduto appieno per tutte le altre caratteristiche.
Non è importante la lettura, bensì la rilettura, sentenziava, pressappoco, Leonardo Sciascia (memore, forse, del Menard di Borges). E tale film (che sopporta la continua rilettura, come tutti i classici) si svela continuamente a ogni visione. L'ennesima, a esempio, mi ha chiarito l'essenziale funzione dei duetti brillanti Hemmings-Nicolodi che, prima, mi facevan soffrire... Sul resto (musiche, regia, fotografia, colpi di scena) sono d'accordo con i numerosi estimatori. A pochi millimetri dalle altezze di Suspiria.
Io ci sono andata a Villa Scott. Ci sono andata perché incuriosita dallo stile unico e inconfondibile, dall'atmosfera reale e surreale. E inquieta Villa Scott, spaventa e rapisce nello stesso tempo. Questo ha saputo fare Dario Argento: attrarre e spaventare, catturando lo spettatore in una superba sceneggiatura, incalzata dalla musica studiata ad hoc dai Goblin. Si può chiedere forse di più a un regista di film horror?
Un giovane pianista inglese che lavora a Roma assiste al brutale assassinio di una medium... Il miglior film di Argento è anche quello che meglio regge la prova del tempo, soprattutto per merito di uno script avvincente ma anche convincente, doti non sempre coesistenti in altri suoi film pur apprezzabili. Non esente da difetti (ad esempio, risultano fastidiose le civetterie della giornalista Nicolodi), ma con alcuni momenti particolarmente felici, compreso un finale che non è non solo bello ma anche coerente con quanto visto in precedenza. Colonna sonora celeberrima, imprescindibile.
Considerando che la conduzione dell'indagine non è esattamente cristallina, la durata avrebbe potuto essere accorciata. La logica narrativa resta sovente sacrificata, soprattutto alla puntualità dell'azione dell'assassino; e dopo la scoperta della sua identità alcuni passaggi sembrano ancora più improbabili. Come Musante nella prima prova argentiana, c'è ancora una lotta per focalizzare il ricordo giusto. La tensione regge alla perfezione, le musiche hanno fatto storia, i momenti comici risultano indovinati e la fotografia non può non colpire.
La violenza è ben esplicitata, per fortuna senza raggiungere livelli grotteschi e anche l'atmosfera cupa da periferia abbandonata è ottima. Inoltre il colpo di scena finale rende appassionante la visione della storia, dimenandosi tra sangue e ambientazioni inquietanti, il tutto accompagnato da una celebre colonna sonora, torbida come la sceneggiatura. La recitazione degli attori non è memorabile, ma più che altro ne trovo il difetto nel non avere una scena davvero clamorosa, cosa che ritengo indispensabile in una pellicola del genere.
Il manifesto immortale della grandezza di Dario Argento come esponente del cinema di genere italiano e come regista di fama mondiale: una trama sopraffina, interpreti azzeccatissimi (compresa la Nicolodi!) e una fotografia da urlo. La celebrata colonna sonora si fonde con lo stile magistrale di Argento e insieme riescono a creare una suspence micidiale, battendo probabilmente qualsiasi opera del maestro Hitchcock. Lo vidi per la prima volta da bambino e rimane tuttora il film che riesce a incutermi più paura in assoluto.
MEMORABILE: Uno su tutti, il volto dell'assassino che si intravede dove sappiamo.
Uno dei più grandi horror di tutti i tempi. Basta questo film per iscrivere per sempre il nostro Dario tra i Masters dell'horror della storia del cinema. Trama geniale che shocka dall'inizio alla fine (la scena finale rimane una delle più belle della storia del cinema tout court), omicidi tra i meglio filmati di sempre, attori in stato di grazia (Hemmings su tutti e la Calamai da brividi), la colonna sonora dei Goblin che è entrata nella storia. Regia argentiana al suo culmine. Ha creato un genere: il giallo argentiano.
MEMORABILE: l'omicidio della Meril all'inizio; La bambola crudele che ride e il conseguente omicidio; La scena del dipinto svelato; La scena dell'ascensore
Pianista indaga dopo l'uccisione di una medium. Thriller con efferatezze saltuarie che cerca di infondere la paura soprattutto attraverso reminiscenze infantili. Investigazione puntuale (notevole, per chi lo nota, lo svelamento del colpevole dopo 20 minuti) corroborata da location suggestive, fotografia eccellente e musiche suonate dai Goblin rimaste nella memoria. Hemmings non incanta, la Nicolodi è perfetta (a parte le scalmane erotiche), come la Calamai.
MEMORABILE: Il bambolotto che si avvicina; Il disegno sul muro; L'uccisione di Mauri; La villa.
Un gran bel thriller, sostenuto da una tecnica sopraffina e molteplici fattori che ne determinano la riuscita. Avvince nella risoluzione del mistero accompagnando lo spettatore alla rivelazione dell’assassino e soddisfa i più esigenti in fatto di sangue, architettando degli omicidi che restano impressi nella memoria per la loro forza. Ottime anche le scenografie e il brano principale dei Goblin, come eccellente è la Calamai nel suo ruolo. Tra tanti pregi non ha senso evidenziare eventuali difetti o imperfezioni.
Un gran film, bello e memorabile. Musica e scenografie straordinarie fanno scordare un cast e dialoghi allucinanti e a volte ridicoli. Va notato comunque che il cast in tutti i suoi film, questo compreso, appare solo come un contorno; quello che deve spiccare su tutto è la storia. Domanda: come mai l’assassino si reca al convegno della sensitiva? Buco di sceneggiatura?
MEMORABILE: La nenia infantile e il bambolotto alla Saw.
L'Amleto di Argento: un'opera su cui sono state dette e scritte così tante cose che non avrebbe quasi più senso ritornarci sopra. Lo si cita in riferimento a ciò che è stato dopo (un declino inesorabile, almeno dal dopo-Phenomena in poi), come perfezionamento di quello che era stato prima, in funzione dialogicamente oppositiva contro chi ne predica i crismi del capolavoro (i pittoreschi spaccati di costume, le incongruenze di sceneggiatura). Lo si ricorda, continuamente, da ogni prospettiva. Facile, anche dopo molte visioni, spiegarsi perché.
MEMORABILE: Flashback iniziale; Piazza C.L.N.; Quattro cantoni sugli spigoli del camino; Il finale; La O.S.T. dei Goblin.
Capolavoro del giallo italiano e forse mondiale, è un film rimasto negli anni sinonimo di paura, non invecchiando mai e restando spaventoso e agghiacciante anche oggigiorno. È tutto straordinario: location, sceneggiatura, fotografia. La sua violenza è esplosiva ma mai fuori luogo. Musica immortale e celeberrima. Non smette mai di stupire, c'è sempre un qualcosa da scoprire. Monumentale il cast. La vetta di Dario Argento, mai più raggiunta. Colossale.
L'elemento macabro entra a far parte delle opere argentiane e lo fa nel più ingegnoso dei modi, mescolando horror e paranormale. L'atmosfera si tinge di rosso, il colore del sangue delle vittime rimaste loro malgrado coinvolte in una spirale di violenza sadica. Il regista, con la preziosa collaborazione di Zapponi, concretizza le più inconsce paure dell'animo umano (spigoli, ustioni, incidenti stradali, intrusioni notturne in casa). Superfluo qualche siparietto comico tra i due protagonisti.
Il film che segna il passaggio dai primi lavori, squisitamente thriller, a quella successiva, puramente horror, Dario Argento lo dirige mescolando i due generi e realizzando un autentico cult che ancora oggi viene citato e imitato. Seguendo un diabolico canovaccio fatto di scene con inquadrature tirate ed estremizzate alla sublimazione della suspense, il regista romano ci consegna qualcosa di mai visto prima, soprattutto nel truculento spargimento di sangue e nel finale per niente scontato.
MEMORABILE: La scena dell'omicidio di Amanda; Il finale; La straordinaria colonna sonora
Passaggio di Argento dal giallo/thriller all'horror e connubio tra i generi che dà vita al capolavoro indiscusso della carriera del regista, manifesto dell'horror italiano e internazionale. La superlativa sceneggiatura è tipica dei suoi gialli passati, ma raggiunge vette più alte con trovate geniali, colorandosi di rosso profondo con raccapriccianti particolari di scuola "baviana" che vengono portati all'eccesso. Atmosfera di vero "orrore" sottolineata da sinistre ambientazioni liberty (la villa) e dalla celebre OST dei Goblin.
MEMORABILE: Ottimo Hemmings come protagonista; La scoperta della stanza murata nella villa; Lo specchio tra i quadri inquietanti; L'immortale OST dei Goblin.
A tutti gli effetti caposaldo del genere, reso ancor più proverbiale dalla colonna sonora dei Goblin, ansiogena senza kitsch. Va detto che a rivederlo oggi, se intatto resta il formalismo d'autore, gli ammazzamenti sembrano oltremisura posticci. Resta perturbante ciò che meno faceva paura all'epoca: il décor liberty spiraleggiante della villa, il Blue Bar fantasmatico ripreso da Hopper. Trama e dialoghi si sono parecchio impolverati. Calamai e Hemmings ineffabili.
Fra i gioiellini, se non il gioiellino cinematografico degli anni '70 per eccellenza del regista romano, in cui le intonate musiche gotiche dei Goblin accompagnano sia le gesta dell'assassino che le indagini di un David Hemmings musicista jazz mai più così star e mai più così protagonista. Brava anche Daria Nicolodi, che affianca degnamente Hemmings nelle ricerche, ma anche la trovata che fa scoprire l'assassino. Buoni i flashback, i movimenti di macchina e la suspense, che si taglia come il burro. Bravo anche il nostro Gabriele Lavia. Horror evergreen.
Facendo d'ogni calamità virtù, Argento diventa articolo di fede. Lo script ha un piede fuori dalla regia, e quest'ultima uno fuori dalla sceneggiatura: dal modus sbilanciandi, il mito. In tutto spregio a reale e razionale, prende l'espressionismo e la platea a colpi di sfollagente elettrico e tra Hopper e De Chirico, Goblin ed Escher erompe il baccanale sensoriale: tutto è mandata a effetto, tutto s'enfia e scoppia d'aria compressa. Più che il giallo, l'intero cromogramma. Rosso, come l'ardore-ardire per il cinema. Per ribadire altrettanto di un suo thriller, andranno attesi 7 anni.
Film al di sopra del bene e del male, problematico oltre ogni scrivere per quel che concerne un'analisi oggettiva, figurarsi per fornirne una visione con un barlume di "privatezza" se non di originalità. Se razionalmente (dal punto di vista diremmo narrativo) ripropone ad ogni rivalutazione una farraginosità anche irritante (non la si vorrebbe notare), sul piano cinematografico è un tripudio sensoriale, girato si in autentica esaltazione virtuosistica, con un uso di colore, scenografie e musiche polimorfico. Il tentativo screwball tra Daria e Hemmings può fare dolce tenerezza.
Senza troppo girarci intorno: il capolavoro di Argento. Un lavoro straordinario di regia affiancato alla meravigliosa fotografia di Kuveiller - lascia senza fiato, soprattutto nella parte finale della scuola - e musiche che hanno fatto la storia. Un giallo scritto in maniera impeccabile, in cui la svolta si vede anche nella creazione di due protagonisti (uomo e donna) credibili e affascinanti. Un classico, che anche oggi conserva la sua potenza creativa e disturbante.
MEMORABILE: La scena prima della fine dei titoli di coda; La sera del primo omicidio; L'omicidio della scrittrice; La scoperta nella casa; Il disegno sulla parete
Uno dei capolavori di Argento nonché uno dei migliori thriller mai realizzati. La storia, al netto di qualche perdonabile difetto, è infatti imprevedibile fino alla fine e produce una palpabilissima tensione prima di ogni omicidio. Ciò che però rende il film un'autentica pietra miliare sono le peculiari inquadrature e atmosfere, i colori, le soggettive (celeberrime quelle sulle mani guantate del killer in azione). Colonna sonora memorabile e realmente innovativa per l'epoca, così come degna di nota è la rappresentazione brutale degli omicidi. Lo si rivede sempre volentieri.
MEMORABILE: L'inizio; Il tema principale dei Goblin; La canzone infantile che accompagna il killer prima di ogni omicidio; Il pupazzo che irrompe nella stanza.
Classico del thriller all'italiana, si ricorda soprattutto per le strabilianti musiche, azzeccatissime ed entrate nell'immaginario collettivo, e per alcune scene iconiche (vedi il pupazzetto). Il resto è un thriller discreto, con un finale a dir poco risibile, molto lento ma tutto sommato d'atmosfera grazie a diversi piccoli dettagli (la suspense creata dal silenzio e dall'"assenza"). Atmosfera eccellente, peccato per i numerosi momenti a vuoto e per il finale. Resta un prodotto di qualità, anche se terribilmente datato e, generalmente, sopravvalutato.
Può sembrare banale non elogiarlo ma di fatto è inevitabile farlo: girato con evidente virtuosismo e intelligenza cinematografica, oltre ad alcune scene che sono dei capolavori - per tensione, ritmo, uso espressivo della violenza, abbinamento immagini e musica - è organico nella sua struttura, con intelligenti parentesi ironiche che stemperano un clima angoscioso che però non ci molla mai. Geniali l'uso delle stupende musiche dei Goblin (quasi un personaggio) e l'idea di uccisioni che quasi "sentiamo" (urti sugli spigoli e ustioni, chi di noi non le ha provate?). Fondamentale.
MEMORABILE: Tutti gli omicidi; I carrelli che tallonano e circondano Giordani (un ottimo Glauco Mauri) prima della sua uccisione; Lo specchio; La visita a Mark.
Forse il film nel quale Argento raggiunge la sua perfezione formale nel genere del giallo italiano prima di addentrarsi definitivamente nell'horror. La trama è esilissima e cercare una logica a tutti i costi è inutile, ma la confezione è un perfetto equilibrio funzionale di ricercatezza visuale, eleganza tecnica e soprattutto inquietudine imperante che deve più al sogno che alla ragione. Non un film perfetto ma è il momento in cui Argento e le caratteristiche del suo cinema coincidono con lo zeitgeist trasformandolo non nell'iniziatore ma nel punto di riferimento per molti a seguire.
Chissà che cosa sarà passato per la testa di Dario Argento filmando alcune delle scene di "Profondo rosso", film preceduto dalla sua fama: ne parlano tutti, tutti hanno un'opinione a riguardo, e tutto è concesso. La perfezione non è di questo mondo e ci sono diverse cose che nel film non funzionano: non importa. Questo film è un classico intramontabile, un capolavoro senza tempo, un racconto horror epico ed evocativo che potrà soltatno essere citato o copiato, mai eguagliato. Indimenticabili le atmosfere e le musiche dei Goblin a punteggiare gli omicidi efferati. Cultissimo!
Un film senza tempo, la quintessenza del “nuovo” thriller italiano degli anni 70, ma anche la svolta horror di Argento dopo le parentesi del tipico giallo investigativo. “Profondo rosso” rifiuta la verosimiglianza per sublimare il dettaglio omicidiario che diventa il centro di tutto, con coreografie di danze macabre, di personaggi meravigliosamente caricaturali, di riflessi in specchi che divorano la percezione della realtà. OST dei Goblin monumentale.
Vedere "Profondo rosso" al cinema suscita grande emozione ed è un'imperdibile occasione per ammirare sul grande schermo quello per cui viene ricordato Dario Argento. Un film da cui poi trassero ispirazione altri registi di genere. La trama appare piuttosto semplice: una medium è convinta che ci sia un assassino in platea. L'assassino si scatena: sulle sue tracce un pianista (Hemmings) e una giornalista (Daria Nicolodi). Da vedere e assaporare in ogni suo fotogramma. Notevoli le musiche dei Goblin. Recitazione purtroppo un po' approssimativa.
MEMORABILE: Il bar sul modello del quadro di Hopper.
La pellicola è una delle più riuscite di Argento, ma ciò non significa che sia perfetto. Qui infatti Argento decide di calcare molto di più la mano sulla violenza e gli effetti gore, facendo usando rosso porpora oscuro e pompato al massimo. Tuttavia il movente dell’assassino pare essere meno chiaro e plausibile rispetto ai precedenti gialli del regista. Nel complesso rimane comunque una gemma assoluta da riscoprire e conservare anche a quasi cinquant'anni di età.
MEMORABILE: L'omicidio di Helga e di Giordani; Il dipinto scoperto da Hemmings e la motivetto che accompagna l'assassino.
Quinto film del regista, forse il più conosciuto. Un capolavoro, sicuramente il suo migliore. Il film trasmette tensione e angoscia e presenta sequenze sviluppate magistralmente con guizzi a dir poco geniali e scene iconiche. Il tutto è amalgamato e accompagnato alla perfezione dalle musiche dei Goblin, che ancora oggi risultano straordinarie e mettono i brividi. Inoltre la fotografia, la luce, il modo in cui si muove la cinepresa, le soggettive con cui lo spettatore si immedesima nell'assassino sono sviluppate alla perfezione.
Dario Argento conferma la maestria nella costruzione della tensione, in questo giallo (bisogna capire chi è l'assasino e la soluzione, almeno nella prima visione, soddisfa appieno) che è anche un thriller con molti momenti gore e vari elementi che, pur non essendo sovrannaturali nella trama, ipnotizzano lo spettatore in atmosfere quasi horror (bambine inquietanti, ville abbandonate, quadri misteriosi). Eppure come da tradizione del regista non manca qualche sprazzo di ironia, a dimostrazione della complessità d'insieme. Indimenticabile la colonna sonora dei Goblin e Giorgio Gaslini.
A pensarci bene, il primo motivo per cui il film funziona sta nel cast. Hemmings è perfetto per il ruolo, Lavia e Mauri padroneggiano la scena come in teatro, la Calamai è probabilmente la villain più indovinata della storia del cinema. Argento, poi, è così intelligente da sviluppare una trama alla Hitchcock (con gli inevitabili debiti a Psyco) aggiungendovi una superiore scia di sangue. La storia regge, la sceneggiatura pure, la colonna sonora è forse la migliore di sempre per il genere. Resta comunque un thriller, l'ultimo prima della decisa virata del regista romano verso l'horror.
Rivisto a cinquant'anni dall'uscita il film conferma in toto di essere un capolavoro, in particolare nei seguenti tre punti: la musica, oramai entrata nell'immaginario collettivo come "la" musica horror, ma che oltre al principale ha anche altri temi bomba (la canzoncina fanciullesca e quella usata negli inseguimenti), le scenografie e le architetture particolarissime e d'atmosfera e infine il montaggio, a volte disaccoppiato dal sonoro, che moltiplica il senso di straniamento e terrore. Non male gli effetti speciali di Rambaldi. Un film che travalica generi e, ancora, regala incubi.
MEMORABILE: Il basso del tema musicale principale; I quadri nell'appartamento della sensitiva; Il finale agghiacciante con il riflesso di Hemmings nel sangue.
Non un film perfetto in senso assoluto: la durata appare un filo eccessiva, certi siparietti della coppia protagonista risultano stucchevoli, la logica narrativa qua e là scricchiola (da questo punto di vista L'uccello dalle piume di cristallo è superiore)... Però è il thriller italiano per antonomasia, in cui Argento, tra location e scenografie di rara suggestione, sprigiona il suo talento visionario in sequenze di morte ad alta tensione e regala un formidabile colpo di scena conclusivo. Il cast funziona, le musiche di Giorgio Gaslini e dei Goblin sono semplicemente memorabili.
MEMORABILE: La conferenza; Le carrellate sugli oggetti; Tutti gli omicidi; Le incursioni nella villa abbandonata e nella scuola; Il colpo di scena finale.
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L'identità è uno specchio. Argento lo manda in frantumi e precipita sullo spettatore un caleidoscopio di frammenti, analogie, ossimori. La percezione si smarrisce in un flusso ininterrotto di apparenze, miraggi, soluzioni figurative magnificate dal grande schermo inquadratura per inquadratura, come un puzzle che si risolve nella rarefazione della logica narrativa. In termini stilistici, siamo a un vertice assoluto: la fluidità - dei generi sessuali, degli spazi immaginali, delle coreografie di morte - informa una partitura che dirada nelle geometrie del sogno. Travolgente.
Una marionetta automatica? Lavia, un assassino innocente? Un'immagine riflessa in un dipinto? Il bambino urlante: una leggenda reale? Il più banale: Clara Calamai, la morte vivente.
Ora è chiaro. Prima, scusa la franchezza, no...
Figurati, anzi, mi hai dato modo di esemplificare quella che era solo un'intuizione.
Sposto qui la discussione sul restauro. Mi sembra che l'ultima edizione Arrow (a differenza della prima che in effetti è molto fredda e sbiadita) a livello di colorimetria riprenda quella della Anchor Bay. Qui il link:
Ben vengano questi film di nuovo in sala, però avendo visto già Suspiria e Frankenstein Junior non mi sembra aggiungano molto alle già ottime versioni casalinghe odierne (Frankenstein Junior forse un po' meno), non credo siano film su pellicola come li potevi vedere anni fa al cinema
Ho rivisto Apocalypse Now, Shining e appunto Fr. Jr, e non avendoli mai visti prima al cinema devo dire che ne è davvero valsa la pena, un po' per le inedite versioni estese un po', Apocalypse, per un sonoro veramente paralizzante
Credo bisogna valutare caso per caso. La visione in sala esalta degli aspetti formali e tecnici che nella visione casalinga, per quanto ben equipaggiata, vengono ridimensionati a vantaggio o a scapito di altri. Nello specifico, il film di Argento rivela una potenza sul piano registico e una coerenza su quello simbolico che mettono in seconco piano, o addirittura giustificano, delle oggettive lacune di scrittura. Anche Suspiria, nel restauro supervisionato da Tovoli, visto al cinema è un'esperienza estatica impressionante. Ma non posso dire lo stesso di Il gatto a nove code. Un altro film, che per motivi diversi, in sala per me ha trovato finalmente una nuova luce è L'esorcista: aldilà del restauro, mi ha permesso di storicizzarlo, di vederlo con gli occhi dello spettatore dell'epoca e, insieme, con quelli di uno spettatore moderno, fuori da ogni mitologia o aspettativa, rivelandosi un film immenso, di grande complessità. Concordo anche su Apocalypse Now, che su grande schermo ritrova quell'impatto sensoriale e lisergico che lo distingue da ogni altro film di guerra.
Vedrò Profondo Rosso stasera e potrò valutare le differenze. L'esorcista purtroppo al cinema mai, ma effettivamente allora davano i sacchetti all'ingresso, quindi come dici immagino lo shock per quei tempi. L'ho sempre trovato "dannatamente" realistico, in particolare i ripetuti tentativi di diagnosi in ospedale
HomevideoZender • 14/07/23 07:46 Capo scrivano - 48569 interventi
Se gurardi per dire il fotogramma con la Méril morta sul pavimento vedi che il viso è molto più schiarito. I bianchi sono più sparati (è evidente nel fotogramma con la Calandra nel buio con lo spillone in mano). Guardando i film proprio la differenza è sensibile. Gli altri fotogrammi in mezzo creano piuttosto confusione, in questa comparazione.
È vero che l'immagine del bluray Arrow è un po' schiarita rispetto all'Anchor Bay, ma rispetto a quanto vidi in sala (parlo della proiezione in digitale) mi pareva una differenza meno marcata. Ora penso di aver capito il motivo: osservate il link seguente, e in particolare gli screen dell'edizione UHD, e confrontateli con le schermate dell'ultimo bluray Arrow dal link inviato da Rebis. Pur se tratti dal medesimo restauro, l'UHD Arrow ha colori molto più smorti rispetto al bluray Arrow. Basta che osserviate i rossi. Sono quasi sicuro che la versione destinata alle proiezioni il sala sia la UHD.
Sì, mi sembra che la qualità dell'immagine della copia distribuita al cinema da Cat People sia proprio quella UHD.
Personalmente, sembrerà una bestemmia, ma dopo aver comparato HD e SD ho scelto la versione in DVD Arrow perché anche se la definizione è leggermente più morbida, non si avverte tutta la grana che affligge la visione del Bluray, e anche come colorimetria l'effetto è caldo e avvolgente.