Carla Mancini e gli inafferrabili C.S.C.

14 Dicembre 2007

Se guardiamo un film italiano prodotto non oltre il 1975, possiamo notare che nella quasi totalità dei casi, nei crediti (iniziali o finali) troviamo il nome di due attori (meno frequentemente persone del cast tecnico) che sono accompagnati dalla scritta “c.s.c.”. Essa sta per Centro Sperimentale di Cinematografia, noto anche come Scuola Nazionale di Cinema.
Fino al giugno del 1975, infatti, vigeva una legge che garantiva agevolazioni a chi produceva pellicole nel cui cast figuravano due persone portatrici della sigla c.s.c., vale a dire attori o tecnici (montatori, costumisti ecc.) che si erano diplomati al Centro Sperimentale nei cinque anni precedenti. L’agevolazione consisteva nel poter avere il diritto alla nazionalità italiana e alla programmazione obbligatoria, un beneficio che valeva, in modo approssimativo, alcune decine di milioni.

In un’epoca senza Internet, senza Google immagini, senza sezioni speciali come questa, l’identificazione, da parte dello spettatore, degli attori c.s.c. era un’impresa improba. Già non era facile dare un nome ai caratteristi dai volti visti e rivisti (che percentuale di spettatori dei Fantozzi abbinava i nomi di Faà di Bruno o Mauro Vestri alle facce giuste?), figuriamoci se era facile con gli attori c.s.c. Avete presente, in Profondo Rosso, quell’attore grassoccio e sorridente che interpreta un poliziotto agli ordini di Eros Pagni durante le indagini sull’assassinio di Macha Méril? Quello è Vittorio Fanfoni, accreditato nel film con sigla c.s.c insieme a Lorenzo Piani, presente nello stesso momento del film (Piani fa il poliziotto che prende le impronte digitali). Gli attori c.s.c., come nel caso citato, sono quasi sempre impegnati in piccole parti: solo un occhio esercitato (e quasi maniacale) li cerca e riesce ad identificarli.
Ma il nome c.s.c. che ha costituito una sfida per chi scrive (ma non solo per lui!) è stato (per qualche decennio, mica uno scherzo) quello di Carla Mancini, diplomatasi nel 1970 e accreditata in oltre 150 pellicole degli Anni Settanta. Non riuscìi mai, fino a pochi anni fa, a dare un volto a nessun attore c.s.c., ma quello della Mancini, la più frequente di tutti nei crediti, costituiva l’enigma principale. Il motivo è presto detto. Quasi sempre gli attori c.s.c. venivano usati in ruoli secondari (o pure meno: un passante, una persona vista di schiena...), col compito esclusivo di garantire al film le agevolazioni succitate. I diplomati, come ha dichiarato la stessa Mancini con simpatica dose di auto-ironia, dicevano che la sigla c.s.c. presente nei crediti, in realtà, significava “C’ero Solo Casualmente”. Il bello è che il nome dell’attore c.s.c. restava nei crediti anche se la scena in cui era stato impegnato veniva scartata in fase di montaggio o se (capitava pure questo) si recava sul set, ove, per quanto pagato, null’altro faceva che assistere alla lavorazione!
RIASSUMENDO, ABBIAMO QUESTI CASI:
1) l’attore c.s.c. è facilmente riconoscibile per lo spettatore che già ne conosce il volto;
2) l’attore c.s.c. è presente, ma in modo difficile da riconoscere, talora impossibile;
3) l’attore c.s.c. ha lavorato almeno in una scena del film, ma essa non è presente nelle copie circolanti;
4) l’attore c.s.c. non ha effettivamente lavorato nel film.
Ovviamente se l’attore c.s.c. accreditato nel film non viene riconosciuto neppure da chi ne conosce il volto, non si può sapere se si è nel caso 2, nel 3 o nel 4.

Facciamo qualche esempio, per i quattro casi citati.

1) In Lady Barbara Rosita Torosh (talora accreditata come Toros, che era il suo vero cognome) ha un ruolo di spicco, quello di Leda. Anche la Mancini (ruolo di Pamela) ha dei primi piani (il suo più famoso, però, è quello del fotogramma finale di Sessomatto). In Il profumo della signora in nero, c’è addirittura una scena in cui lavorano solo i due c.s.c.: la Mancini e Luigi Antonio Guerra. Quest’ultimo, insieme all’altro c.s.c. Sergio Serafini, ha una scena col grande Cobb in La polizia sta a guardare. Possiamo aggiungere Mirella Panfili che fa coppia con Montesano in Nel sole, Ugo Adinolfi direttore d'albergo in Ma che musica maestro!, Fabio Garriba che interpreta il marito della Spaak ne La via dei babbuiniAlessandro Perrella nei anni di un giornalista in Ingrid sulla strada, Nando Angelini cliente del Luna Park in Boccaccio '70, Giorgio Dolfin poliziotto della Scientifica ne La tarantola dal ventre nero.        

2) La Mancini in Macchie Solari fa l’infermiera, ma la si vede per pochi decimi di secondo. È riconoscibile solo in home video, fermando il film e controllando! Ne L’uccello dalle piume di cristallo è addirittura inquadrata fuggevolmente e di schiena!

3) Probabilmente è il caso della Torosh in Giù la testa (il cui materiale girato e non montato è tantissimo), e della Mancini e di Bruno Boschetti (quest’ultimo è ben vistoso nel leggendario Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno) nella versione circolante di Amore e morte nel giardino degli dei (l’ipotesi è spiegata nella “Discussione generale” della scheda del film).

4) Appartengono in questa categoria molti dei film italiani girati all’estero, per i quali era antieconomico portare in trasferta un attore che sarebbe stato poco impegnato.
Nota 1. Per avere un quadro più sintetico, ma esauriente, consultare http://it.wikipedia.org/wiki/Centro_Sperimentale_di_Cinematografia.









ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO B. LEGNANI

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