Travagliatissimo parto e fino a quel momento unica incursione di Dario Argento al di fuori del thriller, LE CINQUE GIORNATE nasce da una sceneggiatura che Argento proponeva da anni senza ottenere credito. Poi, sull'onda del successo dei suoi film, si decise di affidarne la regia a Nanni Loy e le parti di protagonisti a Manfredi e Sordi. Svanita la possibilità di utilizzare i due “mostri” della commedia all'italiana si ripiegò su Tognazzi, che pretese Argento dietro la macchina da presa, infine su Celentano. Così nasce questa regia “controvoglia”, con Celentano ed Enzo Cerusico nei panni di Cainazzo e Romolo. Si avverte quasi subito che la commedia non è il miglior terreno per lo stile di...Leggi tutto Argento, incapace di imporre i giusti ritmi di cui gli intenti spesso dichiaratamente comici del plot necessiterebbero, ma l’innata simpatia di Celentano permette comunque di godere appieno l’insolito progetto (sulla scia dei film storici ala Luigi Magni), caratterizzato dall'usuale (per Argento) abbondanza di violenza gratuita e momenti sanguinari. Forse il successo non ha arriso al film anche per questo: lo spettatore medio della commedia all'italiana fatica a sopportare una fucilata in piena testa come quella che riceve un milanese traditore nel letto dell'amante, né può giustificare l’insistito stupro dell'amante stesso. O ancora le baionettate in primo piano, i colpi di spada in mezzo al cranio, gli occhi distrutti dai proiettili, una fucilazione addirittura rallentata... Eppure LE CINQUE GIORNATE non è un brutto film. Troppo prolisso (circa due ore), con momenti poco riusciti (la scena del parto, in cui Argento accelera spesso le sequenze come nelle vecchie comiche mute), è comunque figlio di un regista che il mestiere lo conosce meglio di tanti altri.
Unica escursione di Dario Argento al di fuori del genere giallo/horror. Dopo la trilogia degli animali (che gli fruttò successo e notorietà mondiali), il regista romano provò a cambiare decisamente rotta ma il pubblico non premiò questa scelta e così torno rapidamente sui suoi passi (il film successivo fu il capolavoro Profondo rosso). Argento comunque sforna un prodotto più che dignitoso (anche se indubbiamente il thriller gli è molto più congeniale), in cui abbondano scene di notevole violenza. Buona l'interpretazione di Celentano e Cerusico.
Infelicissima escursione argentiana fuori dai suoi territori, benché generose dosi di violenza certifichino che anche in vacanza Darione pensava comunque al core business. Sceneggiatura di Balestrini confusa e velleitaria, attori non all'altezza, cattivo o nullo governo dei registri (con prevalenza di un grottesco un po' troppo conclamato), insomma un ciofecone che si può tranquillamente accantonare, o guardare solo per documentazione.
Per capire il senso del film, basta fare riferimento alla frase di Celentano, rivolto al compare: "E ora andiamo a vedere che cazzo è 'sta rivoluzione". Trattasi infatti della rivolta contro gli austriaci vista dagli occhi di due poveracci ignoranti (da piegarsi la scena dell'esplosione della panetteria, col fornaio illeso). Ne vedranno un po' di tutti i colori, anche se Argento (qui decisamente fuori dai suoi abituali binari) la butta anche sul ridere, pur distribuendo sangue e violenza. Troppo lungo e pasticciato (misto-generi), ma vedibile.
MEMORABILE: Un topo rosicchia un dito a Celentano, che si sveglia, gli tira un tremendo pugno in testa e poi lo lancia via, centrando la bocca di uno che dorme.
Comunemente definito come un incidente di percorso o dun'opera minore nella filmografia di Dario Argento, è invece un singolare film storico pieno di ironia, realizzato con una regia deliziosa. Fra i suoi pregi maggiori si evidenzia una funzione ritmica del montaggio, il rigore cromatico e le inquadrature di alcune scene girate a 18 fotogrammi al secondo, la stessa velocità usata dalle macchine da presa nel cinema muto (un chiaro omaggio del maestro a Charlie Chaplin). Rivisto oggi da chi non guarda solo horror lo rivaluto fortemente.
I moti di Milano contro gli austriaci visti da Dario Argento che, per una volta, abbandona gli abituali terreni del thriller, per un romanzo storico i cui protagonisti sono due popolani interpretati da Celentano e Cerusico. Il film alterna (non sempre adeguatamente calibrandoli) farsa e violenza e mostra il regista decisamente poco a suo agio nel genere. Si tratta di un esperimento dagli esiti non convincenti, anche se apprezzabile nelle intenzioni.
Un film del genere in mano ad un Sergio Corbucci ci avrebbe regalato commedia, western e cuore; è proprio il cuore a mancare ad Argento, che abbonda in grottesco e in violenza senza saper dove andare. Cerusico è bravo e sprecato, la coppia con Celentano non ingrana e tutti recitano sopra le righe, persino il bravo doppiatore Sergio Graziani. La sceneggiatura poi lascia molto a desiderare. Peccato... i mezzi c'erano, il cuore no.
Storico (in più sensi) buco argentiano nel suo periodo migliore. Buona l'idea della dissacrazione risorgimentale, ma condotta con le armi che Argento non ha, l'umoristico e il grottesco (si pensi ai duetti Nicolodi-Hemmings, le cose meno riuscite di Profondo rosso e si tirino le conclusioni). Si aggiunga un taglio che vorrebbe essere progressista e invece riesce (incredibile!) a far ricordare l'occhio benevolo che ai poveracci riservava Jacopetti. Ne esce un calderone incredibile, talora cialtronesco e mal recitato, senza forma e dimensione: *½. Si salvano alcune scene di stampo leoniano.
Liquidare questo film come commedia è riduttivo, oltre che erroneo. E' il classico film tragi-comico dove, attraverso un contesto storico, si cerca di mettere in piazza vizi e virtù dell'italico popolo. La gag comica è propedeutica allo stemperare il clima che, diversamente, avrebbe bollato il film come drammatico ergo poco appetito dal pubblico. Buone la sceneggiatura e la fotografia. Forse Celentano e Cerusico non sono la scelta migliore, ma visti i rifiuti... Come genere può essere accostato a film tipo Nell'anno del Signore e La grande guerra.
Un film straordinario ispirato alle famose 5 giornate di Milano, che rappresenta la realtà del tempo dagli occhi di un modesto popolano interpretato egregiamente da Adriano Celentano. Ladro, ma più "innocente" di tutti. Con i suoi occhi vengono mostrate le ingiustizie, la cruda realtà, le incoerenze e i tradimenti che si susseguono all'interno di location e set ricostruite in ottima maniera. Bello lo stile "a episodi" con tanto di didascalia. L'inconfondibile movimento della mdp di Argento si sposa bene anche con un genere lontano dall'horror.
Confuso e irrisolto, ma curioso per via del continuo spiazzamento operato dai repentini cambi di registro: dalla comica alla commedia pecoreccia, dai grotteschi simbolismi felliniani e jacopettiani alla violenza sanguinaria a metà strada fra l'epica di Leone e i thrilling dello stesso Argento. Il tutto malamente condito con l'estremismo velleitario anni '70 di Balestrini. Insomma, ce n'è per tutti i gusti, ma anche a sufficienza per annoiarsi parecchio. Celentano interpreta come di regola se stesso, debordando su un imbarazzato Enzo Cerusico.
MEMORABILE: La barricata chic allestita dalla sempre splendida Marilù Tolo nelle improbabili vesti di contessa patriota e incontenibile ninfomane.
Unico e poco riuscito approccio di Argento alla commedia. La rilettura in chiave anticonformista, classista e “gattopardesca” del noto episodio del Risorgimento milanese attraverso le picaresche vicende di due plebei è troppo farraginosa e dispersa per sortire l’effetto sperato e non è certo casuale che la vera anima dell’autore riaffiori nelle scene truculente (impiccagioni, fucilazioni, stupri, volti sfregiati e pesti) piuttosto che in quelle a carattere politico, western o boccaccesco. Promossi Celentano e Cerusico, che sprizzano popolana genuinità. *!/**
MEMORABILE: L’insulto a Carlo Alberto che da Milano viene udito a Torino dal re in persona; la Tolo nobildonna ninfomane; il parto; «Ci hanno fregatoooo!!!!».
Davvero versatile il Dario nazionale: non solo inquadra al meglio miseria, ignoranza e corruttibilità dei delinquenti comuni (superata però dinanzi a una feroce e illogica esecuzione sommaria!), ma ci lascia anche il messaggio di come, in qualsiasi guerra o sommossa, il macello spetti sempre al popolo, adeguatamente lubrificato e caricato di illusioni di libertà, mentre al contrario clero, ceti alti ed ex dominatori si accordino di nascosto per uscirne danneggiati il meno possibile e per spartirsi pure i bottini. Bravissimo Cerusico, ma... troppo buono!
MEMORABILE: "... Loro eh... Ci hanno fregatoooo..."
Dopo tre film gialli Argento decide di cambiare rotta e di buttarsi (chissà perché...) nella realizzazione di un resoconto storico. Le cinque giornate racchiude un guazzabuglio di generi: commedia, drammatico, grottesco, guerra, comico, erotico... In un contesto del genere il film perde completamente la sua identità. In questo marasma c'è sicuramente lo zampino di Luigi Cozzi, la cui specialità è quella di creare caos alla ricerca di qualcosa che piaccia (secondo lui) al pubblico.
Dopo i primi, splendidi thriller Dario Argento si prende una pausa e gira a sorpresa un film storico con Celentano. Il risultato è un curioso mix di generi, con richiami al cinema muto e una discreta dose di violenza ed erotismo. Sembra quasi autocitarsi nella fucilazione al ralenti che ricorda il finale di Quattro mosche divelluto grigio. Musiche del jazzista Giorgio Gaslini, che tornerà nel capolavoro Profondo rosso.
MEMORABILE: La Tolo baronessa ninfomane eccitata dal sangue; La fucilazione.
Argento per la prima e praticamente unica volta esce dallo schema del giallo/horror e si concede, peraltro con buoni risultati, un peccatuccio di gioventù dirigendo senza molto slancio (ma pure senza grossi affanni) e tuffandosi in un pezzo di storia con gli occhi del truffaldino Celentano, qui autore di una buona prova. Un paio di "mini splatter" ma non cercate niente altro del genere, in una vicenda discretamente vivace e divertente.
Due poveracci (Celentano e Cerusico) si ritrovano coinvolti in maniera picaresca nei moti milanesi del 1848. La famigerata "unica incursione di Argento al di fuori dei suoi territori" si rivela assai più coerente del previsto: all'umorismo grottesco del resto il regista non rinunciava nemmeno nei suoi migliori gialli (anche lì con risultati altalenanti) e nell'epica storica anti-celebrativa ritroviamo la violenza cruda che solo gli spaghetti western hanno. La commistione di registri diversi non sempre funziona ma alcuni frammenti sono notevoli.
Parentesi argentiana nel film storico, è un film difficile da valutare. Da una parte abbiamo l'indubbia capacità del regista di sperimentare soluzioni tecniche e attoriali insolite per un film di questo tipo ed è sicuramente un pregio; dall'altra invece c'è un certo gusto per il grottesco e il bizzarro che non sempre convince e funziona. Sostanzialmente una pellicola riuscita a metà: il tocco c'è, ma non sempre è quello che ci vuole. Comunque decente.
Non doveva essere girato da lui: Argento lo ha diretto dopo il forfait di Nanni Loy e ha saputo infondervi la consueta maestria. L'idea è di un Risorgimento picaresco, fortemente influenzato dallo sceneggiatore Nanni Balestrini che militava in Potere Operaio e che fornisce un tono sessantottino al film. Argento usa alcuni espedienti che non sono comuni nel cinema storico e propone un Celentano-movie bello, compatto, sorprendente. Da riscoprire e da amare.
Curiosissimo: prima di tutto per il regista, maestro del thriller e dell'horror all'apice del successo suo e del filone a cui ha dato il nome (giallo argentiano), prestato alla commedia storica proprio in quel particolare periodo. Non è certamente il suo genere: fin dai precedenti thriller si era notata la debolezza delle parentesi "commedia" inserite per stemperare la trama e qui, inevitabilmente preponderanti, questa si palesa ancor di più. Rimane curioso anche per i guizzi truculenti inseriti come un marchio a "sporcare" il genere. Imperfetto, particolare ma troppo lungo
Purtroppo è rimasto l'unico caso della filmografia di Argento in cui il regista ha sperimentato uscendo dai generi standard che l'hanno reso famoso. Peccato perché è un interessante per quanto bizzarro (e altalenante) ibrido tra la commedia in costume, il grottesco, l'erotico e con qualche inaspettata scena violenta caratterizzato da una buona regia e dal simpatico duo Celentano/Cerusico. Come se non bastasse, nella parte finale si passa al dramma più tragico in una forte critica al mito del Risorgimento. Molto più di una semplice parentesi, come spesso viene frettolosamente bollato.
Buona l'idea di rivisitare un episodio molto famoso del Risorgimento e anche quella di portare avanti l'operazione attraverso gli occhi di due popolani. In mano diversa il film sarebbe stato probabilmente migliore, ma né la commedia né il racconto storico sono nelle corde di Dario Argento, che infatti appena può si rifugia nelle sue consuete scene di violenza. Si intravvede qualcosa del suo stile di tanto in tanto, ma in generale il film non convince, anche perché troppo lungo e zeppo di riempitivi. Per i completisti del regista.
Uno dei film più insoliti, singolari, del cinema italiano degli anni '70, con cui Argento cercò di "forzare" alcuni suoi apparenti limiti di "disimpegno". Figlio di una precisa ideologia e di una formazione extraparlamentare da cui al tempo proveniva Argento (ma soprattutto lo sceneggiatore Balestrini) è una demolizione, demistificazione totale, una sorta di Soldato blu della retorica agiografica del Risorgimento, che andrebbe mostrata, soprattutto oggi, nelle scuole. Magari assieme a Bronte e Allonsanfan. Regia davvero di gran classe di Argento, ottimi sia Celentano che Cerusico.
MEMORABILE: L"'eroe" Binetti morente che mormora in verità "Andate tutti a dar via il culo"; "Non la vuoi te, la libertà di stampa?"; "Ci hanno fregatoooo!!!".
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Lo so che c'è una grossa fetta di persone che anche all'estero preferisce i rip gratuiti al dvd orginale import, ma i sub non fanno differenza tra copie e master e si adattano a qualsiasi circostanza. E di certo chi sottotitola i film non può essere imputato di nulla, se non di una immensa dedizione e del cosiddetto mazzo quadrato (per tradurre un intero film senza fini di lucro ce ne vuole di passione, e tanta).
Tornando a bomba, il punto centrale non erano la pirateria o le copie più o meno originali del film, la questione era quella di chi è convinto che all'estero il film non l'abbia mai visto nessuno. Questo è falsissimo, come dimostrano la miriade di recensioni in tutte le lingue sparse per la rete.
DiscussioneZender • 2/11/12 19:20 Capo scrivano - 48328 interventi
Mai mi sarei permesso di dire qualcosa contro chi compone i sub, ovviamente.
Tornando a bomba il punto per quanto mi riguarda era solo la frase sugli appassionati argentiani che dovrebbero conoscere ciò che esiste in rete, solo questo. Poi se Lucius dice che all'estero non è mai arrivata è chiaro che deve per forza riferirsi al mercato legale, non è che ci si può basare sui sottotitoli presenti in rete per sapere se un film arriva o non arriva.
Se io dico, che ne so, che Serbian film non è mai arrivato da noi è vero. Non è che può far testo il fatto che qualcuno l'abbia subbato. Serbian film in Italia non è mai arrivato.
Inizialmente la regia era stata affidata a Nanni Loy, che però lasciò le redini poco prima di avviare le riprese.
Oltre al già citato Tognazzi (che lasciò il progetto per motivi poco chiari dopo aver imposto che avrebbe accettato di prendervi parte alla sola condizione che dietro la cinepresa ci fosse Argento), Argento aveva pensato anche a Sordi e Manfredi quale coppia ideale per il film.
Durante i lavori, Argento fu preda di una balorda epatite virale dovuta a intossicazione alimentare, che gli procurò lunghi periodi bloccato a letto e alcuni svenimenti nel corso delle riprese.
(Fonte: Dario Argento, paura, pag 151-153)
DiscussioneRaremirko • 16/01/19 22:07 Call center Davinotti - 3863 interventi
Unica commedia di Argento (che, ho scoperto oggi, ha origini brasiliane da parte di madre), che secondo me si innesta su discreti livelli; Celentano (che, ho scoperto oggi, ha origini pugliesi) valido nel suo solito personaggio sfrontato ed imperturbabile, si metta sul groppone molto, se non tutto, è il film è una commedia picaresca dolce e amara.
2 ore che non stancano, e che almeno a me han detto "che bello sarebbe stato se Argento avesse continuato qua e là a far commedie, magari al posto di quella cagata de Il fantasma dell'opera".
Concordo con te Rare, questa commedia di Argento è generalmente molto sottovalutata, ma a è un buon film. Certo il pubblico è sempre rimasto spiazzato da questa incursione (rimasta unica) in questo genere, da parte del regista romano. Per me questa pellicola vale molto di più di tutto il cinema argentiano degli ultimi 20 anni.
DiscussioneRaremirko • 17/01/19 19:59 Call center Davinotti - 3863 interventi