il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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343057 commenti | 65006 titoli | 25741 Location | 12978 Volti

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  • Film: Il leone mansueto (1919)
  • Multilocation: Viale Regina Margherita 262
  • Luogo reale: Viale Regina Margherita 262, Roma, Roma
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  • Film: Adagio (2023)
  • Luogo del film: La casa di Polniuman (Mastandrea)
  • Luogo reale: Via Casilina Vecchia 90, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Marco Tullio Cau

    Marco Tullio Cau

  • Stella Pende

    Stella Pende

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Diamond
Tra i migliori Corbucci in assoluto. Spaghetti western atipico e originale a partire dalla suggestiva ambientazione e da alcune scelte narrative. Personaggi ben caratterizzati e interpretati (ottimo Kinski, ancora meglio Trintignant, ma tutto il cast è di livello), colonna sonora a cura di Morricone eccellente, finale cupo e notevole. Non tutto funziona perfettamente, compresa una parte centrale non sempre calibrata al meglio, ma si eleva nella pletora di spaghetti western di quegli anni.
Commento di: Minitina80
Le case infestate da spettri rappresentano uno dei soggetti che meglio si prestano all’horror e Medak lo dimostra realizzando una pellicola degna di onore. Limita gli effetti al minimo necessario puntando sulla costruzione di atmosfere tensive in grado di prendere il sopravvento in un crescendo che dirama le sue spire in lentezza. Sapiente l’uso del sonoro, ben coniugato con le immagini dei momenti più significativi, che fanno venire i brividi. La sottotraccia nasconde un risvolto crudele di rara amoralità a cui è impossibile non dare peso. Non lascia scampo nemmeno alla fine.
Commento di: Magerehein
Film che, pur essendo discontinuo e forse anche derivativo, resta comunque uno dei migliori film tratti da lavori di King. Se è infatti vero che la trama è quel che è e non sempre vi alberga il raziocinio (passi il dolore per una perdita cara, ma a che pro continuare a servirsi di quel cimitero nativo una volta scopertene le letali peculiarità?), sull'altro piatto della bilancia si può fruire di belle atmosfere e di un macabro alone d'inquietudine quasi permanente (quella strada accanto alla casa promette già malissimo). La violenza tra l'altro non manca. Buono, sa farsi ricordare.
Commento di: Daidae
Tremendo thriller psicologico in cui l'originalità è parola sconosciuta; infatti il film è letteralmente copiato da Amore ferito, di un anno prima (alcune parti del film sono identiche, solo il finale è diverso). Si tratta di un prodotto per la tv, quindi non ci si deve aspettare chissà cosa, mancano nudi e scene violente (è presente uno stupro, ma con i vestiti addosso come in The iron girl). Tensione zero, erotismo assente, prova del cast non eccelsa.
Commento di: Siska80
Due professori vanno a visitare un sito archeologico per i suoi interessanti manufatti e si imbattono in gente di tutti i tipi. Simpatica commedia che sfrutta il comunissimo spunto della gita movimentata per inanellare un numero considerevole di gag riuscite: il merito si deve ai tempi comici giusti scanditi da un valido cast che si avvale in alcuni casi di una mimica facciale estremizzata (ovviamente nel caso di alcuni soggetti in particolare, perché i personaggi strambi in questo film non mancano di certo). Nel complesso una produzione gradevole che non delude.
Commento di: Nicola81
Lo sceriffo Robert Mitchum e il fuorilegge George Kennedy (bravi entrambi) rappresentano un'epoca ormai al tramonto e sono ritenuti sorpassati, però, pur trovandosi su fronti opposti, si rispettano e finiranno col coalizzarsi di fronte alla minaccia di una pericolosa banda. Western i cui contenuti crepuscolari sono smorzati da una vena farsesca che finisce col renderlo il classico prodotto né carne né pesce. Andamento discretamente noioso e anche la resa dei conti conclusiva, benché particolarmente movimentata, risulta priva del pathos che ci si aspetterebbe da un film del genere.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Dopo gli italiani ci provano anche i francesi, a rifare il messicano NOSOTROS LOS NOBLES; con esisti non troppo differenti, peraltro. Il film continua a funzionare meglio sulla carta come idea che come realizzazione, una sorta di favola moderna che si presta a una facile rilettura a tutte le latitudini. Siamo quindi ancora alle prese col padre miliardario (Jugnot) preoccupato per i tre figli nullafacenti che pensano solo a prosciugargli le carte di credito: Philippe (Artus) persevera nel proporre al padre progetti bislacchi falliti in partenza...Leggi tutto (scarpe già usate una settimana da altri per poter superare i problemi procurati dal modello nuovo da adattare al piede), Alexandre (Meliava) pensa a portarsi a letto qualsiasi essere di genere femminile gli capiti tra le mani, Stella (Lou) si preoccupa solo di far acquisti in negozi d'alta moda e a curare la propria immagine, pronta a sposare uno dei più classici cacciatori di dote (Leeb) a sua volta un buono a nulla che passa il tempo a suonare la chitarra e a organizzare feste coi soldi altrui.

Inevitabile che, di fronte all'ennesima dimostrazione del suo fallimento come genitore (l'adorata moglie è morta quindici anni prima) e a un mancamento che lo porta al ricovero immediato, Francis Bartek escogiti qualcosa per cambiare l'inerzia delle cose. Come? Con una studiata messinscena finge che la finanza sia sulle sue tracce e, presi in auto i tre figli, fugge nella campagna, dove si sposta a vivere con loro in povertà assoluta. Dopo i primi momenti di panico anche i tre scapestrati dovranno trovarsi una nuova - umile - occupazione per portare a casa la pagnotta.

Un messaggio facile facile per una commedia che comincia in modo piuttosto scatenato mostrando le giornate nell'ozio dei tre ragazzi e le loro "occupazioni", col padre che assiste rassegnato a un quotidiano deprimente. Sono le fasi più genuinamente divertenti, ancorché poco fantasiose: la dissolutezza al potere. Ma il sogno finisce presto e tocca rimboccarsi le maniche smettendo gli abiti dei rampolli d'oro. A questo punto, però, serviva inventarsi qualche sviluppo brillante, non semplicemente trovare per i tre qualche mestiere da fare svogliatamente; perché così ogni barlume di spasso svanisce e ci si limita a coltivare i buoni sentimenti tra bonari sorrisi e un'ordinarietà poco pregnante. Gérard Jugnot, poi, non ha la predisposizione al comico che nella versione italiana sfoggiava Abatantuono e quindi, anche sotto questo versante, tutto si sgonfia presto.

Ci si riprende un po' nel finale, con qualche reazione leggermente imprevedibile, ma è poca cosa e si resta nell'ambito della commedia d'impronta familiare, che non fa male a nessuno e prova a lavorare sui caratteri dei tre per dar modo a un cast piuttosto ben almalgamato di recuperare un po' con l'interpretazione: Camille Lou è magnifica, un portamento regale che si adatta più alla prima parte che alla seconda, il più voluminoso Artus sa rendersi sufficientemente simpatico (forse il migliore del lotto) mentre Louka Meliava resta in ombra, quasi il terzo incomodo cui non si sa bene cosa far fare. Il ricco costretto dalle contingenze a condurre vita da povero al cinema s'è visto infinite volte e ci si chiede come mai, per ritornarvi, si decida di riprendere di nuovo NOSOTROS LOS NOBLES, dal momento che la sceneggiatura non ha nulla di particolarmente brillante. Un copione usurato che può contare in questo caso giusto sulla patina di professionalità conferita dal discreto budget e poco altro.

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Se prima dei titoli di testa ti trovi davanti alla solita ragazzetta che sguscia tra stanze e corridoi inseguita da un tipo intabarrato, capisci già che molto probabilmente il film più di tanto non potrà dare. Ed è così, perché la storia è facile e ampiamente prevedibile, come giallo funziona poco o niente e anche gli ambienti in cui ci si muove, tra la scuola e la casa, sono quanto di più insignificante si possa immaginare. Resta la fresca e piuttosto credibile protagonista, Hannah Baxter (Topper), che vive con la madre, Melanie (Rosenow),...Leggi tutto e che al liceo viene bullizzata impietosamente da compagni insopportabili. L'unico che pare capirla e consolarla, oltre all'amica Zoey (Ledger), è il consulente scolastico Garrett Williams (Wright), con cui la giovane si confida e che prova a tranquillizzarla.

Studia pianoforte, Hannah, con un insegnante scorbutico (Brown) che tuttavia è lì per spronarla a migliorarsi. Viene continuamente schernita (le fan fare un provino da cheerleader solo per prenderla in giro) e pure le foto un po' osée che mette sul telefonino per compiacere un ragazzo interessato a lei finiscono in circolo con ulteriori passi verso lo screditamento più totale. Hannah prova allora a concentrarsi sul suo nuovo lavoretto (insegnante di piano per la piccola figlia di Garrett) mentre mamma si dedica a inaugurare un centro benessere. Nel frattempo un losco figuro (quello del prologo) si aggira senza senso sul set azionando il suo taser e spaventando più d'uno. Chi sarà mai? Inutile arrovellarsi troppo, anche perché l'unico gusto che si può provare non è tanto quello di azzeccare l'assassino quanto quello di scoprire - nell'ultima parte - come abbia messo in atto il suo diabolico (capirai...) piano.

Lasciando perdere la logica dell'intera operazione, che vela subito le proprie carte lasciando ben poco spazio al whodunit per preparare un'ultima parte con qualche piccolo colpo di sorpresa, il film non offre quasi nulla sul piano delle caratterizzazioni. L'unica a salvarsi, nel disastro generale, è Emily Topper, che con bella vitalità ci mostra il film sotto una luce più interessante di quanto non meriti: il suo sorriso contagioso, misto a una maturità che ne evidenzia i lati migliori, domina la scena molto più della figura di sua madre Melanie, costretta a un'interpretazione di maniera che prevede un forte avvicinamento alla figlia soprattutto nel momento del rischio tangibile.

Tra le cose buone non si può proprio annoverare la sceneggiatura, priva di sequenze che possano ambire a emergere dalla mediocrità a cui questo film televisivo pare condannato. Senza (troppa) infamia e senza lode, si consuma stanco fino a una conclusione in cui - come d'abitudine - i sopravvissuti han già dimenticato le vittime, ridono e scherzono. Le fasi più legate alla componente thriller, che si vorrebbe caratterizzante, sono deboli e rese artificiosamente minacciose (in modo fallimentare) dall’antipatica figura dell’uomo in nero che sbuca qua e là senza un vero perché…

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Un’anticipazione low budget - in tutti i sensi - del FALL GUY di Ryan Gosling (il nome del protagonista, Ron Goossens, suona curiosamente in modo molto simile), con un disgrazatissimo cascatore che in Olanda diventa d'improvviso celebre grazie al solito video virale diffuso sui social: salito su un auto, la lancia su un trampolino finendo nel fuoco, uscendone e tuffandosi in acqua. Gli amici riprendono e lui, emergendo, recita la fatidica frase che diventerà il tormentone con cui tutti lo identificheranno da lì in...Leggi tutto avanti: "Sono proprio sbronzo!". Il punto è infatti questo: Ron (Haars) beve. Tanto. Come suo padre. E la cosa si riflette sul lavoro, affrontato sempre svogliatamente, con un bicchiere in mano.

Ron prende la vita sottogamba. Sposato a una donna bella (Van de Wetering) che tuttavia ha avuto rapporti con chiunque in paese compreso l'intero gruppo del bar, pare del tutto insensibile, persino quando la becca in azione con uno dei tanti. Lei si scusa dicendo che si annoia, che la vita con lui non ha senso e... vedendo una bella donna in tv (Bo Maerten, nella parte di se stessa) gli dice che se vuol restare a casa con lei dovrà trovarla e andarci a letto! Bizzarro, certo, ma Ron che può fare? Parte all'avventura e accetta la corte di un produttore che gli aveva lasciato il suo biglietto da visita. Chiede un'unica cosa: che nei suoi film sia presente Bo Maerten, che inizierà ad avvicinare sperando di arrivare dove sua moglie gli ha chiesto. Non sarà facile...

Il personaggio è bislacco, lontanissimo da quelli molto più vivaci e travolgenti che incontreremmo a Hollywod. D'altra parte siamo in Olanda; anche il tipo di umorismo è particolare e in questo caso - purtroppo - limitato, un po' come capitava ai film della serie New Kids, qui citata e il cui regista era sempre Steffen Haars. Il protagonista fa sorridere, certo, ma alla fine fa in ogni scena le stesse cose, lasciando che tutto gli passi sopra senza reagire, attaccandosi appena può alla bottiglia e proseguendo a travestirsi nei modi più strampalati per seguire le esigenze dei diversi copioni, che lo vedono fare da controfigura a chiunque. Si ride ogni tanto per gli incidenti (anche quelli in gran parte dovuti all'alcol), che lo vedono più di una volta cadere dall'alto non sui materassi posti alla base dei palazzi da cui si lancia ma appena fuori, con ovvie conseguenze. E’ goffo nell'approccio sentimentale e un po’ in tutto, Ron Goossens, ma non gli importa, e il film lo segue nel suo trascinarsi sui set schiavo di un mestiere che lo vede di fatto usato come un vero uomo oggetto. Da rompere.

Rozzo (quando va a cena con Bo mangia l'aragosta schiacciandola con la forchetta), incidentalmente asociale, nient'affatto cattivo ma in apparenza quasi tardo, viene posto sempre al centro della scena. Almeno quando non ci sta Dennie Christian (anche lui nella parte di se stesso), cantante specializzato in cover che non si capisce bene cosa c'entri col resto (fa parte della scuderia del produttore di Ron) ma che interviene qua e là cantando qualche spezzone dei suoi brani davanti a un pianoforte o su di un palco. Ci sorprenderà nel finale cantando una versione olandese del "Cervo a primavera" di Cocciante, sulla quale si chiuderà questo strambo film, piuttosto lento e ripetitivo, curioso ma in definitiva meno interessante di quanto promette sulla carta. Sui set dove lavora Ron, intanto, non poteva mancare nella parte di se stesso Dick Maas (l'autore dell'ASCENSORE e AMSTERDAMNED), venerato guru della serie B olandese. La durata è minima, ridotta ulteriormente da titoli di coda interminabili nei quali s'incastrano almeno sei o sette "scene nascoste" di dubbia utilità…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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