Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Migliore addirittura di Quei bravi ragazzi, anche se girato e montato con la stessa tecnica, decisamente pop. Magnificamente scritto. Epico e al tempo stesso elettrizzante. Con interpretazioni che hanno fatto storia, compresa la straordinaria performance di Sharon Stone, l'unica a ottenere una candidatura agli Oscar, che per il resto snobbarono questo capolavoro del cinema. In qualche modo parente del Buono, brutto e cattivo per la perfetta gestione di sottotrame che sembra non convincessero Scorsese e invece sono la forza del film. Insieme al finale, sublime nella sua sobrietà.
McCarthy è artigiano dell'horror tutt'altro che banale e la sua bravura è partire da materiali noti introducendo un po' di originalità. Qui pare il tema ritrito del bambino incarnazione del demonio, ma la possessione, tema caro a McCarthy, stavolta è da parte di uno stupratore che parla in ungherese arcaico (!). Ottimo l'inizio con l'enigma della mano, poi si prosegue nei binari consolidati con almeno un jumpscare da infarto (il bimbo che diventa Scarka abbracciando la madre) e una salda regia. Il finale è identico a quello del capolavoro donneriano ma si può vedere come citazione.
A causa di un virus, le scimmie hanno preso il sopravvento sugli umani, ma lo scimpanzé Noa cerca la pace e la concordia con gli umani, orma diventati muti (ma è davvero così?). Non ha fatto, però, i conti con Proximus, un gorilla violento che distrugge il suo villaggio e schiavizza i sopravvissuti. La saga continua, presentando nuovi eroi, fra cui il già citato Noa e l'umana May, che dà un senso a una trama alquanto scontata, come quella fra scimmia buona contro scimmia cattiva. Notevoli la trovata delle scimmie che comunicano con le aquile e il sempre bravo William H. Macy.
Una prostituta viene deportata nei mari del sud dove conduce una vita dissoluta, ma un reverendo presente sul posto tenta di redimersi. All'epoca della sua uscita il film fu un flop, probabilmente a causa del fatto che in un primo momento sembra una critica morale alla protagonista, ma nel finale si trasforma invece in una messa alla berlina dell'ipocrisia della chiesa, che predica bene e razzola malissimo. La Crawford è comunque a suo agio con la volgarità del ruolo e, seppure troppo repentina e radicale, la sua breve crisi mistica risulta credibile.
I fratelli Vanzina in formato esportazione dimostrano di saper fare bene anche la commedia sofisticata inglese che tanto andava di moda in quel periodo (a cavallo del cambio di secolo), proponendo un cast internazionale e facendo esordire sul grande schermo un Giampaolo Morelli giovanissimo ma già molto bravo. L'incrocio tra il cast inglese e quello italiano funziona bene e la commedia è gradevole.
La pellicola mette insieme estratti dell'anime con nuovo doppiaggio (per fortuna Jean mantiene la voce del bravo Davide Garbolino) e nuovi eventi che coinvolgono una fanciulla misteriosa. Il design ci mostra i protagonisti con qualche anno in più e il finale poco c'entra con l'originale. Nel complesso mediocre, seppur non privo di azione e interessanti momenti drammatici; quello che manca qui è però l'aspetto umoristico, oltre ad alcuni personaggi rimasti impressi nell'immaginario collettivo (Capitano Nemo, Elettra, Marie), per cui la sensazione di spaesamento prevale sul resto.
Potente denuncia contro la speculazione edilizia e la politica collusa, il film di Francesco Rosi (Leone d'oro a Venezia) individua come figura chiave Edoardo Nottola (Steiger), costruttore con pochi scrupoli alleato con la destra e consigliere comunale. Siamo a Napoli: con il crollo d’un vecchio palazzo a fianco di un altro che era in demolizione per ordine di Nottola, nasce un caos in aula difficile da placare. Il costruttore finisce sotto i riflettori come primo responsabile, ma le cause vanno ricercate ancor prima su chi concesse i permessi per portare a termine l'operazione senza...Leggi tutto verificare prima se fosse attuabile senza rischi. Come sempre in questi casi l'interminabile scaricabarile cela i colpevoli disperdendoli in un fumo che tutto confonde.
L'uomo del partito di opposizione, De Vita (Fermariello), cerca di far capire come non sia più possibile accettare una situazione tanto compromessa, attaccando anche gli stessi cittadini della zona del crollo che urlano contro di lui: siete voi che li avete votati, non avete diritto di lamentarvi! Un concetto facile e sempre valido, che Nottola cerca di ribaltare facendo ragionare lo stesso De Vita sul fatto che le case in costruzione sono infinitamente più a norma e solide di quelle cadenti che non si accetta di demolire.
Una situazione di stallo che si prolunga, con gli uomini del partito di Nottola, guidati da Maglione (Alberti), che cercano di far capire allo speculatore come sia arrivato il momento di mettersi da parte. Questi però non ci sta, conscio di quanto gli sia costato guadagnare i tanti voti che gli hanno permesso di arrivare al ruolo che occupa. Uno scontro interno quindi, oltre che esterno alla luce del sole, che Rosi racconta con sovrabbondanza di interminabili dibattiti in aula, grida e accuse corali reciproche, voci sovrapposte in un chiacchiericcio che dà costantemente l'impressione di non arrivare a nulla di concreto.
Stacchi sulle strade tra la gente insoddisfatta (autentici cittadini napoletani), riunioni da Nottola con un'enorme mappa della città partenopea come sfondo, le consuete pause che Rosi si prende rallentando senza troppe ragioni il ritmo (sintomatica la sequenza muta in cui Steiger si muove a lungo da solo nell'ufficio, turbato da una situazione che sembra farsi ogni giorno più incontrollabile)... Lo stile del regista è inconfondibile: senza virtuosismi particolari scava bene nei volti grazie anche agli eccellenti contrasti della fotografia in bianco e nero di Gianni Di Venanzo, dirigendo al meglio un cast che ha in Rod Steiger la chiara punta di diamante (un'interpretazione di rara profondità che comunica al meglio lo spessore umano di Nottola).
Le riprese indugiano spesso su panoramiche dall'alto di Napoli riprendendone l’enorme quantità di palazzi affiancati che comunicano la forte densità abitativa. Rosi offre un preciso spaccato della vita di allora, dei rapporti tra il popolo e la politica e tra i poteri che strutturano la stessa. Un lavoro di grande impegno che non si risparmia nemmeno sotto il versante della spettacolarità (il crollo del palazzo nei primi minuti è reso con straordinaria efficacia), che coglie tratti della bellezza di Napoli evitandone accuratamente i luoghi più celebri, aprendo e chiudendo la storia con mirabile circolarità. La drammaticità degli eventi è restituita con eccellente mestiere per un'opera di bella intensità cui mancano forse un montaggio in grado di tagliare qualche lungaggine e una colonna sonora (di Piero Piccioni) più caratterizzante.
Simpatico omaggio al cinema argentiano che può fregiarsi della presenza del Maestro in qualità di co-regista (insieme ai due Younuts!, da sempre specializzati nella realizzazione di videoclip musicali) e di attore, conferma l’importanza iconica di Dario Argento nel panorama horror di casa nostra (e non solo). Protagonisti sono Salmo (Maurizio Pisciottu) e Noyz Narcos (Emanuele Frasca), due rapper che qui sfruttano il brevissimo cortometraggio (sei minuti più tre di titoli di coda) per lanciare il loro nuovo album, nel quale collaborano.
L’ambientazione è...Leggi tutto più argentiana che mai, con la villa di Vigna Murata a Roma, già teatro di moltissimi film, che funge nell’occasione da draculesca abitazione di Argento. Li accoglie sulla porta il classico maggiordomo mefistofelico (Pandolfo), che fa loro strada conducendoli in un grande atrio dove, appoggiato accanto a una libreria, è appoggiato l’inconfondibile pupazzo di PROFONDO ROSSO, primo di una serie di riferimenti e memorabilia che ovviamente non possono che stuzzicare la memoria degli amanti del grande immaginario argentiano. Presente in sala anche una giovane bionda in déshabillé (Tramontano) che, osservando i due ospiti, sghignazza senza dire nulla.
Pochi istanti ed entra in scena Argento, spiegando come si trovi a suo agio nella propria magione e come per il suo ultimo film manchi soltanto… l’ultima scena. Vogliamo immaginare cosa accadrà? Uno dei trade mark del cinema di Argento è l’utilizzo dello splatter e non ci verrà risparmiato, con effetti speciali sorprendentemente pregevoli e una progressiva immersione nell’universo del regista attraverso bambole appese e oggetti che tutti riconosciamo immediatamente come suoi. Un concentrato, quindi, dei topoi legati a uno dei più grandi autori del campo, condito da qualche traccia di elementare ironia e una presenza di Argento che, anche per questo, si fa quasi hitchcockiana.
Naturalmente in sei minuti non troppo si può dire e il tutto resta relegato a semplice divertissement, gradevole ma inevitabilmente fine a se stesso. Curioso che, nel video chiamato a promuovere il lavoro di due musicisti, la “colonna sonora” (firmata da Aeph, Carmine Iuvone e Verano) si senta in fondo poco rispetto a come di norma viene utilizzata nei film di Argento. Al di là di un tema ovviamente ispirato a note che richiamano le meravigliose partiture dei Goblin (aggiornate ai tempi e “sintetizzate”), nei momenti più crudeli si apre a passaggi più “rumoristici” che tradiscono un po’ lo spirito del Maestro. Buona la fotografia, recitazione più da ritrovo tra vecchi amici che da film. Intanto si spera sempre che quel “Alla prossima” pronunciato da Argento prima dei titoli di coda si traduca in qualche nuovo capolavoro (non) annunciato.
Folle hellzapoppin’ di marca National Lampoon che si prende gioco della fantascienza classica (ma pure di INDEPENDENCE DAY, visto che gli anni erano quelli) partendo – almeno nominalmente – da una parodia dei due MEN IN BLACK portati sullo schermo da Will Smith e Tommy Lee Jones. Qui i due uomini sono “in white” perché bianca è la loro divisa di ogni giorno. Lavorano per la nettezza urbana guidando uno dei tanti furgoni che passa per...Leggi tutto le strade a raccogliere i rifìuti e, già dalla prima scena - in cui ai due scappa dappertutto il grosso tubo a fisarmonica che utilizzano per ripulire la città - ci viene illustrato chiaramente l’indirizzo slapstick del film: tra grida, voli, un gatto alla guida del mezzo ed effetti speciali decisamente grossolani si capisce fin troppo bene ciò a cui stiamo andando incontro, e per accettarlo bisogna essere molto ben predisposti, nei confronti del particolare genere...
I primi deliranti 8 minuti in apertura si concludono con i dischi volanti che d’improvviso compaiono tra i grattacieli e rapiscono i due “men in white” col loro raggio rosso "teletrasportante". Ritrovatisi nell’astronave di alieni ricavati dagli stereotipi più biechi, i nostri devono scampare a vivisezione certa e lo fanno lanciandosi fuori dal mezzo spaziale per ricadere sulla Terra senza un graffio; d’altra parte il film è dichiaratamente comico e non si preoccupa certo di dover apparire credibile: basti vedere come si comporta il presidente degli Stati Uniti interpretato da un simpatico Barry Bostwick con look alla Bill Clinton (allora in carica), che nel suo fare il verso al Bill Pullman di INDEPENDENCE DAY anticipa di un lustro l’impagabile Leslie Nielsen di SCARY MOVIE 3. Con incessanti giochi di parole sulla didascalia che sottosta all’inquadratura classica della Casa Bianca, le scene dedicate al presidente sono spesso tra le più azzeccate.
Ai due protagonisti (Tom Wilson il bianco e Karin Prince il nero) tocca in sorte un’interminabile lotta con gli alieni: entrano ed escono dalla loro astronave o si mettono in viaggio nello spazio col loro furgone a reazione (che non può non richiamare di nuovo alla mente Bill Pullman, ma in questo caso quello che rifaceva Han Solo in BALLE SPAZIALI). Scott P. Levy in regia dirige a mille all’ora, cerca di non annoiare proprio mai e, se si accetta il gioco, non si può dire che la cosa non gli riesca. Naturalmente tutto sa di plastica come in tanti Z-movies Anni Ottanta, con effetti speciali che sfiorano a tratti il disegno animato e che definire grossolani sarebbe un eufemismo.
Boyscout e indiani che combattono fianco a fianco sull’astronave sono il sintomo dell’altissimo tasso di demenzialità del film, che spesso si tuffa nel nonsense più puro associandolo tuttavia a un discreto numero di battute di una certa efficacia. Le facce sono quelle giuste (particolarmente espressivo Wilson) e ci sono pure M. Emmet Walsh nel ruolo del furioso principale dei due e George Kennedy in quello del generale Vice. Totalmente folle il personaggio del consulente presidenziale cui dà il volto Wigald Boning - che si ricava uno spazio importante e si produrrà addirittura in un intermezzo musical col capo alieno - e ruolo da mascotte per la mucca Bessie, sottratta faticosamente dal raggio rapitore alieno. Ricco di trovate strampalate (i dischi volanti con messaggi sempre diversi stampati sul fronte), caotico, disordinato, pare davvero nato per indisporre chi non sopporta il genere...
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA