Incipit cupissimo dove si narra di una macchina nera (parecchio philipridleyana) che si aggira nel quartiere residenziale di Sunshine Hill di Adelaide, che rapisce ragazzine, poi rinvenute seviziate, torturate e fatte letteralmente a pezzi. Poi, come in un flash, un uomo emette un grido muto puntandosi una pistola alla tempia.
Non è che l'inizio di un bizzarro e originalissimo dramma con tinte noir, che vanno dal grottesco all'horror, dove O'Flaherty prende di mezzo
Velluto blu (il marcio che si cela dietro le staccionate delle irridenti e idiliache villette tra giardini e roseti),
Riflessi sulla pelle (non solo per la minacciosa automobile nera, ma anche per le dicerie che circolano sulla donna in "bianco" che vive sola, e segregata, nella casa "maledetta" al numero 46),
Disturbia (il buon vicinato parecchio sospetto che nasconde qualcosa che non quadra),
Donnie Darko (la distorsione della realtà, quello che succede di notte dietro le finestre delle case, che va dal BDSM, allo stirare nuda, al vecchio pornografo, al padre incestuoso),
Lolita (nella figura da carognetta/zoccoletta silfide di Suzy), misto a suggestione, illusione, pettegolezzi e paranoia polanskiana.
Carcasse di animali morti, emarginazione, elaborazione del lutto, il viale delle prostitute, squarci onirici (il rapimento alla finale del primo
Nightmare), la ricerca kinghiana del mistero " a due passi da casa", alimentato solamente da voci infondante e passaparola che porterà, inevitabilmente, alla tragedia (il massacro finale all'interno della casa al numero 46 è straziante), il tutto partendo da una stronzetta snob (che fa la scema ballando mezza nuda sulle note di
I want your love) che si bea di provocare ragazzini quindicenni, per poi condizionarli per giocare ai "giovani detective" del nulla.
O'Flaherty tocca parecchi temi (anche intensi e dolorosi, come un padre poliziotto insensibile che vuole che il figlio si adegui alla massa e una madre scomparsa in maniera tragica e misteriosa, che vive solo nell'immaginazione del figlio, che non può vederla in volto, perchè il padre ne ha strappato il viso dalle poche fotografie), si destreggia tra morbosità, sospetto, bastardaggine, infatuazione, psicosi, false convinzioni e leggende metropolitane. Mettendoci dentro anche l'aborto, la crisi di coppia, le doppie vite notturne dei protagonisti e momenti di macabro humor nero (la sfilata dei peggiori crimini-e criminali-virata in b/n con pellicola distorta, velocizzata e rovinata stile super 8).
Non siamo dalle parti del solito thrillerino da discount (anche se la cover del dvd italiano lo suggerirebbe), ma in una concatenazione di eventi torbidi e ossessivi, che filtrano con il gotico americano alla Jack Ketchum, per passare a umori kinghiani fino a derive da cronaca nera quotidiana.
Sebastian Gregory novello Elijah Wood che si addentra nel paesello degli orrori ordinari, armato di macchina fotografica, che subisce traumaticamente il trapasso dall'adolescenza all'età adulta.
Chiusa finale beffarda e schizofrenica, al riguardo di un personaggio insospettabile.
Dopo
Alexandra's Project, pare che la falsa tranquilità dei complessi residenziali di Adelaide non sia il miglior posto per viverci, e che nasconda solo insidie e disturbi mentali pericolosissimi.
Passato praticamente inosservato su tutta la linea (nemmeno il sior Mereghetti ne fa menzione), rimosso e buttato in un angolino buio nel dimenticatoio, ma assolutamente sorprendente e dannatamente da rivalutare.
Australian "Peyton Place" Beauty.