Note: Rieditato nel 1972 come "Reazione a catena (Ecologia del delitto)". Aka "La baie sanglante", "Bay of blood", "Twitch of the death nerve", "Carnage", "Bloodbath bay of death", "L'antefatto".
Approfondimenti e articoli su Ecologia del delitto
Misantropo e splatter, il vertice dell'arte più delirante di Bava, nonché prototipo del fortunato filone slasher. Zoom onnipresente, soggettive e primi piani a iosa e splendida fotografia. Omicidi efferatissimi e fantasiosi, poi ripresi pari pari in altri film, come Venerdì 13 e Tenebre. Finale spiazzante e cinico, all'insegna dello humour più nero. I personaggi sono insetti insignificanti e senz'anima, in balia della Morte, ma le caratterizzazioni dei rispettivi attori, comunque, molto buone.
Ci sono cose notevoli (fotografia da urlo, musica godibile, inquadrature eccezionali, immagini indimenticabili), ma i passaggi della trama sono svolti in maniera talora confusa, o frettolosa, problema che una seconda visione non risolve più di tanto. Il celebrato finale mi sembra incollato (e pure male) col nastro adesivo. Cast godibile, con qualche presenza non proprio centrata (Brigitte Skay che fa la ragazzina...), ma col grande Leopoldo Trieste (doppiato da Amendola!). Certo è che entomologi e oggetti acuminati ricordano qualcosa di antico...
Il più bel film di Bava e uno dei migliori thriller italiani. Regia e fotografia sono di livelli altissimi: non c'è un'inquadratura fuori posto e ogni singola scena riesce in qualche modo a dire qualcosa di interessante. La sceneggiatura, crudele ma innovativa, procede in un crescendo di cattiverie che culmina in un finale tanto ironico quanto cinico (e sicuramente imprevedibile). Perfetto il cast e bellissima la colonna sonora di Cipriani, ricca di temi e incredibilmente adatta al film.
La "Reazione a Catena" è quella innescata dal desiderio di ereditare, che spinge un gruppo di loschi personaggi a compiere azioni inimmaginabili. Nessuno è quello che appare e soprattutto nessuno è meritevole di vivere. È un Bava nerissimo, quello che firma il primo splatter italiano, dietro suggerimento di Dardano Sacchetti (qua al suo primo vero lavoro -dopo Il gatto a nove code - in sede di sceneggiatura); dove non c'è scampo, dove l'economia della storia ("Ecologia del Delitto" ed "Antefatto" sono i titoli alternativi) porta inevitabilmente alla morte.
Bava scatenato in uno dei suoi capolavori. La trama è solo un pretesto per un efferato commentario sociale e, soprattutto, per un saggio di virtuosismo. Con nonchalance da gran signore il Maestro butta là una citazione di Borges (!) affidata a Chris Avram (!!), risolvendo in trenta secondi e due inquadrature un corto circuito fra cultura alta e popolare su cui altri hanno scritto tomi pallosissimi. Grandi Trieste e la Betti, peccato (si fa per dire) per il doppiaggio, tanto più che nella versione inglese Trieste si doppiò da sè.
Film fondamentale, ma non per questo riuscito al 100%. Fondamentale perché rappresenta il primo esempio di quello che negli anni a venire sarà un filone di grande successo di pubblico: il cosiddetto "slasher". Una serie di omicidi legati uno all'altro da un esile sviluppo narrativo. Non riuscito al 100% perché proprio la trama è la parte debole del film, anche se indubbiamente, in pellicole di questo genere, non è la cosa fondamentale. Forse visto all'epoca della sua uscita poteva essere maggiormente apprezzato. Comunque da vedere.
Un Bava scatenato se ne infischia della logicità e nessi narrativi, per offrirci una sarabanda infernale di omicidi. È un film molto divertente e molto splatter, con effetti speciali (curati da Carlo Rambaldi) che ancora oggi lasciano stupiti per il loro realismo. Dalla sua ha anche un cast di tutto rispetto, impensabile per una produzione italiana di oggi. Ma dove è veramente magnifico è nella resa fotografica: carrelli e zoomate creano delle soluzioni quasi optical. È soprattutto un film da guardare, da "percepire" sulla pelle. È nato lo slasher.
Storia beffarda che rende il film più divertente che spaventoso. Notevole la fantasia e spettacolarità degli omicidi (anche a me è venuta in mente la serie di "Venerdì 13"); in particolar modo magistrale la scena della prima uccisione. Peccato che la storia in pratica cominci a metà film: la prima parte, in cui non vengono nemmeno presentati i personaggi, è ridotta a sequenze da macello senza molto senso.
Notevoli le musiche.
Strepitoso thriller di Bava in cui il regista romano è al suo meglio. Un vero e proprio capolavoro del genere slasher, amato, imitato e straimitato da tantissimi registi americani e non. Basti vedere come la serie "Venerdi 13" (un esempio su tutti: l'assassinio della coppia che copula) saccheggi a piene mani da questo gioellino della nostra cinematografia del brivido. Per l'epoca fu un notevole choc visivo: il sangue, infatti, scorre a fiumi. In più, rispetto ai suoi epigoni, Bava colora il suo film con note di ironica e corrosiva cattiveria.
Fondamentale. Il film che ha ispirato decine di successivi slasher movie americani, diretto dal nostro genio Mario Bava, che dirige un film sanguinosissimo con delitti feroci per l'epoca e che funzionano ancora (memorabile la testa tagliata alla Betti), ma che soprattutto gode della particolarissima costruzione della storia: una vera e propria reazione a catena. Ineccepibile anche il cast e lo score di Stelvio Cipriani. Essenziale.
MEMORABILE: La morte della Betti, le scene che hanno ispirato Venerdi 13.
Un film che fa dell'impatto visivo la sua ragion d'essere a discapito di una trama semplice semplice, con un intreccio giallo tutto sommato lineare. Sotto l'aspetto tecnico è un film certamente particolare: Bava studia inquadrature sempre suggestive specie sotto il profilo cromatico, ma questa volta si diverte anche ad usurare lo zoom ed il fuoco della cinepresa, sottolineando ancor di più il carattere prettamente visuale di un'opera ancora oggi notevole.
MEMORABILE: Il cattivissimo omicidio iniziale e l'impressionante roncolata in pieno volto.
Film seminale, ma per una mala razza come Venerdì 13. Ciò non toglie che sia un film genialoide, con degli ammazzamenti magistrali e per l'epoca inediti (il polpo sulla faccia del defunto Nuvoletti...). Un tocco di ironia finale mette pace a tanti adulti cattivi e bramosi; può sembrare ridicolo ma in realtà è la strizzata d'occhio amara di un piccolo genio del cinema che, senza accorgersene, sarà padre di tanti altri autori (da Argento - il peggiore - fino ad Almodovar e Tarantino - il migliore).
Si dice che Bava qui volesse mettere in scena il maggior numero di morti stravaganti; sicuramente è riuscito nell'intento e alcune di queste scene sono di notevole impatto e bellezza. Il problema di fondo è la sceneggiatura, che altro non è che un pretesto per poter fissare su pellicola le idee di Bava e dar loro una sorta di continuità. Per questo risulta tutto un po' noioso e il finale non fa altro che confermare i dubbi, nati in precedenza, sulla parziale riuscita del film.
MEMORABILE: La sequenza iniziale con i suoi lunghi silenzi.
A mio giudizio sopravvalutato. Non ha il fascino, lo stile e il tocco di altri film di Bava. La storia è poco credibile, così come il finale beffardo. Violento e per questo in anticipo sui tempi. Sostanzialmente una feroce carneficina con alcune scene indimenticabili.
La trama sembra del tutto incomprensibile, ma alla fine tutti i nodi tornano al pettine (in Bava la cosa non è scontata), anche grazie a diversi flashback collocati in parti diverse del film. Ogni protagonista è anche antagonista, questa la chiave nichilista di Bava, che non fa sconti a nessuno, mettendo in scena il male in maniera cruda, assoluta ma anche essenziale, senza fronzoli o dialoghi inutili. Grande gusto per i dettagli della violenza, il tutto prima dell'avvento di Dario Argento. Tra anarchia e moralismo, una gioia per gli occhi.
MEMORABILE: L'idea di un cappio ad altezza di paraplegica è talmente geniale da ingenerare un (legittimo) complesso di inferiorità anche ad un Quentin Tarantino.
Capostipite del filone "slasher". Bava sceglie la via a lui più congeniale: abolita la logica narrativa, il film coinvolge più che altro per il fascino visivo (stupende le derive cromatiche di alcuni omicidi) ed infatti egli era solito costruire i suoi film come una serie di quadri da unire fra loro: spesso partendo dall'idea di una singola angolazione forniva indicazioni agli scenografi su come costruire una determinata scena. Da segnalare anche l'ottima colonna sonora di Stelvio Cipriani.
Galeotta fu la baia. Delitto su delitto, per uomini e donne senza scupoli. Così tanto, da indurmi a rifiutare qualsivoglia verosimiglianza. Reazione a catena, una catena intricata, ma che conduce allo stesso lucchetto. Un destino beffardo, che premia l'inconsapevolezza e l'ingenuità, l'anti premeditazione a scopo di lucro. Ecologia di un delitto, l'interazione poco amichevole tra uomini e ambiente, ma soprattutto tra uomini e uomini, col danaro terzo incomodo. Delitti, mutilazioni e fendenti vari ammirevoli per fantasia. **1/2
"Homo homini lupus": apologo pessimista sulla natura umana, riccamente illustrato con splendide immagini e sorretto da un'originale colonna sonora. Le psicologie non sono approfondite, ed è giusto, perché il punto è che tutti i personaggi hanno la stessa psicologia: sono marionette mosse dal medesimo istinto primario omicida. Finale didascalico, appropriato. Però, sullo stesso tema, Cinque bambole per la luna d'agosto è meno raffinato, ma mi ha divertito di più.
MEMORABILE: Assolutamente tutti gli omicidi, tutti indimenticabili, ciascuno a suo modo...
Primo slasher della storia del cinema: banale nella trama, efferato e seriale nei delitti. Bava tiene a cuore l'aspetto moralistico. Sin dall'inizio crea analogie tra uomini e insetti, così che anche il secondo titolo del film (Ecologia del delitto) acquisti un senso. La pellicola presenta un forte utilizzo dello zoom, abbinato ad un continuo fuoco/fuori fuoco. In tal modo, Bava mostra e non mostra, afferma e poi nega, come nell'inquietante finale ribaltato. Film che dà la spinta a Venerdì 13 di Sean Cunningham e allo slasher in genere.
Quanto a varietà di omicidi e componente visionaria siamo dalle parti di Argento. Bava ci aggiunge una guida degli attori degna di questo nome (vedi Pistilli e Trieste), location e musiche di sicuro effetto, un filo logico tirato ma che non si spezza. Difetta piuttosto nel montaggio e nella cura dei dettagli, tipo la Skay che muore e respira ancora (il pancino la tradisce). Diciamo che gestire tredici omicidi così poliedrici porta a trascurare cose più banali..
MEMORABILE: La roncola in viso, il "colpo della strega" durante l'amplesso, l'impiccagione della paralitica.
Pur essendo del 1971 in questa pellicola Mario Bava va giù pesante e inanella ben dodici morti violente mettendo sullo schermo scene da theatre du Grand Guignol (e infatti fu vietato ai minori di 18 anni); c'è un'incongruenza macroscopica nella trama (come fa una paralitica a legare una corda al soffitto per impiccarsi?!) ma d'altro canto - come quasi sempre nei film di Bava - la storia passa in secondo piano. Bravi attori; belle le musiche, profondamente malinconiche, di Stelvio Cipriani.
MEMORABILE: Leopoldo Trieste doppiato dall'indimenticabile Ferruccio Amendola; i tramonti e il paesaggio, esaltati dalla fotografia dello stesso Bava.
Film epocale, molto apprezzato all'estero, che vanta numerosi pregi, primo fra tutti quello di stravolgere completamente l'impostazione del giallo all'italiana per assumere quella dello slasher. Estremo nella rappresentazione degli omicidi (favoloso quello perpetrato con la mannaia) quanto affascinante nell'ambientazione. Peccato per il finale, spiazzante ma anche abbastanza forzato.
MEMORABILE: La sequenza iniziale, che da sola lascia intendere lo sviluppo dell'intera vicenda.
Giallo violentissimo e feroce condito da morti bizzarre ed effetti splatter che segneranno un'epoca. Un Bava in stato di grazia dirige un'autentica festa di morte dall'epilogo sorprendente così come sorprendente è la cattiveria di tutti i personaggi della storia; ognuno di loro è in grado di commettere le peggiori efferatezze in un crescendo di sangue e violenza. Ottime musiche del Maestro Cipriani ed esaltante e quasi esasperato uso dello zoom come espediente per i cambi di scena (magia del cinema di genere che fu)... Imprescindibile.
MEMORABILE: I primi 5 minuti con l'omicidio della paralitica.
Non stupisce la poca plausibilità della storia poiché non ha importanza nel genere "slasher", ma un minimo di coerenza narrativa il film l'avrebbe meritata. Dal punto di vista cromatico e chiaroscurale è sicuramente un buon lavoro di fotografia e certi movimenti di mdp lasciano il segno, ma se in un film ci sono gli attori anche su quelli bisognerebbe lavorare meglio. Fatti salvi Trieste e la Betti il resto del cast recita male. Alcune forzature, come ad esempio il finale, possono suscitare, temo involontariamente, una certa ilarità.
Molto bello. Ha ispirato (si nota sopratutto la scena dell'amplesso finito... male) molti film d'oltreoceano ma come al solito ingiustamente ha avuto meno successo. Ottimo il cast, bella fotografia, ottime le scene degli omicidi... Unica pecca? Il finale.
Un thriller assolutamente rivoluzionario per quei tempi, in cui troviamo un insolito Bava firmare con tratto acido e piuttosto confusionale. Ottima fotografia al naturale, una fra le tante cose di questo film che ispireranno il gore americano di fine anni '70. Piccola nota sul commento musicale: Stelvio Cipriani, quando non auto-cita le atmosfere di Anonimo veneziano, fonde il Dirty Jazz di Morricone con "In-A-Gadda-Da-Vida" degli Iron Butterfly.
MEMORABILE: L'incipit; la "Solitudine di Simone" prima del suo brutale assassinio, come insegna Cipriani; il finale allucinante.
Raffinato e rigoroso, eccede a mio avviso nel finale (che non disturba, ma è inutile: anche senza gli ultimi dieci secondi la provocazione del film sarebbe stata compiuta). Stilisticamente una vera festa, per inquadrature, colori, musiche e astmosfere surreali che pervadono tutto il film fin dall'inizio. Bel cast, su tutti l'ombroso Pistilli indimenticabile nelle sue espressioni scolpite da fumetto. Non piacerà a tutti: Bava temeva di prendersi sul serio, ma presuppone invece un sottinteso patto ben preciso con lo spettatore.
MEMORABILE: La coppia trafitta a letto; il finale.
Cattivo e a tratti ironico; non si può per questo film non riconoscere a Bava di aver dato un contributo fondamentale ad un genere (o filone che sia) che col tempo ha mostrato sempre meno cose e che già qui ha messo in evidenza i punti deboli. Non si può non riconoscere un ottimo impianto visivo ma anche concettuale, in questa festa di omicidi dove il delitto brutale assume un aspetto raffinato ed elegante, tutto materiale che assorbirà Argento. Ma troppi sofismi e troppo pensiero rendono pesante e poco interessante una trama debole di suo.
Incredibile splatter, o come meglio preferite chiamarlo, dove la trama può essere ingarbugliata a piacimento, tanto l'unica cosa che lo spettatore attende sono le violentissime morti dei protagonisti che si affacciano nella casa. Ogni assassinio è curato nei minimi dettagli con la regia di Bava che si diletta nell'utilizzo di zoom, sfocature e carrellate. Il finale ci sta tutto.
Discreto thriller piuttosto splatter, girato con mestiere ma con qualche ingenuità, che fa dell'ambientazione e proprio delle scene più violente e sanguinarie i suoi punti di forza. La sceneggiatura invece, abbastanza sconclusionata, non aiuta lo spettatore, che può però contare su alcune caratterizzazioni interessanti e riuscite, come quelle dei coniugi, lui appassionato d'insetti e lei di occulto, che nonostante rasentino la macchietta, danno colore e carburante alla pellicola. Il finale lascia parecchio di stucco (una sorta di tragica burla). Un'occhiata, comunque, la merita di certo.
MEMORABILE: "Sulla baia si addensano nubi gonfie di sangue"; La roncolata in faccia; L'esperto di insetti e il suo coleottero di nome Ferdinando.
Quello che più colpisce nei film di Bava è l'atmosfera, anche quando sono ambientati nella contemporaneità. La baia solitaria è una location straordinaria per la serie di delitti, allora all'avanguardia, che si susseguono per tutta la durata del film. Ci sono rimandi al gotico con la maga Laura Betti (soprattutto le sua passeggiate per il bosco), ma anche scene tipicamente settantiane, psichedeliche come i ragazzi che ballano nel capannone-discoteca. Ottimo, originale e seminale; non per tutti i gusti, vista la mancanza di una trama vera e propria.
Possibile che uno che ama i gialli all'italiana come me non abbia mai apprezzato tale film? Film peraltro spiazzante, perché passare dall'eleganza e dalla raffinatezza di gotici come I 3 volti della paura o la frusta e il corpo a una tale macelleria (inaspettata da uno come Bava) bisogna attraversare un abisso, dato che son due modelli di horror opposti. Qui mi piacciono la fotografia (ma non sempre), la recitazione, gli omicidi (brutti gli SFX comunque), ma trovo la storia contorta, noiosa e per nulla coinvolgente. Prima parte soporifera. Comunque sia, è il padre degli slashers. **.
MEMORABILE: La testa spaccata con un colpo di roncola (la roncola come arma verrà usata anche ne Il tuo vizio di Martino... sarà un caso).
Faide familiar-commerciali attorno alla proprietà di un ameno laghetto, con morti a go-go, preferibilmente tramite accettate. Come spesso accade in film di questo tipo, i personaggi principali sono quasi tutti più o meno ambigui e/o antipatici, tanto da alimentare i sospetti nei loro confronti, mentre i comprimari/carne da macello assicurano la dose di tette nude e sesso facile. Alcuni omicidi sono piuttosto truculenti, ma la trama è inutilmente complicata, il livello della recitazione scarso (si salvano Betti e Trieste, coppia stramba). Il finale beffardo fa guadagnare un mezzo punto in più.
Con moralistico sadismo Bava architetta un intreccio dall'incedere cartesiano causa/effetto, una storia dai deliranti risvolti da tragedia elisabettiana, prodigandosi da un lato in stroboscopici giochi di zoom e fuori fuoco squisitamente extra-contestuali e stranianti, dall'altro in ardite successioni analogiche da pura avanguardia russa. Al suo cospetto gli umani diventano semplici insetti di cui studiare impietosamente i comportamenti in situazioni limite e disperate, condite di un umorismo tanto nero da turbare per la sua spietatezza. L'opera più estrema dell'autore sanremese.
MEMORABILE: La violentissima roncolata in pieno viso riservata ad uno degli hippies; il cadavere in ammollo che sfiora col suo dito le natiche eburnee della Skay.
Altro buon thriller di Bava, qui più cinico, sarcastico e visivamente ispirato che mai. Gli omicidi sono tutti da antologia e faranno la storia nel loro genere; purtroppo il film ha anche dei difetti, come la lentezza e la mancanza di compattezza di fondo. Il movente poi (il possesso di una baia, nemmeno così amena in verità!) fa quasi ridere di fronte a tante efferatezze. Mezzo pallino in più solo per il finale (da applausi!). Comunque, un gran bel film tutto sommato.
MEMORABILE: Il cadavere sulla barca (da antologia del macabro il polpo che gli cammina sopra); la mattanza nella villetta.
Il film che è stato tanto copiato dagli americani (vedi Venerdì 13 e Halloween) è un ottimo horror sapientemente diretto e fotografato dal grande Mario Bava. L'atmosfera è volutamente macabra fin dai titoli di testa che scorrono sulle inquadrature della baia e alla tensione contribuisce la bella colonna sonora di Cipriani. Buoni gli efferrati omicidi (imitatissima la scena del doppio infilzamento della coppia sul letto), bravi alcuni caratteristi come Trieste e la Betti. La storia è tortuosa ma nel finale si spiegherà tutto, imperdibile.
Potente e spregiudicato, irruento nella sua frenesia della purificazione. Ci sarebbero da menzionare alcuni aspetti legati alla personalità integerrima del regista, possibili moventi più o meno espliciti nella storia della catena dei delitti. Ovviamente, tra la base narrativa e le prerogative personali di Bava, non si possono cogliere immediate similitudini (nell'efferatezza delle uccisioni e della loro motivazione, per esempio), ma qui più che altrove si respira "l'incontaminazione" moralista. E come la morale, è senza mezze misure. La base slasher.
Una lunga reazione a catena di sanguinose ed efferate uccisioni, una diversa dall'altra, caratterizza questo classico horror che segna profondamente la fase slasher di Mario Bava. Ai tanti delitti corrispondono altrettanti colpi di scena, dall'inizio, sino al sorprendente ed inaspettato epilogo finale che lascia attoniti. Corredano questa pellicola, l'efficace fotografia, gli effetti speciali curati da Rambaldi, un buon cast di attori e la collaborazione del figlio Lamberto. Un vero classico che ha ispirato registi italiani e non.
Nell'ordito di un filo sanguinario ed efferato di delitti, il director-entomologo Bava tesse una trama-apologo sulla avidità, motore ultimo delle azioni umane. Cupo, lucidamente pessimista come l'ultimo Pasolini ma con quel morso di beffarda ironia (vedi finale) che è stato sempre parte del suo "tocco" e che troverà tanti ammiratori (e scopiazzatori) nel cinema di genere. Il creatore del giallo-horror italiano, capace di seppellirlo per farlo risorgere a nuova vita: ne volete ancora? Splendide caratterizzazioni di Betti, Trieste e Isa Miranda. (Ab)ba(gl)ia!
MEMORABILE: L'overture con il malinconico tramonto in casa della vecchia Isa Miranda, ma lo spartito di Cipriani deve far posto al primo duplice delitto: Applausi!
Titoli azzeccatissimi, attori incredibili; se per Pistilli, Avram e in special modo Volontè jr., vista anche la tragica fine avuta nella realtà, tutta quella ferocia non desta sorpresa, che dire di un'attrice perlopiù intellettuale come la Auger, qui così disarmantemente al meglio nel ruolo di carnefice e di istigatrice? Vogliam parlare della baia? Piuttosto che ripeterci brindiamo con un Berlucchi per la fierezza di avere due geni dal nome attinente, Dario e Mario... al primo il thriller, al secondo il gore. W l'Italia dei geni stile Leonardo...
Non l'ho mai reputato il papà dello slasher, anche se body count, accettate e amanti infilzati sarebbero stati poi la fortuna di Venerdì 13. È invece un giallo, neanche avvincente, con un finale beffardo che non mi ha convinta e alcuni omicidi fuori luogo (considerato il tipo di assassino). Esteticamente però è una meraviglia, come da tradizione baviana: fotografia, luci, colori, gli stessi omicidi, lo sollevano dalla mediocrità.
MEMORABILE: Polipo sul cadavere; Il sorriso finale della Elmi; Simone che si becca una pentola d'acqua bollente in faccia e nella scena seguente è solo bagnato.
Un thriller essenziale, nonostante l'apparente complicatezza della trama: fini a se stessi, infatti, tutti gli omicidi e questo non è necessariamente un demerito, anzi: la reazione a catena innescata dall'omicidio della contessa è un motivo d'indagine non tanto psicologica quanto istintiva. Formalmente stupendo, ogni inquadratura è studiata e coadiuvata dall'eccellente fotografia: uno spettacolo. Peccato per la forse eccessiva confusione tra i personaggi che rende meno godibile l'intreccio e rischia di mortificare un po' il tutto.
MEMORABILE: L'omicidio della paralitica e quello della cartomante...
L’avidità che trasfigura l’animo umano facendolo diventare luciferino e inarrestabile anche di fronte a decisioni estreme come un omicidio. Il capostipite del cinema slasher parla italiano. Inesauribile fonte a cui molti si sono abbeverati, attingendo e copiando a piene mani dallo stile, dalla tecnica, dai tempi impressi e dalle disamine comportamentali messi in scena. Sceneggiatura povera che si dipana assommando pregevoli capovolgimenti di fronte con una colonna sonora ipnotica e martellante. Senza scampo, inflessibile, con un finale spietato.
MEMORABILE: L'incipit; La doppia uccisione sul letto; Il coltellaccio in pieno volto rimasto conficcato nella faccia del giovane ragazzo; Il cupo e lancinante finale.
Trattandosi di un film di Mario Bava, il titolo non può che fare riferimento ad una cosa soltanto: la spirale di violenza e di morte. E infatti è così: mi sono divertito a contare i morti, visto che il soggetto e la sceneggiatura non offrono spunti di interesse. Sono arrivato a 12 e spero di non averne perso qualcuno... Insomma: più che un film sembra un banco di prova degli effetti speciali del grande Rambaldi che, infatti, si dimostrano di eccellente qualità. Per il resto una gran noia. L'intreccio è ridicolo e cervellotico.
Thriller violento, cupo e pessimista, caratterizzato da un'ambientazione molto suggestiva e da un soggetto pretestuoso, in quanto utile solo a mettere in scena una seri di delitti che si susseguono uno dopo l'altro in una "reazione a catena". L'innovatore Bava si spinge oltre i consueti limiti della violenza visiva (per l'epoca) e ilustra la dinamica di ciascun omicidio con studiata insistenza. Non esistono personaggi da salvare: ognuno è squallido, cinico, avido e a proprio modo folle.
Il movente (movente?) è davvero un pretesto, ma lo comprende chi conosce il pensiero baviano; detto ciò, tutti si divertano con questa sequela di morti avvolte da musiche e fotografia molto belle e tutti giochino con il citazionismo senza ricordare che Bava è stato il papà di tutti i nostri prediletti italiani e non. Davvero curioso sentire Trieste doppiato da Amendola (Ferdinando!) e spesso impressionante la somiglianza di Claudio Volontè con il fratello. Finale befferdo spiegabile con le noterelle di cui sopra.
La morte violenta della contessa Donati e del suo ex marito attira diverse persone sulla baia che possedeva: sarà una carneficina. Nonostante la recitazione e la sceneggiatura non siano il massimo, è uno dei migliori film di Bava. Nessuna entità soprannaturale, solo la gretta e borghese avidità che spinge gli uomini in trappola come le mosche - non a caso, è stato definito "il marxismo secondo Bava". Imitato oltreoceano infinite volte, senza che nessuno di quegli slasher riuscisse a replicarne la beffarda ironia e la brillante cattiveria.
MEMORABILE: La sequenza iniziale; Il colpo di roncola.
Un ottimo thriller ricco di connotati splatter, che fa da monito per gli anni a seguire lanciando il genere "slasher". Venerdì 13 in particolare deve molto a quest'opera di Mario Bava che, a differenza dei film con Jason, Mike ecc. colpisce con una sceneggiatura tinta di giallo particolarmente articolata, impegnativa da seguire, con un finale beffardissimo e cinico da lasciare di stucco. Ottimi fotografia ed effetti speciali. La colonna sonora angosciante si sposa bene con trama e immagini.
MEMORABILE: "Come giocano bene a fare i morti"; La coppia uccisa mentre copula; Il cadavere ritrovato con il polpo che ci sguazza sopra.
Spettacolare! Una soggetto a tratti folle, a tratti umoristico. Bava confeziona una pellicola semplicemente fantastica, con immagini splendide. Momenti di splatter puro entrati nella leggenda dell'horror. Laura Betti (forse ispiratrice di Dario Argento per l'assassino di Profondo rosso?) e Leopoldo Trieste i miei interpreti preferiti. Finale a dir poco macabro ma eccellente!
Incantevole baia cosa non si fa per te... Bava mette su un horror atipico basato su una complessa trama "gialla" in cui quasi tutti sono portati a uccidere o far uccidere il prossimo, non posando però su fondamenta di solida logica, piuttosto puntando su atmosfere diverse tra loro, a volte opposte. Per cui si passa dalla leggiadria allo splatter, dalla follia al lucido calcolo fino allo sberleffo finale, tocco d'artista ironico e folle che da solo eleva il giudizio. Menzione d'onore per la colonna sonora. Altro che Non aprite quella porta!
MEMORABILE: La lancia funge da... spiedino; La spensierata corsa dei bimbi nel finale; Il polpo sulla faccia del cadavere.
Un film fondamentale nell'evoluzione del cinema splatter, "Reazione a catena" può contare sul talento registico dell'allora già esperto Mario Bava (coadiuvato per l'occasione dal figlio Lamberto). La pellicola è un susseguirsi di sangue e violenza all'inverosimile, il tutto mosso dalla brama di ottenere in eredità una baia. Non dello stesso livello la sceneggiatura, qua e là troppo complicata per rendere al meglio, così come è solamente discreta la prova recitativa del cast.
MEMORABILE: L'assassinio dei due che consumano un rapporto.
Splendido e inclassificabile film di Bava, è un gioco al massacro le cui regole sono dettate da una lucida e inquietante brama di denaro. I personaggi sfilano davanti a noi pronti da un momento all'altro a trasformarsi da carnefici a vittime. La storia, per quanto intricata, viene ben spiegata grazie a una solida sceneggiatura e a una regia ispiratissima, che si concede spesso suggestivi scorci della baia, commentati da una soundtrack di gran classe. Non raggiunge il massimo dei voti per una certa lentezza di fondo e un finale troppo surreale.
MEMORABILE: La location; Il massacro dei quattro ragazzi.
Un film originale, stilisticamente interessante nonostante alcune perdonabili lungaggini e ingenuità (che negli anni '70 non si notavano neppure). In quest'opera, la migliore di Bava, si apprezzano la fotografia (soprattutto di interni) e i raccordi sottolineati da un montaggio responsabile e metodico. Gradita la presenza di Claudine Auger, purtroppo sempre relegata dal cinema in ruoli secondari. Ricco di personalità, di un artigianato davvero apprezzabile.
Libidine assoluta! Bava si mette in testa di girare il più violento dei suoi film e commissiona un soggetto a Dardano Sacchetti in cui ci siano più omicidi possibili. Gli arriva una storia in cui un gruppo di avidi personaggi si scannano per ereditare una baia. Credo che nel 71 tanto sangue non si fosse mai visto. Ogni delitto è curato alla perfezione grazie agli effetti di Rambaldi. Il ritmo è alto. Il cast affiatato. Alcuni esterni notte, poiché Bava si stancava, furono girati dal figlio Lamberto.
Reazione a catena, ovvero il film che ispirò il genere slasher e senza il quale il regista Tarantino probabilmente non esisterebbe. Il maestro Bava ci regala un film dalla fotografia perfetta e dall'ambientazione palustre molto suggestiva. Come suggerisce il titolo, il film è un susseguirsi di morti violente con impiccagioni, strangolamenti e mutilazioni varie. Ovviamente il sangue non manca... Sicuramente tra i migliori del genere.
“Così imparano a fare i cattivi”: Bava espone qui nel modo più compiuto e caustico la sua pessimistica visione del mondo, rappresentando, quasi in uno studio entomologico, un’inesorabile e spietata macchina di morte mossa dall’avidità umana. Il regista sanremese gestisce con originalità, senso del ritmo e virtuosismo tecnico (notevole la fotografia) la serie truculenta di omicidi, aiutato da attori di buon livello che danno colore a personaggi di per sé insignificanti e dalla musica di Cipriani.
MEMORABILE: L’impiccagione della paraplegica; Il cadavere in ammollo; La roncolata in pieno volto; La “coppietta allo spiedo”; “Come giocano bene a fare i morti!”
Per molti il vero capolavoro di Bava nel thriller. Un film che vive di contrasti: da una parte la baia incantata, dall'altra gli efferati omicidi. Un autentico gioco al massacro, tanto che viene citato come precursore degli "slasher" americani. Girato con la solita eleganza e maestria, ha un punto debole nella trama, non sempre scorrevole. Attori di buon livello come la coppia Betti-Trieste e Claudine Auger contribuiscono alla riuscita della pellicola.
MEMORABILE: Brigitte Skay che fa il bagno nuda; Il polpo sulla faccia del cadavere.
Un connubio così perfetto e stimolante fra colonna sonora (Stelvio Cipriani al suo massimo, considerata pure la varietà di stili) e immagini (Bava in stato di grazia assoluto) è davvero merce rara da trovare. Se aggiungiamo un Rambaldi strepitoso agli effetti speciali, una cattiveria di fondo che raggiunge picchi bastardissimi e una scelta delle location pressochè indiscutibile, non si può che rendere onore al maestro per una delle opere più seminali del panorama mondiale di quel periodo. Peccato per qualche dialogo così e così (ma è il classico pelo nell'uovo).
MEMORABILE: Lo splendido inizio (per suoni e immagini); Il bagno della Skay; Gli amanti nel letto.
Dietro la facciata di un giallo (ma a tinte scarlatte) si cela una metafora (nerissima, stavolta) degna di un moralista all'ultimo stadio del nichilismo. Bava mette in scena solo personaggi bugiardi e disgustosi, spossati dalle brame più triviali o che risolvono la vita in passatempi grotteschi (la splendida coppia Betti-Trieste). Le gerarchie sono implacabili: il genere umano è un insensato formicolare inferiore al popolo degli insetti (fanno eccezione per i bimbi, logici nella loro crudeltà). Perfetto il contraltare di Cipriani al massacro.
Si salvi chi può (e saranno pochi)! Bava si sbizzarrisce con efferati omicidi fin dai primi minuti del film dando libero sfogo ai suoi peggiori incubi. Uno dei migliori film del regista, dal ritmo serrato e ricco di colpi di scena. Gli elementi tipici dei thriller anni 70 ci sono tutti (dall'occulto alla follia, dalle forbici alle falci in un crescendo di sangue e cadaveri che riaffiorano). Permane comunque lo stile baviano che nella sua truculenza riesce, miracolosamente, a non scivolare nello splatter.
Bava crea la sua opera più estrema in questo delirante "Reazione a Catena", primo vero e proprio slasher che rimarrà di qualità superiore rispetto a tutti i suoi successori. La fotografia (manco a dirlo) è meravigliosa, la regia brillante, le interpretazioni purtoppo un po' meno. La sceneggiatura, nel solito stile di Bava, presenta numerose assurdità e momenti inspiegabili, ma se da un lato questo genera sequenze meno godibili, dall'altro centra in pieno lo spirito del film, fino ad arrivare all'ironico e divertente finale. Da vedere.
MEMORABILE: L'impalamento durante il sesso; La baia.
Thriller sfrenato e sanguinario, nichilista ai massimi livelli. Buone la fotografia, l'atmosfera cupa che si percepisce e la tipologia dei personaggi, tutti meschini e cinici della peggior specie. Peccato invece per la trama un po' attorcigliata e per un finale forzato che non convince. Lo stile e la cura degli omicidi è sicuramente il pezzo forte (immagino lo stupore di chi lo vide nel '71!).
Anticipatorio di Argento ma sopratutto dello slasher ottantiano. Alcune scene (come quelle dell'impalamento dei due giovani mentre copulano) saranno riprese pari pari nei Venerdì 13. Molto suggestiva l'ambientazione lacustre e ottima la costruzione di alcuni omicidi molto feroci (l'impiccagione iniziale, il massacro dei teenager). La trama invece funziona nella prima parte, fino a quando si conserva un certo alone di mistero sugli omicidi, meno nella seconda quando si passa a spiegoni abbastanza banali. Assurdo e sarcastico il finale.
MEMORABILE: La strana coppie di entomologi stregoni.
Tra i migliori di Bava (assieme a Cani arrabbiati). Il sottotitolo "Ecologia del delitto" riassume magistralmente il messaggio del film: l'insensatezza della cupidigia umana e la circolarità senza fine della legge del taglione. Il finale spiazza (anche se concordo con chi dice che sembri un po' raffazzonato) e vena di dark comedy una trama compatta e truculentissima. Innumerevoli gli epigoni che si sono abbeverati a queste fonti!
MEMORABILE: I primissimi minuti; L'omicidio degli amanti.
E' giustamente considerata una delle vette di Mario Bava; non tanto per la storia - che riguarda una serie di delitti legati da un causa che accomuna tutti i protagonisti - quanto per la tecnica sempre sopraffina del regista, qui anche direttore della fotografia (e si vede). Alcuni omicidi fanno davvero inorridire e ciò dimostra che non servono grandi effetti speciali per spaventare il pubblico. Niente male.
Se i difetti sono piuttosto evidenti - trama troppo labirintica, qualche dialogo sciatto, passaggi topici un po' sbrigativi -, l'anima del film, per quanto grezza, trionfa nella morbosa alchimia che si viene a creare tra la violenza della morte e l'umorismo macabro sotteso alla meschinità umana (impulsività e avarizia perennemente a braccetto). Un proto-slasher che ispirerà visibilmente Argento, Carpenter, Cunningham e il filone in sé. Fotografia da manuale e finale così beffardo da lasciare attonito lo spettatore.
MEMORABILE: La roncolata in faccia; Il ballo a ritmo di tamburo della Skay; Il polpo sul cadavere; L'impalata durante la copula; Il finale.
Non esiste un attimo di tregua dal meraviglioso incipit fino allo spiazzante finale. Un thriller che tiene ben incollati alla poltrona di casa stordendo lo spettatore con continui colpi di scena. Trovare un colpevole o un innocente pare impossibile, in questa girandola senza fine di omicidi cruenti. La sceneggiatura è fin troppo arzigogolata ma sta ugualmente benissimo in piedi. Standing ovation per Mario Bava.
Grande film di Bava, il quale con maestria, intelligenza e tanta qualità dirige un horror degno di nota, con sfumature splatter e slasher che fanno gioire gli amanti del genere e terrorizzano gli spettatori. Fotografia e musiche suggellano le atmosfere di questa baia, che si presenta tenebrosa fin dall'inizio e lascia intendere che non accadranno cose positive. Gli effetti visivi sono eccezionali e dimostrano che fare film ottimi con poche risorse è roba solo per grandi maestri del cinema, che sanno coinvolgere e intrattenere al massimo.
La cifra stilistica di Bava lascia sempre il segno quanto a montaggio, fotografia e ambientazioni, ma il genere slasher non si addice molto al regista, anche se Dario Argento deve aver visto questo film innumerevoli volte. Manca l'atmosfera genuinamente gotica, quell'accenno al soprannaturale, vero o presunto che sia, che invece è il collante di capolavori come Operazione paura. La trama complicata è un plus, comunque, mentre il finale spiazza e lascia un po' di amaro. Musiche così così.
Un Bava più cruento, ma sempre estremamente ironico e pungente, dà vita a un film che ha nella fotografia il suo punto di forza maggiore. Le location e le scenografie fanno il resto e sopperiscono a una sceneggiatura non eccessivamente sviluppata seppur intrigante per via della reazione a catena, appunto, che viene a innescarsi tra i personaggi. Il film, inoltre, si presenta come mix decisamene riuscito tra genere giallo e slasher.
Antesignano dello slasher? In realtà un thriller con sceneggiatura da vero e proprio giallo ma la differenza sta nella "forma": la spietata efferatezza con cui vengono presentati gli omicidi; vero che alcuni elementi sono stati ripresi da Venerdì 13, ma per Bava è solo una delle maglie di una struttura più articolata di cerchi karmici che si chiudono fino al sardonico finale. Parlare di derivazione per ragioni di mera forma è riduttivo per lui e per chi ha creato i veri prototipi slasher (un folle omicida, non tutti contro tutti); più diretta è la linea con l'horror Fulci/Argento.
MEMORABILE: I giovani che bivaccano presso il lago e l'impalamento nel coito, elementi poi ripresi da Venerdì 13 (in tutt'altro contesto di sceneggiatura).
Forse il miglior proto-slasher di sempre, non solo per il vantaggio "cronologico" nei confronti della futura scuola dell'ammazzamento all'americana (l'omicidio dei due amanti clonato ne L'assassino ti siede accanto, tanto per dire), ma anche per l'appassionata (e appassionante) libertà con cui Bava sviluppa il suo racconto, infischiandosene della logica e della compattezza narrativa, preoccupandosi di dipingere una sequela di ritratti umani deplorevoli solo per il gusto di eliminarli nei modi più truci possibile, in nome del comune gaudio di autore e pubblico. Capolavoro di cinismo.
MEMORABILE: L'impiccagione della contessa; L'uso del fuori fuoco; La roncola in volto; Il polpo sul cadavere; Il dettaglio del collo mozzato; Il perfetto finale.
Veramente interessante questo proto-slasher firmato Mario Bava che si conferma sinonimo di qualità, almeno dal punto di vista tecnico. Il film stupisce indubbiamente sotto l'aspetto visivo, dalla modernissima fotografia ai movimenti di macchina. In più l'idea che un omicidio crei un vero e proprio effetto domino (perfetto in questo senso il titolo) di delitti è sicuramente geniale, con il difetto però di apparire dopo parte della visione un po' ripetitivo e prevedibile. Insieme a Black Christmas è la base del genere slasher che esploderà una decina di anni più tardi.
MEMORABILE: L'omicidio dei due amanti "infilzati" sul letto, spudoratamente copiato in Venerdì 13.
Negli anni del boom del giallo all'italiana il suo inventore indiscusso seminò gli epigoni a tutta velocità inventando lo slasher: Buñuel, Borges, Herschell Gordon Lewis e gli italici fumettacci neri frullati insieme a velocità supersonica, il tutto condito da purissima misantropia e pessimismo ma anche tantissima nera ironia e intelligenza, oltre che da una tecnica cinematografica sopraffina nonostante i limiti economici della produzione. Niente più decor pop e colori vividi ma polvere, squallore, desolazione e atmosfere tetre per un film mille volte imitato ma mai eguagliato.
Violento, crudele, beffardo. Il film che ha ispirato il filone slasher ma che in realtà fa da capostipite per numerosi generi e da manuale per registi più ricordati di Mario Bava (ma spesso inferiori). La bellezza non sta tanto nelle sorprese che si possono aspettare in una sorta di giallo quanto nella concatenazione perfetta degli avvenimenti e nella perfetta ambientazione solitaria, anch'essa spesso utilizzata in seguito. Un gran bel cast si destreggia bene tra i tanti omicidi efferati, resi benissimo nonostante il low budget. Mario Bava si conferma maestro di cinema.
Si parte subito male con l’incredibile impiccagione da inginocchiata della contessa, si prosegue con le teorie amorose del palazzinaro sciupafemmine e, a seguire, la pesca al polipo… in un lago. Si accodano una raffica di dialoghi da z-movie di alcuni giovinastri, situazioni paradossali e personaggi grotteschi riprodotti da una fotografia non proprio emozionante. Se per farvi rabbrividire bastano una roncola in fronte e una lancia nella schiena che provoca spasmi orgasmici alle donne, prego accomodatevi, è un "thriller" tragicomico tutto da ridere (fino alla fine).
MEMORABILE: Simone che arriva con un cadavere in barca e lo mostra con nonchalance manco fosse un cefalo; La "petite mort" di Sylvie trapassata da una lancia.
L'occasione fa l'uomo ladro, anzi assassino. A suo modo una pietra miliare, visto che di fatto si tratta del primo slasher. Rispetto però alla miriade di derivati successivi, strada facendo questo non si rivelerà solo una serie di brutali omicidi a casaccio ma qualcosa di più cerebrale, un intricato intrigo che degenererà in una grottesca parata di mostri. Detta apprezzabile costruzione, sommata a regia, fotografia e musiche di qualità, permette di soprassedere a un livello recitativo non proprio di prim'ordine. Il finale è uno sberleffo di singolare cattiveria. Opera notevole.
MEMORABILE: L'incipit (la malinconia sale, ma poi...); Roncolata in faccia; Amplesso finito male; Il finale.
L'omicidio di una ricca contessa, erroneamente considerato un suicidio, innesca una reazione a catena di brutali omicidi nella zona del golfo. Predecessore dei vari slasher movie anni 80, "Reazione a catena" è una pellicola importante anche dal punto di vista della filmografia del regista, che passa dal giallo classico al thriller-horror senza troppe misure. E lo fa senza ricorrere all'uso di mezzi sofisticati: cast piuttosto animo (eccetto forse Luigi Pistilli) e uso a dir poco anarchico della macchina da presa. Imperdibile per chiunque ami il giallo.
Thriller/giallo non perfetto di Bava ma che contiene alcuni elelementi decisamente di livello. La storia è zoppicante in alcuni punti, la recitazione scarsa, però l'atmosfera morbosa, le riprese particolareggiate e il body count elevato, caratterizzato da una violenza fuori dai canoni per quei tempi, lo rendono forse il primo slasher della storia, scopiazzato da pellicole che poi sono diventate, la storia. Preso nel complesso ha varie falle, ma se guardiamo ai dettagli c'è molta carne al fuoco e tutta la grandezza di Bava, con tanto di finale devastante.
MEMORABILE: La violenza degli omicidi; Il finale; Le inquadrature; La villa della cartomante Laura.
Importante più per l'influenza che ha avuto sullo slasher anni '80 che altro; Bava anticipa il filone con una sequela di omicidi truculenti (dagli ottimi SPFX) che verranno copiati di peso dai primi due Venerdì 13 su tutti, così come la location apparentemente idilliaca e naturalista che fa da contorno al massacro. Purtroppo l'intreccio giallo, tipicamente all'italiana, è troppo ingarbugliato, anche se si apprezza il cinismo sarcastico del regista nel dipingere i sordidi personaggi; oltre alla violenza restano soltanto la fotografia eccellente e lo stile quasi pittorico di Bava.
Bava super modernizza il giallo all’italiana ai tempi della rivoluzione cinematografica d’autore con un piccolo film grezzo, scattante e ben scritto. Riuscitissimo il contrasto tra la rigogliosa naturalezza della fauna e il vampirico temperamento dei personaggi. Incalzante e sanguinario, invece, il modus operandi adottato per illustrare il macabro sterminio. Indimenticabile Laura Betti.
Seminale thriller/horror di Bava che porrà le basi per il genere slasher. Da una storia che sulla carta sembra aver poco da dire, il regista ligure tira fuori un film sorprendente in cui non ci sono assassini né vittime, ma tutti si trasformano in carnefici o ne subiscono le violenze. Regia fenomenale, intuizioni notevoli e un finale assurdamente sorprendente.
MEMORABILE: L'incipit; Il finale; La roncolata; L'omicidio della coppia.
Gioco al massacro per l'eredità di una baia con terreni edificabili. Il miglior film di Bava assieme a Sei donne per l'assassino. Registicamente quasi ineccepibile: padronanza assoluta nell'uso del fuori-fuoco e delle dissolvenze per enfatizzare il senso e superba riflessione, anche metacinematografica, sul tema della visione in generale e dell'occhio in particolare, in senso diegetico (mentre spia) e allegorico (richiamato da oggetti e illustrazioni che hanno la sua forma). Purtroppo non tutti gli attori paiono all'altezza e il finale è tirato via nella realizzazione.
MEMORABILE: L'inquadratura che inizialmente può sembrare un paesaggio e invece è il dettaglio fuori fuoco di un occhio; Il ghigno umano del paraurti dell'auto.
Una spietata sceneggiatura di Sacchetti, le musiche di Cipriani, gli effetti speciali di un Rambaldi già molto abile, tenuto conto delle possibilità dei tempi. A Bava il compito di raccordare questi ingredienti in un film che non può definirsi horror solo perché alcune scene sono truculente: la struttura resta quella di un thriller, per giunta originalissimo visto che declina come mai prima il brocardo causa causae est causa causati. Il valore aggiunto della sua regia sta nel dosaggio dei tempi e nella direzione di attori tutti molto bravi nel dipingere la bassezza dei personaggi.
MEMORABILE: La sequenza iniziale, manuale di tecnica di ripresa e montaggio; Il finale.
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La trama di quest'opera è presto riassunta: una nutrita schiera di sciacalleschi ereditieri coinvolti in una serie di faide e lotte intestine per l'accaparramento e lo sfruttamento delle bellezze naturali attorno ad una baia.
Il tutto a suon di morti e ammazzamenti (ecco spiegato il sardonico titolo alternativo Ecologia del delitto).
Così imparano a fare i cattivi, titolo di lavorazione, sarebbe stato ancora più sardonico, secondo me.
Si, anche se il tono scopertamente infantile di questo titolo avrebbe rischiato di svelare le carte finali un po' troppo anticipatamente.
No no, ma ha perfettamente ragione Alex, solo che a un altro film famoso gli potremmo dare LA ROSA DI BUDDHA come titolo di lavorazione. Che ne dici Gest? ;-)
Si immagino che la questione non sia facilissima da dirimere. Ma se il visto riporta "Reazione a catena" come è possibile che sia uscito come "Ecologia del delitto"? Non era vietato cambiare il titolo rispetto a quello con cui aveva ottenuto il nulla osta?
La scheda riportata su Italia taglia non è quella del rilascio del nulla osta, ma quella del nuovo nulla osta col titolo modificato. Si può osservare infatti la data 16 giugno 1972, differente rispetto a quella del rilascio del nulla osta, riportata poco sopra (12 agosto 1971) e visibile anche nella scheda del film.
Posso confermare, secondo altri documenti in mio possesso, che la domanda di cambio del titolo da Ecologia del delitto a Reazione a catena è stata presentata in data 1 marzo 1972 e approvata il 9 giugno, col titolo primigenio da mantenere tra parentesi.
Come si evince dalla già citata scheda di Italia taglia dedicata al film (non il nulla osta in pdf, proprio la scheda), del film vennero inizialmente stampati 30 nulla osta (quindi 30 positivi circolanti) in data 23 agosto 1971 e altre 24 copie il 16 giugno 1972, si suppone col titolo Reazione a catena (Ecologia del delitto).
Come ulteriore prova, uno screenshot dall´Archivio La stampa (articolo del 20 dicembre 1971) con titolo originale.
Comunque molti hanno fatto lo stesso errore, anche in "Location Verificate": il film non è ambientato in un lago ma sul mare. Viene specificato durante la pellicola: quando Brigitte Skay va a fare il bagno dice "Vado a fare il bagno in mare" e quando Claudio Camaso si riferisce al cadavere con il polpo sulla faccia che ha sulla barca, dice "L'ho pescato in mare".