Il prologo in Arizona racchiude già molto del significato ultimo del cinema di Villeneuve: niente di nuovo, ma c'è il particolare che spiazza e stuzzica mente forma e maniera dominano incontrastate. L'irruzione della polizia in una casa apparentemente tranquilla svela il covo di un narcotrafficante che nasconde dietro i muri decine di cadaveri insacchettati: una visione infernale chi s'accompagna a una scena da action in stile Kathryn Bigelow. Ce n'è abbastanza per meditare vendetta, nella testa di Kate Macer (Blunt), e per accettare di partire alla volta del Messico con l'obiettivo di stanare l'ennesimo superboss in un'operazione segretissima dove avrà a che fare con il suo diretto superiore dai...Leggi tutto modi spicci (Brolin) e con un impassibile ex avvocato (Del Toro) la cui spietatezza farà il paio con quella di chi dovrà affrontare. D'altra parte gli hanno ucciso moglie e figlia, di perdono è inutile parlare. La prima parte di guerriglia urbana, sulla strada per Juarez, con la fila di macchine che prosegue sulle strade presidiate e le insidie nascoste tra le auto di individui sospetti, è un meraviglioso saggio di bravura di un regista che quanto a potenza evocativa, movimenti della mdp, scelta delle inquadrature, sfruttamento del formato panoramico, non è secondo a nessuno. Fosse tutto così, il film, ci sarebbe da esultare. Invece no, perché quando la lunga fase si conclude si rientra in ambiti più tradizionali, con gli attori che provano a esprimersi col volto e l'espressione prima che a parole. La Blunt però incappa in una performance che non va molto oltre la faccia allibita da alternarsi alle lacrime trattenute (e non). Detto di un Brolin perfetto per il ruolo ma meno incisivo del previsto, la parte del leone spetta a Del Toro, di gran lunga il migliore e vero asso nella manica di Villeneuve, da giocarsi in un finale stilizzatissimo e feroce. La straordinaria capacità nel comporre immagini, nel giocare al meglio con le luci di una fotografia eccellente, dà la misura del lavoro di Villeneuve, il quale tuttavia spesso si perde tra le difficoltà di rendere davvero coinvolgente la sua storia; con pause inattese, i contorni della vicenda che sfumano in un magma spesso di scarsa consistenza in cui contano più i colpi d'arma da fuoco rispetto alla piena comprensione della vicenda. Esiste una traccia certa di facile individuazione, ma alcuni personaggi che ci girano attorno non sempre si capisce in che modo vi rientrino. Conviene quindi sofermarsi a osservare le singole scene senza troppo pensare a come e quanto si leghino tra loro. E il fatto che a proiezione ultimata il film non lasci dentro nulla fa pensare, considerata l'ambizione del regista...
Villeneuve sposta il confine tra bene e male, tra buoni e cattivi, tra bianco e nero e ci mostra ancora una volta il lato più oscuro degli USA la cui faccia stavolta è molto più brutta, sporca e cattiva che nella precedente pellicola. Il risultato è eccezionale e conferma tutte le qualità registiche del canadese che gira con grande perizia e con maestria consumata. Il tutto è sorretto da un ritmo che non conosce pause e che mantiene altissima la tensione anche nei momenti di "pausa" che sono preparatori agli scoppi di violenza ed alle scene action che sono girate divinamente. Da non perdere.
MEMORABILE: Gli ultimi minuti. A tavola: faccia a faccia. "Pensi che quelli che ti hanno mandato qui siano diversi da noi? Da chi credi che abbiamo imparato?"
Discreto ritmo, un parco attori ben assortito (eccezion fatta per la figura del responsabile della task force, che risulta poco credibile, ai limiti del fastidioso). Eppure, nonostante la violenza e le panoramiche di questi luoghi dimenticati da Dio, non si respira quella sgradevole aria malsana data dal prodotto filmico realistico. E' tutto un po' troppo costruito a tavolino (da burattinati, a consapevoli; il poliziotto corrotto), qua e là teatrale; e si va proprio verso la conclusione più ovvia, che riporta "giustizia", ma che deve essere sporcata da sangue innocente. Comunque, non male.
Un'organizzazione dagli incerti confini di legalità si introduce nei meandri del narcotraffico messicano nel tentativo "ufficiale" di sgominarne l'ultrapotere. Narrazione non lineare e un po' faticosa da seguire, tuttavia siamo nel regno dell'action d'assalto ben congegnato e stringente; anche i personaggi agiscono e pensano in questa linea, con un Benicio Del Toro perfetto nella parte. Delude invece il personaggio di Kate, afflitto da un ruolo mal definito di cui non avremmo sentito la mancanza. Spettacolari le riprese e alcuni momenti di tensione.
MEMORABILE: Le panoramiche sulle periferie messicane; Il conflitto a fuoco in autostrada; La resa dei conti a tavola.
Dopo Traffic di Soderberg e il film della Bigelow su come gli americani hanno stanato il covo di Bin Laden, s'inserisce questo film di Villeneuve. Vuoi per Benicio del Toro, già star in Traffic, vuoi per Emily Blunt che rappresenta l'agente dell'F.B.I. innocente, coinvolto negli affari di un gruppo di mercenari americani e messicani che la usano come esca. Realistico, crudo e ben recitato, ricco di anti-eroi dannati (vedi Benicio del Toro e Josh Brolin) ma affascinanti; forse troppo, per i miei gusti.
Bel film di un bravo regista. Un bel concetto di tensione, miscelato a un gusto per l'asciutto, per il dribbling alle facilonerie da film americano; gli scontri sono l'emblema del film: duri, drammatici ma non appesantiti. Emily Blunt presta bene il suo volto all'impresa ma è Benicio del Toro a infondere il carisma necessario a far levitare il suo personaggio sopra gli altri.
MEMORABILE: Il modo in cui è girata la scena della coda post dogana.
Tutto sommato un action dalla trama classica, con qualche colpo di scena non troppo inaspettato ma dalla confezione impeccabile. La regia e la fotografia impreziosiscono la pellicola donandogli una patina di realismo che manca a tanti prodotti odierni. Seconda parte abbastanza tesa e interessante. Grandissimo Del Toro, bravi la Blunt e Brolin.
Film girato e interpretato bene, con un'ottima fotografia, anche aerea, dei luoghi, che ci inserisce bene nel contesto della vicenda, a cavallo di un confine che separa due Nazioni molto diverse tra loro. Meno bene la sceneggiatura, che nasconde sotto un ritmo incalzante e coinvolgente, diverse incongruenze difficili da digerire, anche se efficaci nel mantenere un clima teso. Una di queste è il tentativo di attacco in autostrada, sventato con troppa facilità, contro malavitosi che si autocondannano. Fa della brutalità il suo punto di forza.
Un film duro, crudo, dal sapore amaro in tutta la freddezza con cui mostra il doppio gioco dei personaggi e le loro emozioni. Gli intrighi troppo fitti per essere compresi; le storie personali di sofferenza e perdita. La violenza del Messico, la barbarie dei cartelli. Villeneuve dirige un cast in splendida forma, da uno strepitoso Del Toro che sprizza carisma da tutti i pori a una distrutta Blunt, passando per un cinico Brolin.
Non è la prima volta che la lotta ai narcos svela crudeltà e doppi giochi, ma Villenueve ha il merito di mantenere il ritmo serrato e l'atmosfera ambigua, dirigendo magistralmente le parti action. Da segnalare inoltre alcune panoramiche dall'alto e un sonoro bello teso. Grandi Del Toro e la Blunt, funzionali gli altri.
MEMORABILE: La traduzione negli Usa di Guillermo, dall'inizio alla fine.
Un'agente dell'FBI viene coinvolta più o meno consapevolmente in un'operazione della CIA mirante ad eliminare un grosso boss messicano della droga... Ulteriore conferma delle virtù registiche di Villeneuve che firma un poliziesco teso, con stile simil-documentario e poche concessioni spettacolari per buona parte della sua durata, salvo assestare negli ultimi minuti un paio di colpi bassi che implicano interrogativi di carattere morale. Brava Blunt, efficace Brolin, ma è soprattutto Benicio Del Toro destinato a restare impresso col suo personaggio dolente e spietato.
MEMORABILE: Le riprese prima di entrare nel tunnel; Il confronto con il boss a tavola; l'ultimo colloquio "Lo faremo passare per suicidio"
Leggero passo indietro per Villeneuve rispetto al meraviglioso e intrigantissimo Prisoners. Sicario conferma le eccelse qualità registiche (le riprese dall'alto, l'ingresso nel tunnel) e la maestria nel dosare la tensione (in certi tratti manca il fiato). Peccato che la sceneggiatura sia volutamente complicata: da un lato è funzionale per far provare allo spettatore lo smarrimento della Blunt dinnanzi a meccanismi più grandi del ruolo che riveste, ma dall'altro si avverte l'assenza di naturalezza che si scontra con lo stile simil-documentaristico. Eccellente Del Toro.
MEMORABILE: Le scene nel tunnel; Il passato di Benicio del Toro.
Denis Villeneuve conferma il grande talento emerso nelle opereprecedenti con un film sui confini, non solo geografici (Messico/USA) ma anche tra legalità e illegalità, etica e immoralità. In Sicario tutto è grigio e indefinito, con angoscia e sgomento della protagonista femminile. Un film che parte in sordina ma cresce prepotentemente verso un finale potente che non lascia posto alla redenzione. Girato con perizia tecnica degna di un veterano, un film segnato dalla grande prova di Emily Blunt e sopratutto Benicio Del Toro. Grande film.
Avevo grandi aspettative: non posso dirle completamente deluse ma al tempo stesso devo ammettere che non sono nemmeno state pienamente soddisfatte. Eh sí, perchè mentre Villeneuve si conferma un regista rigoroso e capace di grandi attimi di cinema, la storia m'è parsa troppo ingarbugliata, qua e là inverosimile e alla fin fine non risolta (un po' alla Syriana) e i personaggi di Brolin e Del Toro, per quanto interpretati con il solito piglio dai due, sanno decisamente di già visto. Brava la Blunt. il film è in sostanza godibile, ma pensavo meglio.
Film che pone il cinefilo di fronte all'angustiante dilemma se non convenga che Villeneuve si prenda una pausa registica o, più modestamente e plausibilmente, che io mi riservi una sospensione dalla visione del suo cinema. Sicario rigioca la carta della complessità drammaturgica de La donna che canta, ma se in Prisoners forzata spettacolarità da blockbuster e gusto del racconto si compenetravano, qui le ambiguità son marchiane, la seriosità (vedi espressione della Blunt) senile e la fluidità narrativa una chimera ammantata d'autorialità. Benicio però...
Poliziesco che parla dei cartelli di droga messicani e dei tentativi (più o meno legali e più o meno sinceri) di combatterli da parte della autorità americane. Registicamente a Villeneuve non si può imputare nulla (inquadrature ricercate, buon ritmo, belle sequenze d'azione), ma a causa di una sceneggiatura non delle più felici compie senz'altro un passo indietro rispetto all'ottimo Prisoners. Convincenti Brolin e Del Toro; anche la Blunt è brava, ma il suo personaggio è troppo ingenuo e idealista per essere credibile fino in fondo.
Villeneuve, con intelligenza rara, dirige un film ad alta tensione basato non solo sull'azione, ma attingendo dalla realtà e dai meccanismi e metodi d'indagine legale e non il tutto facendo vivere alla protagonista, una magnifica Emily Blunt, un percorso di doloroso inventario non solo professionale. Stupiscono la fotografia desaturata, la drammaticità delle sequenze di azione-tensione cui nulla è lasciato al caso e fedele al reale. Un film di questi tempi indubbiamente raro.
Ancora una volta il regista canadese si dimostra talentuoso, capace di utilizzare un soggetto non freschissimo ma tirandone comunque fuori un ottimo noir: teso, senza troppi fronzoli e fuori dagli schemi. Il narcotraffico messicano offre come sempre un'ottima melma dove far sguazzare personaggi border-line, poliziotti et similia. E Sheridan, sceneggiatore di tanti episodi delle migliori serie tv poliziesche, non si fa scappare l'occasione. Più che convincenti le prove di Del Toro e Brolin, ai quali si affianca una coraggiosa Blunt.
MEMORABILE: "Mi dispiace! Hai solo sbagliato tunnel!"; Lo scontro alla dogana in autostrada; Il finale.
Teso e vibrante thriller che racconta la lotta al narcotraffico tra Usa e cartelli messicani, combattuta sempre oltre i limiti della legalità. Una regia solida che riesce a trasmettere la tensione e un cast di tutto rispetto sul quale giganteggia il bravo Del Toro rendono questo film un ottimo prodotto che si distingue tra le pellicole del genere.
L’assunto criminale alla base della storia è tristemente assodato (dove ci sono potere e soldi, non c’è distinzione tra bene e male) ma Villeneuve lo rivitalizza con mano ispirata, girando magistrali scene d’azione e iniettando adrenalina nelle inquadrature senza portarti all’overdose. Bella la fotografia, strepitosi la fragile Blunt e l’enigmatico Del Toro ma anche una prima parte caotica e un apporto minimale da parte del resto del cast, purtroppo anonimo. Avvicente e con un gran finale, ma non imprescindibile.
La guerra sporca tra le agenzie di sicurezza Usa e i cartelli messicani della droga visti dalla prospettiva di un'agente FBI imbarcata in un'operazione più grande di lei e dai motivi oscuri. La sensazione è di un'occasione sprecata. Il film è visivamente molto bello, ha un cast perfetto e un ritmo impeccabile. Però i possibili livelli di lettura impliciti nella prima parte finiscono annegati in un action molto spettacolare, sì, ma che si limita a mostrare la violenza, senza porre domande che non siano scontate come le risposte del regista.
MEMORABILE: Meglio la sottrazione (la probabile tortura del sospettato nella base militare) che l'accumulo (i cadaveri sotto il ponte, la scena del sottofinale).
Villeneuve con fosche tinte quasi rembrandtiane ci fa scivolare laddove male e bene perdono di significato. La perfetta costruzione della prima parte, con il solo Brolin un po' troppo sui generis, perde un po' del suo appeal nella resa dei conti finale che strizza l'occhio all'action-revenge. Laddove Del Toro oscura tutti resta il barlume di luce di un'abbrutita Blunt, "sconfitta" nell'estetica ma soprattutto vinta nella pellicola. Finale che ci piace. Ancora una volta il regista canadese non fallisce, anche se qualcosa da migliorare ci sarebbe.
Film di buona fattura diretto da Villeneuve che con ottimi movimenti di macchina riesce a mostrare la fragilità di una donna forte, agente dell'FBI (una brava Blunt) e allo stesso tempo mantiene alta la tensione. Grande è anche la fotografia, così come i suoni che accompagnano le operazioni capitanate da due agenti misteriosi, rispettivamente i bravi Brolin e Del Toro, che risultano molto convincenti. Manca forse una completezza nel messaggio che la storia vuole mandare ed è forse un problema di sceneggiatura, ma il risultato è buono.
Prendendo come spunto una vicenda che si è già vista in mille altri film, Villeneuve costruisce un'opera tesa, asciutta, con poche concessioni all'azione ma ricca di tensione e personaggi azzeccati. In palla l'ottimo cast con in testa un freddissimo Del Toro e una intensa e misurata Blunt. Ci si aspetta un action, ma ci si ritrova con un dramma che approda nel finale nel più crudo revenge movie. Tutto concorre a creare una tensione palpabile, dai momenti di attesa ai dialoghi scarni ma pesanti come macigni. Finale duro e fintamente consolatorio.
MEMORABILE: Il primo agguato in autostrada; Del Toro a casa del boss; Il finale.
Action-noir robusto e potente, un po' intermittente a livello di sceneggiatura (continua alternanza di passaggi ad alta intensità e momenti di transizione) ma diretto in maniera eccellente, tra raffinate e mai gratuite suggestioni visive ed efficacissime esplosioni di azione violenta. Il ritmo, per quanto ondivago, tiene, gli attori pure (Del Toro, volto perfetto per il genere di film, in testa) e si imprime nella memoria il cupo tratteggio di un confine Messico/Usa inferno di abusi, torture e mutilazioni. Nella fascia alta del regista.
MEMORABILE: Le automobili in movimento inquadrate dall'alto.
Discreto action che parte bene (sembra quasi appassionante) e poi cede alla distanza sotto la spinta di pulsioni modaiole. Ci sono discreti spunti qua e là (come lo scontro a fuoco notturno nella galleria, anche se il retrogusto sa un po' di videogioco shooter), una direzione scorrevole quanto banale e una considerazione politica degli eventi d'ingenuità disarmante. Il migliore, ovviamente, è Del Toro che, per non rischiare, fa Del Toro; Brolin guitteggia con le infradito, la Blunt è spenta (e il suo personaggio inconsistente). Una gomorrata.
Una spedizione della Cia fa fuori alcuni trafficanti messicani di droga con metodi ben poco puliti. Buono, ma da Villeneuve mi aspettavo molto di meglio di un action prevedibile, con i soliti spregiudicati agenti Usa al di la del bene e del male e con la solita figura ingenua fedele alla legge, che soffre per quel che vede. A parte il personaggio più sofferto e ambiguo ben incarnato da Del Toro, qualche bella ripresa e uno strepitoso ritmo mozzafiato, il resto sa troppo di déjà vu. Merita la visione, ma, con cotanto regista, un po’ deludente.
Arruolata nella lotta al narcotraffico, un'agente FBI si ritrova nelle contraddizioni dell'intelligence americana. Film adrenalinico, con ritmi alti e scene di forte impatto sia visivo che emotivo. Ottimi gli effetti sonori (sembrano presi da Terminator) e le scene d'azione, girate egregiamente (si veda quella del tunnel). Villeneuve si conferma uno dei migliori registi americani in circolazione.
Potentissima opera dell'acclamato Denis Villeneuve che sin dalle prime battute ti devasta l'anima con scene fortissime e raccapriccianti. La guerra al narcotraffico viene condotta nella maniera più sporca possibile e mette in risalto il marcio esistente in tutte le fazioni. Impossibile distinguere il bene e il male, in questo groviglio di corpi che si disfano a colpi di arma da fuoco. Del Toro all'apparenza calmo e serafico si rivela una macelleria ambulante che non fa prigionieri. Sconvolgente e bellissimo.
Per maiuscolarne il nome, la legge va infranta; per preservare la purezza è necessario corromperla; e solo in quanto agenti del caos si rinnova l'ordine. Attizzatoi branditi da Villeneuve (letterale sicario dacché shoot = filmare/sparare) per rendere sorprendente lo stravisto, animato da una non comune abilità di far credere che con un frame di meno salta l'intero meccanismo filmico. Il clinico indulgere nei preparativi ne fa cerimoniere di un climax introflesso e disomogeneo che interpone l'estetismo alla crudité, il milieu all'azione. Ma Del Toro che vede sempre rosso fa film a sé.
Una agente dell'FBI viene coinvolta dai servizi segreti nella lotta al narcotraffico. Solita pellicola sulle malefatte dei servizi segreti che per il bene mondiale danno un colpo al cerchio ed uno alla botte muovendosi ai confini della legalità. Il prologo sembra promettere bene, ma ben presto in film si perde in fiume di chiacchere piuttosto faticose da seguire, intervallate qua e là da qualche buona sequenza d'azione. La sbiadita protagonista femminile non contribuisce a vivacizzare la scena e anche Brolin e Benicio fanno il minimo sindacale. Meglio il sequel Soldado.
MEMORABILE: L'iniziale scoperta della casa degli orrori; La protagonista stretta al collo da un poliziotto corrotto; L'assalto al Tunnel.
Una agente FBI viene assoldata per un’operazione segreta solo per esigenze burocratiche. I metodi usati sono oltre ogni protocollo: libertà di fuoco, torture, omicidi di bambini... Cinema con sporadica tensione nel quale, ad esempio, la Bigelow avrebbe fatto meglio e Villeneuve si affida solo al carisma (Del Toro bravo, Brolin molto meno, Blunt paladina non credibile). Buona ma già vista la fotografia calda tipica degli ambienti messicani e qualche morto sparso per dar l’idea del clima criminale. Peccato però che nella villa del boss ci siano solo tre guardaspalle…
MEMORABILE: I corpi appesi in città; Del Toro che spara alla Blunt; Il tunnel per la droga.
Notevole poliziesco nel quale Villeneuve conferma di essere uno dei registi più interessanti del panorama attuale. Senza fare uso di effetti speciali o di montaggio roboante, propone una storia tesa e avvincente sulla lotta contro i narcotrafficanti, uno scontro che vede i confini geografici e quelli morali messi continuamente in discussione. Straordinaria Emily Blunt, donna coraggiosa e carica di dubbi.
Una storia delle tante nella guerra al traffico di droga e clandestini ai confini tra USA e Messico rappresentata con le dinamiche dei western di un tempo. Un monumentale Del Toro che qui conia la maschera di freddezza e cinismo destinata a fare di lui l'erede più credibile dell'Eastwood bounty killer. Una Blunt quanto mai efficace nel ruolo dell'agente speciale: mascolina, ma fino a un certo punto. Un Brolin che si dimostra ancora una volta capace di rendere un ruolo secondario importante al pari di quelli principali. Un insieme gestito dal miglior Villeneuve di sempre.
MEMORABILE: La sparatoria al casello; La strage nella villa degli Alarcón.
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a me finora il cinema villeneuviano è piaciuto tutto pari gradimento. questo e enemy devo ancora recuperarli (e non accadrà a brevissimo), ma mi aspetto ulteriori badilate di qualità.
DiscussioneDaniela • 9/01/16 19:16 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Didda23 ebbe a dire: L'ho visto ieri sera. Buono senza dubbio, ma Prisoners stava davvero su un altro pianeta.
Probabilmente Prisoners è un film tanto visceralmente coinvolgente che tutti gli altri di V. rischiano di sembrare troppo freddi o cerebrali.
L'eccezione della Donna che canta è solo parziale, da questo punto di vista, in quanto gli avvenimenti pur dolorosi e laceranti sono filtrati dall'uso del flashback che li colloca nel passato.
SPOILER Quanto all'essere "complicato senza motivo", a mio parere ciò è voluto: il regista ci fa assistere agli eventi con gli occhi di Emily Blunt, il cui vero ruolo nella vicenda viene rivelato a lei ed a noi spettatori sono nell'epilogo. E la poliziotta si trova in una situazione simile a quella di Fabrizio Del Dongo alla battaglia di Waterloo: perso in mezzo alla nebbia, non capisce nulla di quanto gli sta accadendo intorno.
E' la contrapposizione drammatica fra lo smarrimento dell'inconsapevole Emily e la consapevolezza spietata e dolente di Del Toro che rende emozionante il dialogo finale, in un film che fino ad allora le emozioni sembrava averle tenute in disparte a favore di una visione quasi documentaristica.
FINE SPOILER
Didda23 ebbe a dire: L'ho visto ieri sera. Buono senza dubbio, ma Prisoners stava davvero su un altro pianeta. Si denota una qualità di fondo molto alta, anche la tensione c'è, ma a tratti vuole essere per forza complicato senza motivo
tra i due non saprei decidere qual'è il migliore, quattro pallini ad entrambi....
Prisoners mezzo pallino in + per l'originalità dell'intera trama e per Gyllenhall.
Ma ci sono diverse sequenze di Sicario che sono portentose. E oggi che hanno (ri)catturato El Chapo in Messico mi è tornato in mente..
Dani sono d'accordo. Però è una scelta che non riesco ad apprezzare. Poi la Blunt ( mia top idol) imbruttita e mascolina, mi è sembrata costantemente fuori parte, tant'è che Del Toro la oscura completamente
Hanno fatto sicario 2.
Questo è il trailer in italiano https://www.youtube.com/watch?v=UKquZZqgUSE Uscirà al cinema questa estate.
Perchè non c'è in sicario 2 la Blunt?
Ciao.
Grazie per la segnalazione dell'intervista Capannelle.
Volevo riprendere la discussione sul film sicario e addentrarmi in profondità.
In quel film gli Stati Uniti d'America costituiscono una task force che serve per vincere e quindi eliminare, debellare il cartello di sonora responsabile della casa degli orrori con tutti i morti che ne derivano e che si vedono murati nelle pareti di cartongesso.
Quanti sono i membri di tale task force?
26?
Scelti fra alphas, deltas, county sherrif e c'è pure un federale corrotto?