Torna dopo otto anni di silenzio Riccardo Freda, l'inventore del gotico all'italiana (suo lo storico I VAMPIRI), e lo fa con un sostanziale ritorno alle origini. Non più thriller in salsa argentiana con contorno di sangue (vedi L'IGUANA DALLA LINGUA DI FUOCO), ma un sottile gioco psicologico di hitchcockiana memoria (IL SOSPETTO, L'OMBRA DEL DUBBIO…) riaccompagnato nella cornice tipicamente gotica-frediana dell'altro Hichcock, quello...Leggi tutto senza la 't" che custodiva un "orribile segreto". L’ambientazione, ancora una volta per Freda, è Londra, città alla quale il regista è evidentemente legatissimo, la storia è molto mal condotta e sembra voler cercare il colpo di scena ad ogni costo. Il ritorno al gotico (pur con una trama gialla da tipico "whodunit" ) recupera una splendida fotografia ed effetti speciali un po’ baracconeschi (il ragno gigante, le suore zombi), ma non giova sotto l'aspetto della scorrevolezza. Il ritmo torna ad essere troppo lento, fastidiosamente ancorato a tempi ormai passati, e il cast - pur contando nomi di un certo prestigio (la Dionisio, Martine Brochard, Anita Strindberg, Laura Gemser...) appare svogliato e mai incisivo. Su tutti Stefano Patrizi, il protagonista, ha un'aria assente e un espressione spesso insignificante, degna del Leigh McCloskey di INFERNO (cui somiglia non poco). Qualche discreta sequenza visionaria (ma la famosa scena michelangiolesca finale non vale poi granché), qualche accento splatter risolto con effetti speciali di bassa caratura (l'abuso di manichini è evidente) e nel complesso una sciatteria che mal si sposa alla ricercata fotografia e alla musica classica di Bach (il piano è preponderante). Troppo lento per piacere ancora oggi, troppo approssimativo e poco credibile anche per i fan di Freda.
La netta impressione che ho avuto è che a Freda non gliene fregasse niente di questo film. Girato con la mano sinistra, attori lasciati a loro stessi con una storia tra il delirante e l’improponibile, senza la minima traccia di tensione. Effetti speciali poco riusciti e con i quali a volte si sfiora il comico (es. il ragno gigante). A chiusura del tutto, la spiegazione finale riesce a rendere ancora più inverosimile la storia! Freda è stato un grande, ma questo film non fa onore alla sua memoria.
Pessima regia di Freda, resa tale per la cialtronesca recitazione e per effetti speciali meno che caserecci. Ci si sono messi in quattro a scrivere i dialoghi che hanno qualcosa di (a dir poco) delirante. Un soggetto "tarato" alla base e chiaramente ispirato a Psycho non può essere salvato nemmeno dalle piacevoli presenze date da Silvia Dioniso e Anita Strindberg. Non convince perché mal girato, realizzato senza convinzione e senza alcuno stimolo: prova ne sia (a mo' di riscontro) la sgradevole prestazione data dagli interpreti. Deragliato.
Ultimo film girato da Freda, nonché uno dei suoi peggiori. La trama gira a vuoto, incerta se seguire la classica pista del thriller anni Settanta con molteplici efferati delitti commessi dal maniaco di turno, oppure concedersi all’horror soprannaturale, oppure ancora alle implicazioni psicanalitiche. Si salva solo l’incubo della Dionisio, dove compare un ragnone di batzelliana memoria e si torna ad apprezzare la propensione del regista per le atmosfere gotiche. Brutti gli effetti speciali, frastornanti le musiche pianistiche, svogliati gli attori.
MEMORABILE: Il falso inizio; l’incubo della Dionisio; la confessione incisa su nastro; madre e figlio nella posa della “Pietà” di Michelangelo.
Un vero peccato, perché radunare in un solo film tante bellezze (Strindberg - anche se piuttosto sfatta, Dionisio, Brochard, Gemser) non è roba da poco. Però anche a voler essere buoni gli effetti speciali sono pessimi (l'asciata sulla testa che si rivela essere un manichino, la morte della Brochard, il ragno...). Musiche nella norma. Un'occasione persa. Finale abbastanza assurdo, salvabile solo perché lo dirige Freda e per il cast.
Poteva essere un degno testamento, invece è un pasticcio vagamente psicoanalitico che non sa mai da che parte andare. Nonostante queste carenze poteva essere interessante dal punto di vista visivo, ma qui sono gli effetti che inguaiano una onesta regia di Freda. Solo per i cultori.
Davvero brutto questo filmetto di Freda. Il soggetto ha qualche discreta idea ma viene portato avanti nella maniera più prolissa e banale possibile. Il regista, tra l'altro, sembra ignorare questo fatto dirigendo il tutto svogliatamente. Il cast femminile non è male ma rende poco, mediocre il cast maschile (forse escluso John Richarson), a partire dal pessimo protagonista. Musiche soporifere ed effetti speciali (sia splatter che il resto) bruttissimi. Passabile la fotografia. Di una noia mortale, si fatica ad arrivare in fondo.
Questo film, che chiude la carriera del grande regista, fu definito dallo stesso "una merda", testuali parole. Detto questo, a parte i soliti effettacci speciali (un marchio di fabbrica nei film di Freda), la trama è troppo confusa, la recitazione non è buona e si nota per tutto il film una stanchezza e una sindrome da "buona la prima". Spiace dirlo ma è sotto la mediocrità.
Incredibile caduta di Freda che gira un filmaccio di bassa lega pieno di scene risibili e insulse (su tutte quella del sogno con musica di Bach in sottofondo, ma anche quella del ragno) che poco o nulla c'entrano con un intreccio banale e dai ritmi soporiferi. Anche la confezione è scadente, in particolar modo i pessimi attori. Una delle peggiori opere del regista. Da dimenticare.
Canto del cigno di Riccardo Freda, non è un buon film. Ripudiato dallo stesso, in una delle sue interviste, è un classico thriller all'italiana, che purtroppo pecca nella lentezza delle azioni e negli effetti visivi elementari (tipo quelli che Lenzi metterà in scena delle sue case stregate). C'è da dire che il cast era molto buono, denso di screaming queen come la Strindberg, la Dionisio e la Gemser. Tuttavia quello che è italico nel thriller va valorizzato come manierismo mai più ripetuto nella storia del cinema mondiale.
Non "una merda" come, pare, lo definì l'anziano regista. Tutt'altro. Un film ricco, quasi audace, capace di miscelare il giallo-thriller all'horror gotico e demoniaco in modo assolutamente originale, su di un buon soggetto psicanalitico tra Eros e Thanatos, odio-amore tra madre e figlio. Fotografia ed ambientazione splendide. Lampi di classe. Molto valide le interpretazioni della Strindberg e di Richardson nei panni del maggiordomo "Oliver". Curioso l'incubo nei sotterranei della bella Dionisio. Pessimi invece gli effetti speciali. Da riconsiderare.
Freda recupera tutto l'armamentario del gotico italiano anni '60 e ne imbastisce una versione bastardizzata, che strizza l'occhio allo splatter anni '80 ma affonda le radici nel giallo italiano anni '70. La descrizione può suonare delirante, ma è lo stesso film ad esserlo, tra una sceneggiatura indegna, interpreti smarriti (nonostante i nomi di richiamo), SPFX a dir poco pietosi (va bene il fai-da-te italico, ma qui si esagera), musiche fuori luogo. Si salvano location e fotografia, per il resto sembra un mix tra Batzella e Jess Franco.
Sei sempre bravo, Riccardo, ma 55 minuti prima di entrare nel vivo del film sono decisamente troppi. Azzeccatissimi i veterani Strindberg ed Harrison, certo che ti dividi tra horror e thriller fino a far dubitare a quale dei due generi il film appartenga. Gli omicidi son stratosferici e la conclusione è attendibile, ma molti dopo mezz'ora hanno già mollato la pezza.
MEMORABILE: Molto trash la scena delle orme sulle scale.
In interiore homine habitat diabolus: ce lo dicono all'inizio, e da lì procede a tentoni un film patchwork, un po' giallo classico alla Dieci piccoli indiani, un po' gotico, un po' thriller psicanalitico, senza azzeccare mai la tonalità giusta per nessuno dei tre spartiti. Tra una candida ed orrida Pietà michelangiolesca e una messa nera con tarantola oversize e la Dionisio crocifissa, ci sono delitti splatter-osi ma non di grande impatto, dialoghi pedestri e un cast male assortito. La Strindberg sembra... la zia della Strindberg!
MEMORABILE: "Oliver, oggi non rientriamo a colazione.", "E' pericoloso usare il phon in bagno", "E' bello vedere due giovani che non pensano solo al sesso!"
Riccardo Freda negli anni '80 tenta vanamente di riesumare il genere gotico, così congeniale alle sue corde. Il risultato è deludente, un misto di erotico e thriller che non lascia il segno. Attori mediocri, trama poco accattivante. Silvia Dionisio tanto bella quanto inespressiva.
Malatissima ultima pellicola del burbero Maestro, il quale nel tentativo di aggiornare i canoni del gotico (che aveva contribuito in buona parte a codificare) ai caratteri del thriller-horror maturati negli anni '70, filma un melange delirante (ereticamente ma non troppo direi Polselliano), dotato tuttavia di una sua patologica personalità. A inficiar il giudizio l'aracnica recitazione di alcuni (Patrizi ha un aplomp da Ecce bombo) e i dialoghi, la cui vessatorietà è ulcerata dal doppiaggio. Profluvio di (s)exploitation con Dionisio-Strindberg sugli scudi.
MEMORABILE: Gli omicidi splatter coi manichini "a vista"; La fissità di Richardson; L'incubo della Dionisio; La "Pietà" finale: forse un impetrazione di Freda?
Horror discreto limitato da situazioni stereotipate, passabili solo se si accetta il modesto contesto. Villa isolata, non c’è porta, anta o coperchio che non cigoli, primi piani con occhi sgranati, maggiordomo di nome Oliver (il millesimo della serie). Comunque si salvano alcune situazioni: l’incubo della Dionisio, la generosa esposizione del fisico della medesima, il finale strano ma particolare; il ritmo, invece, spesso zoppica.
MEMORABILE: L’incubo di Deborah; Il finale michelangiolesco.
Ultima fatica di Riccardo Freda nonché la sua peggiore. La pellicola presenta grosse falle un po' ovunque, dalla sceneggiatura lacunosa e soporifera agli effetti speciali abbastanza risibili passando per dialoghi troppo spesso inconcludenti. Sembra girato senza grossi stimoli e convinzione e a risentirne è per primo il cast, che non incide minimamente. Ha l'unico pregio di radunare in un'unica occasione tante bellezze. Evitabile.
Prendi un giallo anni Settanta, fiacco e scialbo e aggiungici elementi horror ininfluenti ai fini della trama, giralo al risparmio, con effetti speciali da film della compagnia cinematografica del liceo, ricicla qualche icona del cinema del decennio appena finito, condisci con un tocco di Argento... et voilà, Murder Obsession è servito. A salvare dallo zero assoluto quest'ultimo lavoro di Freda (ma sarà davvero lui?), un'atmosfera decadente e un paio di trovate nel finale.
MEMORABILE: La "Pietà" finale; Momenti trash: il ragnone, l'accettata in testa.
Per considerare questa pellicola un buon lavoro bisognerebbe sorvolare su una lacunosa sceneggiatura e su dialoghi spesso imbarazzanti. La produzione quindi punta tutto su tre bellezze un po' scosciate che al tempo, forse, garantivano un buon successo: la giovane Dionisio, l'esotica Gemser e la matura Strindberg. Il cast maschile (a parte il tenebroso Richardson) è da dimenticare. Alcune strampalate trovate come il sogno con il ragno gigante lo annoverano tra i cult del trash, ma anche in quest'ambito è molto deludente.
A dir la verità si capisce poco in tale pastrocchio. Quando in un thriller/horror si nomina il corpo astrale poi, si sa, butta male... Ragnoni, satanismo, pipistrelli di plastica, telepatia, musiche viscontiane, motoseghe: un ridicolo rompicapo che non si ha certo voglia di decrittare. Patrizi è in catalessi; il cast femminile, pur commovente nella sua forza cinefila anni Settanta, è come toccato dall'incipiente mediocrità televisiva. Sequenza finale d'effetto, peccato sia preceduta dal nulla.
Tra horror, thriller e nostalgie di gotico, il maestro Freda purtroppo inciampa nel film che sarà quello del suo addio. La trama è esile, sconclusionata a tratti e pasticciata in un finale che vuole per forza sviare lo spettatore (probabilmente già arrivato alla giusta soluzione). Commento musicale monocorde che ammazza la tensione invece di sottolinearla, immancabili scene pruriginose inserite a casaccio ed effetti speciali pari a scherzi di carnevale. Che dire? Brutto.
Giallo gotico/argentiano la cui forza sta tutta nell'ambientazione in una villa borghese di campagna, con quella sua inquietante estetica un po' decadente. La storia ha alla base un piano criminoso di discreto interesse, che viene sbrogliato soprattutto nel lungo finale avvincente che mostra come Freda, allora settantenne, aveva ancora il polso giusto per queste vicende di sangue. Un film che se non fosse per gli scadenti effetti sanguinolenti e la poca capacità degli attori poteva essere un buon ritorno al gotico negli opulenti anni '80.
Gli sfx saranno anche dilettanteschi, ma il resto? Per l'amante del "bis di serie A" c'è la leccarsi i baffi. Cast stratosferico, in particolare per le donne, con una Gemser mai così sensuale e la Dionisio splendida, anzi di più. Poi la storia, davvero cultissima: un mix trasversale incredibile, pasticciato quanto si vuole ma dall'impatto impetuoso. Donne seminude vaganti, sesso nel bosco, riti segreti, morbosità; il tutto supportato da un'azzeccata location del gotico moderno. Classico film che si dice brutto ma che per me è solo uno splendido stracult.
"Gli attori erano scarsi e così i soldi": così Freda giustificava il disastroso livello del film, ma (concordando sulle prestazione attoriali miserrime) viene da chiedersi chi mai poteva salvare una sceneggiatura del genere, con buchi e con snodi ridicoli (la soffitta adibita a laboratorio fotografico inattivo da oltre quindici anni...). Il regista, fra l'altro, era lui... Probabilmente non c'era un truccatore decente, perché attrici solitamente belle qui quasi paiono di livello estetico normale. Chi l'avrebbe mai detto: si guarda Freda e si pensa a Batzella... Terribile.
Peccato che l'ultima pellicola firmata da Freda sia questa; il regista meritava sicuramente un addio dal cinema migliore. Purtroppo c'è veramente poco da salvare, praticamente solo la bellezza di Silvia Dionisio (sempre splendida) e Laura Gemser; per il resto delusione su tutti i fronti. Freda dirige con la mano sinistra, senza porre nessuna cura nel mettere in scena una storia di per sé non certo esaltante. Non particolarmente felice la scelta del protagonista principale.
Pessimo congedo di Freda dal cinema che dirige svogliatamente un traballante mix di giallo argentiano e di gotico soprannaturale, girando a vuoto per tre quarti del film senza decidersi su dove andare a parare e cavandosela con un finale a effetto che non riesce però a riscattare 90 minuti di noia. Alla scadente sceneggiatura si aggiungono poi i patetici effetti speciali e la desolante prova offerta dagli attori che, a partire dall'insulso protagonista e con parziale eccezione della Strindberg, fan quasi la figura dei dilettanti allo sbaraglio.
MEMORABILE: L'inquadratura finale che richiama la Pietà di Michelangelo.
Dopo un tentato omicidio con i classici guanti neri: “Perché portavi dei guanti stanotte, mentre stavi nel bagno? ””Stavo asciugandomi i capelli e, usando il fon con le mani bagnate, si può rimanere fulminati”. Già da questo dialogo si capisce il livello del film, di rara bruttezza, lentissimo e invecchiato davvero male. Non accade quasi nulla e quel poco che accade sta in uno splatter trashissimo con effettacci... che dire tarocchi è un eufemismo (su tutti il ragno di gomma).
Meno peggio del temuto, ma ugualmente scarso. Ibrido malriuscito, perché le ambientazioni gotiche sono annacquate da ritmi soporiferi, il giallo psicologico sostenuto da moventi e dialoghi assurdi, gli omicidi slasher rovinati da effetti speciali scadenti. In tutto ciò la vicenda decolla (pardon: accade qualcosa) solo nell'ultima mezz'ora. Peccato perché il cast (Richardson e la Strindberg su tutti) è in parte tranne il protagonista Patrizi, l'ex-adolescente pariolino dei polizieschi qui inaccettabile, pur se cresciuto e baffuto.
MEMORABILE: La rocambolesca confessione sul magnetofono.
Film davvero brutto, trama inconsistente quanto il csst. La storia e le ambientazioni molto british sarebbero anche interessanti, ma la trama risulta davvero noiosa e prevedibile. Anche i pochi momenti di presunta tensione o scadono nel ridicolo (ragno gigante) o sono troppo lunghi (racconto del presunto sogno). Da salvare solo le grazie della Dionisio e della Gemser.
Ultimo film di Freda, quasi simbolico di un'epoca che si chiude. Freda mescola insieme situazioni da horror sexy (Laura Gemser nuda, ragazze piuttosto discinte, sospetti di lesbismo) e momenti gotici, ragni giganti e adorazioni diaboliche. A volte sembra Freda, a volte Regnoli. Il finale che evoca Psyco potrebbe anche funzionare, ma ci si arriva dopo una narrazione incerta e un bel po' di noia. Male Stefano Patrizi come protagonista, mentre il cast femminile si fa apprezzare nella sua interezza.
MEMORABILE: "Sei tornato, ora tutto cambierà": il desiderio materno che non sarà di certo esaudito.
Il commiato al cinema di Freda è un mix tra thriller e horror gotico all'insegna della sciatteria, zavorrato da una sceneggiatura al groviera e da effetti speciali scadenti. Sulla carta alcune idee non sarebbero male (il sogno della Dionisio, la confessione registrata di Richardson, il finale michelangiolesco) ma gli esiti sono degni di un Batzella; e il cast, impegnato in una gara a chi strabuzza di più gli occhi, offre una prestazione pessima: le fanciulle (Dionisio e Gemser in testa) deliziano l'occhio ma non bastano a salvare un film in cui a lungo la noia regna incontrastata.
MEMORABILE: L'interminabile sogno/visione della Dionisio a fare metraggio; Lo spiegazione nel registratore; La visione alla michelangeloscela.
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DiscussioneFauno • 26/03/17 19:16 Contratto a progetto - 2750 interventi
Invece secondo me gli attori non c'entrano proprio un bel niente. Anzi, specie per la Dionisio mi è andata giù molto male che abbia smesso praticamente subito dopo questo film, perché qui si era confermata nel suo talento. La Strindberg poi è eccellente nel ruolo di madre morbosa e in nessun film l'ho mai vista al minimo storico, per quanto non l'abbiano sempre fatta bella come nel capolavoro di Fulci con la Bolkan. Non mi sbilancio sulla Gemser, in quanto non amante dei suoi esotic-love, mentre il rendimento di Richardson mi sembra nella norma. I difetti si possono trovare nella scarsità degli effetti speciali, anche se ripeto in quegli anni c'erano a malapena le vhs, quindi se lo vedevi al cinema non facevi caso al fotogramma postato da Daidae, o nella prolissità e nella difficoltà a decollare del film, o al massimo perché è troppo ibrido fra thriller e horror, ma non certo per i dialoghi risibili, i soggetti deliranti e gli altri difetti più comuni con cui oggi si è soliti stroncare i film, e soprattutto quelli minori.
Quindi pur non avendo ancora letto il tuo commento, mi permetto di contraddirti.
Fauno ebbe a dire: Invece secondo me gli attori non c'entrano proprio un bel niente. Anzi, specie per la Dionisio mi è andata giù molto male che abbia smesso praticamente subito dopo questo film, perché qui si era confermata nel suo talento. La Strindberg poi è eccellente nel ruolo di madre morbosa e in nessun film l'ho mai vista al minimo storico, per quanto non l'abbiano sempre fatta bella come nel capolavoro di Fulci con la Bolkan. Non mi sbilancio sulla Gemser, in quanto non amante dei suoi esotic-love, mentre il rendimento di Richardson mi sembra nella norma. I difetti si possono trovare nella scarsità degli effetti speciali, anche se ripeto in quegli anni c'erano a malapena le vhs, quindi se lo vedevi al cinema non facevi caso al fotogramma postato da Daidae, o nella prolissità e nella difficoltà a decollare del film, o al massimo perché è troppo ibrido fra thriller e horror, ma non certo per i dialoghi risibili, i soggetti deliranti e gli altri difetti più comuni con cui oggi si è soliti stroncare i film, e soprattutto quelli minori.
Quindi pur non avendo ancora letto il tuo commento, mi permetto di contraddirti.
Come leggerai, infatti, la colpa principale - a mio avviso - è della sceneggiatura. Ciao.
DiscussioneFauno • 27/03/17 23:26 Contratto a progetto - 2750 interventi
Ok letto. Meno male ci sono solo due pallini di differenza fra il mio e il tuo; sono proprio agli antipodi come idee. Se la Dionisio è di livello estetico normale allora io sono cieco, quanto alla Strindberg una madre morbosa e mezza imbaldracchita non poteva mai essere la figona di 10 anni prima, e quanto al solaio per me è un particolare talmente trascurabile...Di ridicolo c'è meno che niente, anche se non è certo un film che emerge. E le due ricostruzioni differenti dell'omicidio del padre non son fatte per niente male, specie quella reale.
Non entro nel merito di Batzella, ma i film che ho visto mi sono piaciuti parecchio.
Fauno ebbe a dire: Se la Dionisio è di livello estetico normale allora io sono cieco...
Forse non mi sono spiegato bene.
La Dionisio è bellissima (ci mancherebbe altro...), ma in questo specifico film il trucco la rende meno bella del solito. Idem per la Brochard e la Gemser, donne parimenti bellissime, ma qui assai meno che altrove.
Della Strindberg non faccio cenno, come vedi. A proposito: splendido il doppiaggio della Miserocchi, come sempre.
Ciao.
Assolutamente d'accordo con tè sull'eccellente prestazione della Miserocchi, che tra l'altro doppia Nuria Torray, in un ruolo molto simile a questo nel precedente Una tomba aperta una bara vuota il cadavere di Helen non mi dava pace.
E sembra scontato ma non dimentichiamoci il buon Colizzi su Richardson.
Per quanto riguarda la Strindberg è anche accettabile che il trucco non l'abbellisca, dato il tipo di personaggio che deve interpretare, molto meno sulle altre attrici posso concordare.
Ciavazzaro ebbe a dire: Mi inserisco anche io nella discussione.
Assolutamente d'accordo con tè sull'eccellente prestazione della Miserocchi, che tra l'altro doppia Nuria Torray, in un ruolo molto simile a questo nel precedente Una tomba aperta una bara vuota il cadavere di Helen non mi dava pace.
E sembra scontato ma non dimentichiamoci il buon Colizzi su Richardson.
Per quanto riguarda la Strindberg è anche accettabile che il trucco non l'abbellisca, dato il tipo di personaggio che deve interpretare, molto meno sulle altre attrici posso concordare.
Uno dei produttori è Simon Mizrahi, che era tra i redattori di Midi-Minuit fantastique, la rivista francese che avwva esaltato tutto il cinema di Freda.