Il regista canadese Bob Clark era specializzato nell'horror (prima di passare a PORKY'S e compagnia), genere nel quale sapeva distinguersi imprimendo ai suoi lavori uno stile personale fortemente presente anche qui. BLACK CHRISTMAS, a ben vedere, è più un thriller che un horror (vista anche la parsimonia con cui Clark sparge sangue), e l'intreccio non è dei più originali (anche se, va ricordato, siamo ancora a metà Settanta): c'è un maniaco che uccide le ospiti di una sorta di pensionato per studentesse dopo averle ripetutamente minacciate per telefono. Ma il tocco particolare di Clark sta nel tratteggiare la personalità...Leggi tutto (solo attraverso la voce) del suddetto maniaco: non il serial killer lucido alla Dario Argento, ma un folle dalla doppia voce/personalità incontrollabile: insulta via telefono le sue vittime inondandole con un fiume di parole, versi e insulti, senza quasi mai lasciar tempo a risposte. Poi quando si riugia nella sua soffitta/cripta continua i suoi incredibili monologhi e si lascia andare ad urla selvagge e lanci di oggetti. Sempre ripreso in soggettiva, fin dale prime insolite immagini (nelle quali abbondano i grandangoli e le inquadrature sghembe) il maniaco sembra rivelarsi, ma BLACK CHRISTMAS non è un semplice "whodunit" e gioca nei confronti dello spettatore avvezzo ai gialli con un finale spiazzante e memorabile! Permane quindi oltre i titoli di coda l'angoscia che Clark aveva sapientemente immesso fino a quel momento. Buono il cast (c'è persino il prezzemolo John Saxon), frizzante la sceneggiatura, con una parte comunque meno interessante. Un film insolito, da riscoprire!
Bellissimo thriller diretto da Bob Clark, regista canadese di un certo talento che ha alternato lavori più o meno validi fornendo però il suo meglio nel genere giallo/horror. Visto oggi potrebbe sembrare uno dei tanti slasher movie di gran moda attualmente, ma collocandolo nella sua giusta ottica storica (siamo a metà anni '70) si rivela un precursore (anche se ci aveva già pensato Bava) dei tempi. Ottimamente interpretato da buoni attori tra i quali spicca Keir Dullea, cresce col passare dei minuti fino a giungere ad un finale da incorniciare.
Discreto slasher che anticipa in vari punti Halloween e molti slasher successivi.
La regia di Bob Clark è davvero buona: crea un ottimo clima natalizio che riesce a tenere alta l'attenzione e ci offre alcune ottime inquadrature. La sceneggiatura invece non è un granché: accade poco e tutto molto lentamente; inoltre il finale è eccessivamente ambiguo per un thriller, nonostante l'ultima inquadratura sia ottima. Divertenti ma assolutamente fuori luogo le parti comiche. Discreti gli attori, tra i quali spicca John Saxon. Buona colonna sonora.
Buon slasher visto oggi, nel 2007. Indubbiamente, se visto al cinema all'epoca, il giudizio sarebbe stato molto più positivo. Film irreperibile in Italia per anni, passato solo sulle tv private e per questi motivi di gran fama. Il film è ben diretto da Clark e, sebbene sia prevedibile in alcune cose (il finale, le telefonate) ha proprio nell ultima mezz'ora finale il suo punto di forza. Inoltre il finale è inquietante al punto giusto (compresi gli azzeccatissimi titoli di coda). Indubbiamente da vedere per l'importanza storica nel filone slasher.
MEMORABILE: Il terzo omicidio e l'incontro e fuga della Hussey con il killer.
Dal regista di Porky's sembrerebbe difficile attendersi (se ancora non lo si è visto) un thriller degno di questo nome. Invece Black Christmas, rifatto lo scorso anno (remake da noi in programmazione per il mese di agosto!) è un buon film d'atmosfera, che privilegia un impianto narrativo classico e rifiuta la semplice (e a volte comoda) esposizione di scene gore. La tensione viene sviluppata attorno al clima claustrofobico generato dalla presenza di un taratissimo killer all'interno di un istituto femminile la vigilia di natale. Buono.
Il vero progenitore di tutti gli slaher, anche di Halloween, il quale riprende parecchi elementi da questo film. È anche uno dei primi film in cui ci sono telefonate che preannunciano gli omicidi. In poche parole è un classico. Ambienti chiusi e definiti, ampio uso di soggettiva, un buon cast di ottimi caratteristi (Dullea proviene addiruttura da 2001) con la veterana Shelley Winters e un John Saxon già poliziotto. Ciliegina sulla torta un pizzico di comicità che non guasta. Quindi tensione e risate e quell'atmosfera particolare anni 70. Che chiedere di più?
Uno dei primi esempi, se non il primo in assoluto, di slasher-movie a cui si ispireranno in futuro tante altre pellicole, ben più fortunate di questa, che ne riprenderanno temi e situazioni. Il merito del film non è tanto in ciò che racconta quanto piuttosto nell’indiscussa bravura del regista, ben superiore alla media, nel creare in un clima moralista e bigotto che si rivela essere molto angosciante e a tratti morboso. Peccato che manchi un po’ di mordente. Una maggiore tensione non avrebbe guastato.
Misconosciuto gioiellino degli anni '70, di recente parzialmente riscoperto dal pubblico grazie all'indegno remake del 2007. Il film di Clark è caratterizzato da un'aura sinistra, favorita anche dalla silenziosa atmosfera natalizia e dal crescendo di tensione magistralmente orchestrato. Le scene che vedono in azione il folle killer sono viste dalla soggettiva dell'assassino e girate con lenti deformanti che rendono l'idea della sua mente deviata. Poco sangue, ma tanta tensione e una colonna sonora indimenticabile. Un piccolo cult dei '70s.
MEMORABILE: Il cadavere col sacchetto in testa che oscilla sulla sedia a dondolo nella soffitta, vero e proprio simbolo del film.
C'è chi lo definisce fondamentale per il genere slasher. C'è chi dice che da qui sia nato Halloween di Carpenter. Sinceramente mi sembra davvero troppo, infatti il film non è altro che un giallo che si perde in un finale disonesto e altamente improbabile creando una tensione su delle telefonate da "Paperino incontra Topolino". Forse l'unica novità per l'epoca è l'inquadratura in soggettiva dell'assassino che verrà ripresa anche nel lavoro carpenteriano. Dimenticatevi splatter o gore che sono a livelli zero se non inferiori. Più importante che bello.
Gran thriller, dalle tinte originali e di forte suggestione visiva, caratterizzato da un uso insitito e volutamente deformato delle riprese in soggettiva delle azioni dell'assassino, sempre ansimante ed allucinato. Il folle maniaco è presto individuabile eppure il film non ne perde in tensione ed angoscia, anzi. Bravi gli interpreti, ottima la regia di Clark. Da non perdere.
Si trattasse solo di scoprire chi è l'assassino, staremmo apposto: Clark ce lo telefona dopo appena 10 minuti. È questione invece di clima, personaggi e psicologie verosimili, ambientazione e atmosfera, rese con mano calibrata e sapiente, specie nelle sferzate puritane e repressive (l'unicorno, simbolo virginale). È questione di paura. La grandezza di Black Christmas non sta tanto in ciò che ha anticipato, ma nel riuscire a far convergere i pochi elementi narrativi in palpabile angoscia, con mezzi puramente filmici. Agghiacciante Keir Dullea. Da brivido il sound design.
Uno dei capostipiti dello slasher made in USA, contenente tutti i clichè del genere (ma che allora tali non erano) e capace di regalare tuttora delle buone e valide sequenze di tensione. Forse oggi appare un po' datato, specie nella scarsa componente splatter, ma è tutt'altro che un difetto, dato che comunque presenta idee davvero ben congegnate e un'atmosfera sinistra con pochissimi cali di tensione. Un piccolo cult.
MEMORABILE: Il finale, esempio di nichilismo non fine a se stesso.
Poteva essere Pasqua o Ferragosto, il terrore sarebbe comunque corso sul filo e l'assassino si sarebbe asserragliato nella vecchia ammuffita soffitta. Modicamente noioso, tranne nell'ultima mezz'ora, quando il ritmo prende vita e la macchina da presa descrive bene le dinamiche della paura. Finale davvero enigmatico e "aperto".
Non male questo thriller, dove i vari personaggi sono disegnati con una certa cura, in particolar modo l'anziana, alcolizzata e dai modi non certo regali, soprattutto quando non c'è nessuno nei paraggi, la giovane super sboccata e senza peli sulla lingua e la ragazza incinta, che sarà poi parte integrante della vicenda. Il ritmo è un po' troppo altalenante e gli omicidi non resteranno certo nella storia delle uccisioni più studiate, o originali, ma lo psicopatico, con le sue colorite e schizzate telefonate e i brevi monologhi, fa la sua figura, pur restando nell'ombra. Simpatico finale.
MEMORABILE: Anche qui, come in Alien, andare a cercare il gatto non porta a nulla di buono.
Meraviglioso slasher ante litteram, di gran lunga superiore al ben più noto e celebrato Halloween di Carpenter che non ho mai considerato un capolavoro. A farla da padrona sono le atmosfere: gli addobbi natalizi eccessivi e la fotografia tendente allo scuro rendono ogni ambiente saturo, soffocante e spaventoso insieme. Pur non offrendo alcuno spargimento di sangue (ma alcune scene horror sono notevolissime), la tensione è costante; i dialoghi e gli attori, come la zotica Kidder o la lunatica Waldman, frizzantissimi. Il finale è impagabile.
MEMORABILE: L'inizio, col folle che quatto quatto s'intrufola nel pensionato; l'omicidio di Barbara, simultaneo ad un dolce coro natalizio che copre le sue grida.
Azzeccata la descrizione del momento natalizio, con le luci e i colori che lo sottolineano ma non senza l'evocazione fotografica dell'oscurità, con i magici seventies che aleggiano distintamente in ogni fotogramma. E ciò che per noi suona subito thriller, per i personaggi della storia è innanzi tutto drammatico. Quando poi la loro percezione dei fatti va sfociando nel giallo, noi abbiamo già respirato qualcosa d'altro, che finirà per addensarsi nel raggelante, misterioso, geniale piano sequenza finale. Orrore è il misconosciuto che rimane.
MEMORABILE: Quel metodo movimentato per intercettare le chiamate in corso e risalire alla loro origine; Quella soffitta, ignorata come il buio della psiche.
Whodunit ambientato in un collegio femminile preso di mira da un maniaco durante la vigilia di Natale. Alle telefonate oscene fa presto seguito la sequenza di morte ammazzate. La tensione non nasce dal mistero sull'identità dell'assassino, quanto dalla claustrofobia degli ambienti e dalle sequenze degli omicidi visti dalla prospettiva del killer. Conosciuto come il primo autentico slasher, ha il merito di aver introdotto una serie di topoi che verranno ripresi all'infinito. Finale azzardato ma non deludente. Cast discreto con un bravo Dullea.
Film completamente immerso nel liquido amniotico degli anni '70, sia dal punto di vista cinematografico (colori saturi, una tranquilla lentezza che non teme di far attendere lo spettatore), che culturale (l'emancipazione femminile a cui fa da contraltare un universo maschile che reagisce col bigottismo o la morbosa patologia). Lontanissimo dalla frenesia degli horror contemporanei e soporifero in troppe parti di raccordo, è tuttavia permeato da un costante umor nero che lo qualifica e sostanzia. Nel cast spiccano Dullea e la sboccata alcoolista Waldman.
MEMORABILE: I duetti tra Mr Harrison e Mrs Mac; Il primo omicidio: quello della "ragazza per bene".
Ci voleva il talentaccio di Clark per sposare così impunemente il thriller più truce alla non esattamente sottile ironia di certi interventi del maniaco, dello sbirro tonto o di Marian Waldman (talvolta si sfiora la parodia). Eppure il mix funziona e le "voci multiple" via telefono sono indimenticabili (anche nel doppiaggio italiano). Un oggetto unico nel panorama di genere; anche per il noto "finale-burla", ovviamente. Il vento onnipresente come sfondo (negli interni!), i silenzi, le lunghe carrellate e le soggettive... Stilisticamente rimarchevole, pur se un po' goffo in certe fasi.
MEMORABILE: Le esplosioni di follia in soffitta (in soggettiva); Il prolungato epilogo (dall'inquadratura sul letto alla conclusione).
Uno dei migliori slasher che abbia mai visto, per tanti motivi: una sceneggiatura non banale, un risvolto inaspettato e l'inaspettata identità dell'assassino. Inquietanti le voci che si odono al telefono. Il telefono poi svolge un ruolo principale nel film, stordendo l'udito con quello squillo continuo e assordante. Macabre le uccisioni, soprattutto la prima, in cui il cadavere permane con quell'espressione paurosa, imbustata alquanto agghiacciante.
MEMORABILE: "Lo sapevate che le tartarguhe possono scopare per tre giorni di fila ininterrotamente?"
Una piacevole sorpresa lontana anni luce dal dozzinale remake. Tensione a mille, omicidi, telefonate anonime, carrellate e una regia ferma. In taluni momenti si respira la stessa atmosfera di Phenomena, di molti anni a questo successivo. Non si capisce come il film non abbia avuto lo stesso successo di Halloween. Una pietra grezza che ogni gioiellere dovrebbe avere di scorta nel proprio negozio. Non lasciatevi ingannare dagli auguri. Buon Natale!
Durante la notte di Natale le ospiti di un pensionato studentesco vengono minacciate con deliranti telefonate da un maniaco che comincia a ucciderle. La trama non sembra così originale ma Bob Clark crea con Black Christmas nel '74 il precuorsore di molti slasher, da Helloween a Scream, muovendosi abilmente in uno spazio ristretto, tra le casa e la soffitta. Buono il cast con la giovane Olivia Hussey, la Giulietta di Zeffirelli, John Saxon e l'ambiguo Keir Dullea di 2001.
MEMORABILE: Le telefonate con varie voci; L'omicido con il coro natalizio dei bambini; Il finale.
Teso, claustrofobico e diretto con grande maestria. Le lunghe sequenze in soggettiva del maniaco assassino che poi si diverte a sdoppiare la voce al telefono sarebbero da studiare nelle scuole di cinema. Proto-slasher (ma prima c'era già stato Reazione a catena di Bava) ottimamente ambientato in un clima natalizio che fa da ottimo contrasto con i deliri schizofrenici del killer, tiene lo spettatore inchiodato alla sedia dall'inizio e non lo molla neanche sui titoli di coda dello sbeffeggiante finale. Da riscoprire.
MEMORABILE: Il cadavere con il sacchetto in testa che ondeggia sulla sedia a dondolo; Le telefonate; Il finale.
Durante le feste, un individuo misterioso semina panico e cadaveri in una grande villa che ospita un gruppo di studentesse più o meno sgallettate. La casa, da tradizionale rifugio nei confronti di un pericolo esterno, si trasforma in trappola in quanto il pericolo si trova già dentro le sue mura: noi spettatori lo sappiamo dall'inizio, ma non lo sanno i personaggi, ed è da questa differente percezione che nasce la suspence ed il coinvolgimento. Film tutt'altro che privo di forzature ed incongruenze, a tratti anche rozzo, ma comunque efficace: un piccolo classico natalizio
Uno dei migliori thriller americani anni '70, ispiratore di pellicole magari più celebrate ma a mio avviso inferiori (su tutte Halloween). Clark si tiene a distanza dallo splatter, ma gioca stupendamente con l'atmosfera e la tensione, regala qualche sprazzo di autentico divertimento e sfodera un finale inatteso e spiazzante, che potrebbe non piacere ai puristi del giallo. Almeno quattro prove attoriali da ricordare: Dullea ambiguo e nevrotico, la Kidder irriverente e sboccata, la Hussey acqua cheta e Saxon tenente di polizia. Imprescindibile.
MEMORABILE: Le telefonate; Le uccisioni; Le riflessioni della Kidder sulle tartarughe; Il finale.
Precursore del filone slasher è un film interessante e ben diretto da parte del canadese Bob Clark (ahimè futuro regista di Porky's). Oltre alla classica ambientazione circoscritta a sfondo adolescenziale, il film introduce l'uso della soggettiva dal punto di vista dell'assassino e il finale aperto. Interessanti i personaggi della sorvegliante del convitto e della Kidder, che oggi definiremmo politicamente scorretti. Il finale particolare può essere a piacimento un pregio o un difetto. Le molestie telefoniche anticipano Scream.
MEMORABILE: L'intercettazione telefonica da parte della polizia; La Hussey sola con il maniaco nel convitto; Le telefonate, davvero inquietanti e "malate".
Ottimo per l'atmosfera sinistra e minacciosa, sostenuta dal sottofondo un po' malato in cui si svolge la storia (vedi coloro che abusano d'alcool in modo palese o meno). Nella festa per antonomasia l'assassino si insinua nella magione dei celebranti e comincia il terrore. Poi però il film diventa relativamente pesante (non ha aiutato la visione in lingua inglese) e l'inazione porta anche un modesto tedio. Tecnicamente buono, con qualche momento originale e un finale comunque sorprendente che fa ottenere al film un buon giudizio complessivo.
MEMORABILE: Gli inquietanti "versi" al telefono, quasi soprannaturali.
Non resta traccia alcuna del gioioso e ridente clima natalizio, annichilito da un pazzo maniaco capace di seminare panico e terrore. In alcuni frangenti il film riesce a raggiungere dei picchi veramente elevati, dove apprensione e suspense salgono a livelli notevoli; merito del regista, in grado di esaltare l’assenza di fisicità dell’assassino. Sotto alcuni punti di vista è stato seminale e non desta meraviglia che negli anni sia assurto a classico. Chi non lo ha ancora visto deve correre ai ripari!
MEMORABILE: Il cadavere sulla sedia a dondolo; La scoperta che le telefonate...
Il maniaco in questo caso è veramente pazzoide, per via soprattutto delle sue telefonate. L'idea non è certo originale: c'erano stati altri esempi simili (vedi l'episodio dei Tre volti della paura "Il telefono"), ma il finale può essere considerato geniale, per quanto lasci comunque interdetti. I delitti non sono molto sanguinosi ma con l'andare avanti del film acquistano il loro fascino. Atmosfera natalizia riuscita grazie anche al fatto che siamo dalle parti del gelido e innevato Canada. Ottimi attori.
Antesignano degli slasher movies diretto dal bravo Bob Clark, che in seguito si darà alle commedie porcellone per teenager. La pellicola rende bene il contrasto tra la candida atmosfera natalizia e i toni agghiaccianti dell'horror (realmente agghiaccianti, in questo caso). La voce al telefono del maniaco, gli omicidi spaventosi e il finale ambiguo e negativo non si dimenticano. Buono il cast con la bella Hussey, il kubrickiano Keir Dullea e il grande John Saxon.
MEMORABILE: L'omicidio della Kidder in montaggio alternato con il coro di natale dei bambini.
Uno dei migliori horror settantiani. Per la linearità della trama, la mancanza di effettacci, la pervicacia nell'evitare ogni forma di didascalismo (non c'è l'evidente - e invadente - introspezione psicanalitica) e di accomodamento di genere (la sospensione del finale). Prima parte più ordinaria, ma l'ultima mezz'ora sale ad alti livelli sino a generare un'inquietudine diffusa e disturbante (notevoli le telefonate cacofoniche e deliranti dell'assassino) e a configurare un'autentica plasticità del male.
Davvero notevole: un film che tiene sul filo del rasoio per tutta la sua durata. Ovviamente va analizzato nel contesto anni 70. Precursore di tante copie, più o meno brutte, di genere. Tanti i particolari non banali, uno su tutti il fatto che le indagini diano per scontato particolari che sembrerebbero ovvi ma che ovvi non sono affatto (dal luogo, al sospettato, fino alla conclusione). Curiosa anche la trovata di cambiare il tono di voce dell'omicida di telefonata in telefonata. Uno slasher con un suo bel perché.
La scena iniziale, con la soggettiva dell'assassino (di cui sentiamo solo l'affannoso respiro), la stadycam che barcollante si introduce all'interno dell'istituto e i primi squilli telefonici, è tra le più inquietanti e morbose di tutto il cinema horror settantiano. Bob Clark si immerge all'interno di un microcosmo femminile fatto di (re)pressioni sessuali, con chiaroscuri d'una borghesia perbenista e fatiscente, mantenedo sempre un'atmosfera incubotica e ossessiva ancora oggi ineguagliabile.
Inquietante horror che ha il merito di rendere una bella ambientazione natalizia (con un'ottima fotografia) per poi progressivamente renderla inquietante e macabra. Ha fatto inoltre da apripista a tutti gli slasher successivi, con le soggettive dell'assassino (invero già usate da Bava e Argento) riprese decine di volte. Bene il cast corale, con la brava Hussey, Dullea schizzato e Saxon commissario. Agghiaccianti, anche se spesso incomprensibili, le telefonate del killer.
Come realizzare un buon film senza ricorrere a scene violente. Il film si lascia apprezzare fino al termine, il cast è valido e la tensione non manca: tra gli horror/thriller americani è sicuramente uno dei migliori. Il cinema di allora aveva delle valide idee e i risultati si vedevano; il cinema di oggi, ormai smorto e con poche idee, ne ha "creato" uno squallido remake e i risultati, ahinoi, si vedono.
Il film è girato con bravura, i dettagli sono curati e introduce alcuni temi cari alla futura produzione slasher, ma denota anche eccessiva lentezza in alcune parti di raccordo. Buoni i caratteristi utilizzati (c'è anche Saxon ad alzare il livello). Gustose alcune sequenze (la vittima sulla sedia, il meccanismo delle intercettazioni) mentre Clark si allena con le battute alla Porky's (il prefisso telefonico Fellatio).
Opera riuscitissima questa di Clark che, mediante l'utilizzo della figura di un serial killer ossessionato dal sesso e dalle figure femminili, riesce a proporre un horror degno di nota che rimarrà un riferimento per i futuri lavori di questo genere. Gli attori sono molti in parte, in particolare la Hussey e Duella; la regia è davvero notevole, così come la sceneggiatura che regala un colpo di scena interessantissimo. Tensione e apprensione sono rilevanti e ogni volta che l'assassino entra in azione c'è da rabbrividire.
Il panorama natalizio di un gruppo di ragazze viene turbato dalle oscene telefonate di un maniaco; di lì a poco anche la morte giocherà la sua partita. Ottimo lavoro di Clark che riesce a innestare l'incubo in un contesto festivo con un ottimo equilibrio, crenado una tensione molto ben calibrata. Il cast presenta nomi conosciuti (Dullea, Saxon, ben conosciuto nei poliziotteschi nostrani) e altri di belle speranze (la Hussey, chiamata tre anni dopo da Zeffirelli per il ruolo di Maria nel Gesù di Nazareth), tutti molto funzionali.
Natale rosso sangue per le ragazze; ovvero mattanza di studentesse. Il thriller orrorifico apre le danze dello slasher; la morbosità si fa sostanza ottic, la macchina da presa si muove febbrile e sottile plasmando turbamento e inquietudine. Il memorabile incipit è emblematico: l'insidia ha trovato dimora; al telefono si autoesalta con minacce e oscenità: l'atmosfera natalizia è sfregiata, si annuncia la tensione psichica, con incursioni che sortiscono un effetto naturalistico. Il finale sorprende: con ambiguità e sospensione visuale.
Sotto Natale, uno studentato di ragazze piuttosto sveglie è preso di mira da un killer misterioso che si rivela solo al telefono. Un horror che sfrutta con maestria le geometrie e la disposizione degli interni della villa alternando riprese ambientali e corali con le soggettive traballanti dell'inquietante ospite. Pur essendo quasi privo di violenza, regge per il senso di aspettativa e per la descrizione del clima irriverente e libertario dell'epoca, che rende plausibile una sceneggiatura non priva di incongruenze ma di seria professionalità.
MEMORABILE: Le "vocine" al telefono; La mansarda; La ricerca dell'intercettazione.
Un maniaco, durante le notte di Natale, semina terrore e morte all'interno di uno studentato. L'aspetto forse più singolare del film di Bob Clark, almeno fino ad allora, è che il male - inconsapevolmente dei protagonisti - è come una malattia che ti logora da dentro. Il film pecca nei molti momenti di stasi, in cui di fatto non succede niente; contare poi così poche scene di morte... Si rischia di arrancare non poco. C'è l'idea, ma mancano di netto la paura (un anno dopo L'esorcista questo film pare una favoletta) e la tensione.
Bob Clark firma una delle pietre miliari nella formazione dello slasher e uno degli horror più sottili e inquietanti degli anni '70. Non tutto è perfetto: il ritmo è lento, la mancanza di risposte a domande pressanti è talvolta avvilente, ma le soggettive del killer, le sue vocine distorte e i dettagli sul suo occhio folle sono capolavori di paura ancora oggi ineguagliati. Ottimo anche il sottotesto di rivalsa femminile nei confronti dei valori tradizionali opprimenti, tra famiglia, religione e bigottismo ipocrita borghese. Da non perdere.
MEMORABILE: Il killer penetra nel dormitorio ansimando; L'omicidio con l'unicorno di cristallo in contrappunto col coro di bambini; La telefonata rintracciata.
Slasher che non punta tanto sul sangue (malgrado alcuni omicidi originali e feroci), quanto sulla tensione per ciò che non si vede o che non è mostrato, che corre letteralmente sul filo oltre i titoli di coda. Clark dissacra l’atmosfera natalizia anche con un umorismo a tratti goliardico, contrapposto alla rigidità e al bigottume di buona parte dei personaggi maschili. Le sboccate Kidder e Waldman, assieme al disturbato Dullea e al solido Saxon, formano un poker che spicca in un cast ben scelto.
MEMORABILE: Il “vizietto” di Mrs. Mac; Il prefisso “fellatio”; Il cadavere sul dondolo; I colpi d’unicorno alternati al coro di Natale; I titoli di coda.
Ragazze in un collegio durante il Natale ricevono telefonate da un maniaco. Thriller piuttosto pesante, considerato seminale per il genere slasher; e gli elementi già ci sono: la mattanza delle adolescenti e il sottile collegamento peccato-punizione. Lavoro grezzo che risente pesantemente del peso del tempo e che ha i suoi difetti: una sceneggiatura con punti di stanca, incoerenze e forzature (su tutte il finale aperto). L'atmosfera c'è, la tensione anche, ma ce n'era già di più nei Tre volti della paura (episodio 1 e 3) di Bava undici anni prima.
Uno dei thriller più spietati, ove il male si concatena al mistico dalla primissima scena e non si scioglie neppure all'extra-time; poiché è un male dipana molte delle sue componenti degenerative e non dà mai nessun accenno non solo di ravvedimento, ma neppure di inversione della tendenza. Il volto indifeso della Hussey è un tranello, in quanto pure lei finirà nel marasma e non solo come vittima predestinata. Di fantastico ci sono le inquadrature delle vittime e dell'occhio dell'assassino, che anche se son quasi istantanee restano impresse.
MEMORABILE: La disgustosa personalità della direttrice; Le telefonate; La sedia a dondolo; Il saggio di piano davanti alla commissione.
Film che anticipa, più che gli slasher, gli horror con omicidi seriali in un un'unica location, particolarmente inquietante perché l'artefice non è un essere sovrannaturale: la paura atavica della violazione domiciliare contagia lo spettatore, trasmettendogli subito ansia. Buono il cast, ambigui i personaggi, fantasiosi i delitti (quello di Claire ha ispirato Dario Argento in Non ho sonno). Di contro, la sceneggiatura presenta varie lacune e il finale risulta ambiguo (non si capisce se il regista intenda essere ironico oppure cada nel ridicolo involontario).
MEMORABILE: Gli agenti idioti lasciano Jess al convitto dopo quello che è appena accaduto, senza neanche perlustrare attentamente il luogo!
Difficilmente sarebbe il cult oggi generalmente riconosciuto se non fosse per quel beffardo finale, una lama orrorifica che sembra già intuirsi negli istanti immediatamente precedenti, ma che viene incosciamente esclusa per il suo mandare all'aria qualsiasi logica narrativa. E invece... Invece Clark sceglie di chiudere irrazionalmente (o forse uberrazionalmente) una vicenda di coprolalica psicosi slasher dalle vampate dark humour, certo buona nel suo genere, ma non esattamente trascinante, se si escludono alcune specifiche caratterizzazioni (la voce del maniaco). Azzardo stravinto.
Nulla da eccepire sotto il profilo tecnico-formale in questo thriller/horror diretto da Clark. Lo sfondo tematico della moralità - di quella persa, di quella supposta, di quella illibata - viene declinato sotto i vari profili delle protagoniste che si ritrovano a dover condividere il posto nella sorority house con una presenza estranea. La violenza non è mai del tutto esplicita e l'eccesso è tutto psicologico, sebbene forse un minimo di gore si sarebbe lasciato apprezzare. Ottimo il finale.
MEMORABILE: La prima chiamata del pervertito; Le soggettive del killer; Il numero che inizia con "fellatio"; Il finalissimo.
All'interno di un pensionato femminile per giovani universitarie, uno spietato serial killer commette efferati omicidi. Mentre la polizia brancola nel buio, le ragazze cadono una alla volta sotto la scure del criminale. Horror anni Settanta che può essere considerato a tutti gli effetti come il capostipite del genere slasher che imperverserà negli anni a seguire. L'alone di mistero aleggia su tutta la pellicola così come il senso di inquietudine viene alimentato dalle terrificanti telefonate fatte alle ragazze. Peccato per qualche "buco" di troppo nella sceneggiatura.
Ferocissimo e oscuro thriller canadese (ma influenzato dal giallo all'italiana), tra i capostipiti del futuro slasher e che tuttavia si distingue dai futuri epigoni grazie alla scelta di non mostrare più di tanto il sangue e la violenza (regalando invece minuti di purissima tensione); inoltre, il cast eccellente e una sceneggiatura in cui i personaggi sono estremamente ben caratterizzati a livello psicologico rendono questo capostipite (perlomeno nel mondo del cinema "anglofono") immensamente migliore della maggior parte di slasher più celebrati ma meno validi.
Va detto che l'importanza storica del film è indubbiamente superiore al valore dell'opera in sé, perché si tratta di uno dei primi slasher e soprattutto per l'ambientazione natalizia (il Male che si manifesta in quello che è generalmente un periodo di serenità: rivoluzionario), che scatenerà una lunga serie di epigoni. Per questi motivi si passa sopra a qualche ingenuità - fra queste il finale, che però è geniale - e a qualche divagazione poco funzionale alla storia. Imperfetto, ma l'inquietudine la mette eccome.
La videocamera attraversa stanze e oggetti, si infiltra nei terrori sessuofobici come un animale ibrido e allucinato, crea smarrimento e senso di oppressione, è inarrestabile, senza freni, senza luci o vie di uscita. Film immenso, puntuale summa degli antitetici principi educativi dell’epoca, ma fruibile anche - e soprattutto - come oscuro horror. Spettrale il pianoforte di Carl Zittrer; totemico il cast. Un capolavoro.
Cult assoluto. Clark sa perfettamente bilanciare il terrore con momenti di umorismo nero. Le performance del cast e la regia attenta contribuiscono a creare una miscela esplosiva di tensione al cardiopalma. La serenità del Natale è dilaniata da una tenebrosa incursione nel lato oscuro dell'animo umano. Il detto che "a Natale si è tutti più buoni" diventa solo lo spauracchio di arditi presagi funesti celati nel buio della notte natalizia. Il ritmo lento è la ciliegina sulla torta, ideale per creare la giusta tensione.
Opera molto seminale di Clark che va ad anticipare l'Halloween di Carpenter e gli horror stile "ragazze urlanti". Buona regia, ritmo misurato (a tratti anche un pelo troppo misurato in realtà), script discreto che però avrebbe potuto osare di più. Non manca qualche dialogo divertente e un paio di trivialità anticipatori del futuro del regista. Buono il cast, in cui brillano Dullea e Saxon.
MEMORABILE: L'uso ossessivo della soggettiva; La mansarda.
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Non sapevo che oltre ai due remake (2206 e 2019) ne fosse stato fatto anche un sequel (2016) intitolato
"Black Christmas: The Night Billy Came Home" diretto da John Sackett.
Mi piacerebbe reperirlo (anche se immagino che non sarà 'sto granché...)
Caesars ebbe a dire: Non sapevo che oltre ai due remake (2206 e 2019) ne fosse stato fatto anche un sequel (2016) intitolato
"Black Christmas: The Night Billy Came Home" diretto da John Sackett.
Mi piacerebbe reperirlo (anche se immagino che non sarà 'sto granché...) Se è "bello" come i due remake forse possiamo evitare :-D Se proprio devo comunque mi sacrifico :°D
DiscussioneRaremirko • 31/03/20 22:20 Call center Davinotti - 3863 interventi
Caesars ebbe a dire: Non sapevo che oltre ai due remake (2206 e 2019) ne fosse stato fatto anche un sequel (2016) intitolato
"Black Christmas: The Night Billy Came Home" diretto da John Sackett.
Mi piacerebbe reperirlo (anche se immagino che non sarà 'sto granché...)
Tutti segni di come il film, a ragione, abbia una sua nomea di cult.
Certo Rare, il film di Clark è un vero cult (almeno all'estero). Davvero molto molto bello. Peccato che sia stata l'ultima incursione del regista nel genere (con la parziale eccezione di "Assassinio su commissione").
Invece ieri sera mi sono visto il remake del 2006 e l'ho trovato davvero orribile (e sì che avevo aspettative bassissime...).
Finalmente un'ottima edizione a 2 dvd di questo gioiellino canadese. La Film Boutique concentra nel primo disco il film (coadiuvato da 4 "inutili" commenti audio giacché privi di sottotitoli italiani!!!!), e nel secondo una valanga di extra: interviste, documentari (sottotitolati!!!) trailer, titoli alternativi, scene con audio alternativo.
Dopo le scarse edizioni Gargoyle/Jubal era lecito aspettarsi una degna confezione e così è stato giacché ci troviamo di fronte ad un prodotto di qualità: master pulito in 1.77:1 (che rispetto alle vecchie edizioni recupera porzioni di immagine lungo il fotogramma superiore), definizione soddisfacente, grana onnipresente ma finissima che non guasta affatto la visione. Audio italiano abbastanza chiaro, sottotitoli italiani disponibili solo per i dialoghi.
Note negative: i 4 commenti audio privi di sottotitoli italiani (a questo punto inutili per chi non capisce/conosce l'inglese) e poi la stampa su disco: poteva essere meglio curata, magari con l'inserimento del logo del titolo del film oppure della locandina, al posto di uno sfondo totalmente bianco con un' anonima iscrizione (recante titolo del film e nome della label). Innegabilmente avrei preferito un' edizione in Blu-ray ma...
DiscussioneAlex75 • 19/08/24 13:56 Call center Davinotti - 710 interventi
Proprio poco fa ho letto la pagina davinottiana del remake del 2019. A giudicare dai commenti, sembra talmente brutto e ridicolo che viene quasi voglia di guardarlo. Avendo tempo da perdere o passione per il trash.