Nonostante il gran dispendio di comparse, di costumi e di maestosa scenografia il film non decolla. Blanda la sceneggiatura e inesistente l'impatto emotivo. Vincent Price, sempre apprezzabile, fa la differenza; è un input che contrasta la lagnosa storia della regina d'Egitto, Nefertiti, e del suo faraone Amenophis IV. Gradevole ma non adatta al ruolo assegnatole Clelia Matania.
Peplum di ambientazione egiziana nel quale la regina è indecisa tra amore e ragione di stato. Ne deriva un drammone sentimentale appesantito inutilmente da una sceneggiatura eccessivamente "verbosa" e complicanze stucchevoli. Discrete la resa ambientale e le scene di massa. Cast nella media delle produzioni del genere, italico con qualche "innesto" internazionale.
Nel vivo della stagione peplum non si può prescindere da storie d'amore contrastato, intrighi di corte e scene di lotta, ma Cerchio personalizza il rigido schema proponendo un finale non troppo convenzionale e affidando alle donne un ruolo determinante, soprattutto per quanto concerne la "dea ex machina" Liana Orfei, esperta con l'arco e innamorata non corrisposta. Price si guadagna la scena con il suo implacabile sacerdote e Nazzari con quello di faraone generoso e instabile; Purdom sotto tono, sufficiente la Crain. In linea con le tendenze del periodo la fotografia di Dallamano.
MEMORABILE: Le frecce e le sofferenze amorose di Liana Orfei.
Unico, vero motivo di interesse di questo film è il sempre bravo Price, che dà al sacerdote quella vena maligna, anche solo con la presenza. Il resto è piuttosto banale, con il protagonista, cornuto (nel vero senso della parola; e da chi gli è più amco, seppur inconsapevolmente) e mazziato da un parente stretto della sua amata. In tutto questo marasma di pseudoeroi e faraoni di pastafrolla, che si sbriciolano davanti alle responsabilità, l'unica a fare una figura decente è proprio la bella di turno, che si dimostrerà più equilibrata di tutti. Vedibile, quanto però anche perdibile.
MEMORABILE: Viene dato appuntamento al protagonista in un luogo dove, "casualmente", si trova un leone; Price paterno quanto un papà squalo.
La storia di una sacerdotessa in erba che diventa regina d'Egitto, spinta dalle mire ambiziose ed espansioniste del padre sacerdote. Meno sfarzoso di Sinuhe l'Egiziano perché dotato di meno mezzi, il peplum comunque si controbilancia puntando su una storia d'amore contrastata e quindi romantica. Purdom si conferma grande stella del firmamento, con molti più primi piani espressivi. Anche in questa storia assisteremo alle tragiche conseguenze nel passaggio dal politeismo al monoteismo.
Sorvolando sul titolo, se c'era una cosa che si poteva riproporre con sicurezza erano proprio le sfingi; ma Cerchio, che azzecca gli interpreti, sceglie uno scenografo che gli propone, per il simbolo iconico per eccellenza dell'Egitto, dei gattoni, con testone e zampette. Il risultato è che l'intera pellicola ne risulta inficiata. I costumi sono passabili (meno il reparto parrucco), la storia si fa seguire, pur nella sua semplicità; non si dà nessun risalto all'operato di Akhenaton, il vero rivoluzionario del regno di Amenofi IV. Un peplum in odore di cult, ma solo in odore...
Si rifà un po' a Sinuhe l'egiziano, in cui un faraone cerca di instaurare una religione monoteista. La trama scade troppo nel sentimentale, quindi la parte più interessante èquella che vede in azione il sacerdote malvagio interpretato da Vincent Price: i suoi occhi malvagi risaltano sotto il trucco da antico egizio. Anche Amedeo Nazzari non è male nel dar vita a un faraone con buone intenzioni ma tormentato dalla malattia mentale. Azzeccato Edmund Purdom, eroe e scultore. Scenografie naturalmente non ai livelli dei kolossal d'oltreoceano tuttavia funzionali.
Un film in costume più che dignitoso e soprattutto diverso dagli altri dello stesso periodo: manca infatti l'eroe muscoloso culturista; in compenso ci sono amori impossibili, congiure di palazzo e cattivi veramente da urlo (su tutti, ovviamente, il grande Vincent Price). Forse il monoteismo non è stato introdotto dai caldei, ma tant'è... Si compone nuovamente la coppia Nazzari - Alberto Farnese, come nei film di dieci anni prima diretti da Matarazzo.
Peplum "egiziano" di Cerchio ambientato tanto per cambiare ai tempi di Amenophis durante la parentesi monoteistica nel regno dei faraoni. La confezione è di serie A, con un notevole impiego di mezzi che emerge nelle imponenti scenografie e le scene di massa. Lo script presenta uno stile forse troppo aulico, appesantito dalla deriva sentimentale che dilata i ritmi mentre il cast, nonostante i preziosi innesti hollywoodiani (Price, Crain), è dominato da un Nazzari insolitamente glabro, capace di dare rara intensità al suo personaggio. Un buon prodotto di genere, certamente guardabile.
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Per dare un'idea di quanto sia iconica la figura della sfinge ancora oggi per gli egiziani, basti pensare all' Ambasciata dell'Egitto, di Roma, con il suo corridoio di sfingi bianche e qui che si fa? Sfingi con zampette e testone?? Ma come è possibile?! Legnani, tu che sei attento alla grammatica, cosa pensi del titolo? Ti convince? Grazie per la risposta.
Per dare un'idea di quanto sia iconica la figura della sfinge ancora oggi per gli egiziani, basti pensare all' Ambasciata dell'Egitto, di Roma, con il suo corridoio di sfingi bianche e qui che si fa? Sfingi con zampette e testone?? Ma come è possibile?! Legnani, tu che sei attento alla grammatica, cosa pensi del titolo? Ti convince? Grazie per la risposta.
Leggo solo ora, perché non ho avuto modo di frequentare il sito da sabato in poi. A domani.
Legnani, tu che sei attento alla grammatica, cosa pensi del titolo? Ti convince? Grazie per la risposta.
Grammaticalmente (ortograficamente) il titolo è corretto. E' come scrivere "Torquato Tasso, poeta". Si tratta di apposizione Apposizione - Wikipedia Il nome storico della regina, in realtà, era Nefertiti. ma credo che lo abbiano modificato apposto, come per giustificare licenze varie nella narrazione. Càpita la stessa cosa ne LA BATTAGLIA DI MARATONA, film in cui Fidippide diventa Filippide, quasi a giustificare il fatto che, a corsa finita, non solo non muore, ma pure si impalma la bellissima Demongeot.
Non capisco quest'ultima finalità. Quindi se facessero un film su Napoleone e lo intitolassero Apoleone, per te sarebbe normale? Un italianizzazione del titolo su un nome? Io ci vedo sciatteria...Spurio quando fece il corto Tatoo, alla mia domanda su come mai avesse scritto Tatoo, con una sola T, mi disse che non sapeva che in inglese tatuaggio si traduceva Tattoo. Ora, metti pure che Cerchio sapesse del titolo, ma come si fa, dico io...
Non capisco quest'ultima finalità. Quindi se facessero un film su Napoleone e lo intitolassero Apoleone, per te sarebbe normale? Un italianizzazione del titolo su un nome? Io ci vedo sciatteria...Spurio quando fece il corto Tatoo, alla mia domanda su come mai avesse scritto Tatoo, con una sola T, mi disse che non sapeva che in inglese tatuaggio si traduceva Tattoo. Ora, metti pure che Cerchio sapesse del titolo, ma come si fa, dico io...
Capisco il tuo ragionamento. Concordo sul fatto che modificare in maniera leggera, ma chiara, un nome storico non abbia molto senso. Il paragone con Napoleone, però, è un po' eccessivo. Questi meccanismi (come nel caso di Fidippide/Filippide) vengono usati per personaggi dell'antichità, non dei tempi più recenti.
Dichiara Edmond Purdom che dovevano girare la scena di morte di Vincent Price, nella quale diceva a Nefertite "Io sono tuo padre".
"Al primo ciak non avevamo notato che Vincent si era messo la parrucca più avanti sulla fronte. La macchina si accese e lui disse (con voce effemminata): "Figlia, io non sono tuo padre. Io sono tua madre". Tutti noi scoppiammo a ridere, incluso il regista, che disse: "Stampiàmola, devo averla".