Dell’esordio, acclamatissimo, di Mario Bava dietro la macchina da presa (dopo essere stato per anni direttore della fotografia e dei trucchi), si è scritto moltissimo, al di là di un successo di pubblico di mediocri proporzioni. Si è detto che ha consolidato la fama del gotico all’italiana, che ha saputo creare un universo fantastico autonomo e lontano dai modelli anglosassoni e americani, che diffondeva un senso di orrore psicologico all'epoca sconosciuto e molto altro ancora. In realtà LA MASCHERA DEL DEMONIO, che pure ha dalla sua una fotografia (in bianco e nero) dalle luci straordinarie e scenografie di stupefacente ricchezza, è a tutt'oggi un film datato, terribilmente lento, dominato...Leggi tutto da dialoghi esageratamente enfatici e da una colonna sonora monocorde. I continui viaggi tra i corridoi del castello diroccato, gli estenuanti piani-sequenza, le porte che si spalancano all'improvviso, gli sguardi in primo piano della strega, sono componenti che il cinema fantastico italiano trasformerà presto in un segno di riconoscimento (anche se Corman, dall'altra parte dell'oceano, stava facendo una cosa simile nel coevo I VIVI E I MORTI), ma c'è ancora troppa ingenuità nella stesura della sceneggiatura, troppo autocompiacimento per gli espedienti cinematografici di facile presa (anche se è un merito il mostrare zampilli di sangue e trasformazioni a vista un lustro prima dell'invenzione del genere splatter). Il rumore del vento che soffia, spesso ricorrente, è la dimostrazione che Bava utilizza tutte le armi a disposizione del cinema horror classico per spaventare, concentrandosi in gran parte sull'atmosfera gotica.
Bava sarebbe stato ad Hollywood acclamato come un genio assoluto. Invece ha avuto la sfortuna di nascere in Italia e di essere presto dimenticato. Il suo miglior film, il suo testamento artistico, è senza dubbio quel meraviglioso esempio di gotico che va sotto il nome di La maschera del demonio. Atmosfere fumose, un incipit grandioso, una maschera con spuntoni, streghe torturate, carrellate e piani sequenza geniali, atmosfere torbide, sessualità perversa e sangue. Sangue che sgorga direttamente dalla pellicola, perché questo è grande cinema!
Esordio ufficiale di Bava. Qui si contiene; il film è di fattura ed eleganza classiche, anche se in talune sequenze si osa l'inosato (la simpatica applicazione della maschera all'inizio era per l'epoca una sequenza fortina...). Non tutto fila liscio (il pipistrellone XL che attacca Checchi fa schiantare dal ridere), ma come sempre le immagini di Bava rimangono impresse nella mente. Film culto per Tim Burton, e croce/delizia della Barbara Steele, da qui condannata al sempiterno ruolo di scream queen.
Ad eccezione del film siglato da Freda, I vampiri, di pochi anni precedente (1957), Bava sancisce ufficialmente l'avvio del genere horror in Italia e lancia l'icona della donna (e di Barbara Steele) nella sua duplice veste mostro/vittima, come motivo portante del filone gotico. Tratto da Il Vij di Gogol (seppur molto alla larga), rappresenta l'entrata in scena della casa di produzione Galatea, artefice dell'avvio del cinema horror italiano (oltre a Caltiki, produrrà anche La Ragazza che Sapeva Troppo e, soprattutto, I Tre Volti della Paura).
Piranesiano. Bava prende i sotterranei del grande incisore e vi ambienta le scene più suggestive. Dove molti avrebbero abusato di simmetrìe, Bava le usa con parsimoniosa oculatezza (per un ingresso, per un’attesa). Soggettive azzeccate. Talora si deve fare di necessità virtù, ma spesso si vede abilità tecnica straordinaria. Cast di grande interesse: ci sarebbe da dirne assai, ma mi limito a segnalare che Andrea Checchi, undici anni prima de Il Segno del Comando, è coinvolto in un’altra vicenda con cadenze secolari.
Ricordiamoci che siamo negli anni 60 e che Bava compie il suo esordio alla regia. È un esordio di grande personalità: il film contiene scene ad alto impatto emotivo, per l'epoca. Sicuramente bella la fotografia, atmosfera che prende, la Steele offre un'interpretazione di gran classe con gradazioni dal demoniaco al sensuale, a volte da fata incantata. Peccato per alcuni passaggi narrativi del secondo tempo che mi sembrano un po' banali, ma rimane comunque un'opera di spessore.
Questo film che mi ha colpito per le curatissime scenografie e fotografia, che creano l'atmosfera horror più di quanto non faccia la sceneggiatura. La vicenda della strega vampira moldava, infatti, non è un granché ma, mi ripeto, impressiona positivamente la cura della realizzazione (ad esempio gli interni del castello) che fa rimpiangere i tempi passati, in cui registi come Mario Bava regalavano perle di celluloide, mentre oggi vediamo pseudo-registi intellettualoidi che producono emerite boiate. Perfetta la scelta della Steele.
Fosco e imprescindibile. Bava codifica il gotico italiano, sia sul piano narrativo (una vicenda che unisce stregoneria, maledizioni e vampirismo) che su quello visivo (atmosfere tetre e claustrofobiche, simbologie religiose), lasciando la propria caratteristica impronta di geniale artigiano. Da non trascurare, poi, la rivoluzionaria enfasi posta sulla rappresentazione di sangue, morte e tortura (il crudo incipit) e sui particolari raccapriccianti. Grazie al doppio ruolo, la Steele mostra entrambi i volti e si lancia come regina dell'horror italiano.
MEMORABILE: Gli spuntoni della maschera, visti in soggettiva dalla Steele sul rogo. I vermi, le orbite vuote.
Una delle pietre miliari del cinema horror italico e non solo, tanto da ispirare in seguito tantissimi altri autori e film che avranno nei confronti di Bava, che pur essendo all'esordio dirige già con mano sicura e matura, un enorme debito di riconoscenza. La storia è abbastanza semplice e tuttavia risulta estremamente avvincente grazie alle belle atmosfere (merito dell'ottima fotografia), a una buona sceneggiatura e a un cast di attori in buona forma su cui spicca la splendida Steele (che diventerà icona del cinema horror nostrano).
Luci e fotografia in bianco e nera stupende. Atmosfera gotica, con castello, cripta, vento e ragnatele. Avvio forte e indimenticabile con l'uccisione della strega Steele trafitta dall'interno della maschera, in soggettiva. L'esordio di un genio assoluto del nostro cinema.
Opera prima di Bava e suo capolavoro assoluto. Il regista raggiunge picchi ineguagliati con un film che non è penalizzato, anzi è esaltato dal bianco e nero. Manifesto programmatico del gotico italiano, è summa di gran parte delle tematiche care a Bava, che sperimenta a livello tecnico con lunghi piani-sequenza, zoom e carrellate particolareggiate e mai banali. L'onirico e il fantastico raggiungono i massimi livelli; del racconto originale di Gogol' resta poco e niente. Grande la Steele, vamp e vampira al tempo stesso.
MEMORABILE: La resurrezione di Asa; i piani-sequenza descrittivi e fantastici.
Troppo datato e lento per invecchiare così bene, l'esordio di Bava tuttavia ha ancora un senso visto oggi: merito soprattutto delle tetre atmosfere gotiche, ben rese da un'azzeccata fotografia e da una traccia sonora ideale alla bisogna e di un talento registico che qui si esprime già compiutamente. La Steele è torbidamente fascinosa quanto basta e riesce a non essere troppo monocorde. Atto di nascita dell'horror tricolore e tanto basta.
Debutto di Mario Bava per un classico del gotico italiano. Nonostante alcuni raccordi narrativi deboli e un po' lenti, ancora oggi, La maschera del demonio sprigiona un grande fascino evocativo. I meriti della pellicola vanno ricercati in una bellissima fotografia in bianco e nero, grandi giochi di luce, numerose scene d'impatto visivo (gli occhi del cadavere della strega, la bara che esplode, etc...) e interpretazioni convincenti. La regia di Bava vive di ottimi momenti, con un perfetto utilizzo delle soggettive.
Sontuoso ed ammaliante paleogotico all'italiana, quantunque riservi lentezze, ingenuità ed approssimazioni. Bava al suo esordio ha già un controllo dell'apparato visivo esemplare, tanto da imporsi come modello irrinunciabile per l'inteta generazione a venire (e verrà poi superato da qualche epigono). La conduzione del racconto è invece ancora incerta: pedanti i dialoghi e rocamboleschi gli snodi narrativi. L'apparizione della Steele tra le nebbie con i cani al guinzaglio è allucinazione e feticismo puro. Eccellenti, e ancora raccapriccianti, gli effetti speciali a cura dello stesso Bava.
L'esordio di uno dei maestri dell'horror all'italiana è senza peccato... e di peccati cristiani si tratta, visto che si parla di anime vendute al demonio. Le atmosfere gotiche, estratte dal racconto "Il Vij" di Nikolaj Gogol, vengono esaltate attraverso una regia impeccabile fatta da bellissime inquadrature sghembe e musiche lugubri. Bello il trucco della strega defunta che davvero impressiona. Un bel classico da gustarsi sotto le coperte e magari con un bel temporale che imperversa.
Eccezionale esordio alla regia di Mario Bava, che dirige uno dei suoi classici. Sarà pur datata, ma questa notevole pellicola, degna risposta italica all'horror gotico inglese di Corman & co., riesce ancora a suscitare emozioni grazie a un'atmosfera oscura impagabile e ad alcune scene di grande impatto visivo. Il merito è anche della bellissima fotografia in B/N, dei giochi di luci e di straordinarie scenografie sepolcrali. Buono anche il cast, su tutti la Steele, immortale scream-queen di svariati horror a venire; audaci (per l'epoca) SPFX.
MEMORABILE: L'incipit; il ritrovamento della bara della strega e la resurrezione della stessa.
Che dire, il capolavoro per antonomasia. Probabilmente dirò cose banali, ma tutto è studiato alla perfezione: dai tempi filmici ai costumi, le ottime scenografie della cripta e il bosco... Barbara Steele in doppio ruolo raggiante è la vera regina del gotico. Cito la bellissima sequenza del sangue che cola nella cavità vuota del cadavere, ancora oggi una pietra miliare. Stupendo!
Uscito in Italia nell'Agosto di 50 anni fa (l'11 ricorreva il suo anniversario), il film fu accolto tiepidamente, quando l'anno dopo in Francia fu acclamato per i suoi aspetti innovatori espressionistici e psicoanalitici. La verità sta nel mezzo, perché le scenografie e le trovate tecniche prevalgono su tutto, rendendolo più visivo che altro. Il racconto procede a volte un po' goffamente e qualche scena fa anche ridere involontariamente, tanto che lo stesso Bava ebbe a dire che, visto molti anni dopo, assieme al figlio, questi si rotolarono dal ridere.
Un gotico nel senso più stretto del termine, capostipite dell'horror italiano fino a Suspiria e Inferno: il male raffigurato dalla donna. C'è nel film un'estetica nuova, malgrado faccia parte del genere horror più classico. Una fotografia che non ha niente da invidiare ai vecchi film espressionisti, anzi va oltre ed è più originale, è una fotografia "gotica". Ambientato in Moldavia, è un'alternativa alla più classica Transilvania con i costumi dei popolani più tipicamente russi.
MEMORABILE: Vieni, baciami, le mie arse labbra ti trasformeranno.
Qualche ingenuità e lentezza, personaggi piatti (tranne la Steele) ma c'è tanto altro da leccarsi i baffi (ancora di più pensando che fu girato in Italia nel 1960): splendida fotografia in b/n (curata dallo stesso Bava), belle scenografie, riusciti effetti speciali (sempre di Bava - il ringiovanimento/invecchiamento della Steele!), tante trovate (la goccia di sangue, l'esplosione della tomba ecc.) e una regia ricca di virtuosismi. In più una certa carica erotica ed una innovativa "fisicità" horror. Caposaldo del genere e tuttora godibilissimo.
MEMORABILE: La soggettiva di Asa mentre il carnefice le mette la maschera.
Datato ma non per questo non riuscito. Girato in bianco e nero ma con suggestive ambientazioni. Si tratta di un buon orrore gotico all'italiana come solo il maestro sapeva fare, un ottimo cast e una trama ben sviluppata. 30 anni dopo il figlio si azzarderà a farne un orripilante remake.
Le prime impostazioni dell'horror italiano le troviamo riassunte in questo esordio di Bava, in cui le atmosfere rimangono impresse (specie quelle dell'introduzione) in una fotografia glaciale che poteva avvalorare il b/n. Oggi si potrebbe guardare il film piu per rivedere un classico, visto che difficilmente può emozionare piu di tanto chi è ormai abituato a tutt'altri schemi. Io l'ho trovato a tratti troppo lento, sebbene non manchino alcuni momenti ancora interessanti. Barbara Steele bellezza gotica ancora convincente.
Capolavoro di Mario Bava e dell'horror italiano che può vantare splendide atmosfere gotiche aggrappate a tutti gli stereotipi del genere (il vento che ulula, il cimitero desolato...) riprese in un bianco e nero molto coinvolgente. Bravissimi i protagonisti (con menzione particolare per la Steele e Ivo Garrani). Per l'epoca presentava scene forti ma ben calibrate. Un film che merita davvero di essere visto. ***1/2
MEMORABILE: Gli occhi della strega nella tomba, quasi anticipatori di quelli de L'esorcista.
A due secoli dall'esecuzione, una strega moldava risorge per perseguitare i discendenti del fratello. Al suo esordio ufficiale alla regia, Bava firma quello che poi diventerà il manifesto dell'horror gotico italiano, mostrando un talento raro nella costruzione dell'atmosfera, la vera protagonista del film. Le scenografie oppressive e particolareggiate, la presenza ossessiva del sangue, l'uso barocco della luce: tutto contribuisce all'orrore concreto e tangibile della pellicola. Segnò l'inizio della carriera di scream queen per la Steele.
MEMORABILE: La tortura della maschera nel prologo.
Probabilmente il miglior horror gotico italiano. Al primo lungometraggio Bava stupisce realizzando un capostipite del genere. Fantastiche le ambientazioni e le situazioni: il castello, il fantasma, i passaggi segreti, la Steele, il vampirismo, il villaggio, la locanda e per finire la maschera. Ancora oggi in alcuni punti riesce a spaventare, nonostante il bianco e nero. E sono fantastici gli effetti splatter - si fa per dire - senza colore.
Eccole fissate, scritte col sangue, incise nel marmo, le coordinate estetiche e narrative del gotico italiano, dall'incipit sadico al finale pirotecnico, passando attraverso notti nebbiose, sotterranei, cripte e cimiteri, sostando brevemente in scapigliati giardini all'inglese e in polverosi saloni adornati dall'inquietante ritratto d'ordinanza... La Steele sempre duplice, incarnazione delle due anime dell'eterno femminino: angelo innocente e demone perverso. Paradigmatico.
MEMORABILE: Il volto delle Steele-strega visto attraverso la bara di vetro; la camminata notturna nel cimitero.
Esordio di Bava alla regia. Visibilmente una meraviglia. La scena iniziale della maschera chiodata fa capire quanto il regista fosse avanti, così come la trasformazione del teschio in viso, in presa diretta grazie a un geniale gioco di luci che facevano di Bava un maestro in effetti speciali e fotografia. Bianco e nero da favola, fantastico e onirico amalgamati alla perfezione. Il miglior gotico di sempre.
A mio parere più importante che bello, capostipite del gotico all'italiana ma, specialmente se valutato a posteriori, ingenuo e a tratti noiosetto. Regia sapiente e abilissima nel creare dal nulla efficaci squarci gotici, suggestiva fotografia, cast azzeccato (inizia qui il mito della "scream queen" Barbara Steele), ma una storiella elementare e datata che impedisce al film di decollare. Di culto per molti, ma a mio parere distante anni luce da quel capolavoro di suggestione gotica che è Operazione paura (giusto per citare un caso emblematico).
Esordio folgorante di un Maestro. L’horror italiano ad una genesi. Le atmosfere tetre e ributtanti prendono immediatamente vita nel sadico e poderoso incipit. La suggestione dell’apparato visivo sublima l’assunto stregonesco e le derive simbolico-religiose declinate verso l’ottica familiare. Le reviviscenze del passato, l’ambiguità dell’essere, il Male dalle plurime facce, la morte, megera di insopprimibile potenza dove vittima e carnefice si intrecciano; il tutto ammantato da un b/n espressionista. Seminale e magnifico.
Eccezionale film gotico italiano, che a distanza di oltre cinquanta anni risulta ancora fresco e godibile. Qualche ingenuità qua e là ma l'atmosfera è sempre carica della giusta tensione che incolla lo spettatore allo schermo. Stupenda Barbara Steele.
MEMORABILE: La maschera del demonio incollata sul volto della strega.
Il primo film firmato Mario Bava è un horror gotico dalle tinte fiabesche, ispirato in maniera approssimativa al racconto "Il Vij" di Gogol'. La fotografia e la scenografia sono strabilianti, aiutate da un perfetto utilizzo del bianco e nero, metafora perfetta del contrasto tra mondo terreno e mondo delle tenebre. Bava crea un luogo a sé stante, nei boschi della Moldavia, tra tombe sotterranee e alberi con rami che sembrano braccia penzolanti. In sintesi, un'eccezionale opera gotica; un po' lenta nello sviluppo degli eventi.
Componenti dell'"horrorgotico" presenti in quantità e qualità notevoli. Particolare l'intreccio tra stregoneria e vampirismo, con il contorno classico del maniero maledetto e i suoi passaggi segreti, con le botole profonde e le croci per cacciare il "maligno" (qui ortodosse, una ulteriore peculiarità). La Steele è bella e tenebrosa, sexy fino al consentito e brava nell'interpretare il bene e il male. Mario Bava firma con la sua sapiente regia un film che calza a pennello per quel tempo; per questo e per quello che verrà.
Probabilmente il capolavoro gotico italiano e prima regia ufficiale del Maestro Bava. I ritmi come sempre sono piuttosto lenti, ma Bava riesce a sopperire come solo lui sa fare con fotografia e regia. Gli effetti speciali di questo film, stranamente non censurato considerando l'epoca, ce lo fanno apprezzare. Barbara Steele grazie a questa apparizione s'imporrà come attrice cult del genere.
MEMORABILE: L'apparizione della Steele con cani al guinzaglio nelle rovine della cripta di famiglia.
È stata una pellicola capace di lasciare indubbiamente un solco di cui ancora oggi si intravede l’ombra. Tra le opere più conosciute di Bava, soprattutto all’estero dove ebbe un successo notevole. Ha dato slancio al filone del gotico italiano, oltre che consacrare Barbara Steele come icona del genere e le ragioni sono da ricercare nella capacità di creare pathos e affascinare in scene che ripongono nell’impatto visivo la loro incredibile forza, anche a distanza di anni.
MEMORABILE: La maschera infilzata sul volto di Asa; La sua resurrezione dalla tomba.
Bava rivela fin dall'esordio nel lungometraggio una perizia tecnica non comune. Addirittura superba la fotografia. Allo spettatore odierno, però, il film non può non apparire lento, noioso, ingessato. Chi oggi può provare paura nel guardare questa pellicola? L'opera resta comunque importante, anche perché segna il debutto nel gotico per Barbara Steele, che diventerà una vera icona del genere. La fascinosa attrice non perde la sua compostezza britannica neppure quando scaglia terribili maledizioni.
Prima di subire un'orrendo supplizio, una strega lancia una maledizione contro la stirpe del conte a capo dei suoi persecutori. Secoli dopo, essa ha la possibilità di vendicarsi... Ispirandosi ai racconti vampireschi della tradizione russa, Bava confeziona un film seminale per il cinema gotico italiano. Non conta tanto la storia, semplice e talvolta persino banale, ma le atmosfere suggestive, le ambientazione curate, l'eleganza di certe inquadrature: il tutto impreziosito dalla bella fotografia e dal fascino torbido e febbrile di Steele in un doppio ruolo speculare di angelo e demonio.
MEMORABILE: La prima sequenza con il boia che conficca con una mazza la maschera chiodata sul volto della strega
Mario Bava (come Lucio Fulci) è la dimostrazione di come sia possibile fare buoni film con budget ridotti. Grazia alla mancanza degli odierni effetti speciali, le scene horror risultano più semplici e realistiche (merita una citazione anche la maschera del demonio, dall'interno chiodato, spinta brutalmente sul viso della protagonista, con un'inquadratura a effetto, come se fosse anche il viso dello spettatore a subire lo stesso strazio). I trucchi sono semplici, artigianali, veraci eppur veritieri. Uno dei suoi migliori horror.
Forse la miglior prova formale del regista. Da tale punto di vista tutto funziona, sino a raggiungere picchi mirabili (le scene nella cripta, la densità del bianco e nero, le incredibili trasmutazioni della strega). Il film manca ancora dell'ideologia sardonica e disincantata del Bava maturo (quella sottesa a Reazione a catena, ad esempio), ma già i temi della maschera e del doppio s'insinuano fra le pieghe di questo ur-gotico. Perfetta la Steele, assolutamente memorabile nella sua prima, ambigua, apparizione fra le brumose rovine della chiesa.
Il film è talmente una gradita sorpresa che meriterebbe più dei *** anche solo per il genio del regista. Nel lontano 1960 Bava crea un horror gotico con alcune scene memorabili che non hanno perso smalto neppure ai giorni nostri. Il difetto dell'opera è un certo attaccamento al "classicismo" cinematografico, con dialoghi eccessivamente appassionati che ora fanno un po' ridere e una colonna sonora Anni 40. Ma la magia c'è, la storia si lascia seguire e il volto della Steele che torna in vita rimane impresso.
MEMORABILE: Il prologo col supplizio della maschera; Il risveglio della Steele.
Affascinante pellicola gotica orrorifica che tratta un tema che combina elementi di stregoneria col vampirismo. Ottima la regia, niente male le trovate sanguinolente (all'epoca non molto in voga), fa da precursore per molti registi di genere. La pellicola è piacevolmente permeata di mistero e un'atmosfera torbida e malsana che incute timore. Grande Bava.
Nel lontano 1960 Bava esordisce alla regia con questo seminale film che apre la strada all'horrror italiano. Scopre la folgorante Barbara Steele, che diventerà un'icona del genere, qui in un doppio ruolo tra bene e male. Superiore a molti prodotti della Hammer, a cui sembra rifarsi, per sensualità e raffinatezza. Non tutto a bene vedere è perfetto, la musica è poco memorabile e Richardson acerbo, ma è comunque imprescindibile.
MEMORABILE: L'incipit con il boia che mette la maschera alla strega.
Forse il più classico dei gotici italiani, senz'altro uno dei più influenti e noti. Bava firma una pellicola cupa, elegante, ma anche ingenua e datata sotto molti punti di vista (certi dialoghi enfatici non possono che strappare una risatina). Ma anche questo fa parte del gioco: i set posticci e lugubri, gli stilemi orrorifici vecchio stampo e tutti i luoghi comuni. Tra fascino e nostalgia è difficile non farsi rapire. Nulla da dire sugli effetti visivi e sulla fotografia: Bava si conferma maestro indiscusso. Può piacere o meno, ma va visto.
MEMORABILE: L'incipit con l'esecuzione della Steele: da brividi davvero; La resurrezione; Il volto della Steele che si deforma senza stacchi di montaggio.
Capolavoro baviano e capisaldo dell'horror italico di cui stabilisce inequivocabilmente tutti i fondamentali, che verranno pedissequamente ripetuti fino alla nausea dai suoi innumerevoli epigoni senza mai toccare il livello dell'originale. Oltre al fascino dell'ambientazione, un cupo castello dall'aura sinistra e un oscuro villaggio ottocentesco della Moldavia, il valore aggiunto del film è dato dalla splendida fotografia in b/n e dalla presenza carismatica e ipnotica della Steele, perfetta nel doppio ruolo di strega e di vittima designata.
MEMORABILE: La maschera del demonio che viene conficcata sul volto della strega nelle scene iniziali.
Esordio di Bava, maestro e padre dell'horror italiano che fece scuola anche all'estero. Influenze dei classici gothic horror degli anni '30-40 della Universal, ambientazione moldava, atmosfere e temi su stregoneria e vampirismo (strega al rogo che risorge vampiro: l'horror queen Barbara Steele) ma con dell'innovazione che contraddistinguerà la sua regia e l'horror italico, come la fotografia (davvero eccellente) che si focalizza su dettagli raccapriccianti e orridi per l'epoca (si veda il viso decomposto che riprende vita). Capolavoro del gotico.
MEMORABILE: I focus sul viso malvagio e bucherellato dai chiodi della Steele; La scena d'antefatto col rogo e l'apposizione della maschera; Le scenografie.
Buon film gotico di Mario Bava, con ottime atmosfere create perfettamente sin dall'inizio e una trama che si lascia seguire con grande interesse. L'atmosfera gotica è un po' il cavallo di battaglia del film, tanto che il regista indugia su di essa per buona parte del film. Ciò porta a un rallentamento spesso notevole dell'azione, che vede delle scene eccessivamente lunghe. Anche la recitazione non è perfetta, tendente troppo al teatrale. Ma la regia è ottima, la fotografia interessante e il film comunque buono, pur non essendo il migliore del grande Mario Bava.
Più importante che bello, questo film aprirà la strada a un intero genere e, considerato l'anno di uscita, alcune sequenze sono davvero stupefacenti (gli occhi del cadavere della strega che si rianima). La storia è semplice e la recitazione piuttosto declamatoria, ma ciò che colpisce è l'eleganza estetica e soprattutto l'insistenza sui particolari macabri (Argento vi si ispirerà spesso). Lo svolgimento è abbastanza lento e ci sono varie lungaggini evitabili ma vale la pena vederlo, anche solo a scopo accademico.
Un grande classico del gotico che visto oggi di certo poco inquieta ma che conserva gran parte del suo fascino grazie anche a Barbara Steele, qui nei panni della rediviva strega Asa e in quelli nobili della sua vittima, la principessa Katia. Sebbene il plot non spicchi per ingegno, è davvero notevole il disegno registico di grande mestiere e raffinatezza realizzato da Bava. Scenografia e fotografia rendono il film un piccolo gioiello di eleganza, nonostante il budget ristretto che relegò gran parte della produzione nei teatri di posa. C'è poco da aggiungere alla storia dei classici.
L'incompleta esecuzione tra le fiamme di una strega e del suo amante, dopo il casuale rinvenimento delle due sepolture da parte di due medici in viaggio verso Mosca, porterà due secoli dopo a una sorta di vendetta ai danni dei discendenti dei suoi persecutori. Una trama ispirata a un racconto di Gogol, che sfoggia tutti gli stilemi apripista del gotico all'italiana, con grande attenzione per la fotografia e per l'ambientazione che più lugubre non si può e un uso d'avanguardia degli effetti speciali. Una recitazione compassata propria ai tanti attori famosi nel teatro tv di allora.
Pellicole come questa puntano tutto sull'atmosfera e non certo sulla sceneggiatura. In questo caso la scommessa è vinta, grazie anche all'interpretazione di Barbara Steele, giusta per la parte. Il bianco e nero aiuta molto, amplificando la spettralità del luogo e rendendo più tangibile la sofferenza dei protagonisti. Certo, la mega mazza all'inizio e il pipistrello di un paio di chili che attacca il dottore possono far sorridere, come anche il vento sinistro che però non muove i rami, ma nel complesso il lugubre meccanismo funziona fino alla fine.
MEMORABILE: La mazzata, "piuttosto" dolorosa, sulla maschera; "Sembra che ci guardi con le orbite vuote"; Il cocchiere "speciale" per il dottore.
Se ha perso forza penetrativa sul piano narrativo, come tutte le opere cinematografiche che in qualche modo si richiamavano agli schemi e alla decodifica "sceneggiata" della scrittura sette/ottocentesca (dal gotico al feuilleton), l'opera prima di Bava ben conserva l'imprimatur su tutto il campionario visivo di cui il mago sanremese resta Maestro indiscusso. Così, mentre l'armamentario "demoniaco" segna la propria caducità, l'immortalità della regia rinasce in una interrotta magia, i cui trucchi incantano senza temere decrepitezza. La Steele strega e ipnotizza, bene Checchi.
Esordio folgorante per Mario Bava (dopo tante regie regalate ad altri registi che le hanno firmate) e consacrazione per Barbara Steele, che diventa l'indisciussa regina dell'horror. Un film teso, potente, visionario, nel quale ogni inquadratura ha un suo significato e ogni sfumatura diventa una gioia per gli occhi. Bava inventa un modo nuovo di girare, e farà scuola.
Imprescindibile a livello storico e oggettivamente un buon film, ma Bava girerà sicuramente in seguito di meglio e, pur giocando abilmente con orrori arditi per l’epoca e artifici scenografici di gran fascino, la narrazione soffre per una certa ingessatura e, andando controcorrente, per il doppio ruolo assegnato a una Steele comunque magnifica. Dialoghi un po' agée, ma sentire che Javutich è stato sepolto nel “cimitero degli assassini” qualche candido brivido lo mette. Tra un posto d’onore nella propria videoteca e una periodica visione annuale meglio la prima ipotesi.
Esordio ufficiale per Mario Bava che, pur con un budget irrisorio, riesce subito a creare arte con un'atmosfera cupa ma magica. Discretamente sceneggiato e nobilitato da una regia e fotografia (a cura dello stesso regista) assolutamente notevoli, codificherà le regole del gotico all'italiana. Grande attenzione posta nelle scenografie, valido il cast in cui brilla la Divina Barbara Steele.
MEMORABILE: L'incipit; La Steele che invecchia con un sapiente uso delle luci.
La strada l'aveva già aperta Freda tre anni prima, ma è il film d'esordio di Mario Bava a tracciare le coordinate dell'horror gotico italiano: ambientazioni d'epoca, antichi castelli, streghe reincarnate, maledizioni, roghi purificatori… Gli effetti speciali oggi appaiono decisamente datati e la storia stessa colpisce fino a un certo punto, ma non si può non lodare un regista capace di creare una tensione rimarchevole con mezzi artigianali e un sapiente uso delle luci. Ottima la prova del cast, in particolare di una Barbara Steele che nel ruolo resterà ingabbiata.
MEMORABILE: Il prologo, per l'epoca abbastanza forte; Gli interni del castello; Il finale.
Come in Operazione paura l'incipit è spaventoso, con la maschera inchiodata sul volto della strega vampira. Si avverte un debito narrativo, oltre che al racconto di Gogol da cui la storia del film è (molto) liberamente tratta, alla leggenda di Nosferatu, soprattutto nel modo in cui viene delineata una certa doppiezza del personaggio femminile (ripresa poi da Eggers). Sorprendente la capacità di Bava, alla prima regia in autonomia, nel conferire profondità di campo a scene da teatri di posa. Celebratissimo negli USA, poco considerato in patria.
MEMORABILE: Il prologo; La strega alla sua prima vittima: "Sarai morto tra gli uomini, ma sarai vivo nella morte"
Una maledizione incombe sulla stirpe dell'inquisitore della nobile Asa. Archetipico gotico con castelli e cripte, alberi rinsecchiti, nebbia e vento incessante, ululati e latrati lontani, carrozze e candelabri. Però è arricchito e reso godibile anche a distanza di decenni dall'ottima regia del pur esordiente Bava e dagli effetti truculenti che anticipano tanti film gore di lì a venire. Incredibilmente "avanti" il risveglio della strega vampiro, tanto che la scena sarà ripresa per un sanguinario postribolo. Immortale Barbara Steele.
MEMORABILE: Il supplizio della strega; La cripta con teca funebre; L'apparizione della principessa Katia con ben due cani.
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DiscussioneLodger • 22/11/19 20:31 Pulizia ai piani - 1567 interventi
In occasione del Torino Film Festival verrà proiettato mercoledì 27 novembre 2019 alle ore 20:15 al Cinema Massimo. Sarà presente anche Barbara Steele!.
https://www.torinofilmfest.org/it/programma/
In blu ray (4k e dvd) per Eagle Pictures, disponibile dal 21/02/2024
L'ho acquistato. Si vede molto bene, come non si era mai visto prima. C'è chi si è lamentato in giro dei neri poco profondi, ma forse è dovuto all'eccessiva nitidezza rispetto alle immagini più morbide delle uscite precedenti, non so... Tra gli extra c'è una scena tagliata, che è la solita scena del dialogo tra Katia e il padre davanti alla fontana, contenuta nel montaggio del vecchio e ottimo dvd RHV
HomevideoZender • 12/03/24 14:12 Capo scrivano - 48681 interventi
Uhm... sei sicuro sul "come non si era mai visto prima?" Io ho il bluray Arrow che ha dei neri profondissimi e notevolissima definizione (giusto qualche spuntinatura rimasta qua e là). Avevi altri bluray prima?
Uhm... sei sicuro sul "come non si era mai visto prima?" Io ho il bluray Arrow che ha dei neri profondissimi e notevolissima definizione (giusto qualche spuntinatura rimasta qua e là). Avevi altri bluray prima?
Diciamo che ho visto una versione presa dal bluray
HomevideoZender • 12/03/24 17:34 Capo scrivano - 48681 interventi
Capito, non si sa quale però. E' uscito in molte versioni il film...
Confrontando la versione in blu ray dell'arrow con questa appena uscita ho notato che il master sembra troppo luminoso anche se il restauro è perfetto non ho modo di provare la versione in 4k per vedere se sia lo stesso.
Confrontando la versione in blu ray dell'arrow con questa appena uscita ho notato che il master sembra troppo luminoso anche se il restauro è perfetto non ho modo di provare la versione in 4k per vedere se sia lo stesso.
La luminosità mi sembra uguale, in 4k però l'immagine rende di più
Alcuni fotogrammi del capolavoro di Bava sono insertati nel video di "Sleepless nights" di King Diamond. Al minuto 3.08 la maschera chiodata viene imposta allo spettatore.