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Alex1988: Secondo lungometraggio per Gabriele Salvatores che, per l'occasione, dirige il meglio della comicità cabarettistica meneghina, da Paolo Rossi a Claudio Bisio passando per Antonio Catania e Silvio Orlando. Ovviamente la parte del principe spetta a Rossi, coadiuvato alla grande da tutti gli altri. Camei anche per Abatantuono, Aldo Baglio e Giovanni Storti (ancora semi-sconosciuti) e lo stesso Salvatores. Da vedere.
Galbo: Commedia degli equivoci diretta dal bravo Mattoli. La trama è degna di una pochade con equivoci, doppi sensi, allusioni e quant'altro ma la sceneggiatura è ben congegnata, il regista mantiene un ritmo elevato e il cast presenta un Totò in grandissima forma ben supportato da un cast più che degno. Divertente.
Gabrius79: Deplorevole seguito di un film che aveva dato già tutto (ammesso che avesse dato qualcosa). Parte del cast viene riciclato, ma la sceneggiatura è noiosa e banale. Si salvano Calà, Cecchini e la Gravina per il rotto della cuffia. C'è una Valeria Marini agli albori. Dimenticabile.
Zampanò: I fasti del cinema sotto il regime e gli sfasci da Salò in poi. Risi, con Zapponi e Maccari, prepara un clima da farsa togliendo ossigeno alla satira o al dramma. Troppe bollicine ma qualche fuoco c'è, anche molto cupo (la scena in cui D'Enza e Alba Doris litigano). Versatile la Belli, pure se all'inizio sembra fuori fuoco, ma il valzer attoriale con Gassman gira scollato. Meglio Cochi Ponzoni, più vero e rotondo. La soirée coi topless, il padrone di casa dalla erre blesa e le fettuccine by night, verranno ripresaìi in Spaghetti a mezzanotte.
MEMORABILE: Franco D'Enza, attore del regime, messo al muro dai partigiani
Saintgifts: Stampa, politica, polizia, omicidi, sesso, umorismo... un film che non si fa mancare nulla, compresa un'incursione nei gialli di Edgar Wallace. Il cast è variegato e ricco, ognuno adeguato al proprio ruolo. Carlo Vanzina mette a frutto tutte le sue esperienze girando un buon giallo, drammatico con venature di commedia, con senso della misura, su una buona sceneggiatura scritta in collaborazione col fratello. Ottima la colonna sonora di Morricone, che sottolinea con forza i momenti di maggior tensione. Menzione particolare per Tony Sperandeo.
Reeves: Il film che con il suo insuccesso ha decretato l'accantonamento, da parte di Diego Abatantuono, del personaggio del "terrunciello" prima maniera. In realtà è un film divertente, con tante trovate, ben recitato e capace comunque di suscitare ancora oggi interesse. I caratteristi fanno tutti il loro dovere, Rita Rusic è una vera e propria bomba e fa piacere rivedere la Tuscia protagonista di tanti film avventurosi di nuovo scenario principale.
Saintgifts: Nonostante le sparatorie e tanti morti ammazzati, lo definirei un western per famiglie. Per famiglie perché "morbido": non c'è nessuna tensione, si sa in anticipo quello che succederà con la certezza che tutto andrà per il meglio. Ci sono pellerossa buoni, troppo buoni e pellerossa cattivi ma che non fanno paura. Hondo è sicuro di se, nulla gli può succedere; se non fosse per qualche bicchiere di whisky sarebbe il più morigerato degli uomini. Una visione rilassante con vicende e personaggi reali, ma lontani dalla realtà.
Mco: La voce altisonante di Merola fa vibrare le corde emotive, ma pare non bastare a smuovere quelle della bella Di Benedetto (bella, dal passo deciso e dallo sguardo fiero, quasi diabolico). Massi dirige il re della sceneggiata (come lui stesso canta) in una perenne lotta per l'affermazione di sé. Duelli, sfide, solitari a carte e fiumi di vino. Mahieux è spalla ideale, così come Honorato si dimostra rivale degno di tal nome. Talvolta nemmeno la canzone riesce a sopperire al vuoto che sta nel cuore. Piacevole anche per chi non ama il filone.
MEMORABILE: Spaghetti al pomodoro e pollo arrosto; "Sono per me? No, per il morto" chiede Merola con una rosa in mano.
Alex1988: Quello che, all'inizio, potrebbe sembrare un western con una discreta dose di violenza, si rivelerà essere il classico western psicologico a stelle e strisce. Supportato da un Henry Fonda sempre all'altezza, il film, purtroppo non riesce a coinvolgere come dovrebbe e gli eccessivi sentimentalismi presenti finiscono per smorzare l'attenzione. Livello medio-basso.
Ultimo: Una commedia leggera leggera, senza pretesa alcuna e in cui c'è veramente poco da salvare. Enzo Salvi è sempre simpatico e fa quello che può, ma dinanzi a una sceneggiatura così misera non ci si può aspettare molto. La vicenda è piuttosto banale (Salvi si finge prete per sfuggire ad un boss...) e non riserva particolari sorprese. Tra gli altri molto spento Battista, mentre Mattioli riesce sempre a far scappare qualche sorriso.
Siska80: Una giovane donna d'affari molto ambiziosa si unisce a una società di imprenditrici che sembra nascondere un lato oscuro. Mediocre thriller che parte da uno spunto interessante per poi giungere a una conclusione che vorrebbe essere un vero colpo di scena risultando invece un po' troppo fuori contesto. Tra telefonate anonime, incursioni notturne di loschi figuri e incubi terribili (tutto già visto altrove e meglio) occorre dire che comunque non ci si annoia e la parte finale è piuttosto movimentata, mentre il cast è sufficiente. Nel complesso merita un' occhiata spassionata.
Pessoa: Spaghetti western di Lucidi che, pur senza far gridare al capolavoro, riesce ad essere interessante e agevole da seguire fino alla fine. Merito soprattutto del cast capitanato da un bravo Hilton e che annovera molti volti specializzati nel genere (il fidaniano Betts, Brega, Cameron) capaci di capitalizzare al meglio lo script di Finocchi che alterna con efficacia serio e faceto, come si usava in quegli anni. Di buon livello il montaggio, che garantisce un certo ritmo, e le musiche di Bacalov. Un film simpatico e divertente che merita la visione, soprattutto se vi piace il genere.
MEMORABILE: La trovata della statua per la rapina in banca.
Furetto60: Film che parte a manetta, inizialmente coinvolgente e non potrebbe essere diversamente: è un’orgia di luci, colori, musiche, costumi, arredi... tutto sfrenatissimo. Alla lunga comincia a stancare e la vicenda si rivela per quello che è: una tormentata storia di sentimenti. Gli attori sono convincenti, Di Caprio e l’amico Maguire piacciono e convincono, meno il ritmo narrativo che pare eccessivamente diluito. Alla fine resta in bocca il sapore amaro dell’occasione mal sfruttata, velleitaria.
Parsifal68: Pellicola nostalgica e godibile sul mondo del pallone anni sessanta, interpretata da un grande Alberto Sordi, istrionico come non mai. Qui interpreta un impiegato del Vaticano che eredita dal padre una squadretta romagnola e che governerà con metodi da pane e salame. D'Amico, esponente importante di un certo modo di fare cinema, aveva già lavorato con l'attore romano e in questo film gli lascia campo libero per poter esprimere tutta la sua verve. Bravi i comprimari, Taranto jr., la Lattanzi e nientedimeno che Omar Sivori nel ruolo di sé stesso.
124c: Dopo un colpo fallito ai danni della città volante di Shahalta, Lupin e Jigen si ritrovano a fare i baby sitter a un bambino e a unire le loro forza alla giovane Yutaka. Quasi un mix fra Lupin III - Il catello di Cagliostro e Il castello nel cielo, capolavori anni '80 di Hayao Miyazaki, dove all'animazione artigianale del maestro si sostituisce quella in CGI, ma solo per quel che riguarda le automobili e i mezzi aerei. Ruoli minimi, ma comunque importanti, per l'ispettore Zenigata, Fujiko (datata di due seni extra-large) e Goemon.
MEMORABILE: Mago Ipnotizzatore: "Ehi, tu, dimmi... Quant'è rosso il tuo Karma?" Jigen, puntandogli contro la pistola: "E il tuo di Karma, quant'è rosso?... Bang!"
Homesick: Ricostruzione romanzata dell’invasione gallica del 390 a.C. che, pur comprendendo sia i fatti storici sia i celebri episodi tramandati dai libri scolastici – la lunga barba bianca del senatore Papirio, le oche del Campidoglio, il «Guai ai vinti!», la leggendaria riscossa di Camillo al grido «Non con l’oro ma col ferro si riscatta la patria» - si abbandona ai luoghi comuni del peplum più ordinario e manicheo, spingendosi persino a mutare la sorte di Brenno, capo dei Galli. Il nerboruto e ferino Mitchell è doppiato dalla voce imperiosa di Arnoldo Foà.
Rambo90: Buon sequel del medico della mutua, dove Tersilli appare ancora più cinico e avido di denaro di prima. Sordi ovviamente è eccezionale e sono tante le scene in cui non si può fare a meno di trovarlo divertente, nonostante il personaggio negativo. Buono il cast di contorno, un po' fiacco il ritmo nella seconda parte, ma è un film riuscito. Sempre bella la marcia di Esculapio ripresa dal film precedente. Comparsata di Lino Banfi doppiato in napoletano.
Gabrius79: Il salto dal web al cinema del milanese imbruttito è un mezzo passo falso in quanto la storia viene tirata per le lunghe a suon di sketch talvolta forzati. La partenza in quel di Milano è buona, ma con l’arrivo in Sardegna si perdono quel cinismo e quella freschezza iniziali che avevano dato l’abbocco. Lanzoni regge discretamente tutto il film, ma è poco aiutato dalla sceneggiatura. Bene Airò e Urgu come spalle. Bisio appare poco ed è sottotono.
Noodles: Ok la povertà di mezzi, ma quando apri un film usando come mostro marino una placida foca doppiandola con dei versi orribili... beh, hai perso in partenza. Anche perché la noia avvolge lo spettatore dal primo all'ultimo momento. È pieno di trovate comiche... peccato che siano involontarie. Mancano invece totalmente quelle in grado di salvare una sceneggiatura davvero insipida. La fotografia è di valore, unica cosa funzionante.
Saintgifts: Glenn Ford di nuovo a difendere pecore e pastori. Leggermente imbolsito ma ancora in forma, rispetto a La legge del più forte di dieci anni prima; si spaccia per Pastore, ma di anime piuttosto che di pecore, anche se con un passato di pistolero e un presente dove non disdegna di ammazzare qualche cattivo. In mezzo a una pletora di vecchie glorie spicca la graziosa Barbara Hershey nei panni di un'indiana che si affeziona a Ford e scopre che il sesso le piace dopo essere stata violentata (messaggio ambiguo, mi ricorda la giovane figlia della Ciociara).
Galbo: Commedia fortemente connotata in senso regionale, rappresenta l'esordio sul grande schermo di Alessandro Siani. Il protagonista (che ha in Troisi l'evidente riferimento artistico) è simpatico e abbastanza disinvolto (così come il resto del cast con ottimi caratteristi partenopei) ma il film avrebbe meritato una sceneggiatura più solida anziché una raccolta di sketch. Manca insomma una storia organica e strutturata,
Didda23: I numerosi talenti facevano ben sperare nella realizzazione di una dignitosa commedia italica che poteva, con ironia e sorriso, raccontare vizi e virtù della società contemporanea. Purtroppo la sceneggiatura non è altezza del mestiere registico di Vanzina: i dialoghi infatti sono privi di qualsivoglia verve comica e tutti gli episodi raccontati non raggiungono neanche lontanamente la sufficienza. Nel parterre attoriale si distacca dalla mediocrità la simpatia e la bravura di Mattioli. Filmaccio.
Piero68: Incredibilmente profetico rispetto a quello che sarebbe successo da lì a tre anni. L'aria che si respira è la stessa che hanno respirato i Newyorchesi all'indomani dell'11 settembre. Peccato che nel complesso il film non eccella. Willis rende poco nel suo ruolo e la sceneggiatura non è particolarmente ricercata. Scene di azione quasi assenti e anche i dialoghi, che dovrebbero essere la ciccia soprattutto nel confronto/scontro tra i due attori principali, lasciano troppe volte a desiderare. Resta comunque a mio avviso un film da vedere per riflettere.
Schramm: All’alienato Douglas in salsa urban Rambo salgono crimine e svastica e sarà tutto un debellare paradossi e contraddizioni del mondo moderno grigliato da ismi e dogmi, cappi e museruole, ottusità burocratiche e ideologiche. Il kamikaze di Schumacher sembra talora anticipare lo spirito contestatario del no global, talaltra dirci che ricettacolo di psicosi e mine vaganti è lo status quo. Douglas è strepitoso nel rendere scena madre ogni minuto in cui presenzia, assecondato da una mdp che ne riflette la lucida follia. L’innecessaria sottotrama matrimoniale di Duvall si porta via mezzo punto.
MEMORABILE: La proverbiale mosca al naso resa in immagini alla lettera; l'amaro duello finale.
Saintgifts: La storia assomiglia a tante altre storie di famiglie americane di ceto medio basso, formate da coppie sposate, poi divorziate e risposate, con prole in età adolescenziale perciò con un carattere già formato o comunque difficile da cambiare. De Niro è il patrigno per Tobias (un diciannovenne DiCaprio che dimostra meno dei suoi anni) in uno dei suoi personaggi peggiori e che interpreta tanto bene da risultare addirittura odioso. Prepotente, ma anche debole, inadatto come educatore. Buona atmosfera anni '50, regia pulita, buone le interpretazioni.
Gabrius79: Secondo capitolo della trilogia; nomi altisonanti quali Dustin Hoffman e Barbra Streisand che si aggiungono al precedente cast ma il risultato è piuttosto affannato, con gag un po' trite. De Niro e Stiller sono tenuti a briglia corta per dar spazio a Hoffman e ne risentono il ritmo e il divertimento.
Reeves: Oliver Stone propone un documentario a tesi nel quale trovano ampio spazio le tabelle e le considerazioni degli scenziati che sono favorevoli al nucleare. Purtroppo manca in modo anche abbastanza evidente l'altra campana e cioè i disastri tipo Chernobyl, ai quali si accenna soltanto senza approfondire come forse sarebbe necessario. Il fatto di essere un film esplicitamente di propaganda appesantisce e rende poco credibile il tutto.
Galbo: Tra i migliori esempi di film horror giovanilistico molto di moda per un certo periodo, Final destination parte da un'idea indubbiamente piuttosto originale, una sorte di vendetta della morte contro coloro che sono sfuggiti al loro destino. Il film vive di episodi che mettono in scena morti imprevedibili realizzati con grande efficacia e spesso disturbanti per lo spettatore. Certo, spesso manca la qualità di fondo narrativa complessiva ma lo spettacolo è senz'altro efficace.
Siska80: Nel 1985 una nave rompighiaccio rimane bloccata al gelo per più di tre mesi: sarà dura sopravvivere. Due sono le qualità che saltano subito agli occhi: la capacità di non perdersi in inutili preamboli (l'incidente si verifica dopo i primi minuti) e gli effetti speciali abbastanza riusciti che creano un senso di oppressione costante. Purtroppo, tuttavia, l'eccessiva durata (che serve per inserire prevedibilissime complicazioni interne al mezzo di trasporto ma anche inerenti alla vita di alcuni passeggeri) finisce con l'affievolire il ritmo trascinando l'action a un livello mediocre.
Markus: Il tema dell'amicizia è affrontato da Alessandro Siani attraverso una commedia romantica dai toni caramellosi ma almeno, in quest'ultima fatica, tenuti a bada in favore d'un modesto ghigno che talvolta fa capolino. In questo senso è benevola la presenza di Max Tortora - una spanna sopra a tutti, compreso il protagonista - che regala verve e qualche guizzo di umorismo romano che pare, in taluni frangenti, una boccata d'ossigeno. Matilde Gioli spaesata e si vede, non funziona quasi mai. Notevole il ripescaggio di un ex grande caratterista come Pippo Santonastaso.
Aco: Film “sparatutto e sparasututti”, richiede una notevole dose di sospensione del giudizio da parte dello spettatore perché lo si possa vedere fino in fondo. In realtà “Innocenti bugie” è una divertente presa in giro dei film d’azione. Buona l’interpretazione della Diaz nella parte della graziosa svampita (ma non del tutto). Storia veloce, adrenalinica, continue scene d’azione, battute fulminanti quanto le pallottole per un lungometraggio che regala una piacevole evasione dalla realtà. L’importante è essere consapevoli che questo film si autodistruggerà entro 5 secondi.
MEMORABILE: Il dialogo tra June Havens e Roy Miller sulla spiaggia.
Cotola: Dopo un promettente inizio prolettiico, il film prosegue su binari che sembrano misteriosi ma non lo sono poi tanto: che le azioni del protagonista siano guidate da un intento catartico è abbastanza evidente. Quel che non è chiaro è la colpa che questi deve espiare anche se a ragionarci sopra si capisce che riguarda la moglie. Parte bene ma poi si sgonfia col passare dei minuti e si sfalda del tutto quando inizia a sciorinare le solite romanticherie e un buonismo spinto mitigato un pò da un finale che, per fortuna, non è completamente lieto.
Markus: Purtroppo tocca constatare che quando una commedia italiana funziona e diverte, negli ultimi anni, è perché è un mero remake di un film francese (Babysitting - Una notte che spacca), che a sua volta prende ampio spunto da uno americano (Una notte da leoni). Di fatto si canta in playback. La coppia Mandelli/Ruffini allieta nel consueto incontro/scontro caratteriale, così come il cast di contorno (in cui spicca Abatantuono), tutti all'altezza del ruoli. Molte trovate comiche riescono a strappare più di una risata scacciapensieri.
MEMORABILE: Abantatuono al commissario (Facchinetti): "L'hanno poi trovato il figlio?" e lui: "Sì, un pezzo alla volta l'hanno trovato".
Deepred89: Muccino punta altissimo rischiando veramente grosso, affrontando temi impegnativi e azzardando una sceneggiatura costruita in maniera ancora più impegnativa e a sorpresa riesce a tirare fuori un prodotto assolutamente decoroso. C'è da dire che gli ottimi propositi ai quali si accenna sopra lasciano il posto, nella seconda parte, al solito romanticismo melenso tipico del regista, ma il tutto riesce comunque a reggere, grazie anche ad una confezione professionale e ad un ottimo Will Smith. Imperfetto, ma interessante e ben realizzato.
Giùan: Mischineddu, nella sua pretesa d'aggiornare alcuni capolavori della "pruriginosità" citando a caso e platealmente Hitch, De Palma, Kubrick, Powell, Mohan in realtà quaglia pochissimo, restando inesplicabili i rapporti fra i personaggi (vedasi l'utilizzo in anticlimax del maschio nero e bianco), mentre l'ansia di voyeurismo che prende loro la mano (e l'occhio) è orizzontalmente indagata nei suoi aspetti sociologico/psicologici. Di buono resta la capacità di vellicar l'erotismo e una Sweeney che, dopo Notturno, mostra i suoi "talenti" al di là dell'occhio languido. Finale chocchissimo.
Trivex: Nonostante una vicenda non proprio intrigante, il film è fatto con apprezzabile spirito tosto e realistico. Il militarismo in buona fede del generale appare non troppo sopra le righe, evitando quella stonatura classica, in agguato quando vi sono figure che fanno troppo la voce grossa. Il resto è lineare, con qualche distinta scena action. Il carisma dei protagoniti, in primis quello dell'ormai non giovanissimo 007, non prende il sopravvento sul tema dominante del prodotto: la storia resta l'elemento portante, mentre gli alti papaveri sono solo contorno.
MEMORABILE: Il tesissimo confronto verbale tra i militari buoni e quelli cattivi, all'interno della fortezza-prigione.
Rambo90: A rimanere impressi dopo la visione sono soprattutto gli splendidi paesaggi ben fotografati e la recitazione sempre carismatica e di spessore di Connery, perché la storia a dire la verità è un po' noiosa e si capisce ben presto che i colpi di scene e le svolte saranno poche. La Bracco se la cava, c'è qualche momento vagamente avventuroso e una leggerissima storia d'amore. In fondo si vede con piacere, ma da McTiernan mi aspettavo un qualcosa di più concitato, se non proprio adrenalinico.
Paulaster: Documentario che illustra dei risvolti intimi sulla dinastia Agnelli e più in particolare sulla figura di Edoardo. Una sorta di piccolo omaggio a chi non ha mai avuto ruoli manageriali e, a causa di ciò, viene forse emarginato dalla stessa famiglia. I filmati sono inediti e danno l’idea di un’elite che fa parte di un altro pianeta, ma che affascina per carisma e stile d’altri tempi. Affettuose le interviste odierne degli amici. Un peccato veniale certe animazioni al limite del ridicolo.
Sadako: Tratto dall'omonimo romanzo di Michael Crichton, punta più sul lato scabroso della relazione tra Demi Moore e Michael Douglas che sul lato tecnico della vicenda, relegando quasi in secondo piano la creazione dell'universo virtuale che dovrebbe essere la grande scoperta del secolo (e che andava molto di moda nel periodo). Nonostante la bravura degli attori, il film non decolla. Effetti speciali non esaltanti e una risoluzione che, alla fine, sembra essere stata tirata fuori dal cappello all'ultimo minuto, come se se la fossero scordata.
Xamini: Un racconto personale, questo di Almodóvar, un mosaico, come la locandina, che il buon Banderas (alter ego del nostro e decisamente in parte) cerca di riallineare ma in cui, come le piastrelle del giovane illetterato, ogni pezzo trova il suo posto solo nel finale, in un delicato percorso catartico. A uno sguardo distratto il film può apparire banale, a tratti lento (la madre anziana), ma è ricco di finezze, dettagli, elementi non casuali e calore umano. Senza dimenticare la maestria dell'autore.
B. Legnani: Solo per gli appassionati della Kristel che, nello stesso anno di Emmanuelle, partecipa a questa micidiale pellicola teutonica (non a caso, in Italia, dotata di titolo francese), che tratta di problemi erotici dei giovani. L'ambientazione è il Lago di Garda, notoria mèta turistica dei tedeschi, ma il lago in questione assomiglia assai poco al Benàco... Però si vede Verona.
Bibi: Film molto cupo. Lo si segue abbastanza volentieri soprattutto per la presenza di un Neeson adatto al personaggio da lui recitato. Anche il rapporto con un ragazzino di colore con cui condivide un passato da dimenticare è da annoverare tra le cose positive. Il resto della sceneggiatura e del cast non sempre risultano all'altezza di un film che dovrebbe avere il lato psicologico come predominante. Alcune scene sono realizzate piuttosto male.
Enzus79: Un bambino autistico, dopo aver decifrato un codice militare di sicurezza nazionale è in pericolo di vita. Thriller discretamente riuscito, con buoni momenti d'azione ma che, per quanto concerne la trama, non convince granché. Intrattiene il giusto, ma alla fine della visione si rimane con un po' d'amaro in bocca. Bruce Willis perfetto, per questo tipo di ruoli.
124c: La guerra dei Roses riveduta e corretta in chiave agenti 007 (senza finale gtrottesco, s'intende). Due agenti segreti, sposati e annoiati, si ritrovano a darsi battaglia l'una contro l'altro, a suon di bazookate e sparatorie. Film che è importante solo perché ha creato la coppia Angelina Jolie/Brad Pitt, per il resto è una baracconata diretta dal regista del primo film di Jason Bourne con Matt Damon, con due belli del cinema moderno di Hollywood. Ovviamente di Brad Pitt non me ne importa nulla, ma c'è un'Angelina Jolie da urlo post-Lara Croft.
TomasMilia: Secondo film autobiografico per Verdone. Dopo Maledetto il giorno che t'ho incontrato in cui metteva in scena le proprie nevrosi, questa volta decide di fare un film “specchio”, più o meno fedele, della sua famiglia (i tre fratelli, le sue radici senesi, la casa al mare ecc). La Neri, ancora “sgonfiata”, è bellissima. Non mancano le scene da ridere come Verdone-Dj o i duetti tra lui e Rubini ma tutto il film è piacevole a differenza di quanto sostengono i critici reali.
Schramm: La gloria dolorosa, il dolore glorioso. Oltre il mezzo del cammin di lunga vita, è l'assenza di desiderio a disegnare nuovi decreti legge: incampanarsi nell'eroina per il laudator temporis acti, obliterare un labirintico presente senza più passioni, apparecchiare neodemiurgie intonando W la mamma. Empedrocle scongiura il produci consuma meta, attraversando in diagonale se stesso e quasi impercettibilmente la propria filmografia via Borges Pirandello e Proust. La godibilità ora vola elevata ora passa a fatica strette crune di introspezione e fa saliscendi lungo una scala diatonica.
Galbo: John Madden dirige un film notevole sul versante spettacolare e meritevole su quello narrativo, contribuendo a chiarire per i poco informati il ruolo decisivo nella manipolazione delle coscienze svolto dalle lobbies politiche. Fondamentale l’apporto di Jessica Chastain a cui la sceneggiatura affida un personaggio descritto in modo mirabile e realistico ma meritorio il lavoro di regia e montaggio nel creare tensione con una materia in apparenza ostica. Peccato per il finale poco realistico e troppo d’effetto per risultare davvero incisivo.
Magnetti: Una specie di patinata (bene) soap opera tra le mura della Casa Bianca; un pretesto per esibire un nutrito cast in cui ognuno fa ciò che gli è sempre riuscito meglio: Michael Douglas il ricco e potente (con un'anima in questo caso), Martin Sheen il buon padre di famiglia, Michael J. Fox il giovane di successo brillante e spigliato, Annette Benning l'oca giuliva sotto mentite spoglie. Film che eccede in sdolcinature senza le quali sarebbe stato più interessante.
124c: Dopo un colpo fallito ai danni della città volante di Shahalta, Lupin e Jigen si ritrovano a fare i baby sitter a un bambino e a unire le loro forza alla giovane Yutaka. Quasi un mix fra Lupin III - Il catello di Cagliostro e Il castello nel cielo, capolavori anni '80 di Hayao Miyazaki, dove all'animazione artigianale del maestro si sostituisce quella in CGI, ma solo per quel che riguarda le automobili e i mezzi aerei. Ruoli minimi, ma comunque importanti, per l'ispettore Zenigata, Fujiko (datata di due seni extra-large) e Goemon.
MEMORABILE: Mago Ipnotizzatore: "Ehi, tu, dimmi... Quant'è rosso il tuo Karma?" Jigen, puntandogli contro la pistola: "E il tuo di Karma, quant'è rosso?... Bang!"
Lou: Siamo a Parigi e gli attori sono occidentali, ma si percepisce chiaramente la mano giapponese di Koreeda, che indaga minuziosamente le questioni di famiglia con i suoi tempi dilatati. L'aspro confronto tra madre e figlia, che vede da un lato la Deneuve egocentrica attrice di successo e dall'altro la Binoche vittima delle incomprensioni del passato, è di stampo pirandelliano: tra realtà e finzione, non si arriva a una vera resa dei conti, quanto a una accettazione dello stato delle cose attraverso dolorose rielaborazioni del passato.
Rambo90: Ultimo film di Risi con Calà, anche questa è una commedia insolita, che racconta dell'amore fra un trentenne e una bambina di 11 anni. All'inizio il ritmo è lento, poi la storia decolla e il film diventa quasi poetico nella malinconia del protagonista e nella simpatica aria da adulta che assume la brava Vanessa Gravina. Calà è bravissimo e in seguito è stato sfruttato male dal cinema italiano e si fa notare Tognazzi come padre della bambina (nonchè migliore amico di Calà). Da vedere.
Puppigallo: Buon, atipico western, che si trasforma presto in una sorta di attesa dell'inevitabile (il ritorno). E questo logorerà i protagonisti (lui e lei), mettendoli uno contro l'altro (a volte il buonsenso può essere scambiato per vigliaccheria). I personaggi sono disegnati con una certa cura; e ognuno, commercianti compresi, contribuisce ad animare un posto, che più desolato non si può (polveroso d'estate e gelido d'inverno). Finale tra il cinico e l'educativo.
MEMORABILE: Il becchino diventa cliente; "Quando mai sei stato un uomo?"; L'inviato, su mulo, dal governatore per ufficializzare la "città".
Tarabas: Ultima notte da pezzenti a Milano per un gruppo di cabarettisti sfigati, nell'arte e nel lavoro, a cui si offre il miraggio della tv. Cinema sul mestiere dell'attore in una città che, per così dire, non ama visceralmente i perdenti. Bella direzione di un gruppo di attori, in parte fedelissimi del regista, che fatica però a saldare i vari momenti e i retroscena delle vite fuori dal palco dei coprotagonisti. Catania, Rossi e Bisio vincono nettamente la sfida. Musiche non molto azzeccate. Me lo ricordavo migliore.
Reeves: Uno spaccato piuttosto insolito del clima da guerra fredda durante il dopoguerra italiano, con un poveraccio conteso tra estrema destra ed estrema sinistra, falsi attentati, vere risse ed equivoci vari. Il ritmo è abbastanza sostenuto e i caratteristi fanno la loro parte (Viarisio come leader neofascista è bravissimo), ma il protagonista Umberto Spadaro è forse un po' troppo debole per caricarsi addosso il peso del film.
Saintgifts: Il film si focalizza principalmente sulla figura di Julian Assange facendolo apparire un egocentrico a caccia di notorietà, piuttosto che un individuo che in un qualche modo voglia rendere un servizio all'umanità intera. Interessante come ricostruzione storica di Wikileaks, ma sembra ci sia la volontà di sottovalutare, o di far apparire che alla fine la diffusione di documenti riservati non porti a nulla. La forza del sistema travolge tutto e tutto fagocita, un quinto potere che potere non ha.