Disprezzato alla sua uscita in sala, diventato, inspiegabilmente, un cult oggi. Diego è in splendida forma ed è sostenuto da comprimari come Salvi e Di Francesco. Il film però risente molto di alcune lungaggini inutili che sembrano messe lì per allungare il film (la scena sulla spiaggia ne è un esempio). Di battute diventate epocali ce ne sono a iosa: i rolli funebri e lo spelling di Attila su tutte. E’ un film molto strano, forse uno dei pochi casi di commistione di generi e genialità.
Cult e titolo obbligatorio per gli amanti della commedia italiana. Lo spelling di Attila è su tanti cellulari di oggi e certe battute sono rimaste nella memoria di chiunque lo abbia visto, perchè dopo 24 anni (grazie anche al dvd) si è scoperto che il cinema dei caratteristi andava analizzato con ottica diversa: non da un punto di vista sofisticato e ingegnoso ma invece semplice, futile e schietto nella sua rappresentazione di comicità popolare. Ottimo e divertentissimo.
Sinceramente, a parte un paio di battute passate giustamente alla storia, ATTILA è pressochè insignificante e piuttosto noioso. Diego Abatantuono porta sulle spalle tutto il peso del film mentre gli attori di contorno sono totalmente anonimi.Preferisco di gran lunga il Diego di oggi. Nel cast presente una Rita Rusic in forma fisica smagliante.
Qui Abatantuono raggiunge l’apice. Oltre avrebbe rischiato di implodere, di collassare come una stella, creando probabilmente un buco nero comico. Non mi aspetto che tutti lo apprezzino, ma spero che chi lo vede si soffermi a osservare Diego (super cinghiale pompato al massimo) che da solo riesce a dare un senso a un film che, con qualunque altro attore, sarebbe stato una boiata inguardabile. Segnalo: incidente di caccia “Odino se l’è ciappato”, testa di ferro, “Che sei, sordo? Che siete, una tribù di handicappati?”. Grande e imperituro.
MEMORABILE: “A come atrocità. Doppia T come terremoto e tragedia. I come ira di Dio. L come lago di sangue e A come adesso vengo e ti sfascio le corna”.
Filmetto tremendamente sopravvalutato. Buono il cast e curiose alcune invenzioni ma il film non riesce davvero a funzionare. Lento, noioso e a tratti incomprensibile, non riesce neppure a far ridere e di tante battute solo pochissime vanno a segno. Inspiegabilmente diventato un cult, non mi sentirei di consigliarlo a nessuno. Peccato che tutti l'abbiano già visto.
"Sopravvalutato" è l'unico aggettivo che mi viene in mente. E non lo dico per fare il saccente o l'alternativo, ma perché ricordo ancora la delusione provata quando, dopo lunga attesa, ebbi a vederlo la prima volta (sapendo già tutte le battute cult, ovvio). Il ritmo soporifero della regia non aiuta e al di là delle suddette 5 battute cult c'è veramente il nulla. È vero, 5 battute che hanno segnato un'epoca, ma bastano a rendere grande il film? Io dico di no.
Noiosa produzione di basso livello, il cui unico motivo di interesse è lo slang di Abatantuono, al suo primo insuccesso commerciale e pronto a cambiare veste d'attore grazie ad Avati e Salvatores. La regia raffazzonata è della coppia Castellano & Pipolo, ottimi sceneggiatori degli anni '60 (Il federale e qualche Totò) e artefici di alcuni dei maggiori successi degli anni '80. Comunque, il film è divenuto un cult underground e la sua edizione in dvd nel 2003 ha bruciato i record di vendite.
Questo filmetto, derivato scadente del bellissimo Brancaleone, vede un Abatantuono in fase di crollo artistico, circondato dalla solita bagarre di complici del misfatto comico. Già il terrunciello aveva il fiato corto di suo, anche se all'inizio era divertente, figuriamoci in questo film che, giustamente, non ebbe successo e venne disgraziatamente rivalutato col tempo, forse perché le prove odierne dell'Abatantuono serio fan rimpiangere anche ciò che non si dovrebbe.
Pessimo. Il nadir del terrunciello abatantuonesco, inutilmente appesantito da un trucco eccessivo e costretto a muoversi in una dimensione che non gli appartiene. Certo i soldi erano pochi e si vede, ma anche così si sarebbe potuto far meglio, magari mettendo insieme un cast di supporto degno di tal nome... Ma l'errore alla base del disastro è senza dubbio quello di aver pensato che il personaggio potesse funzionare anche al di fuori della contemporaneità e dei suoi riferimenti. Abbastanza incomprensibile il culto di cui il film gode oggidì.
Cult per alcuni, parecchio sopravvalutato per altri, il film segna l'apoteosi dell'Abatantuono prima maniera quello destinato a lasciare il posto al maturo attore di oggi. Visto con gli occhi dello spettatore odierno il film diretto da Castellano & Pipolo è certamente una commedia divertente ma solo a tratti (con momenti francamente assai spassosi); parecchi però sono i punti in cui il livello cala e subentra un evidente vuoto d'idee e di ispirazione.
Abatantuono vecchia maniera con questo film riesce a creare, insieme ai fidi Castellano & Pipolo, un nuovo sottofilone del cinema bis: lo storico/demenziale. Che ce ne fosse bisogno o meno, è un altro discorso. Certo, lo slang del terrunciello-misto-barbaro è di rara genialità e alcune battute sono entrate di diritto nell'immaginario collettivo, ma al di là di alcuni momenti divertenti il film è abbastanza imbarazzante, specialmente per la messa in scena, di una povertà deprimente. I comprimari fanno pena e la sceneggiatura arranca troppo.
Di una noia mortale e diventato, chissa perché, un cult movie. Scritto malissimo e diretto ancora peggio dalla micidiale coppia Castellano e Pipolo, responsabili negli anni '80 di alcune sconcezze indicibili (un titolo per tutti College), si avvale di un Diego Abatantuono prima maniera scatenato. Al suo fianco una Rita Rusic non ancora signora Cecchi Gori. Battute sceme e gag ridicole. Evitabile.
È diventato un cult per il fatto di contenere alcune delle battute storiche di Abatantuono: alcune sono davvero inarrivabili (come non citare lo spelling di Attila...), per non dire del soggetto, davero originale. Purtroppo non ha molto altro da offrire: ritmo soporifero, comprimari non del tutto all'altezza (la Rusic in particolare). Meglio rivedere solo le battute principali, anziché tutto il film.
MEMORABILE: "Come te chiami?" "Attllà" "Come?" "Attlla!" "Come?" "AAAtttlla! Ma siet 'na tribù d'anTicappati?"
Davvero troppo sopravvalutato. Prima di guardarlo sentii diversi amici cultori del cinema anni 80 parlarne come un cult divertentissimo. Invece, a parte la parlata di Diego, divertente ma ripetitiva, si tratta di un filmetto. Attori non all'altezza (la Rusic e Salvi in particolare), diverse battute "fredde" e una noia che assale dopo un'ora massimo. Sinceramente, una delusione: mediocre.
Commedia di costume per un Diego Abtantuono ancora terrunciello e ancora soltanto "attore comico". L'idea di Castellano e Pipolo su "Attila flagello di Dio" era quella di farne un misto fra Conan il barbaro di John Milius, L'armata Brancaleone di Mario Monicelli ed Eccezzziunale... veramente di Carlo Vanzina, ma la cosa non piacque subito, nonostante un Abatantuono ancora perfetto terrunciello, un Muaro di Francesco prorompente ed un Francesco Salvi fuori di testa come in Fracchia la belva umana. Notevolmente nuda Rita Rusic.
MEMORABILE: Attila: "Rinaulto è moruto, il nemico ce l'ha ciappato!"
Quasi inguardabile, se non fosse perché Abatantuono è al suo meglio (nei "vecchi" panni del terrunciello) e Rita Rusic una gran bonazza (lasciamo perdere invece il lato attoriale). Per il resto siamo di fronte ad un vuoto desolante, aggravato dal fatto di dare l'impressione di essere stato girato con quattro soldi (sperando che sia effettivamente così), con poche battute che strappano il sorriso (lo spelling del nome) e molte situazioni che suggerirebbero di schiacciare il tasto FF. Lo credevo decisamente più simpatico. Con tanta generosità *!
Comprensibile che sia un cult: Abatantuono terrunciello è scatenato in questo sgangherato calco dell'Armata Brancaleone e col resto del cast dà vita a dialoghi da antologia dei bmovies italici. Comprensibile che in sala all'epoca abbia floppato: tolto l'usurato Abatantuono c'è davvero poco. Però le musiche (del duo Pfm Di Cioccio-Mussida) sono piacevoli, i comprimari sono simpatici, i riferimenti alla subcultura di massa del periodo sono curiosi. E ci sono quelle 5-6 battute entrate di prepotenza nel lessico comune: vale la pena riascoltarle.
MEMORABILE: Oltre alle battute di cui sopra, la citazione dello spot (di Leone!) della Renault 18 diesel, col gallo Renolto che si libera dalle catene rombando.
Insulso fimetto che ha rappresentato il punto più basso della carriera di Abatantuono. è evidente il tentativo di rifare un nuovo Brancaleone, ma qui manca tutto per avvicinarsi al modello: ci sono 4 o 5 battute che restano in mente (e per i maschietti i nudi della Rusic, pessima attrice ma con un corpo da urlo!), per il resto il film è uno sconclusionato susseguirsi di scenette stupide mentre seguiamo questi improbabili barbari alla conquista di Roma. Sorpendente che se ne parli ancora.
Perchè seguiamo te? Perchè tu sei Lo Re! Lo Re di questo filone unipersonale, il cinema abatantuonesco ante salvationem salvatoriana. Il cinema cabarettistico, scopiazzatore, arruffato, ma con una sua innegabile viulenzz comica tutta basata sul protagonista. Qui la trama è inesistente, la sceneggiatura è da recita delle medie, ma Diego spadroneggia nei panni del Fratello di Dio (o comunque molto amico di Dio), tra babbar' e romani, con la presenza stracult di Rita Rusic (che poi si accaserà bene, cioè male, insomma). Imo!
Avevo 11 anni ed era il Natale dell'epocale (19)82: nel nuovo di Bisceglie ero tra i non molti presenti in sala allo spettacolo pomeridiano. Rivisto con gli occhi dello “splendido quarantenne”, nonostante lo sdoganamento cult, l’impressione è ancora (quasi) la stessa: stirato, noiosetto, statico. Salvi che mi faceva scompisciar, Maurino vassallo di Re Tiego, ragazzi (chiedo venia): le poppe della Rusic, il mutismo di Di Ciocco e quelle musiche (con l'intelletto di poi) così stranianti rispetto al contesto. Abatantuono debordante. Certe visioni comunque segnano.
Castellano (Franco Castellano) HA DIRETTO ANCHE...
Difficilmente mi è capitato ad assistere ad un vuoto così palese di idee e di trovate comiche: nemmeno a sforzarmi sono riuscito a farmi una sanissima risata. La rappresentazione è scarna, sembra un'opera girata amatorialmente da un gruppo di amici. Costumi ridicoli, storia inesistente e recitazione sotto il livello di decenza. Abatantuono dopo soli 5 minuti è insopportabile e la voglia di vedere altro si fa invadente e incessante. Inspiegabile il successo postumo. Solo per appassionati. Per me, un mistero.
Più scult che cult, considerati i meriti effettivi. Il film è infatti approssimativo, con un ritmo non proprio coinvolgente, una sceneggiatura labile e una messa in scena ancor più modesta: un semplice canovaccio sul quale Abatantuono, armato di un inguaribile istrionismo, è riuscito ad innestare una serie di battute esilaranti che costituiscono la vera ragion d'essere della pellicola. Musiche curiose. La Rusic più o meno ignuda dall'inizio alla fine.
MEMORABILE: "Giallo! Rollo funebre!"; "A come Atrocità..."
Divertente film trash/storico a suo tempo poco considerato e poi diventato un vero e propio cult (a dire il vero ora sopravvalutato). Come raccontare la calata dei barbari in Italia in chiave ironica, con Abatantuono al top del periodo "terronese" e un gruppo di bravi attori come Di Francesco e Salvi che faranno una discreta carriera. Non mancano ovviamente i romani, qui dipinti come i "cattivi" di turno. Ottime musiche firmate Di Cioccio/Mussida, ossia Pfm.
MEMORABILE: Il barbaro "Giallo" (Di Cioccio) sempre muto, suona i tamburi con le movenze del batterista (visto che tale è nella realtà).
Ovviamente se badiamo alla qualità intrinseca del film sarebbe difficile dargli più di due pallini e mezzo... Ma non sempre si deve giudicare col solo col metro del critico raffinato. Soprattutto paragonato a tante farse successive, italiane e straniere, questo film è di gran lunga più spassoso, convincente e genuino. Abatantuono sguazza nel ruolo a meraviglia e tiene sempre saldamente la scena. Spassosi i duetti con Di Francesco e col maestro interpretato dal compianto Marra. Bellissima la Rusic.
Il top del trash italico anni 80 si raggiunge con questa pellicola storico-demenziale che rappresenta il canto del cigno del personaggio creato da Abatantuono. La pellicola si ricorda per alcune citazioni in slang del protagonista (alcune esilaranti) ma nel complesso appare abbastanza carente. La Rusic mostra un'ammaliante quanto selvaggia bellezza.
Micidiale, insalvabile film (*) che ha di demenziale non ciò che è stato voluto, ma ciò che è capitato, per l'incredibile improvvisazione che deve esserci stata sul set (chiamiàmolo così). Diventato di culto per motivi che non è il caso di ripetere, lascia allibiti per ogni piano di lettura. Perché i toscani sono vestiti in foggia medievale? Fa ridere Salvi che ammazza i legionari con la parlantina? Non è manco profetico, perché l'unico sorriso lo strappa la Rusic, quando rifiuta (ma nel film) un matrimonio che la eleverebbe di ceto sociale...
Riprende in qualche modo il tema dell'Armata Brancaleone di Monicelli. Una sgangherata banda di barbari guidati da Abatantuono nella sua peggiore versione di "terrunciello" vuole raggiungere Roma per conquistarla. Qualche sorriso lo strappa, ma parlare di film cult mi sembra eccessivo. Presenti nel cast Salvi, Di Francesco, Di Cioccio (batterista PFM) che per fortuna non parla, il grande Murgia in un mini-ruolo. La Rusic fa vedere le sue gambe, anche perché non ha altro.
MEMORABILE: Il navigatore ligure che canta "Genova per noi".
Partiamo col dire che il film non piacerà a tutti, ma è altrettanto ovvio che sarà considerato una vera e propria "chicca" da chi apprezza le commedie italiane. Abatantuono è all'apice della carriera (il 1982 è l'anno più prolifico, per l'attore) e regala un'interpretazione tanto buffa quanto riuscita del famoso eroe barbaro. L'umorismo di Diego la fa da padrone, ma anche i comprimari sono simpatici (su tutti il migliore è Angelo Infanti). Risate assicurate!
Commediola che, per motivi non appieno comprensibili, è divenuta un cult. In realtà è un prodotto mediocre, non ben realizzato e con ampi momenti di stanca. Il ritmo infatti è molto lento e pure i comprimari non sono all'altezza (su tutti la ruspante Rusic). La forza del film è quella di offrire il miglior Abatantuono dell'epoca, che qui condensa al meglio i propri tormentoni. Le battute riuscite non sono molte, ma comunque sono efficaci e, unite a un soggetto davvero originale, alla lunga sono più memorabili del film in sé. Da citazione.
Se dopo oltre trent'anni si continua a parlare di un film, quel film ha un valore. Checché se ne dica, questo è uno dei pochi casi in cui - in un film italiano di quegli anni - non si ride per battute a sfondo sessuale o rumori corporali. Abatantuono porta il suo personaggio alla massima caricatura possibile coadiuvato da ottimi caratteristi e da una Rita Rusic bella da togliere il fiato. Gli effetti trash, tipo la trasformazione Enzo Crocitti in asino mannaro, sono memorabili. Un film che della povertà di mezzi ha fatto il suo punto di forza.
Un cult del cinema trash, con un Abatantuono al suo massimo. Le gag sono grevi e la comicità dozzinale, ma alcune trovate lasciano il segno, come l'esilarante spelling del nome Attila, che è diventato super-citato e ha fatto la fortuna del film. Colonna sonora dei PFM Mussida e Di Cioccio, quest'ultimo anche attore. Rita Rusic, futura moglie di Vittorio Cecchi Gori, si mostra con generosità.
Commedia di nicchia fruibile prevalentemente dagli appassionati di Abatantuono, alle prese con la figura del barbaro Attila che ha contribuito non poco alla sua fortuna. Difficilmente apprezzabile da tutti in quanto miserrimo sotto tanti punti di vista, ma soprattutto perché punta esclusivamente sul personale carisma del comico. Un giudizio tecnico, infatti, lascia il tempo che trova poiché il film prosegue su un esile canovaccio che fornisce il pretesto per gag e battute. Impreziosito da una colonna sonora inusuale per lo standard del genere.
Siamo nel regno del trash dichiarato senza vergogna, in un film girato con quattro soldi attorno al protagonista per sfruttarne il momentaneo successo. Gli autori non si sono presi nemmeno la briga di scrivere una sceneggiatura degna affidandosi alla (scarsa) capacità di improvvisazione del cast. Un susseguirsi di scene imbarazzanti prive di qualsiasi forma di ilarità in cui si salvano solo Infanti e la statuaria Rusic, che sembrano crederci fino in fondo. Ma è davvero troppo poco. Insalvabile sotto qualsiasi punto di vista.
Che sia tra le vette assolute del trash all'italiana nessuno lo mette in dubbio, ma la fama che gode oggi va ben al di là dei meriti reali. Tuttavia è un film con un suo senso, perché questo Abatantuono così agreste non è tanto lontano dal concetto comune dell'Attila storico. Le somiglianze finiscono qui, ma il protagonista, con la sua fisicità e il suo parlare "sporco", regge sino alla fine (lo spettatore un po' meno). La sfilza di caratteristi che ha marcato un'epoca rende il film più accettabile; nel complesso due pallini sono un voto onesto.
MEMORABILE: "Attila non si ritira mai!"... Boom.... "Ritiriamoci!"
Punto di non ritorno nel trash italico, è un film che bisogna vedere per crederci. E' ben vero che visti i recenti Asterix sarebbe quasi da rivalutare. In ogni caso rimane un film demenzial - pseudo comico puerile, se non ci fossero i generosi nudi di una splendida Rita Rusic. Non si ride mai, ma qua e là si sorride per l'incredibile assurdità delle situazioni. Abatantuono propone il suo solito personaggio ottantiano di cui oggi si apprezza la vena surreale. C'è anche Francesco Salvi. Per fan del genere...
La comicità del primo Abatantuono riassunta in un film. Attila flagello di Dio è sicuramente un cult della commedia italiana e per questo merita una visione da parte di tutti gli amanti del genere. Ciononostante resta un film un po' sopravalutato, che fa ridere ma solo a tratti. Troppi i riempitivi e infatti il film ha una durata eccessiva, che alla lunga annoia. Abatantuono comunque è grande e ci regala una bella dose di spassosissime gag.
Film che negli anni è assurto a rango di cult in maniera inspiegabile. Una commedia noiosissima, priva di un qualsiasi spunto divertente e zeppa di inspiegabili scelte di sceneggiatura. Il tutto è condito da una pessima recitazione (qui è sottotono anche il bravissimo Angelo Infanti) e da una colonna sonora insopportabile. Abatantuono propone il consueto personaggio, ma senza una spalla adeguata perde e soprattutto stanca. Pessimo.
Film "cult" di evidente derivazione monicelliana in cui Abatantuono riprende il personaggio del terrunciello calandosi nel ruolo di un improbabile capo barbaro. La commedia, pur avvalendosi di uno splendido Angelo Infanti (unica nota lieta del film), manca di un buon ritmo ed è caratterizzata da una comicità grossolana e da una verbosità irrefrenabile che la rende insopportabile.
C'è chi lo considera una pietra miliare della comicità demenziale italiana e chi invece lo reputa un film di infimo livello; probabilmente la verità sta nel mezzo: se da un lato si nota una certa povertà di sceneggiatura e regia, dall'altro lato Diego Abatantuono regala allo spettatore alcune perle comiche di assoluto valore. Insomma, un film che merita di essere visto almeno una volta nella vita.
Il film che con il suo insuccesso ha decretato l'accantonamento, da parte di Diego Abatantuono, del personaggio del "terrunciello" prima maniera. In realtà è un film divertente, con tante trovate, ben recitato e capace comunque di suscitare ancora oggi interesse. I caratteristi fanno tutti il loro dovere, Rita Rusic è una vera e propria bomba e fa piacere rivedere la Tuscia protagonista di tanti film avventurosi di nuovo scenario principale.
Parodia sgrammaticata in cui non si capisce se prevalga il piglio goliardico, il gusto dell'improbabile o la sciatteria; certo è che qui Abatantuono è più torrenziale e terrunciellesco che mai, per la gioia degli estimatori e la noia dei detrattori. Per la legge dei grandi numeri, qualche guizzo degno di memoria si trova, diluito in un mare di momenti futili e ripetitivi. Il cast secondario (salvo forse Infanti) sembra adeguarsi fin troppo al clima disimpegnato del film; in particolare, il comparto femminile risulta terribile (anche se la Rusic, in compenso, è molto guardabile).
MEMORABILE: Lo spelling di Attila; "Imo, sbabbari!"; Il gallo Renolto; Franz Di Cioccio; Le mazzate a Maurino; Le grazie di Rita Rusic.
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DiscussioneZender • 9/10/14 18:46 Capo scrivano - 46886 interventi
L'hai detto, Caesars. Uno di quei film che divide come pochi :)
DiscussioneGraf • 9/10/14 20:40 Call center Davinotti - 910 interventi
Zender ebbe a dire: L'hai detto, Caesars. Uno di quei film che divide come pochi.
Credo che dipenda dall'originale modalità di recitazione in vernacolo di Diego Abatantuono. C'e chi la trova strepitosa e chi non la può soffrire.
Le interpretazioni di Diego Ababantuono da Regalo di Natale in poi sono, invece, apprezzate da tutti.
DiscussioneZender • 10/10/14 08:23 Capo scrivano - 46886 interventi
Sì, è vero Graf; la cosa riguarda in particolare questo film proprio perché di fatto è l'apoteosi abatantuonesca prima maniera, in cui spesso la battuta scaturisce dal solo uso imbestialito del suo "vernacolo".
MusicheZender • 25/03/15 18:50 Capo scrivano - 46886 interventi
Le musiche del film sono firmate Franz di Cioccio (che appare anche nel film nella parte del "giallo") e Franco Mussida, da sempre l'asse portante della Premiata Forneria Marconi (nonché gli unici due membri da sempre presenti in ogni incarnazione della PFM). Il disco, mai uscito purtroppo in cd, è un 33 giri rarissimo composto di 8 pezzi, che Youtube ci permette di ascoltare per intero! Ne uscì anche il 45 giri, contenente la title track ("versione barbara", cioè cantata) e sul retro la versione strumentale (ben diversa) della stessa. I pezzi (ad eccezione della citata title track in "versione barbara" e di qualche gorgheggio femminile qua e là) sono interamente strumentali.
HomevideoRuber • 17/07/16 21:58 Contratto a progetto - 9214 interventi
Il blu ray di CGH ha durata di 1h42m09s
Formato: 1,85:1 Anamorfico
Audio: 2.0 Italiano
5.1 DTS HD Italiano
Sottotitoli: Italiano
Extra: Intervista al regista Giuseppe Moccia.
CuriositàBuiomega71 • 11/04/19 19:05 Pianificazione e progetti - 24987 interventi
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi & Canzoni della Prima Visione Tv (giovedì 15 novembre 1984) di Attila flagello di Dio:
Renolto è interpretato da Giuseppe Castellano, presente in tanti polizziotteschi e in Febbre da Cavallo nel ruolo del fantino Stelvio Mazza. Strano non risulti il suo nome nemmeno su Wikipedia.
Renolto è interpretato da Giuseppe Castellano, presente in tanti polizziotteschi e in Febbre da Cavallo nel ruolo del fantino Stelvio Mazza. Strano non risulti il suo nome nemmeno su Wikipedia.
A dire il vero è segnalato (forse non lo trovavi perchè il suo personaggio lo hai cercato come Renolto e non come Renaulto)
Renolto è interpretato da Giuseppe Castellano, presente in tanti polizziotteschi e in Febbre da Cavallo nel ruolo del fantino Stelvio Mazza. Strano non risulti il suo nome nemmeno su Wikipedia.
A dire il vero è segnalato (forse non lo trovavi perchè il suo personaggio lo hai cercato come Renolto e non come Renaulto)
Giusto, Mauro. Cercavo proprio la pagina di Giuseppe Castellano che non esiste ancora, ma almeno il suo nome sulla pagina di Attila c’è. Al contrario di quella di Febbre da Cavallo.