Ecco un horror che fa veramente paura. Merito innanzitutto dell'atmosfera tesa e ansiogena che Rugna fa crescere con improvvise fiammate di violenza (la scena del cane, ma anche i padroni del capro) e non sono da sottovalutare gli effetti speciali realizzati a mano, che riportano alla mente Fulci o Argento. Attori straordinari, bambini inclusi, che nel finale sembrano usciti dal villaggio dei dannati. Gran film, che pur rappresentando un mondo distopico (non esistono più le chiese, per esempio) affonda le radici in tradizioni e superstizioni tuttora esistenti.
L'argentino Rugna offre un'efficace variazione del possession-movie con questo horror demoniaco che vede un gruppo di persone cercare di fermare la nascita dell'anticristo; l'ambientazione rurale ai margini della città, il senso di alienazione e mistero, l'atmosfera putrida e malevola aiutano a calarsi in un racconto che rivela solo il minimo indispensabile sul background della maledizione in corso. I momenti grafici e concettualmente forti non mancano, non si risparmia nessuno e i riferimenti ai classici del filone non sono troppo invasivi; si può saltare Il credente e passar qui.
Due fratelli che vorrebbero eliminare un uomo posseduto da un demone finiscono al contrario per creare ulteriori problemi. Horror di ambientazione rurale niente affatto male che, pur non potendo contare su un budget rilevante, riesce comunque a creare una certa suspense (inquietante il trucco dell'allettato) mescolandola sapientemente ai drammi familiari. Di certo non si distingue per originalità dell'intreccio (e del finale), ma merita la visione per il ritmo in crescendo, l'atmosfera mortifera e in special modo la bravura del cast capace di dare credibilità ai vari personaggi.
In un remoto villaggio argentino, un contagio demoniaco che ha come epicentro il corpo devastato e purulento di un uomo si propaga in modo incontrollabile proprio quando due fratelli cercano di disfarsene portandolo via di peso fuori dalla comunità. Un horror sui generis, che dribbla il citazionismo per concentrarsi sull'ineluttabilità del fenomeno, che trasforma ogni iniziativa liberatrice nel suo contrario, con aumento esponenziale di scene gore e possessioni cruente molto ben realizzate, conservando sempre una forza "realistica" nonostante la tematica. Un notevole passo avanti.
MEMORABILE: La traslazione dell'enorme corpo indemoniato; Il cane rabbioso; Le atroci conseguenze cannibalesche; La fossa sotto il palco; Il gelato alla mela.
In una sperduta comunità rurale, due fratelli scoprono che il diavolo possiede animali e persone, trasformando gli infetti in masse di carne purulenta che non possono essere uccise... Horror cupissimo, a parte qualche risvolto d'humor nero legato all'inadeguatezza dei sistemi messi in atto dai protagonisti per contrastare la diffusione di un contagio che non risparmia nessuno, bambini compresi. Con effetti speciali in grado di garantite una buona dose di raccapriccio, personaggi ben caratterizzati, cast adeguato, un film argentino che non provoca solo disgusto ma genuino orrore.
Lungometraggio argentino basato sulla possessione demoniaca, ma a modo suo: piccolo paese, il demone passa da un abitante all'altro come una sorta di virus e i personaggi si comportano come degli zombi (e ci sono delle regole della tradizione da rispettare). Tirando le somme il risultato è molto vicino a quello del genere epidemico o apocalisse zombi; sicuramente molto tenebroso e drammatico, non risparmia scene raccapriccianti, ma alla lunga il gioco stanca e si arriva al finale senza troppi entusiasmi. Sicuramente guardabile (anche per la buona prova del cast).
L'assoluta preminenza dell'inalienabile inarginabile impalpabile sovranità di un male che non riconosce autorità pari o superiore e si sposta ovunque in chiunque, trasmettendosi viralmente da cosa zona feto bambino donna vecchio cadavere persona animale generazione all'altra. Ci sarebbero 7 regole per contrastarlo, tutte regolarmente sopraffatte. Con questo semplice presupposto da gioco delle sedie perso in partenza, Rugna, che già ci impietrì con colpo ferire, ennessenzia la paura a nuovo sangue con cui sottoporci a dialisi. E per oltre 90' non c'è opponibile resistenza che tenga.
Interessante horror demoniaco che sfocia in un quadro apocalittico crudele, senza speranza e senza catarsi: Rugna sceglie come protagonisti persone comuni, privi di spessore eroico, che come tali commettono molti errori, anche perché abbandonati dalle istituzioni. Il regista sovverte le regole rielaborando il tutto con personalità e cambiando di continuo le carte in tavola e, al netto di alcune ingenuità di scrittura, i pugni nello stomaco arrivano e le sequenze destinate a stagliarsi nella memoria sono parecchie: tra Carpenter e Fulci con molto talento e sana anarchia.
MEMORABILE: Il cane con la bambina; Uriel nel letto; L'esecuzione della capra e le conseguenze; La scuola; Il bambino snack da passeggio.
Film argentino che affronta la possessione e l'incarnazione del male nei misteri e nelle credenze delle popolazioni rurali più isolate. Purtroppo dall'idea interessante dell'anticristo parassita si passa ben presto a una sorta di cacciatore di posseduti con tanto di armi e tecnologie di cui poco o nulla si sa. In ripresa nel finale con alcune trovate a effetto molto interessanti.
Dopo Terrorizzati, l'argentino Rugna ritorna all'horror nudo e crudo, tagliando su preamboli e premesse per scaraventare lo spettatore in un raccapricciante universo alternativo, in cui le possessioni demoniache sono ormai un problema ben noto e la loro diffusione va evitata con accortezze da emergenza pandemica (sebbene il vademecum somigli più a un regolamento gremliniano). Materia dunque non nuova di per sé (neanche nelle sue derive para-zombesche), ma trattata dall'autore con taglio realistico, drammaticamente viscerale e ben piazzato in materia di shock visivo e gore. Riuscito.
MEMORABILE: Il primo posseduto obeso, fra pustole e secrezioni disgustose; L'uccisione della capra e ciò che ne consegue; Il cane; L'atto finale serradoriano.
Forse il confronto con Terrorizzati, dello stesso autore, fa slittare il giudizio, ma recupera nel modo di narrare la tematica della possessione e dell'avvicinamento al Maligno. Per esempio nel fatto che il male è affascinato dai bambini e, a loro volta, i bambini sono affascinati dal male. Quindi sottraendoli in questo dal limbo di purezza infantile. Oltre che su questo stesso tema, non sono da lasciarsi sfuggire diverse scene macabre; in parole povere: non c'è sacro per Demiàn Rugna.
MEMORABILE: La scena della scuola; La presentazione del Marcio.
“Evil loves children and children love Evil”. Potrebbe essere il manifesto di un'intera generazione di adulti cresciuti a pane e cinema horror. Invece è la logica del Maligno, che alla caduta verticale dell'istituzione cattolica, incombe, entropico e infestante. Il film di Rugna attraversa molteplici immaginari (Fulci, Serrador, King e la metafisica lovecraftiana) configurando, nel segno del classicismo, uno scenario millenarista putrido e genuinamente spaventoso. Ributtanti gli effetti artigianali di Marcos Berta. Potrebbe essere il sequel en plein air de Il Signore del Male.
L'instabile fiducia dell'uomo, qui immerso in una sorta di non luogo in cui natura e credenze liberano stati d’animo nitidi e disperati. Il terrore più estremo si innalza, nel film Demián Rugna, in un bersagliamento gore di forme amorfe e pulsioni primigenie. La paranoia dilaga, così come le isterie, i feticismi, gli assalti. Putrido e controverso, omaggia classici e contemporanei in un ipnotizzante vortice pessimista.
Horror demoniaco di ambientazione rurale che, soprattutto per la prima metà, non ha peli sulla lingua e non pensa ad avere freni inibitori. Affatto. Alcune scene (vedi il cane e la donna sul ciglio della strada con il bambino tra le braccia) sono davvero per stomaci forti e donano il tanto bramato da noi telespettatori "effetto wow". Peccato che nella seconda parte, da quando vanno dalla donna nel bosco, si standardizza con trovate abbastanza telefonate e banali, per il genere horror. Nel finale però recupera regalandoci un'opera di genere di livello.
Horror argentino d'ambientazione rurale che, nel suo inizio tutto al maschile col mostro da trascinare fuori casa, sembra un Vampires senza eroi e con possessioni malefiche al posto del vampirismo. Poi si cambia direzione, l'atmosfera si incupisce e il film procede alternando momenti di stasi ad altri più movimentati, ravvivandosi in prossimità delle gustose scene splatter, servite saggiamente senza alcuna ironia ma con sin troppa parsimonia. Soggetto derivativo, senza particolari sorprese, ma il senso di rassegnazione colpisce nel segno. Confezione e interpretazioni di buon livello.
Non c'è che dire, Demián Rugna ci catapulta in un battibaleno in un incubo rurale putrescente nel quale ogni punto di riferimento viene a mancare, tanto da rimanere subito destabilizzati. L'impatto visivo è notevole, con "il marcio" che si prende subito la scena e il cui trasporto già di per sé è qualcosa di raccapricciante. Il male è un piaga dilagante e il contagio non risparmia niente e nessuno. Un male che si nutre della debolezza delle persone e che fa leva sui sentimenti più intimi e profondi. Non c'è redenzione, non c'è speranza, ma solo dolore. Cupo, irrazionale e bellissimo.
MEMORABILE: Il trasporto del "marcio"; La visita alla casa dei figli.
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