Un film che è una macchina che prevede tutto, fino al più insignificante dei dettagli, e lo fa a Parigi come a Santo Domingo fino a New York, con codici spietati e "automatici". Nessuna cattiveria, solo calcoli. Per aggirare questa realtà Fassbender deve infatti scomparire, diventare un anonimo "turista tedesco" e seguire ferree regole per non lasciare mai nessuna traccia di sé. Fincher coglie nel segno e Fassbender è adatto al ruolo. Peccato che quella macchina abbia fagocitato anche loro. Non brilla per ritmo né per originalità.
Un compatto gioiello fatto di tensione e in grado di tenere il pubblico con il fiato sospeso lavorando su una suspense sapientemente dosata dalla regia di uno dei più grandi registi contemporanei: bastano già la scena del combattimento corpo a corpo e l'incipit, a confermare la grande messa in scena firmata da Fincher e la qualità nel reparto del montaggio.
Nonostante le estenuanti elucubrazioni sciorinate come un mantra su quello che un buon killer dovrebbe fare, il protagonista sbaglia obbiettivo e dovrà affrontarne le conseguenze. Fincher questa volta sembra girare a vuoto, portando avanti una narrazione a capitoli senza creare una vera unità emozionale, rincorrendo piuttosto l'estetica e l'esotismo delle location (anche qui niente di nuovo) che si ripetono con una sequenza estrinseca rispetto alle dichiarazioni di intenti del protagonista. Nonostante la presenza di un buon cast, lascia a ogni svolta una sensazione di freddo déjà vu.
MEMORABILE: I continui cambi di luogo e identità, noleggi auto e appostamenti in attesa che succeda qualcosa; La freddezza delle esecuzioni; Gli Smiths in cuffia.
Un film freddo, sostanzialmente anonimo, ingannevolmente complesso. La psicologia dell'assassino (alla fin fine egli opera una vendetta) è composta di citazioni alla rinfusa sentite innumerevoli volte. La parte pre-action (la meticolosa preparazione, le abilità tecniche) è l'unica a generare curiosità e in questa riposa la maggior attrazione della pellicola insieme all'algido controllo registico. L'azione vera e propria (il corpo a corpo) è, invece, debole oltre che stravista in centinaia di filmetti e telefilmetti. Inutile monologo della Swinton buono al più come riempitivo.
Bei tempi quando Fincher era Fincher. Il film non è male in sé, la prima parte incuriosisce ed è ben costruita. Poi tutto diventa routinario; al posto di Fassbender ci poteva essere uno Statham qualunque e sarebbe stato lo stesso. Forse addirittura meglio. Anche il mantra ripetuto all'infinito dal protagonista è un classico di chi deve compiere una vendetta. La presenza di Tilda, sempre magnetica nonostante (o forse perché) algida, è sostanzialmente inutile. Finale spiazzante. Si salva solo la fotografia.
Sicario metodico commette un errore professionale uccidendo la persona sbagliata. A seguire la solita sentenza di morte emanata nei suoi confronti e la solita mattanza da parte di lui... La trama è basica, ma questo in sé non è un problema, a patto che l'essenzialità si coniughi con il il rigore autoriale. Non è il caso di questo film, che racconta una storia già proposta in altre occasioni in modi migliori e anche più congruenti, considerati alcuni risvolti privi di senso logico. Quanto a Fassbender recita come fosse un monaco tibetano, sentenziando in continuazione fuori campo.
Fincher, un regista di peso e poco banale. Fassbender, che non si vede molto sul grande schermo, in un ruolo totalizzante. La cosa sembrerebbe intrigante. Durante la visione tuttavia non si registrano picchi di interesse, lo stesso protagonista è voluto in una veste metafisica che osserva e ripete fino allo sfinimento alcuni principi di come intende il suo mestiere. Poco action (si salva la fuga sullo scooter), dialoghi che vanno a corrente alternata, ambientazioni varie. Rigoroso e autoriale nelle intenzioni ma alla fine prossimo al dimenticabile.
Un Fincher senza dubbio minore questo di "The killer", che mette in scena la storia di un cupo e solitario assassino interpretato in maniera fredda e glaciale da Fassbender, non riuscendo ad andare oltre a una storia piatta e di base molto semplice. Ciò che manca è sicuramente l'aspetto emotivo, surclassato da una logica filmica e una struttura molto precise, il tutto a sfavore dell'empatia nonostante si provi a dare al personaggio una sorta di fallibilità iniziale per renderlo il più umano possibile. Tecnicamente di indubbio valore, ma debole nei contenuti.
Un film bolso, inutile, che sa di déjà vu e che nulla aggiunge alla già lunga lista dei film simili. Recitazione fuori campo che dopo un po' diventa più che fastidiosa (anche perché spesso poco ci si capisce) e un Fassbender impalpabile che recita peggio che nella saga di Alien (ma lì almeno era un robot). Il killer sarà anche appassionato degli Smiths ma la pubblicità di McDonald's inserita all'inizio del film è davvero inqualificabile.
MEMORABILE: Pessima la citazione satanista di Aleister Crowley a inizio film: "Fa ciò che vuoi". Ovviamente hanno omesso la fonte della frase.
Immersivo come un videogioco, minimale come un haiku, metodico come lo zen, l'ultimo thriller di David Fincher adatta una graphic novel, mutuandone lo stile ellittico, per passare dalla parte del killer, dopo averlo lungamente osservato attraverso l’indagineinvestigativa. Difficile non trascenderne l'essenzialità inesorabile in una metafora sul mestiere della regia e sull’ossessione per il controllo. Ma la macchina funziona aldilà delle implicazioni e l'imperturbabilità di Fassbender è un pilota automatico al quale è un piacere abbandonarsi, certi di arrivare alla meta.
Un Fincher minore? Senza dubbio, ma i difetti non risiedono certo nel manico, quanto piuttosto in una sceneggiatura che si limita a raccontare senza colpi d'ala una storia già vista troppe volte. Peccato, perché l'idea di coniugare uno stile essenziale degno di Melville con le dovute concessioni alle esigenze dello spettacolo doveva dare frutti migliori, vista la varietà delle location e la ricchezza della messa in scena. Fassbender è anche bravo, ma nel suo essere glaciale e al tempo stesso sentenzioso finisce col risultare monocorde, forse non solo per colpa del personaggio.
MEMORABILE: La visita all'avvocato; La lotta corpo a corpo; La barzelletta della Swinton.
Data la regia era lecito aspettarsi qualcosa in più. La vicenda del killer professionista è pure intrigante, ma risulta troppo lenta e non sviluppata a dovere. Qualche buon momento c'è, ma nel complesso il film risulta troppo prolisso e tendente al dimenticabile. Nella norma il cast, in cui il protagonista fa il suo ma non recita una parte indimenticabile. Sufficiente nel complesso, ma Fincher ha fatto di meglio.
Un film che segue la routine (se così si può chiamare) di un sicario che subisce un intoppo professionale; quasi sempre statico (tranne che per una bella scena di fuga in moto e poco altro), è decisamente ben realizzato dal punto di vista tecnico (del resto, il regista non è uno qualunque) ma non si può negare che sia ripetitivo e monotono oltre che interpretato da un attore che (in questo film) esalta la "fissità espressiva"; né compaiono personaggi secondari degni di nota. Insomma un Fincher minore, con qualche momento godibile.
Killer va alla ricerca di un cliente non soddisfatto del suo mancato lavoro. Fincher la mette sull'autoriale cercando di creare pathos emozionale e nel lungo prologo crea interesse. Sembra il cinema di Refn, ma qui manca il colpo (in tutti i sensi) a sorpresa. Fassbender va a corrente alternata e il suo mantra diviene solo ripetitivo; la Swinton serve solo per la bellezza particolare. L'unica scena di combattimento sembra uscire da un blockbuster e le pubblicità sparse sono dichiaratamente palesi.
MEMORABILE: Il garage; La fuga in vespa (!); Lo scivolone della Swinton.
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Il protagonista di Fassbender è appassionato degli Smiths, ahahahahahahahaha, non so se la cosa fosse voluta da Fincher ma pare difficile che no, e lo fa molto "sospetto", ahahaha.