Un giovane ritardato (Cremonini) deve sposare una delle due figlie brutte di Gianni Cavina, ma s'innamora della terza figlia, quella bella (Ramazzotti) e da lì iniziano i bisticci fra le due famiglie. Ambientato negli anni di Mussolini, il film si regge sulle performance di Gianni Cavina (uno degli attori simbolo del cinema di Avati) e di Andrea Roncato, che interpretano i due patriarchi. Il resto è abbastanza sottotono e deludente, a cominciare dalle prove dei due protagonisti. Un'altra pellicola alimentare per Pupi Avati, da due pallini.
MEMORABILE: La voce fuori campo di Alessandro Haber.
Un tuffo nel passato nel cuore di un paesino di pochi abitanti con tutti gli usi e costumi del tempo. È apprezzabile la credibile scelta degli attori: lontani dall'avere la pelle perfetta dei divi ma ricchi di difetti; segni di vecchiaia esaltati, come in perfetta sintonia di un passato trascorso di duro lavoro nei campi. Cremonini non è male come attore, anche se talvolta la tonalità di voce suona finta. Oltre a questo, l'intero cast è diretto in maniera eccelsa. Ottima la storia che offre in parecchi punti risvolti inaspettati. Accompagna il tutto una piacevole colonna sonora originale dello stesso Avati.
Un Avati classico, quello dei ricordi d'infanzia, (i suoi) e degli stili di vita rurali, immersi in una natura idillica (e ben fotografata), a lui tanto cara. Questa volta però più che commuovere (che è il tasto sentimentale che sa usare meglio), vuole divertire con largo uso di luoghi comuni ed eccessiva caratterizzazione, spesso ingenua (come interpretata nella mente di un bambino, nel significato buono s'intende), attraverso frasi e comportamenti, retti peraltro molto bene dagli interpreti, superficiali e di maniera. Forse era ciò che voleva.
Film guardabile, quantunque non eccezionale. Avati ci regala uno spaccato di vita rurale Anni Trenta nella provincia bolognese. Ottima fotografia, ottima ambientazione con usi e costumi dell'epoca. Migliore la prima parte, dove si rimarcano le differenze insormontabili tra la famiglia del mezzadro e quella del padrone. Attori così così, fin troppo ingenuo Cremonini, volgarotta la Ramazzotti. Grande interpretazione invece dei due patriarchi, Cavina e Roncato.
MEMORABILE: L'orchestra dei suonatori ciechi di S. Giovanni in Persiceto e il loro pranzo nelle latrine del ristorante.
Un Avati non memorabile, con trama ridotta all'osso, che trova una sua dignità grazie alla solita, ottima, ambientazione emiliana in età fascista. Il tutto è narrato con toni leggeri e vagamente nostalgici e il film funziona, nonostante la già citata esile vicenda. Piuttosto fuori luogo Cremonini e la Ramazzotti (nonostante quest'ultima se la cavi comunque bene), ottimi Cavina e Roncato, così come azzeccate risultato tutte le figure di contorno. Si guarda con piacere, ma il miglior Avati sta decisamente altrove.
Avati dirige una commedia senza troppe pretese se non quelle di raccontare uno scorcio di passato, quello che il regista vedeva con gli occhi del bambino, con le sue credenze (le mestruazioni della sorella di Carlino) e le sue tradizioni (i valori della verginità e della castità contrapposti alle pulsioni sessuali adolescenziali). Dopo un esilarante primo tempo il film batte un tantino la fiacca, con una Ramazzotti nevrotica più che ne La prima cosa bella. Roncato bravo, Cremonini non eccelle ma non è neanche troppo impacciato.
Pupi Avati ci fa fare un tuffo nel passato: siamo in Emilia durante gli anni del fascismo e ci racconta una storia che nasce, almeno in parte, dalle sue esperienze personali. Il mondo rurale di quell'epoca, gretto e maschilista, viene ben descritto mentre la trama scorre via piacevolmente. Non è una delle migliori opere di Avati, ma il giudizio è comunque positivo.
E’ un’Avati decisamente bucolico e rurale quello de Il grande cuore delle ragazze e questa visione rappresenta una versione non certo inedita della poetica del regista bolognese. La storia è minimale e i motivi di interesse sono soprattutto quelli della rappresentazione di un universo contadino ormai irrimediabilmente estinto e certamente rimpianto dal regista. Buona pertanto la ricostruzione ambientale così come la prova dei protagonisti “anziani” Cavina e Roncato. Così e così Cremonini e la Ramazzotti.
Storiella campagnola nel consueto stile di Avati, ma la sceneggiatura è scarna. Voce fuori campo che aiuta la narrazione e qualche passaggio a vuoto non permettono allo spettatore di immedesimarsi nella trasposizione rurale. L’ambientazione e la fotografia sono buone e ne beneficiano gli attori. Gruppo maschile meglio di quello femminile, con Cremonini sufficiente ed una Ramazzotti che non convince.
Il maestro bolognese ci regala una pellicola sull'amore rurale durante il ventennio provvista di tatto e delicatezza. Niente di trascendentale, ma le ambientazioni e la poetica sono ben delineate. Valida la ricostruzione, con Roncato e Cavina protagonisti rivali. Lievemente imbambolato Cremonini, troppo romana la Ramazzotti (che comunque vince il confronto con il cantante).
Quando non si rifugia nel genere, nel sogno o nel fiabesco, l’Avati del mondo contadino degli anni Trenta gira sempre lo stesso film su folklore, amori e fobie ed immancabile presenza di zitelle, puttane e puttanieri. La solita minestra riscaldata, insomma, che stavolta risulta indigeribile per il tono patetico che spezza l’equilibrio tra il dolce e l’amaro e per la scadente prova di Cremonini e della Ramazzotti, privi di carisma e credibilità benché diretti da un regista noto per far recitare brillantemente persino i non attori. Bravo invece il vecchio Cavina, lercio e odioso più che mai.
MEMORABILE: Il gioco del “Mi piace” e “Non mi piace” tra Cremonini e le due zitelle; lo sprezzante discorso di Cavina allo sposo e alla sua famiglia.
Avati gioca sul sicuro e confeziona un ennesimo tassello di quel suo puzzle di piccole storie fatte di memoria e nostalgia. Nonostante la consueta delicatezza dell'autore, questa nuova storia non aggiunge molto a quanto già visto, ma conferma l'incredibile bravura del regista nel far recitare gli attori, professionisti e non. Cremonini se la cava bene e Andrea Roncato si scopre come perfetta faccia avatiana.
Commedia grottesca simpatica e leggera, che racconta con nostalgia di un paesino emiliano negli anni Trenta, con i toni che tanto piacciono ad Avati. Anche se la storia non decolla mai ci si diverte, soprattutto grazie all'ottimo cast "corale", in cui eccellono Cavina e Roncato (nella sua miglior interpretazione dell'ultimo decennio), mentre Cremonini sorprende e la Ramazzotti ripropone la sua simpatica parlata impacciata in romanesco. Piacevole la colonna sonora di Dalla.
Avati di questo film firma tutto in solitario (trama, regia, sceneggiatura) e si vede. In effetti più "avatiano" di cosi un film non potrebbe essere, nel bene... ma anche nel male. Tanti "deja vù" che forse un po' hanno stancato e troppe situazioni paradigmatiche della poetica del regista bolognese. Buono il cast di attori: Cavina, presenza costante nei film di Avati, Roncato credibile in un ruolo che presenta risvolti non solo comici. Cremonini e Ramazzotti rimandati. Buone le musiche di Dalla.
L'intento di Pupi Avati è probabilmente quello di denunciare col sorriso la disparità di genere tra uomo e donna nell'Italia degli Anni Trenta, dove la donna era destinata a subire passivamente l'infedeltà dell'uomo "cacciatore". Sul tema si poteva francamente fare di meglio: la descrizione è di maniera, con atteggiamenti forzati e un quadro complessivo grottesco e poco credibile. La prova di Cremonini non lascia il segno.
Un Avati in tono minore, che recupera le consuete atmosfere contadine post-belliche, per ambientare questa storia d'amore leggera. Se la vicenda in sé non offre grosse acuti, complice anche la levatura non eccezionale dei due protagonisti (soprattutto un Cesare Cremonini evidentemente prestato al cinema), le cose migliori vengono dai grandi fidati vecchi (Cavina, Roncato, Bonetti), che regalano caratterizzazioni simpatiche. C'è anche la Blanc e vederla invecchiata, per chi l'ha amata nel cinema bis settanta, fa un po' effetto.
MEMORABILE: Cavina con la mano perennemente nelle mutande.
Il film di Avati racconta tante cose: un amore, le famiglie, la campagna, i profumi, le tradizioni. La voce fuori campo di Haber è calda sa raccontare come si deve. Tra gli attori, Roncato valido, come anche Cavina (ma non sono di certo delle sorprese). Valida la Ramazzotti e un leggero punto in più per Cremonini (rispetto a lei), che dimostra di avere discrete capacità attoriali. Merita senz'altro una visione.
MEMORABILE: Il banchetto di nozze senza nozze.
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Discussione124c • 16/11/11 12:04 Contatti col mondo - 5190 interventi
Zender.
Nel cast c'è un "Carpinteri Andrea". Mi verrebbe da invertire le due parole, ma siccome non so chi sia questo attore, ti segnalo la cosa.
DiscussioneZender • 5/02/13 07:45 Capo scrivano - 48467 interventi
In questi casi quando ci son dubbi è bene reimportare tutto il cast da sappiamo dove e siamo sicuri che si fa solo bene. Era Andrea Carpinteri, ad ogni modo, sì.