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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Non è un terzo capitolo che ignora il secondo (anzi, da quello recupera Rosario Dawson, nel frattempo defunta ma che riappare a Dante in cimitero in un fugace cameo), ma si ritorna comunque - dopo la parentesi del fast food - al vecchio e glorioso minimarket. Dante (O'Halloran) e Randal (Anderson) sono di nuovo dietro al bancone, giocano ancora a hockey sul tetto e si ritrovano Jay (Mewes) e Silent Bob (sempre il regista Kevin Smith, che apre bocca in due sole occasioni) a gestire il negozio vicino (che non è più una videoteca ma una rivendita di... marijuana!). Le due coppie immancabili sono al completo, viene riconfermato...Leggi tutto il colore come nel sequel ma l'atmosfera che si cerca di recuperare è quella del primo capitolo. Che resta però irripetibile. Si è spenta ormai la forza dell'originale carica dissacrante e recuperarla anche solo parzialmente non è davvero facile. Non che non si riscopra la singolare capacità di Smith di azzeccare dialoghi al confine tra il nonsense e il sarcastico, o di inventare personaggi bizzarri che ne confermano la sincera vena ironica e spiazzante (si pensi alla donna chirurgo che entra in scena in ospedale vestita da strega, reduce da una festa in maschera); mancano tuttavia gli spunti in grado di stupire come allora per originalità e simpatia. Né basta richiamare in scena la simpatica Veronica (Ghigliotti) che discettava nel numero uno con tanta naturalezza di sesso orale o schierare la solita pletora di facce note (da Trejo ad Affleck) in brevissimi interventi utili giusto a spingere chi guarda a riconoscerne i volti.

Dopo averlo salvato da un infarto causa vena occlusa dal colesterolo, si porta Randal a riflettere sulla sua condizione: sentendosi un miracolato (solo il 20% di chi ha avuto un infarto come il suo non è morto, gli ha detto il chirurgo operandolo) capisce che è arrivato il momento di fare qualcosa di "importante" e si mette in testa di dirigere un film. Su cosa? Ma sulla sua vita al minimarket naturalmente. E dicendo "Nessuno ha ancora fatto un film su due commessi in un minimarket" è evidente come Smith scherzi metacinematograficamente trasformando i ricordi di Randal in una sorta di remake mascherato (con tanto di uso del bianco e nero suggerito da Smith stesso nei panni di Silent Bob, che passa anche nella finzione dietro la macchina da presa).

Si gioca quindi a fare un sequel che guarda al rifacimento consapevole ma l'idea, che poteva anche essere buona, andava sostenuta da una sceneggiatura più spiritosa, brillante, arguta, ed è qui che già il secondo capitolo mostrava la corda. Smith ha saputo sviluppare il suo estro in altri progetti, mai nel riprendere il suo fortunato esordio e i suoi personaggi. La vena malinconica, che si apre con l'infarto di Randal e prosegue dicendoci che la moglie di Dante è morta (nel 2006 tra l'altro, a CLERKS 2 appena concluso), si chiude nell'ultima parte senza aiutarci a risollevare il buonumore (se non nel primo caso, quando Randal battibecca col medico) evidenziando una certa difficoltà nel far convivere i due diversi registri. In definitiva, se ci si fosse fermati al primo film sarebbe stato meglio, i sequel sono solo una riproposizione annacquata e fiacca della stessa formula.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 14/10/22 DAL BENEMERITO HERRKINSKI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 9/12/22
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Herrkinski 14/10/22 03:00 - 8052 commenti

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Si ritorna al Quickstop, dove il neo-infartuato Randal decide di girare un film sulla propria vita al negozio; inizia così il trick metacinematografico con cui Smith chiude il cerchio e riflette anche sulla propria vita e sul significato del suo esordio e di tutte le persone coinvolte, in un elogio dell'amicizia che richiama a rapporto tutte le facce note del franchise e rivive alcune delle scene più significative. A parte la classica ost alternativa però i toni sono malinconici, le risate poche e il clima nostalgico, a dimostrazione che purtroppo gli anni passano per tutti.

Leandrino 15/10/22 18:04 - 506 commenti

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Kevin Smith torna ai suoi clerks con un'operazione nostalgica ma consapevole, immortalando i protagonisti originali alle prese con le debolezze psico-fisiche della mezza età. Smith mescola i registri e omaggia sé stesso, con la sua combriccola di amici sempiterni bambini; soprattutto Randall che, inossidabile nella sua sfacciata parlantina, sembra voler ricominciare un ciclo destinato a spezzarsi. Il ritmo c'è, ma si ride poco e non si apprende fino in fondo il senso di voler tornare al passato solo per seppellirlo. Soprattutto perché una conclusione più degna c'era già stata.

Paulaster 18/10/22 09:45 - 4375 commenti

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Sorta di rievocazione nostalgica delle vicende del Quickstop tra infarti, tempo che scorre e cimiteri. Il clima sconclusionato della vecchia clientela è inesistente, in quanto di scenette nuove vere e proprie non c’è traccia, e con l’escamotage del fare un film nel film si ripropongono momenti già visti. A tratti addirittura commovente, non abbonda di volgarità; si poteva sfruttare meglio qualche comparsata. Solo per completisti e per chi apprezza i film di fantascienza, dato i continui riferimenti nei dialoghi.
MEMORABILE: Malcom triple X; Il balletto di Jay; L’anacronistico negozio di VHS.

Capannelle 3/11/22 23:17 - 4394 commenti

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Sono passati sedici anni dal precedente episodio e si vedono tutti. L'operazione nostalgia partorisce un topolino e buona parte dei dialoghi non riescono ad appassionare; anzi, si sente spesso il bisogno di quel tasto chiamato fast forward (tanto per rimanere in tema con le VHS del negozio). Cosa salvare? L'inizio con la partita a hockey sul tetto e la fila di gente arrabbiata, qualche sprazzo della sempre accattivante Dawson e i provini per il film, che regalano qualche divertente cameo.

Fabbiu 11/03/23 15:38 - 2133 commenti

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Clerks era una perla rara, il sequel non reggeva il paragone ma era comunque divertente e lo stesso si può dire di questa terza parte, che a distanza di molti anni chiude una trilogia con la chiave della malinconia. Il registro di Smith si riconosce e lo si ama, anche se ha perso un po di grinta. E' sempre piacevole reimmergersi nei dialoghi assurdi, nei personaggi ricorrenti o nell'immancabile delirio meta-cinematografico che questa volta, con il pretesto della nostalgia per i bei tempi, va dritto dritto a ricordarci che bel film è stato l'inizio di tutto.

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