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Reeves: Un'occasione mancata per Daniele Luchetti, nonostante le ottime intenzioni (raccontare la corruzione, quella più profonda perché non solo mercantile) e nonostante un cast davvero interessante. Peccato, perché l'idea di una commedia surreale per raccontare le vicende degli anni di Mani Pulite era quella giusta, ma qui è appesantita da dialoghi e situazioni troppo macchinose.
Deepred89: Sequel tutto sommato riuscito, che procede per accumulo azzeccando un buon numero di gag e riuscendo a far ingranare un soggetto piuttosto pretestuoso, che gioca ancora una volta la carta dell'avventura on the road peccando in qualche forzatura nella parte finale. Regia azzeccata sia come estetica che nella gestione dei tempi comici, due protagonisti ancora in forma, per quanto l´eccessiva caratterizzazione - in ossequio al titolo - dei rispettivi personaggi porti spesso alla saturazione. Leggermente inferiore al primo capitolo.
Hackett: Sorta di Sliding doors all'italiana con un Nichetti che si sbizzarrisce dando vita a numerosi personaggi, diversi tra loro ma partiti da una comune infanzia. Chi sarà condizionato troppo dai genitori, chi dalla sorte, chi dall'amore. Alla fine si troveranno tutti a giocare il loro ruolo nella commedia (a volte tragica) della vita. Intelligente, a tratti ingenuo e sognante.
Panza: Commedia che non si scolla di dosso un retrogusto televisivo negli scambi di battute telefonati e scontati, nonostante l'ispirazione fosse quella delle commedie ad episodi anni '60 che rappresentavano la società italiana in mutazione con toni satirici, senza rinunciare alla commedia pura. Qua strappano qualche sorriso gli attori protagonisti e si apprezza qualche timido tentativo di critica verso la continua rincorsa ad ambizioni irraggiungibili, ma non si va a oltre ad una raccolta di barzellette che si dimentica poco dopo la conclusione. Nostalgica la partecipazione di Brad Harris.
Pigro: Il titolo già racconta tutto, se poi a rivestire i ruoli dei due ladri-truffatori di bassa tacca sono Alberto Sordi e Sylva Koscina, allora siamo di fronte alla classica commedia all’italiana d’ambiente romanesco (un nutrito e capace gruppo di attori rinforza il cast). Certo, di per sé il film è poca cosa e merita il dimenticatoio, ma alcune gag di Sordi, impegnato in vari travestimenti, si avvicinano al pantheon delle sue scene migliori.
Alexcinema: Di titoli simili il cinema italiano ne ha un bisogno immenso, considerando il marcio conformismo in cui è annegato dopo il 2000. Ma qui c'è davvero troppa carne al fuoco e malgestita, nonostante le migliori intenzioni. Capatonda è specializzato in corti satirici e qui si vede parecchio. L'idea dello sdoppiamento di personalità nel cinema comico ha sempre pagato, ma in questo film Il compiacimento sul fare risata dei luoghi comuni supera troppe volte ottime occasioni di critica sociale.
Daniela: Nel 1945, soldato americano in licenza a Roma tampina maestrina in cerca di aiuti per ricostruire il suo paesino distrutto dai bombardamenti. È l'occasione per un tour turistico per la città, fra Vaticano e ippodromo, di garbato neorealismo rosa ma modesto interesse, nonostante la grazia della Cortese, con la sua delicata bellezza aristocratica. Nel cast, Checchi doppiato fa il perdigiorno, Celi magro scompare dietro il suo imponente naso, in particine compaiono anche Salce e Stoppa. Hanno valore documentario le riprese dal vero delle macerie.
Didda23: Rose è una interior designer che sta cercando di sfondare nello studio di Caroline (Rowan), ma un infortunio occorso al padre (McNulty) la "obbliga" a tornare a casa per aiutare l'azienda di famiglia. L'occasione fa riaffiorire la passione per i tulipani. Commedia sentimentale che si avvale di un cast discreto (volti televisivi più o meno noti) e di una sceneggiatura scorrevole senza alcuna caduta di tono, mantenendo un livello più che soddisfacente in ogni componente. Non riserva alcuna sorpresa, ma la delicatezza del racconto è lodevole.
MEMORABILE: Il "dono" di Rose; L'ibrido di tulipano che non riesce a crescere; Il ritorno a casa.
Galbo: Tre storie in tre luoghi geografici differenti che improvvisamente convergono e si intrecciano tra di loro, rivelando i raccordi tra i personaggi e il comune denominatore del dolore che li attraversa. Lo stile narrativo di Arraga già evidente nei film sceneggiati per Inarritu (l'ultimo è Babel) viene confermato al debutto da regista dello scrittore. Ancora una volta un film capace di emozionare attraverso le figure umane brillantemente delineate dalla sceneggiatura in un film capace anche di rivelare l'anima dei luoghi. Bella la colonna sonora.
Kinodrop: In piena guerra fredda, al rientro da una missione spaziale qualcosa va storto e uno dei due cosmonauti viene "sequestrato" in una base segreta per studiarne le turbe psicotiche. Si scoprirà che un essere alieno si è insediato in lui e sopravvive in forma simbiotica impossibile da separare, nonostante il supporto di una psicologa chiamata a indagare sul fenomeno. Horror fantascientifico russo, dal taglio massicciamente teatrale, plumbeo, claustrofobico e decisamente greve, che rimane sospeso tra dramma psicologico-politico e derive inquietanti con ottimi effetti speciali.
MEMORABILE: L'espulsione dell'alieno; La creatura si nutre di cortisolo; I prigionieri terrorizzati dati in pasto; La fuga insieme alla psicologa.
Redeyes: Un Salvi "incatenato" tiene su la baracca senza i soliti suoi sketch; gli si concede giusto la parentesi possessione, in sé e per sé evitabile, coadiuvato da un cast che svolge il compitino senza sussulti. La trama, in particolar modo la stangata, è qualcosa di talmente puerile da non infastidire, così come tutte le vicissitudini. Il climax ascende verso aulici sentimenti convogliando in nobili abiti talari pur prendendo le mosse da lap dancer e slot machine. Sicuramente concepito per un pubblico scevro di aspettative, si lascia proprio per questo guardare ma niente più.
Lupoprezzo: Clint Eastwood dirige il suo primo poliziesco inzuppandolo d'azione spettacolare (l'inseguimento dell'elicottero) e di ritmo forsennato. L'inverosimile è sempre dietro l'angolo, ma il finale è talmente assurdo (degno del migliore, o peggiore, film d'azione degli anni '80) da risultare vincente. Buona la prova della moglie del regista Sondra Locke, in un ruolo aggressivo. Iperrealistico.
Minitina80: È talmente improponibile da non potersi permettere nemmeno l’etichetta di trash poiché è sconcertante sotto ogni profilo. Non c’è trama, i dialoghi sono ridotti all’osso e gli attori, o presunti tali, lasciano il tempo che trovano. Sinceramente non si capisce il senso di un'operazione del genere. Forse la colonna sonora è l’unica componente ad avere una parvenza di decenza. Arrivare alla fine è impresa quasi insormontabile, ai limiti dal masochismo.
Puppigallo: Meglio del precedente, perché qui si assapora di più il Maccio puro, con le sue assurdità demenziali, i giochi di parole e i personaggi non terra terra, sottoterra terra (il livello medio è quello). Certo, non tutto funziona; e le cadute non mancano. Ma se si è estimatori del protagonista e della sua inseparabile spalla, ecco che si potranno apprezzare i duetti verbali e le loro uscite con gli sfortunati che li incroceranno, come la poliziotta, che avrà a che fare con l'amarone, che fa sembrare dopo tutto buono. Nota di merito per San Ceppato, di nome e di fatto. Non male, dopotutto.
MEMORABILE: Il cartello "Strada di merda"; "Qual è il numero del 112?"; La perquisizione della paglia con: forcone, pistolettate e fuoco; La lana "Marinos".
Homesick: Sottovalutato western diretto da Parolini in terra israeliana. Dopo una partenza invero non troppo esaltante, scatta con l’entrata in scena di Van Cleef nei panni di Diamante Lobo che, con folta capigliatura, orecchino (donde il nome) e ingannevole abito ecclesiastico, eredita l’aura bizzarra e un po’ soprannaturale dell’antenato Sartana: grandiosa la vendetta all’eco delle musiche di Romitelli. Palance sfoglia il suo più ricco catalogo di mimiche e ghigni e dà il meglio di sé nell’intenso finale al cimitero; c’è anche il figlio Cody.
Ultimo: Thriller piuttosto mediocre, che si segue con interesse nella prima parte ma delude le aspettative nel secondo tempo. La prova del cast è discreta, ma la trama non sviluppata a dovere non aiuta ad alzare il voto. Le cose migliori si vedono quando entra in scena Pierce Brosnan, il poliziotto che indaga sulla scomparsa della giovane. Si può guardare una volta, ma non resta impresso a lungo.
Il Gobbo: Terzo capitolo della saga (ma in Italia uscirono coi titoli invertiti!), che vede l’ormai mitica Angelica de Plessis-Bellières dama di corte, e incaricata di una missione diplomatica... Non sarà solo il cervello a dover essere utilizzato in questo cimento, e del resto non potrebbe essere altrimenti, ma anche in questo caso non mancano i colpi di scena (e che colpi! Chi ricompare nel cast?) e il divertimento, magari un po’ naif, ma genuino.
Alex75: “Secondo” in tutti i sensi: inferiore al precedente, ma superiore ai successivi. Salce e Villaggio calcano forse troppo sull’iperbole e sulla comicità slapstick, riciclando anche trovate del primo capitolo, cosicché alcuni episodi girano un po’ a vuoto. Tuttavia, i momenti in cui Fantozzi si confronta con i superiori (con esiti, ovviamente, disastrosi) sono tra i migliori della serie, anche grazie alle indimenticabili caratterizzazioni di Faà Di Bruno, Bologna e Vestri.
MEMORABILE: La trasferta a Montecarlo; La cena alla villa; Il cineforum in concomitanza con Italia-Inghilterra; La squallida serata all’”Ippopotamo”.
Homesick: Attribuito a Sequi, pare sia stato girato in realtà dallo sceneggiatore Albert Band (Alfredo Antonini), ideatore del corbucciano I crudeli – uscito l’anno dopo - con cui peraltro questo w.a.i. ha diverse similitudini. La vicenda, circoscritta in ambito familiare, assume da subito una piega tragica che si rinnova nel gran finale in cui Cotten, paterfamilias sudista e retrivo, investe tutta la sua consumata ars dramatica. L’indomito Mitchum jr. riscatta la scialba prova di Massacro al grande canyon e dà man forte all’ex uomo del peplum Scott. Abbondano azione e sparatorie.
Giùan: Impegnata a preparare col fido Uomo dal cappello giallo e i suoi amici il costume per la festa della "zucca", la nostra scimmietta è incuriosita dalla leggenda di uno spaventapasseri senza capoccia. Avventura lunga in salsa "halloweenesca" per il piccolo George ("creatura" di Ron Howard), il cartone gioca piuttosto bene la carta dell'attrazione/repulsione dei bambini per la paura e lo "spavento". Peccato la trama troppo intorcinata rispetto alla lineare media degli episodi della serie, comunque divertente per i ficcanaso e gli impiccioni di ogni età e... razza.
Deepred89: La sceneggiatura sacrifica la realtà storica a tutta una serie di mode dei nostri anni 10, dipingendo un universo aristocratico cinquecentesco con una pennellata multietnica da un parte, una gay-friendly dall´altra e pure con una spruzzata di femminismo; eppure il film funziona, sia nel dipanarsi degli intrecci fra i vari personaggi, sia nelle suggestive atmosfere scozzesi, coronate da alcuni esterni splendidamente fotografati. A patto di lasciarsi trasportare e di non porsi troppe domande, un film intrigante e visivamente curatissimo.
Parsifal68: Una Stangata pane e salame, ma abbastanza gustosa, quella diretta dal buon Sergio Corbucci, che ha il compito non facile di far convivere (bene) due attori del calibro di Celentano e Quinn, apparentemente mal assortiti. La storia scorre piacevolmente, anche se il film di Roy Hill è tutt'altra cosa; ci sono scene simpatiche e il duo funziona bene. Elegantissima Capucine e molto bella la Cléry; insomma, un film disimpegnato che si lascia ben guardare.
Modo: Simpatica l'idea di ripercorrere vari episodi storici attraverso le sventure del povero Fantozzi. Si cerca di dare nuova linfa al ragioniere più famoso d'italia con risultati alterni. Ci sono momenti gradevoli con ottime battute e altri invece poco riusciti. Alcune scene sono uguali ai precedenti Fantozzi, lLa regia è piatta nonostante i discreti mezzi a disposizione. Bella sorpresa il rientro della mitica Pina (Liù Bosisio). Sempre bravo Gigi Reder, mentre Paolo Villaggio recita col pilota automatico.
Reeves: Bella avventura marinaresca diretta dal "comandante" Luigi Capuano nella quale la prevalenza è decisamente a vantaggio delle interpreti femminili, bellissime entrambe. La Canale è giunta quasi al termine della sua carriera, ma riempie comunque lo schermo, mentre la Spina è maliziosetta non poco. Ottime scene d'azione, e i balli sono come sempre nel cinema di Capuano eleganti e fascinosi.
Gabrius79: Deplorevole seguito di un film che aveva dato già tutto (ammesso che avesse dato qualcosa). Parte del cast viene riciclato, ma la sceneggiatura è noiosa e banale. Si salvano Calà, Cecchini e la Gravina per il rotto della cuffia. C'è una Valeria Marini agli albori. Dimenticabile.
B. Legnani: In linea con molti film di Totò c'è il fatto che il primo tempo e ben superiore al secondo, ma qui la cosa è veramente sbilanciatissima, con un nomento (il duetto con Castellani) di un livello che era difficile pensare così basso (era meglio accorciare il film!). Sceneggiatura così così: il film regge quando o ci sono duetti serrati (quelli con Gianni Agus, bravissimo, hanno un ritmo - anche senza Totò - che spesso il film smarrisce) o bravi attori come la Zoppelli. Era lecito attendersi di più. Voce narrante iniziale di Nando Gazzolo.
Siska80: Girata con un budget palesemente basso, la pellicola si mostra fiacca sin dall'inizio e con una netta contrapposizione fra i momenti più tranquilli in cui l'azione scorre lenta e quelli clou che al contrario vengono concentrati in una manciata di secondi senza dare allo spettatore il tempo di sentirsi coinvolto. Sulla carta il cast è valido, ma a parte Liotti gli altri sembrano crederci poco (sbagliatissima la scelta di far parlare in romanesco Brignano per rendere il suo personaggio caricaturale, giacché si piomba nell'incongruo e nel ridicolo involontario). Non fondamentale.
Gabrius79: Atmosfere fiabesche e simil natalizie per questa pellicola di Siani fatta su misura per bambini e famiglie e che mette completamente al bando il linguaggio volgare a favore di battutine talvolta grossolane che a tratti comunque vanno a segno. C'è una certa cura nella fotografia e nella sceneggiatura, anche se a volte si fanno parlare insensatamente gli attori in inglese (con sottotitoli). Bene Esposito come spalla, mentre Siani ripete sempre se stesso.
Belfagor: Ricorda Il discorso del re questo resoconto dei giorni più travagliati della vita di Churchill, fra l'avanzata tedesca e i dissapori interni al partito. Questa volta, però, manca un contorno solido a reggere la pur eccellente prova da protagonista di Oldman; anche se i comprimari sono di gran livello (in particolare Dillane, molto convincente) la storia procede in modo meccanico e poco approfondito, cadendo nel didascalico e nel ridondante, soprattutto nel finale ingolfato di discorsi.
Rambo90: In linea con il precedente. Trama ai minimi termini ma combattimenti ben coreografati e divertenti, soprattutto il lunghissimo scontro finale, il che lo rende gradevole per i patiti del genere. Il protagonista non ha ancora imparato a ben recitare ma rimane di un'agilità incredibile; per fortuna è coadiuvato da un cast secondario bizzarro quanto interessante: Lambert ottimo villain, Van Damme (meno presente stavolta) e persino Mike Tyson. Povera la motivazione dà il via al tutto, ma come intrattenimento fa quel che deve.
Pinhead80: Un insegnante sfigato ottiene per puro caso la facoltà di avere poteri illimitati. Quello che non sa è che in gioco c'è il destino della Terra. Divertente commedia inglese sul potere e sulle conseguenze di un possibile cattivo utilizzo. I momenti di pura ilarità si sprecano grazie a una sceneggiatura meno scontata di quanto si possa pensare. Fantastico il consiglio degli alieni che, nonostante le cattive intenzioni, fa morire dal ridere per come si esprimono i suoi componenti. Una bella sorpresa.
MEMORABILE: Gli alieni che si accorgono di aver sbagliato nome e il loro conto alla rovescia.
Saintgifts: 800 iarde è la distanza tra uomini "rispettabili" e un gruppo di banditi. 800 iarde è la distanza che una pallottola, sparata da speciali fucili, può coprire, ed ancora uccidere. La vigliaccheria di un uomo che uccide non per liberare la moglie rapita, ma per coprire i suoi problemi legati alla sfera del sesso. L'idea è buona ma portata troppo per le lunghe. Si deve alla bravura degli interpreti se non si scade nel più insulso degli spaghetti western. Anche le musiche, del pur bravo Ortolani, sono mutuate da quelle inconfondibili di Morricone.
Galbo: Dopo la morte dei genitori, la piccola Mary va a vivere dallo zio in una grande casa nella campagna inglese. Nuovo adattamento del romanzo di Burnett dopo quello della Holland del 1993. Il regista Munden punta principalmente sull'aspetto visivo che appare assai curato a partire dalla prima parte, ambientata in India e che trova i suoi momenti migliori nella rappresentazione della brughiera inglese. Viene però sacrificata la caratterizzazione di gran parte dei personaggi, a partire dallo zio della protagonista interpretato da Firth, che non appaiono particolarmente interessanti.
Capannelle: Un padre educa il figlio alla boxe ed è gelosissimo del suo ruolo tanto da regolargli la vita sentimentale. La sua ossessione produrrà conseguenze drammatiche e lo porterà a confrontarsi con nuovi mondi che non poteva vedere/comprendere prima. Un bel film che spazia dal litorale pontino alla Slovenia (con atmosfere che ricordano L'imbalsamatore), che sa essere amaro nel modo giusto e che presenta un Castellitto in grande spolvero. Nel racconto entrano ed escono troppi personaggi e il finale è discutibile ma l'impressione è quella di un film valido.
Puppigallo: Perchè si ricorda questo film? Principalmente, per l’interpretazione di Hoffman (autistico nato). E in effetti, è lui che dà un senso al tutto, relegando il resto (Cruise compreso) a poco più di un contorno, anche se il buon Tom se la cava dignitosamente. La narrazione è semplice (si scava appena nella psiche dei personaggi), ma efficace; e si arriva all’epilogo senza avvertire troppa pesantezza. I protagonisti, all’inizio, sembrano percorrere due strade parallele che mai si incontreranno, ma su pellicola tutto è possibile. Peccato per la fastidiosa voce nasale della Golino.
MEMORABILE: Hoffman che balla con la Golino; I suoi soliloqui; "Sono un ottimo guidatore".
Daniela: Quel che colpisce in questo pregevole esordio registico non è tanto la storia della metamorfosi di una moglie umiliata in spietata assassina quando l'eleganza formale con cui essa è narrata, con inquadrature curate in ogni dettaglio in cui la composizione esprime anche stati d'animo: l'ordine della repressione contrapposto al disordine della passione. Assai convincente la prova di Florence Pugh col bel volto imperturbabile che lascia appena trapelare i sentimenti ed inaspettato il raggelante epilogo, diverso da quello più convenzionale del romanzo.
Daniela: Bullizzati in cerca di rivincita e clic online sequestrano i compagni di scuola e cominciano a sparare nel mucchio. La polizia è impotente, le misure di sicurezza inadeguate, gli insegnanti impreparati ma tra gli studenti c'è una biondina addestrata all'uso delle armi dal padre reduce di guerra. Facendo leva sulla verosimiglianza dello spunto, tragicamente simile a tanti fatti di cronaca USA, un film imbocca presto la strada alla McClane con l'aggravante di affiancare all'eroina il fantasma della mamma prodiga di consigli ovvi ed il babbo sollecito cecchino. Epilogo odioso.
Mco: New start più che rifacimento (difatti dovrebbe conoscersi come Kung fu Kid), con ambientazione di grande impatto e storia che mostra da vicino le difficoltà di inserimento in un nuovo Mondo (sociale prima che sportivo). Le scene di preparazione e propeduetica si rivelano suggestive, mercé gli sfondi caratteristici che le accompagnano e la varietà di espressioni che il piccolo Smith disegna sotto sforzo sul suo viso. Il finale adrenalinico, poi, regala momenti elettrizzanti e una carica notevole anche dal punto di vista emotivo. Consigliato!
MEMORABILE: La sfida di balletto tra i due ragazzini nella sala giochi.
Didda23: Seppur penalizzata da una regia non sempre abilissima a raccordare le varie situazioni, l'ultima pellicola diretta da Troisi si fa ammirare soprattutto per talune scelte narrative poco usuali e per un finale che conquista (ed emoziona) per la totale imprevedibilità. Qualche piccolo passaggio a vuoto è compensato da momenti di una comicità travolgente (le discussioni sulla bellezza di Messeri). Bene in chiave comica l'apporto di Angelo Orlando, mentre la Neri funziona unicamente quando entra in paranoia. Di pregio la scelta delle location.
MEMORABILE: Troisi che riprende Orlando perché ricorda passaggi della propria infanzia e non rammenta informazioni sulla Neri della sera prima; Messeri giudice.
Puppigallo: Messa da parte la poesia, riscontrabile in pellicole come La tigre e il dragone, qui si punta tutto sui combattimenti, ma anche sull'estetica e su una certa eleganza prettamente orientale. Quindi, se si cerca la storia con contenuto, meglio girare al largo (a meno che non basti un principe cacciato e poi rivoluto per diventare sovrano causa omicidio fratelli). Ciò che dà un senso al tutto è la presenza della guerriera quasi invincibile, che metterà in pratica l'arte della spada duellando con cattivi e cattive. Non mancano, voli, ninjerie varie, gente che scoppia e mazzate. Non male.
MEMORABILE: Il taglio bocca; Il combattimento col cattivo pluritatuato dotato di mega mazza chiodata e testa che, colpita, fa il rumore del ferro; Le super frecce
Capannelle: Grinta e personalità non mancano a La Parola nel confezionare questo mix tra storico western e grottesco che demitizza le armate piemontesi e pone al centro dell'azione un gruppo di briganti donna. Cast, musiche e costumi viaggiano su livelli pregevoli e il regista dimostra anche fluidità di ripresa e perizia al montaggio delle scene. Peccato che non si contenga con spargimenti di sangue e sfx non necessari (ridicola la carrozza). Ma il quadro corale non cede e reintepreta con vigore una trama che sulla carta poteva apparire più scontata.
Galbo: Produzione a basso costo con (ex) star in disarmo (Cage, ma anche Bratt), appartenente al genere “revenge movie” e certo non uno degli esempi migliori dello stesso. A parte alcune vistose incongruenze della storia legate al pseudo colpo di scena finale, il film vive di stereotipi, con Cage più monoespressivo che mai e una sensazione di dilettantesco che va dal montaggio, con “stacchi” improvvisi e incomprensibili, al make up, con una ferita che va e viene, talvolta spostandosi, dal volto del protagonista. Evitabile, tranne che dagli estremi estimatori del genere.
124c: Sandra Bullock al posto del George Clooney di Ocean's eleven e Cate Blanchett al posto di Brad Pitt. Per quanto possa stuzzicare l'idea del furto di gioielli in sostituzione della rapina al casinò, la storia della banda Ocean, maschile o femminile che sia, è un continuo ripetersi di situazioni. Si temeva in un'altra rivolta dei fan come per il remake di Ghostbusters, ma evidentemente quelli di Steven Soderbergh, che qui si limita a produrre in stile Spielberg, apprezzano di più i cambiamenti di sesso dei protagonisti; dopotutto sono sempre ladri...
Matalo!: Che talento perso Nolan. Dunkirk fu una tragedia dall'alto tasso umano. Qui parte benissimo, media res e realismo. Poi diventa una macchina fredda in cui potremmo essere in un qualsiasi momento di guerra. Il racconto dello storico salvataggio dei civili non fa breccia mentre la lacrima e la prosopopea di Branagh fan sorridere. Grande lavoro sonoro di Zimmer (la cosa migliore del film) e bei punti di vista aerei. Ma giocarsi male un grande come Tom Hardy è un crimine. O troppo asettico o retorico alla Spielberg dei momenti "no".
Rambo90: Chan versione archeologo è alla ricerca di un antico tesoro che collega le civiltà cinese e indiana. Avventura poco ispirata, con una trama banale e personaggi poco carismatici. A tener in piedi la baracca è ovviamente Jackie che, seppure invecchiato, regala ancora un paio di combattimenti ben coreografati. Il ritmo è veloce, ma è difficile appassionarsi con una sceneggiatura infantile, farcita di battute poco riuscite e penalizzata da un uso eccessivo di brutta CGI. Tong ha diretto di meglio nel genere. Mediocre.
Rambo90: Solido cinema di denuncia che per una volta non dipinge l'America come patria di infallibili salvatori ma anzi ne mette allo scoperto bugie e vulnerabilità. La prima parte annaspa leggermente, poi quando si inizia a capire bene dove il film andrà a parere ci si appassiona, anche grazie alla svelta regia di Liman. Watts e Penn offrono perfomance egregie, realistiche e davvero emozionanti nella seconda parte, tenendo in piedi anche qualche leggero momento morto. Buono.
Belfagor: Quando i primi soldati persiani iniziano a sanguinare più che la yakuza in Kill Bill, peraltro con fiotti in CGI che più finti non si può, diventa chiaro che ci troviamo di fronte a un'opera di puro trash ancor più sgangherata e antistorica del capostipite. Involontariamente comico sotto ogni punto di vista, il film trova il suo unico pregio nella spietata Artemisia di Eva Green, che ruba la scena non solo all'insipido Temistocle ma anche a un regina Gorgo (Headey) meno ispirata rispetto al primo capitolo. Consigliato per i giochi di bevute.
MEMORABILE: Temistocle a cavallo che zompa da una nave all'altra.
Ducaspezzi: Per chi apprezza la comicità, ormai divenuta classica, del trio "La Smorfia" ed in particolare di Lello Arena (protagonista e regista del film), ma anche di Massimo Troisi (che nel film non compare). Nulla di trascendentale, ma la maschera di Arena è una di quelle che respira di una vita propria, di una simpatia che si fa proverbiale ad ogni inquadratura, intorno a cui il contesto serve da discreto propiziatore della tipizzazione. Sfiziosa la D'Aquino, mentre la plorona Nickson soffia cenni di tenera malinconia nella comicità del nostro Lello.
Enzus79: Tratto dall'omonima serie TV americana di fine anni Cinquanta. Commedia e western difficilmente producono un buon risultato, e quaesto film ne è la prova. Note negative: la durata (due ore) è eccessiva; la storia nella seconda parte perde brio, diventando prevedibile e un po' banale. La nota più interessante è Jodie Foster, che seppur in un ruolo che poco le si addice, risulta simpatica.
Tarabas: Senza preoccuparsi della verosimiglianza, Eastwood gira un action-comedy sparatutto, con tanto di casa abbattuta a fucilate, dove interpreta il suo ruolo di duro perdente che cerca contro ogni logica di portare a termine un'impresa disperata (assicurarsi che una testimone arrivi viva all'aula del processo). Divertente baracconata, montata senza pause e con ritmo Siegeliano, con un cast in gran forma e un finale semplicemente strepitoso. Se vi piace Clint, amerete il Detective Shockley.
Rambo90: Una bella storia di filosofia zen e kung fu, diretta con un grande senso del ritmo e una notevole commistione di registri, nessuno dei quali prende troppo il sopravvento, né la parte più action né quella più melò. Ricostruzione d'epoca ben fatta e coreografie ai massimi livelli, con Lau che offre anche una sentita performance, una spanna sopra il resto del cast. Chan appare poco ma si concede un gustoso combattimento, costituendo la parte più ironica del film. Finale maestoso tra esplosioni e duelli.
Deepred89: Monica Zanchi ninfomane scortata verso un convento da Suor-Laura Gemser-Emanuelle, anche lei con un passato di perdizione alle spalle. Le premesse sono ottime e infatti il film diverte un mondo, almeno fino all'arrivo del Tinti-Vallanzasca, che sembra buttato lì in mancanza di altre idee. Finale con colpi di scena a ripetizione: tutti discutibili, ma si apprezza l'impegno. Attrici in parte, belle ambientazioni, regia e fotografia rozze e sbrigative ma prive delle ridondanze tipiche. Come cinema di genere fa il suo sporco gioco.
Stefania: La mancata educazione alla sessualità, o addirittura la sua repressione, genera perversioni para-incestuose: così la matura e decaduta contessa (la Prevost) si sollazza col genero, e la di lei figlia risveglia la libidine del cognato, prima di tornare, rassegnata, al letto coniugale. Tutto "intra-moenia", tra le pareti affrescate ma scrostate della villona nell'opulenta e asfittica provincia. Derivativo e schematico, bellissime Ferrara e la campagna padana, splendidamente fotografate.
MEMORABILE: La musica da thriller (già sentita...) che accompagna la prima notte di nozze di Erminia, vissuta dalla ragazza come un vero e proprio stupro.
Domino86: Film che racconta la storia di un uomo milionario e dei suoi demoni interiori (la cui origine si evince dalle prime scene della pellicola). Nel complesso il film non è granché, abbastanza fine a se stesso e non si crea mai quel pathos o quel qualcosa in più in grado si catturare in pieno l'attenzione dello spettatore.
Giacomovie: Al confronto col precedente film, in questa seconda puntata di una lunga serie di film impostati come uno sceneggiato si hanno più sbalzi di ritmo (che si mantiene alto) e minor peso sentimentale, ma rimane immutato il fascino settecentesco degli sfarzosi ambienti di corte e dei costumi, reso ammirevole dal lavoro alla regia. Anche la Mercier, donna fascinosa dallo sguardo felino e magnetico, è sempre “angelica”. ***
Puppigallo: Col suo surreale marchio di fabbrica Nichetti confeziona una pellicola simpatica, che si lascia sicuramente vedere nonostante voli a una costante media altezza facendo qua e là sorridere. Lui è bravo nei vari ruoli e il padre (Scarpa) non è da meno. Non ci sono particolari velleità ma solo l'intento di mischiare le carte, realizzando tutto e il contrario di tutto, fino all'inevitabile reunion finale. Uno di quei film che, seppur piuttosto singolari, fanno parte di un preciso periodo temporale, uscendo dal quale mostrano inevitabilmente i segni dell'età.
MEMORABILE: "Quanto costa il Re a dondolo?"; La madre orgogliosa: "Guarda cosa è diventato". E il padre: "È diventato un deficiente"; La capacità di impigliarsi.
Daniela: Trasposizione del romanzo di Cassola fedele nei fatti ma non nella definizione dei personaggi: la Mara della pur brava Cardinale è ben lontana dalla paesana istintiva ed ingenua del testo sia nell'aspetto (troppo "cittadina", disinvolta, ben truccata) che nel comportamento, in quanto Comencini, trasformandola in voce narrante, le conferisce una consapevolezza pregressa assente nell'omologo letterario. Paradossalmente, risulta più in parte il greco Chakiris, bravo ballerino ma attore modesto, "antipatico" nei panni di Bube. Buona la ricostruzione del clima dell'immediato dopoguerra.