Quarta avventura per Don Donato (Salvi) ormai stabilitosi a Pellizzano, in Val di Sole, dove torna dopo un prologo durante il quale viene stanato in un eremo dallo zio vescovo (Mattioli). Deciso a passare per la ridente cittadina del Trentino solo per recuperare i famosi due milioni di cui si parla nei capitoli precedenti, arriva a scoprire non solo che i soldi che aveva nascosto in canonica sono stati trovati da altri e trasferiti nella Banca Etica del paese, ma che Pellizzano sta diventando una sorta di Las Vegas casereccia: il vizio serpeggia, gli anziani si pagano svenevoli badanti, si aprono sale bingo... Causa dell'inatteso fenomeno è un antipatico mafiosetto (Mahieux) che, lì...Leggi tutto con la figlia (Graci), sta comprando molte attività facendo impazzire gli abitanti e soprattutto le mogli, imbestialite dall'andazzo. Don Donato, visto come una sorta di salvatore, decide per l'ennesima volta di rimandare l'abbandono del sacerdozio installandosi sul ponte di comando di una truffa con al centro la miniera di Edoardino (Milano), ristoratore che continua a ripetere il suo tormentone “Mi seguite mentalmente?”.
La formula non cambia rispetto al recente passato: una commedia corale per famiglie che ripropone le solite facce (non mancano Edy Bergamo nel ruolo di Cesira, Gabriele Carbotti nel ruolo di Don Gabriele...) e che tra le “guest star” ha Paola Tiziana Cruciani, qui rigidissima madre superiora a capo di tre belle suorine che concorreranno a realizzare la “stangata” riparatrice. A Ernesto Mahieux toccano i panni del profittatore spregevole, che ricopre con professionalità pure quando gli tocca di recitare in prima persona la tragica, classica gag del lassativo nascosto nel cibo (con conseguente fuga in bagno accompagnata dalla prevedibile infilata di rumorosi peti), ma è l'insieme a rimanere piuttosto desolante.
Fortunatamente ancora una volta le belle riprese montane danno bella ariosità al film rendendo relativamente allegro il tutto, mentre Enzo Salvi in versione depurata si fa quasi preferire a quella ultracoatta che gli ha fatto raggiungere la notorietà e che recupera in un frangente: dopo aver esorcizzato un giovane che si esprimeva attraverso (notevoli) imitazioni di Rino Tommasi, Maurizio Costanzo, Vasco Rossi, Bruno Pizzul eccetera, riceve il demone entro di sé scatenandosi, durante la messa, in un diluvio di offensivi attacchi a tutti i parrocchiani, un autentico delirio romanesco entro cui sfogare il proprio “talento” represso. Mattioli è leggermente in ombra, Marco Milano trova più spazio ed Edy Bergamo si esibisce in un numero sexy cantando, così come accenni “gospel” si hanno quando in scena sono le giovani suore. La stangata è ovviamente risibile, nella sua concezione e pure nella sua realizzazione: fa ripensare al BLUFF di Celentano (simile nelle intenzioni) come a un capolavoro di ricercatezza. D'altra parte il target non è certo quello del pubblico di grandi pretese: il prodotto è televisivo e si vede, forse appena meno che nel terzo capitolo. Si registra, per la prima volta, l'assenza di Margiotta e del suo complice, i due gangster alla caccia dei due milioni di Don Donato.
Un Salvi "incatenato" tiene su la baracca senza i soliti suoi sketch; gli si concede giusto la parentesi possessione, in sé e per sé evitabile, coadiuvato da un cast che svolge il compitino senza sussulti. La trama, in particolar modo la stangata, è qualcosa di talmente puerile da non infastidire, così come tutte le vicissitudini. Il climax ascende verso aulici sentimenti convogliando in nobili abiti talari pur prendendo le mosse da lap dancer e slot machine. Sicuramente concepito per un pubblico scevro di aspettative, si lascia proprio per questo guardare ma niente più.
Ennesima pellicola con Enzo Salvi nelle vesti di Don Donato. Il film tutto sommato si lascia guardare, ma la vicenda è veramente poca cosa e si aggrappa a qualche iniziativa degli interpreti. Meglio la prima parte, con un Enzo Salvi ripetitivo ma quantomeno simpatico. A patto di non aspettarsi nulla di che un'occhiata la si può anche dare. Tra gli altri, discreti Mattioli e la Cruciani.
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