Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Il numero del canale si trova tra parentesi dopo il suo nome. Se non c'è, cercatelo qui: numero canale. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Cotola: Commedia romanesca in “costume” che cerca di sfruttare, riuscendoci solo in parte, la simpatia dei protagonisti tra i quali sono comunque meglio Panelli e Gassman di Montesano. Per il resto la storia presenta situazioni risapute e non strappa tante risate. Così così e, forse, anche meno.
Undying: Giuliano Carnimeo sigla una delle peggiori commedie (pur sempre sexy) realizzata nel periodo conclusivo del(i) genere(i) all'italiana. Il contenuto della pellicola è, a suo modo, fedele al titolo: la Cassini, in effetti, viene "scoperta". Ma ormai questa non è più una novità e le scene sotto la doccia sono più che stampate nella memoria dello spettatore. Cannavale è noiosetto e Bombolo viene mal diretto. L'intreccio della schedina milionaria smarrita sembra avere suggerito parte della trama di Ho vinto la lotteria di Capodanno.
Gmriccard: Stavolta dietro alla camera a riprendere Lando non c’è Festa Campanile o altri artefici della commedia sofisticata e il linguaggio, così come il tenore generale delle battute, ne risente. Tuttavia è presente una profonda indagine sul mascolino italico che emerge nell’esilarante conflitto tra l'attrazione verso la fresca e giovane “fattrice” e l'innato senso della famiglia e dell’intimità domestica.
MEMORABILE: La visione durante la funzione religiosa, una delle vette della comicità di Buzzanca.
Gabrius79: Sulla carta l'accoppiata Buy-Gerini avrebbe potuto regalarci qualcosa di buono e invece assistiamo a una commediola un po' sciatta che sminuisce il talento delle due attrici, ingabbiate in una sceneggiatura prevedibile e buttata là. Se la Buy risulta un po' spenta, la Gerini invece è in parte, sopra le righe ma ha probabilmente le battute migliori. Morelli e Calabresi si arrangiano come possono. La regia di Lucini delude.
Saintgifts: Con questa storia, scritta da Duvall stesso e dove lui assume il ruolo più scomodo di uomo "Texas old style", ma con tutte le perplessità di chi vede avvicinarsi il traguardo della vita, l'attore regista sembra voler dare i giusti significati alle cose e alle persone. La pressione della legge è forse la spinta finale a decisioni già prese per conto proprio. Buona la caratterizzazione dei personaggi, approfonditi quanto basta per i due temi principali, il rapporto padre e figlio gay e la sofferta confessione di un segreto tenuto troppo a lungo.
MEMORABILE: Le cavalcate sullo sfondo di panorami ben fotografati.
Ilfigo: Nel 1948 un poliziotto di Los Angeles, indagando su un caso di omicidio, scopre che suo fratello, prete cattolico, con brillante carriera davanti a sé, ne è coinvolto. Questo dramma giallo e cattolico ha alti e bassi (troppi) ma l'ambiente è descritto con finezza e intorno ai due fratelli protagonisti c'è un gruppetto di personaggi ben caratterizzati. Si poteva fare di più...
Daniela: Cos'è che rende perfetto il film/delitto di Hitchcock? L'essenzialità. Pochi personaggi, pochi ambienti, una sceneggiatura rigorosa in cui ogni elemento si incastra con gli altri, come la tessera di un puzzle. Cos'è che rende così irritante il finto remake di Davis? Lo spreco, il moltiplicarsi dei particolari superflui e dei colpi di scena a ripetizione. Impossibile trepidare per la protagonista e nello stesso tempo fare il tifo per il marito, come accadeva con Grace Kelly e Ray Milland.
MEMORABILE: Il tentativo di omicidio in cucina, in cui, in mezzo all'abbondanza di forbici, coltelli, spiedini, il killer dovrebbe colpire con una pentola.
Puppigallo: Pellicola quasi preistorica in grado però di interessare lo spettatore grazie al luciferino protagonista (doppiato dal bravo Foà), che non ha rispetto per niente e nessuno e prova gusto a prevaricare, manipolare, tradire e, se serve, uccidere (l'interpretazione di Newton vale la visione). Oltre a Barbanera, una menzione va al braccio destro Gufo, in grado di fare un'espressione del volto ("Non guardarmi così!" gli dice Barbanera) degna di Mel Brooks. Non manca l'ironia, anche se tocca somubire i due piccioncini, che tolgono un po' di spazio a pirati e marina. Comunque, riuscito.
MEMORABILE: Dice della dama: "E questa chi è, la gallina per il brodo di oggi?"; Frustate e sale; "Dovevo farlo morire un poco per volta, adagio adagio"; Sosia.
Ramino: Nonostante possa avere dei notevoli errori di messa in scena (autostrade deserte, Giraldi sotto copertura chiamato palesemente Nico, Roncobilaccio situato in un'assolata pianura...) rimane uno dei migliori film della serie sui "delitti". L'ispettore deve investigare su un copioso numero di rapine ai danni degli autotrasportatori, inserendosi tra i malfattori; troverà il tempo per una love story con la stellina pop in ascesa Viola Valentino (un po' imbalsamata ma comunque gradevole). Ottimo Bombolo come allenatore di boxe un po' malandrino.
MEMORABILE: Bombolo: "Mo' che ho preso Vigorello, ve fo un culo come un ombrello!"
Nando: Il grande Sergio Leone lo bollò come un western paranoico, ma l'unico lavoro di Vancini nel genere mostra lati dignitosi e positivi alternati ad altri carenti. Ingiustamente incarcerato, un uomo riuscirà ad evadere ottenendo la sua vendetta dopo tragiche peripezie. La sceneggiatura di DiLeo evidenzia anche lati ironici, fatti di non memorabili scazzottate e mostra un Gemma gigioneggiante poco coeso nella narrazione.
Herrkinski: La lettera d'amore di Allen all'Italia (a Roma, a dire il vero) si rivela deludente fin dal principio, con una "Volare" sui titoli di testa che fa presagire i soliti cliché sul Belpaese, puntualmente snocciolati durante il film; l'impressionante parterre di attori italiani coinvolti risulta piuttosto sprecato, a fronte di una serie di microstorie che raramente strappano il sorriso. Si salvano giusto la porzione con Allen stesso e poco altro, tra riprese cartolinate dei punti più noti della capitale e musiche che a tratti sembrano uscite da una commediaccia italiana dei 70s.
Il Gobbo: Remake di Ombre rosse a esclusivo uso di quelli che non guardano i film in bianco e nero (gente che esiste e cui leggi irresponsabilmente liberali concedono i diritti civili). Gordon Douglas sta a John Ford come Baricco a Omero, ma ha sufficiente mestiere per allestire delle buone scene d'azione. Se ci si dimentica dell'originale un western anche godibile. Cast maschile bollitissimo (c'è anche Bing Crosby!) e ad elevato tasso alcoolico.
Gaussiana: Boyle dimostra di essere un regista abbastanza versatile regalandoci una commedia che potremmo considerare "per la famiglia", anch'essa satura nei colori e tipicamente british, come il regista ci ha abituato in altre pellicole. I due fratelli che tentano di utilizzare i soldi con le loro etiche contrapposte, l'uno un astuto birbante che pensa da capitalista investitore e l'altro da ingenuo ragazzino buono che vorrebbe aiutare i poveri, finiscono per scontrarsi con il mondo degli adulti. Morale fiaba sul denaro, Boyle versione per famiglie.
Lou: E’ una figura tragica, quella dello "svedese" del celebre romanzo di Roth, innestata in una fase delicata della storia americana. Sullo schermo McGregor, buon attore protagonista e anche regista al debutto, ne amplifica i risvolti più intimi di fallimento di un padre che vede tradite le sue aspettative, limitando inevitabilmente la prospettiva. Decisamente più godibile la prima parte, quella in cui la situazione famigliare si intreccia con le vicende politiche degli anni sessanta e con l’esplosione della rivolta che sfocia nel terrorismo.
Markus: Tre fiacchi episodi d'amore in salsa partenopea. "Per amor di Dio" (*!): un amore a dir poco improbabile nella vita reale, ma che trova in questo film un suo essere, pur restando scarso nei contenuti; "L'isola di cioccolato" (*!): tema carcerario con qualche volto di Gomorra in funzione di una stucchevole vicenda, divisa tra dramma e buoni sentimenti; "Carichi di meraviglia" (*): l'episodio più lungo e anche quello più tedioso, arrancando in una storiella che prevede persino un finto matrimonio gay per beneficiare di un'adozione. Ha dell'incredibile e non diverte affatto.
Fabbiu: Un'epopea western vista secondo la vita di Jack Crabb per smitizzare la tanto decantata società civile americana dell'epoca; in questo lungo percorso tutti i personaggi sono rappresentati in chiave caricaturale (basta vedere Custer, i puritani anglosassoni, il ciarlatano venditore, o in fin dei conti il bravissimo stesso Hoffman), al punto che nonostante i punti crudi, necessari a raccontare lo sterminio dei "nativi" a opera dei coloni, il film è infarcito di momenti umoristici, rendendo fluida la visione nonostante la lunga durata.
124c: Grazioso film animato fatto con i mattoni della Lego, simile a quello di Batman di qualche tempo fa. Il regista Brandon Vietti rispetta le icone della Lega della Giustizia come Batman, Superman, Wonder Woman e Flash e le riesce a parodiare in maniera divertente; forse perché l'antagonista è Bizzarro, il clone di Superman/mostro di Frankenstein volante che è tenero e bisognoso di compagnia. Grande Batman che gira con un pacco di kryptonite appresso perché non si fida di Superman. Bella l'idea di sdoppiare i Superamici anche in versione bizzarra.
MEMORABILE: La comparsa del tetro Darkseid, che attacca con le sue astronavi Mondo Bizzarro.
Daniela: Il protagonista è un agente letterario di successo logorroico, superficiale, egoista e all'occorrenza bugiardo. Un giorno, dopo aver incontrato una specie di santone, si trova misteriosamente "connesso" ad un albero che, ad ogni sua parola, perde una foglia. Cosa succederà quando l'albero sarà completamente spoglio? Meglio economizzare le parole... Commediola umoristica banale e povera di gags del tipo didascalico/edificante che punta tutte le sue carte prima sulla parlantina di Murphy, poi sulle sue capacità mimiche, ma senza supportarlo da una sceneggiatura decente. Non male la spalla Duke.
Samuel1979: Nonostante si sia al cospetto del penultimo capitolo di una serie lunga e fortunata, il film presenta poche pecche e si mantiene su un livello dignitoso grazie ai virtuosismi della coppia Giraldi-Bombolo. Fra le sequenze migliori quella del conteggio degli schiaffi, da annoverare fra la più riuscite dell'intera saga. Gradevole apparizione di Licinia Lentini.
Galbo: Episodio insolito nella filmografia del grande regista inglese, che può essere definito un noir di ambientazione bucolica; il film è in gran parte "giocato" sul contrasto tra il contesto idilliaco di un piccolo villaggio della provincia americana e la vicenda grottesca di un misterioso cadavere sotterrato e disotterrato più volte. Il regista tende a mescolare le carte in modo bizzarro, con colpi di scena dalle conseguenze imprevedibili. La bella fotografia fa da contorno al film. Non un capolavoro, ma molto godibile.
Taxius: Lettera d'amore perduta viene ritrovata 50 anni dopo; restituita alla mittente comincerà la lunga ricerca del destinatario. Storia melensa fino all'inverosimile, aggravata dal fatto che la Redgrave e Franco Nero sono stati sposati anche nella vita reale; quel che è peggio è l'immagine stereotipata che viene data degli italiani, manco vivessimo ancora negli anni 20. La classica storiella d'amore già viste mille volte. Da evitare.
Markus: Per l'ennesima volta dobbiamo dire grazie agli americani. Stavolta lo dovrà fare la Francia, in quanto tre amici yankee (dei quali due militari) in una vacanza europea riescono a neutralizzare un terrorista armato in un treno in territorio francese. La scelta di usare i veri protagonisti del fatto come attori appare in definitiva l'unica audace operazione di un film altrimenti non memorabile. Certo c'è del pathos e alcuni interessanti aspetti di vita militare ma, in definitiva, il film non lascia il segno. Un Eastwood minore.
Cotola: Simpatica commediola (prodotta da Spielberg) per tutta la famiglia incentrata sul leggendario personaggio del titolo che, adottato da una famiglia, combinerà tanti guai portando scompiglio in una tranquilla comunità. Gradevole e divertente sebbene non originalissimo ed imprevedibile. Oscar per il trucco.
Caesars: Nunn porta su grande schermo l'omonima opera di Shakespeare rimanendo molto fedele allo scritto (pur operando qualche cambiamento nell'ambientamento della storia). L'operazione è ben riuscita anche grazie all'impiego di un buon cast che valorizza la pellicola. Anche tecnicamente il lavoro è ben realizzato, rendendo piacevole la visione. Portare al cinema i lavori del Bardo non sempre è semplice, ma se si riesce a coglierne lo spirito il risultato finale è assicurato.
Herrkinski: L'effetto nostalgia stavolta può funzionare: uno slasher classicissimo, l'effetto 3D (decisamente ben fatto e coinvolgente per buona parte del film), splatterate decisamente senza ritegno e ragazzini urlanti e/o sghignazzanti in sala: siamo negli anni '80? Ebbene no, tuttavia questo remake si avvicina all'atmosfera dei classici dell'epoca. La parte centrale perde un po' di ritmo e il finale non è il massimo, ma il film si lascia vedere, anche se temo che in assenza del 3D il risultato non sia poi tanto eclatante. Comunque un horror piacevole...
MEMORABILE: La morte di Tom Atkins, veramente trucida!
Markus: Commedia per bambini che punta tutto nel rallegrare il "suo" pubblico di piccoli fan (almeno ce lo auguriamo per il regista Miniero, quello del ben più celebre Benvenuti al Sud). Ancora una volta un remake d'un film francese, un po' un cruccio del regista e ahinoi del cinema italiano d'oggi, incapace d'immaginare qualcosa di nostro. Road movie con infanti urlanti (per fortuna in brevi flash qua e là) e adulti raffigurati come macchiette da cartoni animato per assecondare un umorismo che possa compiacere un pubblico di pargoletti. Gli adulti accanto a costoro… sbadigliano.
Daniela: Quando il risveglio di un vulcano mette a rischio l'intera Corea, una squadra di artificieri del Sud riceve l'incarico di rubare le testate atomiche del Nord e farle esplodere in una miniera allo scopo di creare una camera di compensazione... Grande successo in patria per un catastrofico che somiglia a quelli made USA nel bene e nel male: spettacolare e fitto di eventi ma anche forzato oltre ogni verosimiglianza, tanto da sfondare più volte la soglia del ridicolo involontario, sprecando così il talento di tre tra i migliori attori sudcoreani. Vedibile solo abbassando le pretese.
MEMORABILE: La moglie che rompe le scatole al marito impegnato nel salvare milioni di vite; Il travaglio travagliato.
Rambo90: Action dalla trama piuttosto interessante, svilito però da una regia non all'altezza, che mostra tutte le sue lacune nelle scene d'azione, lente e rovinate da ridicoli effetti di sangue in CGI. Seagal è in parte ma appare poco, il vero protagonista è uno Sheffer imbolsito ma adeguato; non male anche Mandylor. A tratti ci si diverte e il colpo di scena verso la fine è spiazzante e ben sfruttato, conferendo al film sicuramente più valore che a tante produzioni analoghe con il vecchio Steven. Mediocre, ma con un suo perché.
Furetto60: Il film si avvicina con circospezione al mito del lucertolone giapponese introducendo alcuni elementi innovativi nella tradizione. Nel solco di quest’ultima certamente l’omaggio finale, in cui il predatore alfa (“è Dio”) ribadisce la sua superiorità non solo sul Muto, ma anche sull’essere umano che di fatto è impotente spettatore degli eventi. Pur trovando pretestuosa la critica di lentezza della prima parte, anzi caratterizzata da eventi drammatici, resta l’impressione che si potesse fare di meglio.
Anthonyvm: Inviata a Malta per indagare sulla morte del dirigente di una compagnia, abile detective dovrà agire sotto copertura e partecipare a una gara di ballo. Giallo rosa in cui l'intreccio mystery conta relativamente poco, tra false piste investigative (talvolta difficili da seguire a causa di dialoghi fitti e svariati nomi da memorizzare in uno spazio temporale ristretto) e l'immancabile (prevedibilissimo) "big reveal" finale; sono le location, i due simpatici protagonisti e i numeri danzerecci a monopolizzare la scena, in un leggero mix di rom-com e battibecchi da odd-couple. Easy watch.
MEMORABILE: Le innumerevoli citazioni giallesche (da Poirot a [f=4719]Colombo[/f]); La lezione di danza nel bagnasciuga; Il dolce sogno in bianco e nero della protagonista.
Saintgifts: Statham fa bene la sua parte, sia da capellone che dopo, anche se la figura del buon padre, vedovo, che cerca di vivere tranquillo con la sua piccola figlia, è abbastanza inflazionata. Franco ha le espressioni giuste per fare il cattivo senza scrupoli, ma quanto a furbizia si lascia battere da una ritrovata Winona Ryder, che ha perso i tratti dolci della brava ragazza della porta accanto. Il clima della piccola provincia americana, anche se enfatizzato, è ricreato piuttosto bene; i bikers, invece, fanno un po' ridere. Luoghi ben fotografati.
Gabrius79: Tralasciando la prima mezz’ora che scorre lenta ed è fatta per lo più di sottotitoli, il film è decisamente più coinvolgente da quando parte il maxi processo ed esce fuori a tutto tondo la bravura di Favino (ma anche di Ferracane e Lo Cascio). Qualche scena truce viene inserita nel corso delle due ore e mezza di pellicola assieme a vere immagini di repertorio. Regia piuttosto asciutta di Bellocchio a fronte di una fotografia non troppo esaltante. Resta comunque un interessante ritratto del pentito di mafia Buscetta.
Ciavazzaro: Davvero non male. Film sul tema della vendetta. Un po' le cose da citare: il fumetto splatter che mostra l'infanzia del killer interpretato da Lucy Liu, lo scontro tra le due, la Hannah vestita da infermiera con la benda (!), il tema musicale di Sette note in nero doveroso omaggio al maestro Fulci e altre cose gustose. Molto bello, come la sua seconda parte.
Gugly: Solito problema di King: la sua scrittura è difficilmente filmabile, scrive troppo e troppo bene. Detto questo, il film funziona dignitosamente soprattutto nella prima parte dedicata ai protagonisti ragazzini. Poi la storia in qualche modo deve finire e... la presenza maligna è quella che è, ma è il romanzo (vedi il problema di prima). In ogni caso il pagliaccio non è male.
Magnetti: Una specie di patinata (bene) soap opera tra le mura della Casa Bianca; un pretesto per esibire un nutrito cast in cui ognuno fa ciò che gli è sempre riuscito meglio: Michael Douglas il ricco e potente (con un'anima in questo caso), Martin Sheen il buon padre di famiglia, Michael J. Fox il giovane di successo brillante e spigliato, Annette Benning l'oca giuliva sotto mentite spoglie. Film che eccede in sdolcinature senza le quali sarebbe stato più interessante.
Cotola: Classico film sentimentale in cui si capisce come procederanno le cose e come finirà il tutto, nonostante la sceneggiatura si sforzi di far credere il contrario, dopo appena una quindicina di minuti. Nulla di male certo, poiché non è un thriller. Peccato non ci sia nulla di davvero positivo da elogiare nemmeno da un punto di vista tecnico: trattasi di pellicola strettamente televisiva e più che piatta. E non può bastare nemmeno qualche fugace scorcio degli splendidi paesaggi hawaiani.
Minitina80: Fantascienza in chiave distopica piuttosto pittoresca in cui il dominio e il controllo delle masse è determinato dalla televisione. Non molto distante dalla verità, almeno a livello concettuale, per quanto Paul Michael Glaser abbia portato all’estremo il contesto e reso il parterre di antagonisti variopinto e a dir poco sopra le righe. Schwarzenegger fa Schwarzenegger, semplicemente perfetto per questo genere di pellicole in cui non si richiede altro di quello che sa fare. Stupendo il brano "Restless Heart" di John Parr a chiudere col botto.
Luchi78: Ottima fotografia di un tracollo familiare. Muccino si dimostra abile maestro nel girare le scene in cui gli attori devono esprimere il loro stato d'animo anche e soprattutto dentro le mura domestiche. Notevole la fotografia, ricca di penombre, per rendere quel senso di pesantezza e chiusura vissuto all'interno delle mura di casa. Tutto il cast recita bene al di là di alcuni stereotipi giovanili (Silvio Muccino), mentre molto azzeccata è la parte interpretata dalla Romanoff. Davvero buono.
Vstringer: Dimenticabile incursione nella commedia sexy di Joe D'Amato, che si dimostra abile solo nel mostrare una grande quantità di carne femminile (con maggiore rilievo a Doria e Senatore): che un terzetto sulla carta fortissimo come Montagnani-Carotenuto-Fabrizi non strappi quasi mai risate la dice lunga sul modestissimo livello dell'operazione. Montagnani quantomeno è in parte, ma la sceneggiatura non gli consente troppi svolazzi. Il titolo occhieggia alle peripezie di Guido Tersilli, ma quello era tutto un altro film.
Galbo: Con la storia di Josey Wales, agricoltore che persegue una spietata vendetta, Clint Eastwood realizza una sorta di prova generale del suo capolavoro, Gli Spietati. Anche Il Texano è un western cupo, con personaggi spesso odiosi in un mondo che ha ben poco di eroico. Anche la figura dell'indiano è assai malinconica (è un personaggio che con la cosidetta civilizzazione ha perduto la sua identità nativa). Se un difetto si può trovare al film è forse la sua eccessiva lunghezza: il film ha qualche pausa ma è di assoluto valore.
Rambo90: Nella paccottiglia che Seagal gira ultimamente per i dvd, questo film riesce a elevarsi un po'; se non altro diverte e offre qualche combattimento interessante, perlopiù però eseguito dal giovane Webster. Steven appare meno del previsto ma si regala qualche battuta ben piazzata e un personaggio meno convenzionale del solito. Per i fan del genere può valere una visione serale; un passatempo come un altro...
Cotola: "Infinito" action-thriller di Stone che sconta in primo luogo una durata eccessiva: ben
140 minuti, sono troppi quando non sorretti da una sceneggiatura perfetta. Qui invece siamo ben lontani da certi risultati, pieno com'è il film di lungaggini inutili e di
tarantinate che lo sono altrettanto. Così la pellicola scivola via lentamente, senza avvincere o coinvolgere più di tanto. Gli ultimi minuti con tanto di "colpo di scena" alla Haneke, rappresentano il colpo esiziale per un insieme già di per se molto traballante. Gli attori mediocri fanno il resto. Più che bollito, Stone ormai è "stracotto"
Rambo90: Poliziesco che sa di già visto, pescando a piene mani sia dall'immaginario del primo John Woo che da alcuni heist movie americani (oltre che da Heat nella parte finale). Tutto sommato diverte perché girato con perizia, soprattutto nelle fantastiche scene d'azione. C'è qualche verbosità di troppo nella prima parte che ritarda la più interessante seconda metà, ma nel complesso non annoia mai. Molto bene la contrapposizione di caratteri tra Yen e Tse.
Matalo!: Veramente divertente, nella vena di certo cinema americano degli anni ottanta, che vede Landis, Spielberg Zemeckis e Demme tra i nomi noti dei giovani Turchi del ritorno all'infanzia ma rivisitato. Qui l'input di Viaggio allucinante (pellicola che ha affascinato tutta una generazione) è bypassato dalla comicità anche un po' agrodolce. Il ritmo non allenta mai, il film fonde action a commedia a fantascienza e risulta davvero adorabile. Short (di nome e di fatto) ha la faccia da sfigato perfetta. McCarthy era nel nostrano I 4 dell'ave Maria.
MEMORABILE: La trasformazione a vista in cowboy e viceversa di Short.
Puppigallo: Il libro era polposo (mai letto a causa della mia pigrizia aggravata) e lo si capisce da questa pellicola, dove i personaggi sono tanti e tutti legati al mostro-pagliaccio. Si vede che, per ragioni di tempo e non potendo fare dieci ore di film, le varie vicende sono state buttate lì, dando un'infarinatura e concentrandosi sui punti deboli dei vari protagonisti, che verranno sfruttati dalla creatura maligna. La parte migliore è quella in cui IT (bravo Curry) non si scatena, ma fa fugaci apparizioni (da uno scolo dell'acqua vicino a una strada). Poi oscilla tra il noioso e il maldestro.
MEMORABILE: Il ragazzo che sparisce nel tubo, ma non prima di essere stato piegato come un libro. Il finale pagliacciata (e non perchè IT è anche un clown).
Satyricon: Tarantino riesce sempre a stupire piacevolmente. Con questo film inizia una saga che strizza tutti e due gli occhi al cinema nipponico. Un puro divertimento con vicende estremizzate al limite del verosimile, una valanga di stereotipi dei mitici film anni 60/70 dei samurai e quelli di kung-fu di Bruce Lee; fiumi di sangue mascherati da sketch animati o fumettizzati propri degli anime e manga made in Japan e musiche da spaghetti western. Non ultima una Uma Turman a cui calza il suo ruolo.
Didda23: La storia, seppur non troppo originale, si fa seguire abbastanza bene per merito di Jackson, autore di una prova attoriale convincente. Il messaggio zampilla di retorica made in USA da tutti i pori, soprattutto per quanto riguarda il tema "redenzione". Le scene di gioco, poco realistiche, fanno da sfondo alla vicenda educativa. Regia poco convincente, fotografia alquanto televisiva e un vuoto pneumatico attorno all'attore principale rendono la pellicola solo mediocre, nonostante l'importanza dei concetti esplicati.
Galbo: Cinema di pura evasione e strano ibrido tra Anaconda e Airport, Snakes on a plane fa il suo mestiere, cioè intrattiene e diverte senza nessuna pretesa di veridicità o di impegno (assurdo cercare l'uno e l'altro in questo genere di film). Fatte queste premesse è un film godibile, con un gruppo di attori mestieranti nel senso più nobile del termine, capitanati da un Samuel Jackson mai così adrenalinico e divertito.
Da una tipicissima situazione di amore apparentemente non corrisposto all'interno di una coppia mal amalgamata prende l'avvio un thriller che prevede l'entrata in scena di un agente assicurativo fascinoso e spregiudicato. Brooke (De Ravin) è stanca delle perduranti assenze causa lavoro del marito Stevens (Parise), ma non si è mai data da fare per sostituirlo. Nemmeno lo accusa di trascurarla, semplicemente coltiva la propria infelicità mostrando l'aria sbattuta. Poi però arriva lui, Jake (Howard), giovane brillante che le propone su suggerimento del marito...Leggi tutto una doppia polizza vita; ma mentre lo fa ammicca, la adula, la fa sentire importante, la coinvolge, e da lì le cose cambiano.
Nulla di strano, per chi frequenta il genere: il triangolo lei non l'aveva considerato, ma se l'uomo del destino ti si para davanti bello e disponibile, come rinunciare? Comincia così la relazione clandestina, col povero Stevens che se ne torna dal lavoro come sempre ma ignaro di quanto stia accadendo alle sue spalle. Un rapporto torrido, quello tra la bella bionda e l'assicuratore, smussato dalla destinazione televisiva ma che non disdegna qualche ralenti bollente (si fa per dire) tra le coperte. Tuttavia siamo solo all'inizio, con lei che si confessa con le amiche, si assenta con l'amante anche nelle situazioni meno indicate mentre... sorpresa, sorpresa... si fa strada una sottotrama omosessuale che davvero non ci si aspetterebbe, da un film simile.
C'è insomma voglia di sperimentare, almeno un poco, non dimenticando però che la base resta thriller e che tutto dovrà produrre una soluzione meno scontata di quanto ci si attenderebbe dopo aver assistito alla prima mezz'ora. E infatti, esaurita una fase di preparazione, che ci porta a conoscere i protagonisti della vicenda e le loro apparenti mire, cominciano gli sviluppi imprevisti, che come spesso capita in casi del genere conducono a esagerazioni e forzature, costruite con l'unico obiettivo di spiazzare lo spettatore e impedirgli di azzeccare il finale.
Fortunatamente Emilie de Ravin mantiene un buon appeal che le permette di azzeccare il tono dell'interpretazione, con Leo Howard che gioca invece a fare il seduttore impeccabile dalla cui bocca mai banalità devono uscire. Poi però è chiaro che ci si muove in territori già ampiamente battuti, nei quali è difficile emergere senza deludere gli appassionati del genere. Si resta nella mediocrità fino alla fine, con qualche figura più sfaccettata del previsto (il superiore di Jake, cui dà il volto Cary-Hiroyuki Tagawa, ad esempio), la solita fotografia piatta e nel complesso una confezione anonima in cui perdersi per concentrarsi unicamente sulla storia, molto più articolata di quanto ci si aspetti (al punto che nell'ultima parte si rischia di perdere il filo). La polizia compare giusto per sbrigare qualche inutile interrogatorio e poco altro.Chiudi
Pigro: Missione di un sottomarino tedesco (vista la versione di 200 minuti). Buon film di guerra che alla pura azione e alla spettacolarità bellica antepone il racconto, reso con asciuttezza e energia, della tensione psicologica nell'ambiente claustrofobico dell'U-Boot (ottime riprese). Quindi, una buona caratterizzazione non tanto dei singoli (tra i quali emerge il capitano, mentre il giornalista ha l'aria sempre fissa da baccalà) quanto dell'insieme che giorno dopo giorno con la barba sempre più incolta attraversa le insidie del mare.
Pessoa: Siamo alla deriva del genere con Metz che porta sullo schermo l'ennesimo Pierino apocrifo interpretato da Esposito palesemente fuori ruolo. La sceneggiatura riprende le solite vecchie barzellette che trovano la loro apoteosi nei momenti scatologici, che occupano una buona parte del film. Fra sostanze innominabili e rumori corporali si muove una folta schiera di noti caratteristi nell'affannosa ricerca di rendere divertenti situazioni più che obsolete, che non fanno mai ridere. Un film pensato essenzialmente per il pubblico adolescenziale d'allora, oggi abbondantemente evitabile.
Rebis: Negare il tradimento è la regola. Come prendere il treno delle 8:28. Fare il proprio dovere in ufficio. Cucinare il pranzo. Stirare i panni. Attorno alla storia più frusta dell'umanità, Ozu compone, inquadratura per inquadratura, un rilievo sociale limpido e penetrante delle antinomie che configurano la quotidiana sopravvivenza all'esistere, tra tradizione e progresso, ruoli maschili e femminili, paura della solitudine. Inesorabile e tensivo, ricolloca il dettaglio ambientale e prossemico in una visione di ampio respiro che riconcilia con i compromessi che accogliamo ogni giorno.
Daniela: Cos'è che rende perfetto il film/delitto di Hitchcock? L'essenzialità. Pochi personaggi, pochi ambienti, una sceneggiatura rigorosa in cui ogni elemento si incastra con gli altri, come la tessera di un puzzle. Cos'è che rende così irritante il finto remake di Davis? Lo spreco, il moltiplicarsi dei particolari superflui e dei colpi di scena a ripetizione. Impossibile trepidare per la protagonista e nello stesso tempo fare il tifo per il marito, come accadeva con Grace Kelly e Ray Milland.
MEMORABILE: Il tentativo di omicidio in cucina, in cui, in mezzo all'abbondanza di forbici, coltelli, spiedini, il killer dovrebbe colpire con una pentola.
Mtine: Nato come antagonista di Spider-Man, Venom trova una sua autonomia cinematografica in questo buon film. Certo, bisogna chiudere gli occhi davanti ad alcune ingenuità, a un "cattivo" anonimo e banale, a una sceneggiatura che non sa che strada far prendere al suo giornalista perdente. Ma se poi il ritmo tiene, se il Simbionte si dimostra un personaggio azzeccato, ironico e complesso, se alla fine del film già si aspetta un secondo capitolo, si esce dal cinema con l'impressione di aver visto un film riuscito e, soprattutto, onesto.
Il Dandi: Titolo succedaneo di Django, come le sottomarche dei discount che alludono a prodotti celebri dal nome simile: tutto il resto (location rimediate, anacromismi vari, figuranti solitamente n.c. qui promossi al rango di comprimari parlanti) è condotto sulla stessa linea. Steffen sembra impegnarsi molto, come se (avendo collaborato anche alla sceneggiatura) sentenziasse verità assolute. C'è di molto peggio in effetti, ma prima di arrivare a una gradevole resa dei conti ci si annoia alquanto, cosa che per un western è un peccato non veniale.
MEMORABILE: La distruzione del villaggio, in cui risulta evidente che per ordini della produzione si cerca di non distrugger troppo limitandosi al meno possibile.
Capannelle: Da un soggetto classico (il rapporto tra rapita e carceriere) che poteva risultare interessante per ambientazioni e attori impiegati, un film che la regia non ha saputo ravvivare lasciando l'impressione di fatti slegati fra loro e ripresi in modo troppo statico. Diciamo che una visione non è assolutamente sprecata perché non è un racconto banale e percorre più il psicologico che l'azione; con il personaggio di Placido che tenta di elevarsi dagli schemi. Però nel complesso il film non è coinvolgente. Bruttino il doppiaggio della Niehaus. **
Galbo: L'esordio alla regia di McGregor è all'insegna di uno dei padri della letteratura americana. La versione del regista è corretta, con una efficace ricostruzione ambientale e una buona direzione del cast. Il regista stesso fornisce una prova credibile nella parte dell' americano medio che assiste incredulo ad un cambiamento epocale. Purtroppo la narrazione non è quasi mai emotivamente coinvolgente, rimarcando il distacco tra pagina scritta e versione filmata. Si può vedere ma non è memorabile.
Giùan: Uno degli ultimi film di Ozu e insieme a Fiori d'equinozio il primo nel quale fa uso del colore. Il Maestro giapponese inserisce nel suo caratteristico stile ieratico ma partecipe annotazioni di costume che sorprendono: l'occidentalizzazione del quartiere incarnata nei ragazzini che parlano inglese e che pur di vedersi regalata l'agognata tv fan ricorso al voto del silenzio. Indagatore infallibile della tradizione nipponica Ozu mostra insieme al fido sceneggiatore Kogo Noda di saperne valutare i cambiamenti con disincanto malinconico. Bello.
Victorvega: Film di questo tipo non hanno pretese per cui bisogna essere clementi da una parte riconoscendo l'onestà di base ma al contempo non esagerare elevandoli a capolavori che non sono. Qui si raggiunge un obiettivo: si ride, e il merito va ascritto al fatto che vengono lasciati spazi e briglie sciolte a un Banfi travolgente che sciorina trovate e battute in sequenza, solo spalleggiato dalla restante combriccola. Forse è poco, forse è molto. Astenersi non banfiani.
Luchi78: Non sempre un ritmo incalzante nella regia di Nuti, che si distingue invece per uno stile riflessivo e romantico. Le vicende incentrate sul rapporto tra Francesco e Chiara tengono banco per la maggior parte della pellicola, non sempre contraddistinte da quel sarcasmo alla Nuti che poi diverrà vena comica portante in tanti altri film dell'attore/regista toscano. Storia prettamente sentimentale intervallata da parentesi di gioco del biliardo interpretate da veri campioni dell'epoca; tutto sommato un film senza particolari pretese.
Nulla di strano, per chi frequenta il genere: il triangolo lei non l'aveva considerato, ma se l'uomo del destino ti si para davanti bello e disponibile, come rinunciare? Comincia così la relazione clandestina, col povero Stevens che se ne torna dal lavoro come sempre ma ignaro di quanto stia accadendo alle sue spalle. Un rapporto torrido, quello tra la bella bionda e l'assicuratore, smussato dalla destinazione televisiva ma che non disdegna qualche ralenti bollente (si fa per dire) tra le coperte. Tuttavia siamo solo all'inizio, con lei che si confessa con le amiche, si assenta con l'amante anche nelle situazioni meno indicate mentre... sorpresa, sorpresa... si fa strada una sottotrama omosessuale che davvero non ci si aspetterebbe, da un film simile.
C'è insomma voglia di sperimentare, almeno un poco, non dimenticando però che la base resta thriller e che tutto dovrà produrre una soluzione meno scontata di quanto ci si attenderebbe dopo aver assistito alla prima mezz'ora. E infatti, esaurita una fase di preparazione, che ci porta a conoscere i protagonisti della vicenda e le loro apparenti mire, cominciano gli sviluppi imprevisti, che come spesso capita in casi del genere conducono a esagerazioni e forzature, costruite con l'unico obiettivo di spiazzare lo spettatore e impedirgli di azzeccare il finale.
Fortunatamente Emilie de Ravin mantiene un buon appeal che le permette di azzeccare il tono dell'interpretazione, con Leo Howard che gioca invece a fare il seduttore impeccabile dalla cui bocca mai banalità devono uscire. Poi però è chiaro che ci si muove in territori già ampiamente battuti, nei quali è difficile emergere senza deludere gli appassionati del genere. Si resta nella mediocrità fino alla fine, con qualche figura più sfaccettata del previsto (il superiore di Jake, cui dà il volto Cary-Hiroyuki Tagawa, ad esempio), la solita fotografia piatta e nel complesso una confezione anonima in cui perdersi per concentrarsi unicamente sulla storia, molto più articolata di quanto ci si aspetti (al punto che nell'ultima parte si rischia di perdere il filo). La polizia compare giusto per sbrigare qualche inutile interrogatorio e poco altro. Chiudi