La storia di un sequestro di persona nella Pavia degli Anni di Piombo: tre poveracci (Bruno Corazzari, Flavio Bucci e Michele Placido) aggrediscono la bella Alice (Rena Niehaus) in pieno centro città e in auto la portano in un casolare di campagna che diventerà la sua prigione. Due di loro si defileranno abbastanza lasciando al terzo (Placido) il compito di sorvegliare la giovane in attesa del riscatto. Centrale, naturalmente, il rapporto tra vittima e carceriere, con i ruoli che talvolta si confondono e la sceneggiatura che prova a descrivere le diverse fasi dello stesso indugiando sul nudi della Niehaus. Placido le si avvicina prima in modo distaccato, ma presto non riuscirà a...Leggi tutto controllare l'istinto che lo spinge a cercare in lei sesso e amore. La sequestrata sta al gioco (il libro che stava leggendo e che ha ancora lì nel casolare è “Orcynus Orca”) e tratta spesso il carceriere con aria di sufficienza. Lo squallore dell'ambiente che avvolge i protagonisti contamina il film, il non indietreggiare di fronte alla volontà di mostrare la vittima anche durante i bisogni corporali dona un'aura di realismo che colpisce come deve, ma a ben guardare, al di là di un approccio quasi autoriale di Visconti al film, l'opera sembra costruita in modo troppo semplice, con parentesi extra-carcerarie un po' pretestuose, dato il poco spazio concessogli (Vittorio Mezzogiorno commissario fa poco più che una comparsata) e una ripetitività che presto stanca. Meno sesso e violenza di quanto si creda (anzi, quasi per nulla). Ottima invece la recitazione, e "vera".
Labili considerazioni sul condizionamento (anche psicologico) della borghesia pingue sulla classe proletaria intervallano un rapporto vittima-carnefice messo in scena in modo crudo e ipernaturalistico con netta prevalenza dell'effetto scabroso delle immagini (espletazione di bisogni corporali e masturbazioni incluse) sugli infrequenti dialoghi. Ben delineati ma volatili i personaggi: la ninfetta Niehaus terribile come il cetaceo, l’incerto Bucci, l’irruente Corazzari e il debole Placido con le sue rêveries erotico-marinaresche, in cui spicca la vena più autoriale del nipote di Luchino.
MEMORABILE: Placido che masturba la Niehaus, sedata e dormiente; l'investimento del cieco.
Gino, Paolo e Michele (calabrese emigrato a Pavia) sono tre spiantati sequestratori alla ricerca di soldi facili. Per raggiungere lo scopo rapiscono Alice, figlia d'un ricco industriale. Segregata in uno squallido cascinale, la ragazza avvia un gioco di seduzione perverso con Michele, deputato a sorvegliarla. Tra carceriere e prigioniera si forma un controverso rapporto d'amore/odio. Un dramma dalle tinte fosche, ben orchestrato da Visconti che può avvalersi, in questo caso, di un'ottima coppia d'interpreti, calati con perversa coscienza nelle parti (intercambiabili) di vittima e carnefice.
MEMORABILE: l'espletamento dei bisogni fisiologici di Alice, sotto gli occhi dell'aguzzino/amante.
Il lusso discreto della borsetta in coccodrillo di Alice: al suo interno, foto di una vacanza in barca a vela... Placido, sequestratore-sequestrato (non può allontanarsi dal covo), sogna il mare della sua adolescenza, un orizzonte di libertà si spalanca nel claustrofobico grigiore del nascondiglio. Quest'unica sequenza impreziosisce il film, buona crime-story con regia d'autore, storia di una manipolazione psicologica, di un odio muto e di un amore illusorio come il sogno di una rinascita. Storia maledetta e maledettamente prevedibile, proprio come certi destini.
MEMORABILE: Molto bella la scena - violentissima - dell'uccisione del boss cieco, investito con un'auto.
Buon dramma psicologico che si incentra tutto sul rapporto vittima-carnefice anche se Placido è veramente ridicolo nei panni di un carceriere che sembra più una tata. Il film è comunque buono, perfetta la prova della Niehaus, bene anche il cast maschile. Forse Placido un po' fuori ruolo.
Da un soggetto classico (il rapporto tra rapita e carceriere) che poteva risultare interessante per ambientazioni e attori impiegati, un film che la regia non ha saputo ravvivare lasciando l'impressione di fatti slegati fra loro e ripresi in modo troppo statico. Diciamo che una visione non è assolutamente sprecata perché non è un racconto banale e percorre più il psicologico che l'azione; con il personaggio di Placido che tenta di elevarsi dagli schemi. Però nel complesso il film non è coinvolgente. Bruttino il doppiaggio della Niehaus. **
Indubbiamente un film non facile, poiché il semplice soggetto era adattissimo per un film di "genere" con inseguimenti ecc. mentre Eriprando Visconti punta in alto ed il film risulta un pochino lento con tante cose non spiegate ma con un suo fascino molto particolare.
No... zero più zero uguale a zero e finale ovvio... Quando in un film impostato su un rapimento e una prigionia l'unica cosa che tocca (il suo giusto!) è il racconto su di una bambina con l'otite purulenta da rischiare la sordità, vuol dire che il film fa acqua da tutte le parti. Lasciam perdere il nudo e le scene simil-hard, ma anche se il cambiamento di espressione della Niehaus è memorabile, non può risollevare da solo le sorti di un film davvero scadente. Per fortuna il seguito sarà molto migliore...
Quel che si dice, “sbobba” d’autore. Prevedibilissimo (ed è un eufemismo) negli sviluppi narrativi (con finale, ma non solo, che si capisce già a metà pellicola); pedestre nel modo di trattare la tematica principale (quella del rapporto vittima-carnefice); risibile e qualunquistico nel tratteggiare i personaggi ed il loro “ambiente”. Non basta chiamarsi Visconti per fare del buon cinema. Trascurabile.
Strano film, incerto tra dramma autoriale e noir provinciale. Azzeccatissime le grigie location di una uggiosa Pavia settantiana e della rispettiva provincia, nonchè l'ambientazione tetra e scarna della casa di campagna, che mette gli attori in una situazione da pièce teatrale; non male Placido, ambigua la Niehaus (doppiata però in modo davvero discutibile), sempre bravo Bucci. A parte due o tre scene forti però il film non ha grandi sviluppi e alla fine della visione non lascia particolarmente convinti, pur senza annoiare troppo. Singolare.
Discreto dramma psicologico incentrato soprattutto sul tema del rapporto vittima-carnefice. Il film ha un ritmo abbastanza blando che però non toglie affatto interesse alla pellicola, in quanto ci sono anche scene molto cruente e forti che rimangono impresse nonché un'atmosfera fosca e quasi torva. Poche le scene d'azione, buona la prova della bellissima e quasi sempre nuda Rena Niehaus (che ha le physique du role per la parte), poco convincente Bucci, ancor meno Placido, benissimo invece Corazzari.
MEMORABILE: La scena della masturbazione; Il finale.
Più ambizioso che effettivamente riuscito, questo dramma psicologico incentrato sul rapporto che si instaura tra una ragazza rapita e il suo carceriere. Visconti dirige con apprezzabile realismo, ma a lungo andare la sceneggiatura diventa ripetitiva e l'unica componente che poteva vivacizzarla (quella poliziesca) viene liquidata in poche battute. Dialoghi scarni, ambientazioni fatiscenti e un buon cast in cui spicca Rena Niehaus, spesso nuda e capace di passare con disinvoltura dall'innocenza perversa alla spietatezza.
MEMORABILE: L'investimento del boss cieco; Il finale.
Ambizioso film drammatico che cerca una sua originalità sviluppando i rapporti psicologici tra rapito e rapitore invece di indugiare sull'azione. L'andamento è però disomogeneo: a una prima fase prettamente d'azione (la migliore) ne segue una centrale troppo lenta e uno sviluppo finale sviluppato in maniera debole con un cambio di prospettiva che lascia irrisolte e non sviluppate cose abbozzate all'inizio (vedi i dettagli sulla famiglia di Bucci). Buon realismo, attori nella parte.
Se non fosse stato diretto dal nipote di Visconti probabilmente oggi nessuno si ricorderebbe di La Orca, che ebbe anche un sequel. La storia morbosa di una ricca ragazza del Nord (Rena Niehaus) e il suo carceriere meridionale (Placido) avrebbe meritato un maggiore approfondimento. Eriprando Visconti è indeciso tra velleità d'autore e thriller erotico. Non aiutano dialoghi come: "Ti chiami Alice, come le alici...". La Nienhaus fu una vera rivelazione. Musiche del Guardiano del Faro.
MEMORABILE: Placido che masturba la ragazza nel sonno.
Un gruppo di balordi rapisce una giovanissima studentessa per chiedere in riscatto un cospicuo numero di quattrini. Le cose prenderanno una piega imprevedibile. Il film è praticamente girato quasi tutto all'interno del capanno dove viene custodita la giovane vittima, ma la trama non ne risente, anzi. La cosa che mi ha colpito maggiormente è che si tratta di una storia di poveracci che vivono di espedienti ma che si trovano di fronte a qualcosa di più grande di loro. Visconti riesce nel tentativo di dare umanità a una storia di per sé crudele.
La storia del sequestro della ragazza bene da parte di tre poveracci sprovveduti mette subito in chiaro il simbolismo sociale; e lo svolgersi degli eventi prosegue scopertamente su questa linea con la chiusa prevedibile e beffarda (la borghesia collusa col potere poliziesco che reprime le ansie di liberazione del proletariato). Peccato che le aspirazioni rimangano tali poiché il tutto rimane a livello epidermico, così come superficiale è l'analisi del personaggio chiave di Placido. Più ruspante Bucci, debitamente torbida la Niehaus.
Una ragazza rapita finisce per essere concupita dal suo rapitore. Il film di Visconti si regge su un senso di puro squallore che lega le vite della vittima - ignorata dal padre facoltoso - e dei rapitori, piccoli criminali sempliciotti lasciati a loro stessi, oltre che all'unico luogo in cui è ambientata la storia. La messa in scena prevede un gioco tra le parti dai toni non sempre chiari, a metà tra sollazzo erotico e thriller a sfondo morale. Un tipo di ambiguità che non arricchisce la suspense ma evidenzia la strana e gelida atmosfera della vicenda.
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Per Stefania: molto brava a cogliere il particolare dei contenuti della borsetta e del mondo che ne scaturisce, perchè io quando prendo un film male non sono così fine da apprezzare i particolari più meticolosamente intercalati. La tua è un'osservazione femminile nel senso migliore e più raffinato del termine.
Nella scena dell'incidente la violenza più reale è quella sottintesa, allorchè l'amante-badante lo abbandona silenziosamente,se ne va sulla scalinata e tira dritto senza neanche godersi lo spettacolo...
Per Daidae: già da tempo ammiro i tuoi commenti secchi e concisi, oltre ad esser quello ad avere con me più film in comune. Qui ti posso dire che il termine tata per indicare Michele Placido è azzeccatissimo.
Un saluto a tutti e due. FAUNO.
Ahahah... ti ringrazio! Solo che quella scena della borsetta non mi sembra secondaria, non mi sembra "un dettaglio": è una scena topica, che segna un punto di svolta: è il momento in cui Placido inizia a conoscere veramente Alice come donna e non solo come ostaggio. Sì, l'indifferenza dell'amante-badante gela il sangue, in quella scena, ed è resa col semplice gesto del... voltare le spalle!
P.S. Non so come mai vengano così i colori del fotogramma, comunque, con più calma, provvederò a sistemarli. Del resto sono solo un auto-didatta!...Ciao.
La versione in Full hd trasmessa su Amazon Prime Video è purtroppo cut di circa 5 minuti. Sono state alleggerite alcune scene spinte. La durata è 1:34:31