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TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/05/08 DAL BENEMERITO GUGLY
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Gugly 7/05/08 20:31 - 1184 commenti

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Disavventure di Checco Puricelli, che nella Roma inizio 900 vuole entrare nella nobiltà ma scoprirà a sue spese i vizi e l'ipocrisia della medesima... con un occhio al Marchese del Grillo e uno ad Amici miei, Corbucci ci consegna un lavoro divertente ma molto romano e un po' volgare, dove la simpatia di Montesano è innegabile, ma Panelli e Gassman sia pure comprimari hanno un qualcosa in più veramente indimenticabile... parata di bravi caratteristi in altri ruoli sparsi (Gora, Zoppelli, Pambieri, Davoli)
MEMORABILE: Alla fine del duello la dipartita di Panelli e Gassman.

Il Gobbo 2/11/09 09:28 - 3015 commenti

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Non male. L'operazione rischiava di scontare l'effetto-saturazione dopo l'orgia anni '70 di Magni e rugantini, e di apprire fuori tempo massimo. Ma Montesano è in palla, le idee non mancano, e il contorno era ancora di un livello tale da sopperire a qualche caduta di tono. Sublimi Gassman e Panelli, specie quando si abbandonano alla strippata fatale. Gustoso.

B. Legnani 26/12/09 01:18 - 5519 commenti

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La prima mezzora, gustosa, fa sperare in molto di più. Invece, a partire dall'interminabile duello con i suoi pazzeschi "dei ex machina", il film cala e resta più che altro una galleria di situazioni un po' eccessive. Montesano è in forma e Panelli è grande; Gassman esagera, mentre Pambieri è compostissimo. La Pieroni, stucchevolmente a bocca dischiusa, è troppo caricata per la parte e il calcatissimo doppiaggio certo non la riporta nei ranghi. Banale la Chauveau. Film a stento sufficiente e, pertanto, evitabile senza problemi.
MEMORABILE: La nomina a Conte.

Daidae 21/01/11 19:37 - 3163 commenti

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Un po' lunga e pesantuccia questa comunque buona commedia del valido regista romano Sergio Corbucci. Cast femminile da dimenticare: far passare una francese per popolana romana non riesce bene, ancora peggio la Pieroni. Ottimo invece quello maschile: il buon Montesano, i navigati Gora e Gassman; anche Davoli non sfigura. Divertente senza aspettarsi troppo.

Pinhead80 29/12/10 01:39 - 4715 commenti

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Un povero falegname cerca di sedurre una ragazza nobile fingendosi ricco. Le cose non sembrano andare per il verso giusto ma una sorpresa attenderà il conte Tacchia... Discreto film comico che si può tranquillamente leggere come atto d'accusa contro la falsità dei costumi nobiliari. Montesano e Panelli se l'intendono alla grande e Gasmann si dimostra, al solito, grande attore.

Galbo 5/01/11 05:56 - 12372 commenti

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L'ascesa verso i piani alti della nobiltà di un modesto falegname romano; commedia popolare non irresistibile ma piuttosto godibile, diretta con buona verve dal bravo Sergio Corbucci. Il regista ricostruisce abilmente la roma capitolina ai tempi di Vittorio Emanuele III con una buona messa in scena e grazie all'apporto di buoni attori e sopratutto di ottimi caratteristi come Panelli e Davoli. Chiaramente ispirato all'opera di Monicelli, Il marchese del grillo, il film non è molto originale ma divertente e ben fatto.

Cotola 25/03/11 00:23 - 8998 commenti

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Commedia romanesca in “costume” che cerca di sfruttare, riuscendoci solo in parte, la simpatia dei protagonisti tra i quali sono comunque meglio Panelli e Gassman di Montesano. Per il resto la storia presenta situazioni risapute e non strappa tante risate. Così così e, forse, anche meno.

Myvincent 4/02/20 08:25 - 3722 commenti

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Un anno dopo Il marchese del Grillo ancora un film su un pittoresco personaggio romano realmente esistito nella prima metà del '900. Corbucci non ha la profondità di Monicelli e certo Montesano non è annoverabile fra i mostri sacri Gassman/Sordi/Manfredi/Tognazzi, ma insieme ce la mettono tutta per creare un prodotto d'intrattenimento divertente e scanzonato. Il temperamento romano è tutto qui, tra frizzi, lazzi e scorci scrostati di una città senza tempo.
MEMORABILE: La bellissima presenza di una Ania Pieroni d'annata.

Nando 28/08/11 10:05 - 3806 commenti

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La Roma nei primi del '900 vista con gli occhi di un falegname che aspira alla nobiltà. Una commedia non originale ma dotata di qualche spunto interessante che si avvale di un cast discreto: Panelli e Gassman in ottima quanto mangereccia forma! Finale a parer mio posticcio.

Motorship 23/08/12 22:26 - 585 commenti

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Bella commedia di Sergio Corbucci, un po' sottovalutata dalla critica. Il film non ha una storia molto orignale ma è ben gestita dalla regia nonchè dagli attori e da una sceneggiatura senza buchi. Ottimo Enrico Montesano, divertente e in forma smagliante, così come superbi appaiono Vittorio Gassmann e Paolo Panelli, impagabili nella scena dell'abbuffata con strozzatura finale (e fatale). Di rilievo anche lo stuolo di caratteristi presente nel film (Pambieri, Davoli, Gora e Zoppelli), mentre la Chaeveu e la Pieroni sono inespressive (la Pieroni di più).

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Fabiorossi 31/12/12 17:48 - 67 commenti

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Quando nel 1978 Garinei e Giovannini proposero ad Enrico Montesano il personaggio di Rugantino lo fecero a ragion veduta. L'attore romano, infatti, possiede qualità mimiche e dialettiche in grado di sopportare oper ben più impegnative di un film come questo, godibile ma leggero come si conviene a una buona commedia italiana. Spudoratamente copiato da Il Conte Max di Bianchi (vedi il passaggio nel quale Il Conte Tacchia fa colazione con la fitta schiera di nobili che lo scherniscono). Corbucci poteva scegliere un finale più coerente.

Multimic80 9/01/13 14:57 - 48 commenti

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Commedia divertente riscoperta negli ultimi anni grazie anche ai vari passaggi sulle tv private. Montesano mattatore nel periodo della piena affermazione da attore comico, ma nonostante la bravura di Panelli, la vera spalla è Gassman con le sue "perle di saggezza" e qualche termine colorito. Allegro e orecchiabile il brano principale della colonna sonora "N'sai che pacchia". Distribuito in due versioni (quella originale televisiva di 141 minuti e quella in dvd di 118 minuti).
MEMORABILE: L'armadio fatto rotolare per le scale; Il principe Terenzi ubriaco; Il duello; L'abbuffata di sor Alvaro e il principe; Montesano vestito da turco.

Il Dandi 15/09/13 18:16 - 1917 commenti

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A ridosso del Marchese del Grillo (che già era un canto del cigno del genere) Corbucci propone l'ex Rugantino Montesano come un Conte Max della "Roma sparita": il filone è ormai epurato da ogni allegoria storica e l'ambientazione d'epoca resta funzionale solo ad un piacevole effetto nostalgia ("che pacchia quando ce stava ancora er conte Tacchia"). Montesano perfetto per la parte ma il film non reggerebbe senza gli straordinari comprimari, tra i quali spicca impietosa la superiorità degli attori sulle attrici.
MEMORABILE: Il testamento del principe Torquato (Gassman)

Rambo90 20/11/13 00:19 - 7661 commenti

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Sulla scia del Marchese del Grillo Corbucci propone questa divertente commedia che, seppure tra alti e bassi, si lascia guardare con piacevolezza, soprattutto grazie a uno straordinario Enrico Montesano, davvero in gran forma e all'altezza di ogni situazione. Regalano qualche sorriso anche i vecchi Gassman e Panelli (soprattutto nelle scene insieme) e la colonna sonora è piacevole. Buono.

Mco 15/04/14 23:10 - 2323 commenti

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Montesano in uno dei suoi ruoli migliori. Ambizione soddisfatta, circolo dei nobili conquistato e sete di rivincita personale placata. L'amore, quello resta ancorato a vecchie tradizioni. La marcia in carrozza ha uno charme unico sia con Gassman a bordo che col solo conte, in un tripudio di orgoglio e sana spavalderia parvenu. La trivialità non è gratuita ma si accompagna perfettamente al tema trattato. Panelli non sfigura mai e la Pieroni, pur nella sua veste di femmina viziata e perfida, offre sempre un bel vedere. Da vedere!
MEMORABILE: L'entrata in scena al circolo dell'Alta Società, a partire dalla sua presentazione all'ingresso.

Homesick 6/01/15 17:13 - 5737 commenti

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Il Conte Tacchia: la riscossa dei plebei dall'animo gagliardo e generoso contro gli aristocratici gretti e superbi. Già questa trama così genuinamente popolana basta a rendere memorabile la commedia di Corbucci, che in più regge saldissima per oltre due ore, trainata da una delle massime prove di un Montesano per una volta libero dai ruoli di sfigatello ansimante di solito cucitigli addosso; con lui Gassman, che si crogiola nei panni di nobile decaduto, e una serie di brillanti figure di contorno. La volgarità, checché ne dica la critica gallonata, è ben al di sotto della media.
MEMORABILE: Le gaffes al pranzo con i nobili; l'interminabile duello con il francese; la partita al tavolo da gioco.

Saintgifts 17/04/15 10:16 - 4098 commenti

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Non sono un fan di Montesano, ma devo riconoscere che qui è un buon protagonista e sostiene bene il ruolo del falegname nobile. Merito di Corbucci? Certamente il regista ci ha messo lo zampino, come non l'avrà messo invece per Gassman e Panelli, a ruota libera e di sicuro non bisognosi di suggerimenti. Nobili e plebei messi di fronte in una Roma dove al Quirinale risiedeva ancora il re, un confronto da cui i nobili escono sconfitti e dove chi finalmente arriva a farne parte capisce quanto poco contino i titoli, senza altri "titoli" spendibili.
MEMORABILE: Gassman: "Il nonno di mio nonno, di mio nonno, di mio nonno... prima di diventare nobile era uno s... come tutti l'altri".

Fabbiu 24/10/15 17:48 - 2133 commenti

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Commedia in costume su di un personaggio di fantasia ispirato però a qualcuno di realmente esistito (Adriano Bennicelli). Nonostante qualche incongruenza storica e diversi tagli ingiusti alla pellicola, la sceneggiatura risulta fluida e grazie alla buona interpretazione del protagonista Enrico Montesano, perfetto a interpretare il ruolo, nonché a quella di Gasmann nel ruolo di principe decaduto (più monotono invece Panelli), l'intera narrazione risulta nel complesso gradevole e simpatica.

Il ferrini 19/06/16 10:52 - 2337 commenti

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Divertente commedia in costume con un Montesano particolarmente a suo agio, coadiuvato dagli impeccabili Gassman e Panelli, i due "padri" del protagonista. La ricostruzione storica è molto accurata, dalle scenografie ai costumi e c'è anche un certo rigore filologico ("sei così magro che pari 'na radiografia", in effetti il primo utilizzo degli RX risale esattamente a quel periodo). Il labiale della Chauveau non è propriamente aderente al doppiaggio e la Pieroni ha un personaggio troppo caricaturiale.
MEMORABILE: Montesano che mette una "tacchia" alla bara del padre (Panelli) sul carro funebre.

Alex75 28/12/17 13:37 - 876 commenti

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Sanguigna commedia romana, ispirata a un personaggio realmente esistito, che fa riflettere sul vero significato della parola “nobiltà”. Corbucci valorizza Montesano (già convincente Rugantino a teatro) affiancandogli gli ottimi Panelli, Gassman, Davoli e, nei ruoli secondari, Pambieri e Gora. La volgarità e il costante uso del vernacolo possono allontanare, ma corroborano il messaggio del film, i cui difetti vanno semmai individuati in alcune situazioni forzate e nel cast femminile inadeguato.
MEMORABILE: I dialoghi del conte Tacchia con i due padri; La colazione col Marchese Lollo e la sua famiglia; La strippata durante il duello; Le nozze.

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Markus 5/06/19 08:11 - 3680 commenti

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Roma, primi del '900. Un falegname scalpita per entrare nei ranghi dell'aristocrazia romana, ma da questa riceverà solo delusioni. Mera operazione commerciale con protagonista Enrico Montesano nel suo periodo d'oro (peraltro non nuovo al genere: nel 1978 interpretò Rugantino, di simile contesto). Il mestiere di Sergio Corbucci si vede: ci sono ritmo, una buona dose di sagaci battute in romanesco e un azzeccato cast di stelle di allora, ma tra citazioni/ispirazioni più o meno celate la pellicola non si può considerare un pozzo d'originalità.

Redeyes 23/09/20 07:26 - 2442 commenti

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Film in costume fra la nobiltà romana che convince soprattutto grazie a un Montesano in gran forma capace di sopperire con la sua verve a qualche momento di stanca. Sicuramente paga lo scotto di essere accostato mentalmente al nobilissimo Grillo, ma va detto che la storia è piuttosto vivace e si sorride più di una volta. In forma anche i comprimari, e la parte di critica alla nobiltà tutto sommato tiene bene.

Siska80 23/10/20 16:55 - 3714 commenti

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Alquanto bislacca per essere tratta da una storia vera, questa commedia spesso triviale ricorda nell'intreccio Il conte Max con Sordi: anche qui il protagonista ambizioso si dà arie da aristocratico ed è diviso tra l'attrazione per una giovane nobildonna e l'amore per una popolana. La durata eccessiva è stancante, così come il personaggio di Checco, che ama gigioneggiare in maniera eccessiva e piuttosto antipatica; il finale ricorda "Il fu Mattia Pascal" pirandelliano in versione riveduta e corretta; buoni cast e costumi.

Pessoa 3/12/20 11:55 - 2476 commenti

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Rievocazione di fantasia delle gesta del celebre Adriano Bennicelli, che col soprannome di Conte Tacchia animò Roma fra il XIX e il XX secolo. La confezione di Corbucci targata mamma Rai bada più alla sostanza che alla forma e la Roma ricostruita presenta troppe falle per essere credibile. Va meglio sul piano del cast: un Montesano in forma domina un buon cast, impreziosito da Panelli e Gassman che in un duetto regalano la scena migliore del film. Il ritmo dilatato dai tempi televisivi alterna momenti godibili a qualche lungaggine, ma nel complesso si tratta di un buon film.
MEMORABILE: "Ci sono troppi libri fra noi!" (Gassman a Montesano); La mangiata pantagruelica di Gassman e Panelli.

Von Leppe 24/07/23 19:51 - 1256 commenti

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Come il Marchese del Grillo, il film è ispirato a un personaggio della Roma di un tempo. Enrico Montesano interpreta il tipico sbruffone romanesco che in questo caso ha manie nobiliari, un po' come Il conte Max (la cosa è palese soprattutto nel rapporto col principe impersonato da Vittorio Gassman). Pellicola ricca di attori notevoli ma dai risultati mediocri, anche se le musiche sono buone (c'è pure uno stornello cantato da Alvaro Amici) e la ricostruzione romana del primo Novecento funziona.
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  • Curiosità Fabiodm102 • 2/11/10 00:44
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  • Homevideo Geppo • 11/08/11 14:05
    Call center Davinotti - 4269 interventi
    Tutti i DVD usciti e disponibili (compresa la vecchia VHS CVR) de "Il conte Tacchia" contengono la versione cinematografica di 116 minuti circa. Poi esiste anche la "long version", cioè la versione televsiva composta da due puntate, di 140 minuti.
    Ultima modifica: 27/11/20 15:26 da Zender
  • Discussione Gugly • 23/08/11 00:10
    Portaborse - 4711 interventi
    Ragazzi, ho trovato un articolo stuzzicante sul troppo dimenticato Franco Caracciolo (ovvero qui l'effeminato Gualtiero).

    Leggete e gustate.

    Edito originariamente in "Pride", settembre 2006

    Nessuno ha ancora studiato l'importanza del personaggio "effeminato" nel cinema italiano. Persino il barese Lino Banfi debuttò, negli anni '60, con piccoli ruoli da "ricchione" in sgangherate commedie all'italiana, approdando poi a vasti consensi televisivi con ben differente comicità.

    Ma tali ruoli erano affidati, per lo più, esclusivamente a un ristretto numero di caratteristi, realmente gay, perché nessuno voleva interpretarli.

    Così alcuni di loro, sputtanatissimi quanto dichiaratissimi anche nella realtà quotidiana, si ritrovarono, quasi per caso, in capolavori diretti da celebri registi.

    Nessuno riuscì ad ottenere grande celebrità, né ad uscire dai ristretti cliché da barzelletta che vedevano i gay di volta in volta come ambigui viziosi, sfacciate "pazze" o zimbelli codardi di tutta la caserma.

    Eppure dietro alcuni di questi ruoli, spessissimo comici ma comunque sempre fugaci e di contorno, s'avvertiva una qualità attoriale sensibile, quanto tenace, capace di farne figure umanamente indimenticabili.

    Regine per un attimo della risata o del disgusto della platea, assolvendo fino in fondo e con dignità la loro funzione.

    Quasi tutti questi attori sissy s'erano fatti le ossa nell'avanspettacolo o erano stati bohemien della gaia Roma del dopoguerra. Oltre alla leggendaria Giò Stajano, il più in vista fu il romano Vinicio Diamanti che recitò pure ne "Il conformista"(1970) di Bertolucci e in "La pelle" (1981) della Cavani.

    Poi ci furono anche Dominot ( "La Dolce Vita" di Fellini) e Tito LeDuc (la bionda delle "Sorelle Bandiera", lanciate da Arbore nel 1978). Specialmente quest'ultimo, tanta importanza ebbe nella visibilità del gay a livello popolare.

    Quello però che divenne mitico, nella sua cerchia di amici romani, più per le sue folli gesta che per gli inconsistenti ruoli cinematografici fu il principe Francesco Caracciolo. Veramente nobile d'origine napoletana, tra le famiglie più titolate di tutta Europa. Realmente principe di Avellino, di Torchiarolo e Ripa. Dall'albero genealogico risalente all'anno Mille con santi, navigatori ed eroi in ogni suo ramo.

    Nacque il 6 marzo 1944 nella casa dei nonni materni, non nobili, a San Martino in Pensilis, nel Molise. Il 22 gennaio gli americani erano sbarcati ad Anzio e la famiglia, prevedendo il peggio, era sfollata dalla bella casa di Roma nel quartiere Flaminio, in Via Pannini 11.

    Il padre Don Marcello Caracciolo (nato nel 1903) era in un certo qual modo legato al fascismo.

    Dottore in legge, lettere e filosofia era capo sezione al Ministero dell'Educazione Nazionale, quell'organo statale che sotto la direzione di Bottai, nel 1938, sostenne l'emanazione delle leggi razziali in difesa dell'italianità e della famiglia, cioè il cosiddetto "Manifesto degli scienziati razzisti" dettato da Mussolini ma firmato, in pratica, da dieci quotati patologi, fisiologi e antropologi sedicenti "studiosi razzisti".

    A questi s'aggiungevano altri 140 firmatari, personaggi pubblici cattolici, i cui nomi letti oggi fanno accapponare la pelle: Amintore Fanfani (poi D.C.), Padre Agostino Gemelli (psicologo e fondatore dell'Università Cattolica), Giorgio Almirante (fondatore M.S.I.), Giorgio Bocca (giornalista), Mario Missiroli (regista), Festa Campanile (regista), Ardengo Soffici (pittore), Walter Molino (disegnatore), Giovanni Papini (scrittore), Luigi Chiarini (critico, direttore del Festival di Venezia dal 1963 al '68), Giovanni Guareschi (autore di "Don Peppone e Don Camillo"), ecc.

    Ma il più famoso tra tutti fu il rettore dell'Università Adriatica Benito Mussolini di Bari (così si chiamava all'epoca) dal 1925, fondatore della Eugenetica (biotipologia umana) e senatore fascista, dal 1933, dottor Nicola Pende (1880-1970).

    In qualità di membro della "Commissione per l'Educazione e Cultura Popolare", dal 1939 alla caduta di Mussolini l'8 settembre 1943, fu molto vicino al principe Marcello Caracciolo. Il quale non è un caso che ne avesse tanta stima da rivolgersi a lui per risolvere un "problemino" di famiglia qualche anno più tardi.

    Infatti il suo figliolo, il principino Franco, aveva cominciato a manifestare precocemente mimiche e posture indubbiamente "strane", oltre ad una propensione esagerata al gioco delle bambole (apriti cielo!) con la sorellina maggiore Maria Carmela.

    Nel dopoguerra, grazie alla D.C., il luminare Nicola Pende s'era immediatamente riciclato e conservò la sua cattedra di Patologia all'Università di Roma fino all'età di 75 anni, nel 1955. Aveva, da sempre, approfondito gli studi del famigerato criminologo Cesare Lombroso (1835-1909) sostenendo l'importanza degli ormoni nella determinazione delle costituzioni umane, ponendo così le basi per la moderna endocrinologia.

    Impossibilitato a firmare tesi sulla "diversità" biologica della razza ebraica, ora s'era incaponito negli esperimenti per correggere, come una vera e propria "malattia", la presunta "diversità" biologica degli omosessuali. Promettendo, addirittura, miracoli con rara e tenace convinzione.

    La "cura" miracolosa prevedeva lunghi mesi di trattamento intensivo, con alzatacce da caserma all'alba, dura ginnastica per rafforzare la muscolatura, maschio uso di docce fredde, supporto psicologico per lavare il cervello da ogni pensiero inadatto, sia con lezioni d'educazione sessuale, religiosa e morale.

    Soprattutto, il vero toccasana, consisteva nelle iniezioni di forti dosi d'ormoni.

    All'epoca, come terapia d'urto erano indicate le endovene di Testovena, per l'effetto ad azione prolungata invece il Testogen via endomuscolare ( in una dose di 5mg. vi era contenuto tutto l'ormone estraibile da 50Kg. di testicolo!).

    Nicola Pende, inoltre, era stato anche lo sperimentatore di pillole di ormoni maschili di scimmia inserite tra l'ombelico e il pube.

    Alla fine del ciclo fu annunciato il "miracolo" e Pende espose pubblicamente il caso della guarigione dell'adolescente Franco Caracciolo in convegni e libri.

    Forse troppo frettolosamente. "Franco, un giorno tu mi incontrerai per la strada e mi dirai: Professore Pende, grazie! Lei ha fatto di me un vero uomo! Ma io ti risponderò: "Franco, io ho fatto solo il mio dovere". Anni dopo a tale riguardo Caracciolo avrebbe allegramente confessato al suo amico Massimo Consoli: Nì, vorrei proprio incontrala adesso, la Pende, e dirle: "Professooore! Grazie, lei ha fatto di me...una vera donna!" .

    La cura era stata inutile, anzi, aveva accelerato il processo di rivolta del paziente verso la famiglia e le istituzioni, con la piena consapevole e gioiosa fierezza della propria omosessualità.

    Non certo ricco, fin da bambino col culto delle celebri dive dello schermo, volle intraprendere una carriera d'attore in un momento in cui a Cinecittà si giravano anche più di cento film all'anno.

    Nel 1962, in una breve intervista apparsa su "Paese Sera" ebbe a dichiarare con senso pratico: "Per favore, non dite che sono principe, ma che faccio il commesso in un negozio di vini".

    Federico Fellini lo aveva voluto in "Otto e ½"(1963), ironia della sorte, per il ruolo fugace d'un prete vistosamente effeminato che impartiva uno scapaccione al protagonista-bambino del film, vittima della sessuofobia del collegio religioso. Per Fellini figurò in altri tre film: "Toby Dammit"(1968), "Satyricon"(1969) e "Roma"(1972).

    Altro ruolo non accreditato nei titoli di testa, lo ebbe in abiti da frate in "I Mostri"(1963) di Dino Risi.

    Bisognerà aspettare molti anni per trovarlo, col proprio nome, tra gli interpreti di "Splendori e miserie di Madame Royale"(1970) di Vittorio Caprioli, con il ruolino in ombra d'un gay che prende a botte un "rivale" durante il battuage notturno al Colosseo. Fu l'amico Caprioli a volergli fare un simile omaggio.

    Ormai Franco Caracciolo era diventato un'istituzione vivente nella tipica Roma omosessuale di quell'epoca. Dai bar di Piazza Navona fino ai luoghi più desolati di periferia, tra i ruderi di Monte Caprino o nei cinema di quart'ordine, sempre in caccia di maschi veraci e ben disposti.

    Famoso ovunque per i suo lazzi comici, surreali quanto graffianti, era ritenuto da tutti una persona estremamente generosa e dall'incredibile candore.

    Fu lui a rendere famoso l'intercalare "Nì" (dall'inglese "honey", tanto usato dai militari USA a Roma nel 1945 per corteggiare le ragazze), tipico di Anna Magnani, e che poi gli copiò pure Renato Zero.

    Il militante gay Anselmo Cadelli (1950-2001) ebbe a dire a proposito: Era impossibile odiare Franco Caracciolo, qualsiasi cosa facesse, anche la più truce, anche la più diabolica, tutti sapevano che non ci metteva né malizia né cattiveria. Si faceva amare essendo semplicemente se stesso.

    Fin dal 1966 frequentava Massimo Consoli e il poeta Dario Bellezza (1944-1996). Anche se quest'ultimo in maniera acida ed irriconoscente li avrebbe poi raffigurati entrambi come dei mostri nel suo pessimo romanzo di successo "Lettere da Sodoma" del 1972, edito da Rizzoli. Definì aspramente Caracciolo: Una checca sfranta chiamata "la princessita" di non so dove.

    Intanto continuava a collezionare piccoli ruoli in film di Serie B, almeno una quarantina fino al 1990.

    Fu il prete confessore di Anita Ekberg in "Suor Omicidi"(1978) di Giulio Berruti, una racchia vogliosa in "La soldatessa alle grandi manovre"(1978) di Nando Cicero con Alvaro Vitali, un gay amante di Mario Carotenuto in "Dove vai se il vizietto non ce l'hai?"(1979) di Marino Girolami, un nobile frocissimo in "Il Conte Tacchia"(1982) di Sergio Corbucci con Montesano, il preistorico Capo Omosex in "Grunt"(1983) di Andy Luotto, un travestito in "Delitto al Blue Gay" (1985) di Bruno Corrucci con Thomas Milian, e via di seguito.

    Dal 1976 aveva fatto coppia en-travesti in molti cabaret romani con Alberto Tarallo, la Doralice del film "Mimì Bluette"(1977) di Carlo Di Palma e che fu anche sceneggiatore di "Suor Omicidi". Oggi è molto più conosciuto come lo scopritore-agente tuttofare del bell'attore Gabriel Garko.

    Le esibizioni caricaturali di Franco Caracciolo non finivano di stupire i clienti dei primi locali gay di Roma come il "Club Ompo's" (di Consoli) e "L'Alibi", specialmente con la sua versione impazzita e sgangherata, in tutù classico, del "Lago dei cigni".

    Collaborò molto anche con il comico Oreste Lionello per "Il Bagaglino", fondato da Pier Francesco Pingitore e Mario Castellacci con cui, tra l'altro, fece anche molte comparsate cinematografiche in lavori dal gusto non sempre eccelso e dai forti tratti omofobici.

    Per sbarcare il lunario, nei primi anni '70, scriveva con lo pseudonimo di Gianni Darelli per la rivista pornografica "OS-Settimanale dei quattro sessi" articoli sconclusionati ma orgogliosamente militanti per la "causa" gay.

    Addirittura, nel 1972, ne divenne pure direttore. Anche se il direttore responsabile era in realtà l'etero Marcello Baraghini [5], radicale e amico di Marco Pannella, che in qualità d'iscritto all'albo dei giornalisti assunse anche la direzione del notiziario gay "Ompo" di Massimo Consoli, pur di poterlo far uscire in edicole specializzate.

    Il volgarotto e sinistreggiante "OS" fu il primo a pubblicare anche materiale esplicitamente e fieramente omosessuale, quando ancora i gay si vergognavano ad andare a comprare "certe cose" in edicola. Per questo subì innumerevoli sequestri per oscenità.

    Franco Caracciolo vi comparve più volte in fotografia, addirittura nudo (con peccetta cache-sex). Da una costola di "OS" nacque il primo giornale gay, semi-porno, "Homo".

    In quei tempi poteva accadere veramente di tutto, tant'è vero che Caracciolo rimase invischiato, come attore, nelle riprese degenerate in puro hard-core sul set del "Caligola"(1976), film poi semi-rinnegato dal suo autore Tinto Brass.

    Il poeta-regista Mario Sigfrido Metalli, che conobbe bene Franco Caracciolo, mi ha così raccontato il boccaccesco episodio: La scena prevedeva che due servi, spiando da un buco nel muro il padrone che faceva l'amore, si dovessero poi sfogare tra loro. Insieme a Franco avevano scelto un bellissimo ragazzo, li fanno vestire con delle tunichette bianche e corte con niente sotto. Il ragazzo è disposto a "fingere" la scena, tanto - pensa - dopo me lo faccio fare veramente un pompino. Franco gongola, anche se per "finta" la faccia su quel ben di dio ce la deve mettere veramente... I due si mettono in posizione ma nello sbigottimento generale il regista Bob Gruccione strepitò che non hanno capito niente: Franco doveva stare in piedi ed il ragazzo in ginocchio...ma era anche necessario vedere l'atto. Il ragazzo protestò vivacemente che lui è il maschio e che Caracciolo è la frocia. Il regista replicò che per esigenza della macchina da presa quello di Franco Caracciolo è più grosso e quindi s'inquadra meglio... Discussioni, trattative, qualche soldo in più e si è pronti per girare. Al ragazzo fu fatto un mascherone di trucco talmente pesante da renderlo irriconoscibile. Quando però il regista urlò "Guarda che te lo devi infilare in bocca!" si creò il panico, con Caracciolo che diceva di volerlo fare lui, ché proprio non si vergognava delle cineprese. Nulla da fare. Alla fine il ragazzo si rassegna: non vuole perdere la giornata di lavoro e gli daranno anche più del pattuito. Ed iniziarono le riprese. Scene di giubilo da una parte (il set era pieno di checchine che facevano da aiuti, assistenti e chissà che altro) e panico dall'altra...La cosa si dovette rifare per intero due volte! Poi al montaggio si vide appena un movimento di tunichette nell'ombra...Caracciolo era veramente scandalizzato: "Nì, a me questo affronto!" e chi gli replicava che in fondo se l'era fatto succhiare da un bel maschio, rispondeva che lui preferiva il contrario. E comunque, confessò agli intimi, d'aver poi consolato, in privato, il maschio della disavventura, e mentre glielo succhiava gli diceva: "Nì, 'sti stronzi non capiscono niente, non te devi preoccupà che il maschio sei tu!".

    Fu poi nel dicembre 1987, mentre scarseggiavano sempre più i ruoli a causa della crisi del cinema, che Renzo Arbore volle a tutti i costi Franco Caracciolo nel suo programma su Raidue "Indietro tutta" (trasmesso per più di 3 mesi, cinque serate alla settimana). Qui Caracciolo, con la sua devastante autoironia, travestito da spiumettante quanto traballante gallina, faceva parte grottesca ed integrante del corpo di ballo delle bellissime e sexy-vallette "Ragazze Coccodè".

    Ne scrissero tutti i giornali e fu ospite anche da Maurizio Costanzo.

    Purtroppo non ci furono ulteriori sviluppi.

    Dopo altri piccoli cammei "caraccioliani" al cinema, si spense all'Ospedale Spallanzani di Roma, a causa di complicazioni dovute all'Aids.

    Era il 3 novembre 1992.
  • Musiche Alex75 • 2/03/18 17:23
    Call center Davinotti - 709 interventi
    La canzone "N'sai che pacchia" (E. Montesano - A. Trovajoli)
    https://www.youtube.com/watch?v=acgzNG8lWBg
    Ultima modifica: 5/03/18 17:07 da Alex75
  • Homevideo Markus • 4/06/19 16:18
    Scrivano - 4775 interventi
    La versione per la televisione (detta "long version") fu trasmessa in due parti su RaiDue il 22 e 23 novembre 1983.

    Fonte: La Stampa del 22 novembre 1983 pagina 23 di 50.
    Ultima modifica: 4/06/19 20:23 da Markus
  • Discussione Zender • 4/06/19 16:28
    Capo scrivano - 47698 interventi
    Ma non mi pare sia una rarità, l'han molte volte anche negli ultimi anni, devo pure averla registrata, mi pare.
  • Discussione Markus • 4/06/19 16:46
    Scrivano - 4775 interventi
    Zender ebbe a dire:
    Ma non mi pare sia una rarità, l'han molte volte anche negli ultimi anni, devo pure averla registrata, mi pare.

    Intendevo da mettere in "curiosità".
  • Discussione Zender • 4/06/19 17:01
    Capo scrivano - 47698 interventi
    Sì, più in homevideo. Ma sarebbe quindi la prima tv del film?
  • Discussione Markus • 4/06/19 20:22
    Scrivano - 4775 interventi
    Zender ebbe a dire:
    Sì, più in homevideo. Ma sarebbe quindi la prima tv del film?

    Sì, secondo il quotidiano con ancora il film nelle sale (immagino alluda alle seconde e terze visioni).
  • Homevideo Zender • 27/11/20 15:29
    Capo scrivano - 47698 interventi
    Tutte le differenze tra la versione lunga televisiva e la versione corta uscita al cinema le trovate nello speciale realizzato appositamente che trovate in QUESTA PAGINA.

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