Inizio di primavera - Film (1956)

Giovane coppia va in crisi quando lui, impiegato, "consuma" una breve relazione con la collega. Si resta sbigottiti innanzi a Ozu: pare di assistere allo stesso film (perché identico è il film che gira), gli stessi amati volti corrucciati, la semiotica delle ciminiere, dei treni, dei panni stesi al vento, le facciate dei grigi uffici alveare, gli interni di case trafficati dalle storie che conosciamo, come ben sappiamo i loro (ri)conciliatori finali. Eppure questa contemplazione inquieta e redime sottilmente: qui un bacio, una camera d'albergo, Tokio che brulica, omologante.

Negare il tradimento è la regola. Come prendere il treno delle 8:28. Fare il proprio dovere in ufficio. Cucinare il pranzo. Stirare i panni. Attorno alla storia più frusta dell'umanità, Ozu compone, inquadratura per inquadratura, un rilievo sociale limpido e penetrante delle antinomie che configurano la quotidiana sopravvivenza all'esistere, tra tradizione e progresso, ruoli maschili e femminili, paura della solitudine. Inesorabile e tensivo, ricolloca il dettaglio ambientale e prossemico in una visione di ampio respiro che riconcilia con i compromessi che accogliamo ogni giorno.

Un impiegato intreccia una relazione extraconiugale con una segretaria. Trama vecchia come il mondo (lui, lei, l’altra) in cui Ozu tende a dilatare la vicenda rendendo partecipe chi sta intorno al trio. Qualche dialogo poteva essere sforbiciato sottolineando meglio i momenti topici, pudici nell’innamoramento, oppure diretti a livello matrimoniale. Il rigore registico si nota pure negli esterni e è funzionale nei vari confronti; scelta delle luci ragguardevole. Piccola critica ai soldati giapponesi: risultano fuori tema.