Non è stato il successo annunciato che avrebbe dovuto seguire L'ULTIMO BACIO, ma il quarto film di Gabriele Muccino è comunque la conferma di un talento non comune. Dal punto di vista meramente registico RICORDATI DI ME fila come un treno sull'onda del quotidiano, rivitalizza il cinema che fu del miglior Vanzina e dimostra che con Muccino se non altro non ci si addormenta. Di nuovo abbiamo l'alternanza generazionale de L'ULTIMO BACIO: da una parte i due genitori (Bentivoglio e Laura Morante), dall'altra i loro figli (Silvio Muccino e Nicoletta Romanoff)....Leggi tutto Ognuno con i propri problemi, con le proprie aspirazioni: lui e lei sono sull'orlo della separazione (d'altra parte lui si trova di fronte una vecchia fiamma con le fattezze di Monica Bellucci, lo si può capire), la figlia sogna di diventare velina, il figlio di integrarsi meglio con gli amici e abbandonare il ruolo di perdente. La Morante straparla (ma è così brava a fare l'isterica che le si perdona tutto), Bentivoglio dà un altro saggio di recitazione dimessa ma volitiva. La Romanoff ha un corpo strepitoso (che finisce posseduta dal redivivo Taricone), Muccino sembra davvero che parli (come gli rimprovera la sorella) con uno straccio in bocca. Cast diretto ad ogni modo molto bene (c'è anche Andrea Roncato in un breve cameo come vecchio marpione nascosto tra i vari vip televisivi che la Romanoff frequenta) e anche se le storie sanno inevitabilmente di vecchio e il finale è tristemente moralisticheggiante, il film scorre così bene da mascherare spesso i tanti difetti.
Opera molto realistica, benchè al limite del più cinico ed esasperato pessimismo, che graffia affondando le unghie nella carne e nel cuore dello spettatore. Un continuo graffìto di unghie sullo specchio della vita che ci circonda e che inconsapevolmente, purtroppo, spesso tutti viviamo. Onore all'abile aiuto di Avati di un tempo (il buon Muccino) che con mano astuta ed attenta non perde occasione per regalarci nuove e sempre più incisive emozioni di celluloide. Come al solito ottima la Morante nel mettere in scena ansia, disperazione e rabbia.
Film che come pochi traccia un quadro amaro e pessimista della società odierna del nostro paese (e forse dell'Occidente in genere). Amore e tenerezza della precedente opera di Muccino (L'ultimo bacio), lasciano posto al cinismo e alla dura competizione di una società centrata sull'arrivismo e l'apparire che riguarda anche il mondo degli educatori per eccellenza, i genitori che invece ne vengono coinvolti in pieno. Valido il cast, compresa la Bellucci in uno dei migliori ruoli della sua non travolgente carirera di attrice.
Film che si posiziona un gradino sotto al precedente l'Ultimo bacio; degne di nota l'interpretazione di Bentivoglio, la descrizione dei passaggi per arrivare ai programmi e una volta tanto la Bellucci interpreta con credibilità un personaggio vero. Per il resto concordo con la sorella quando dice che Silvio Muccino parla con uno straccio in bocca...
Non male, nonostante l'iconizzazione di taluni way of living, di taluni desideri o aspirazioni, nonostante un Muccino jr. noioso come poche altre volte, una Romanoff ad interpretare un'insostenibile aspirante velina, una Morante isterica... nonostante ciò, non male. È buona l'introspezione dei personaggi. Su tutti spicca un Bentivoglio ottimo e una Bellucci che sciorina la performance migliore della sua carriera. Un film agrodolce che si riguarda molto volentieri.
Spaccato antropologico dell’Italia di oggi attraverso le vicende di una famiglia della buona borghesia in crisi. Il concetto è buono, ma Gabriele Muccino affronta la questione con il solito stile stucchevole riducendo tutto in melassa: musica sempre in sottofondo, movimenti fluidi di macchina e soprattutto storie melense (l’unica a salvarsi è quella, resa bene, della figlia che vuole entrare in tv). Bentivoglio e Morante costruiscono maschere anziché personaggi, al di sotto delle loro possibilità; Silvio Muccino è incomprensibile quando parla.
Brutto brutto brutto. Muccino recita peggio di un cane, accompagnato da attori suoi degni compari (vedi Taricone). Vabbè, c'è anche Gabriele Lavia, ma questo non salva certo il film dal più completo disastro. Mammia mia, da evitare assolutamente: il decadimento del nostro cinema.
Anche se la regìa di Muccino è senz'altro di buon livello, la sceneggiatura purtroppo è banale; e più che criticare una certa Italia, come era nelle intenzioni sbandierate ai 4 venti, mi è parso che il film ci si sia specchiato alla grande. Inoltre il cast non aiuta di certo a mantenere un livello dignitoso, con troppi attori (?) urlanti come del resto il nostro cinema ci ha abituati a sentire fin troppo spesso per nascondere certe carenze di talento. A tratti fastidioso.
Crisi - adolescenziali e di mezza età - si ricompongono al caldo abbraccio dell'ultima fiamma del focolare domestico: la televisione. Tanti possono identificarsi, in questi personaggi e in queste storie; non ha colpa Muccino se tanta gente non ha più voglia di immaginare (o di immaginarsi diversa), ma vuole guardare nello specchio, o quel poco che vede dalla finestra di casa. La macchina da presa è leggera, non invadente e gli attori ben diretti (infatti anche quelli mediocri qui funzionano bene).
Leggermente meno leccato e stucchevole ed un po’ più cattivo delle pellicole predenti, vorrebbe essere il ritratto al vetriolo del paese, ma in realtà a tratti è qualunquista e superficiale anche se presenta qualche squarcio di verità. Muccino si atteggia a grande autore e cerca di volare alto ma per ora non è altro che un regista commerciale da grande pubblico. Forse se la smettesse di prendersi sul serio e di credersi il migliore potrebbe fare molto meglio. La Bellucci prova a recitare ma, come suo solito, ottiene risultati molto scadenti.
Film senz'altro ben diretto e interpretato, ma troppo retorico per essere realistico come vorrebbe. Tutti i personaggi (dalla ragazza pronta a tutto pur di fare la velina, alla madre in cerca di nuove ragioni e interessi per la vita) si muovono secondo un percorso talmente scontato da essere noioso (specie la ragazza che si mette con i vari produttori pur di raggiungere l'agognata TV). Bene tutti gli attori protagonisti, tra i quali stona come al solito la Bellucci (per fortuna la si vede poco). .
MEMORABILE: La corsa liberatoria di Nicoletta Romanoff.
Rispetto al precedente si perde una certa carica e l'intrecciarsi delle storie non convince del tutto perché nonostante la regia di Muccino sia sempre valida non può evitare un certo senso di artificioso, di studiato a tavolino. Gli attori non sono male, forse la Morante esagera con le sue nevrosi e Muccino jr. con quel fare da complessato, ma nell'insieme sono tutti in parte.
Opera che raggiunge vertici di cinismo e amarezza assoluti affidandosi all'arma più scontata, lo stereotipo: coniugi insoddisfatti che cercano rifugio fuori dalla coppia, figlia mignotteggiante che vuol far la letterina, figlio cannaiolo... Un'opera con buoni spunti, ma che non riesce mai ad affondare il colpo, forse anche per il cast costruito più guardando davanzali e natiche della Bellucci (fantastici per carità) che le capacità artistiche. Modesto. Cosa ci potrà essere mai di memorabile in un film che annovera nel cast Pietro Taricone?
Quadro superficiale ma fedele della società di oggi, dai giovani cui tutto è permesso - con una sfrenata voglia di successo e il linguaggio pecoreccio facile - ai 40enni con le loro crisi di identità e senso di insoddisfazione. Il tutto ben girato e montato. Tutti gli attori interpretano un insieme di personaggi così variegato che ognuno vi può trovare quello con cui identificarsi. Laura Morante nelle scene isteriche è insuperabile. **!
MEMORABILE: "Non c'è niente di più profondo di ciò che appare in superficie".
Spaccato italico alle soglie del 2000 con la crisi dei valori autentici che impera. Una famiglia tendente alla disgregazione, nonostante il falso perbenismo, che evidenzia tradimenti e depressione tra i grandi ed arrivismo ed insicurezza tra i giovani. Non è un capolavoro ma la narrazione è quanto meno veritiera.
Ritratto di una famiglia media italiana. Sicuramente non punta all'ottimismo ma, probabilmente, è piuttosto realistica. Alcune scene sono troppo costruite e forzate e il personaggio della figlia è assai patetico (fortunatamente non sono tutte così), però l'idea generale è buona e ben sviluppata.
Ottima fotografia di un tracollo familiare. Muccino si dimostra abile maestro nel girare le scene in cui gli attori devono esprimere il loro stato d'animo anche e soprattutto dentro le mura domestiche. Notevole la fotografia, ricca di penombre, per rendere quel senso di pesantezza e chiusura vissuto all'interno delle mura di casa. Tutto il cast recita bene al di là di alcuni stereotipi giovanili (Silvio Muccino), mentre molto azzeccata è la parte interpretata dalla Romanoff. Davvero buono.
Muccino dirige e la sua presenza si sente in modo abnorme. Musica sviolinante, voce narrante inutile, attori che al posto di recitare strillano ad ogni minima occasione, luci da stadio nelle riprese. Solo Lavia si salva da un bagno di sangue, dove tutti esagerano nelle manifestazioni e la trama assume i toni di tragedia greca metropolitana. La parte che riguarda la Romanoff è indecente e il fratello Silvio è adatto al suo ruolo in quanto non si capisce nulla quando parla. Come regista ha anche dei bei momenti, ma il suo super-ego prevale.
MEMORABILE: Lavia che prova la parte con la Morante.
Un Muccino ultradecadente, che in tutto il film non inserisce una sola figura positiva. Un bestiario di prim'ordine di figure negative: dai quattro protagonisti alle comparse, passando per i camei. In un modo o nell'altro rappresentano tutti egoismo, egocentrismo e cinismo. Durata eccessiva e, nonostante questo, quasi tutto il tempo viene perso per tratteggiare i personaggi levando così spazio al plot che alla fine risulterà un po' piatto e scontato. Bravi Morante e Bentivoglio. Muccino jr sembra stare lì solo per meriti familiari.
MEMORABILE: Muccino jr che si masturba sul calendario della Moric; Roncato che smezza una canna con la Morante; La scena di sesso tra Taricone e la Romanoff.
Muccino dirige un film sul qualunquismo e lo fa in maniera (ovviamente) qualunquista: storie familiari abbastanza banali che quasi mai spiccano il volo. Si parla di grandi temi di costume contemporaneo: la tv, la crisi di mezza età femminile e maschile, il sentimento d'inadeguatezza giovanile. Azzeccata la scelta dei due protagonisti Bentivoglio e Morante, che risollevano le sorti del film che, di suo, non andrebbe molto lontano. Qualche lampo di regia brillante, infranto dalla pessima fotografia grigiastra che si annida in tutta l'opera. Perdibile.
Muccino luogocomunista come non mai in una pellicola prevedibile dall'inizio alla (scontata) fine. Bentivoglio, il più sottovalutato attore italiano, è gigantesco, ma deve sciropparsi una (brava) Morante costretta a un personaggio insostenibile come pochi. La Bellucci invecchiata artificialmente fa abbastanza pena, Silvio Muccino è inascoltabile. Graziosa e stereotipata la Michelini, fastidiosa la Romanoff, incomprensibile Silvestrin. La cosa migliore è la voce fuori campo di Omero Antonutti.
Gabriele Muccino analizza la società odierna con occhio critico e una certa amarezza di sottofondo e i risultati sono abbastanza soddisfacenti. Monica Bellucci, Laura Morante e Fabrizio Bentivoglio sembrano destreggiarsi piuttosto bene e offroo una certa resa. Al contrario troviamo due poco convincenti Silvio Muccino e Pietro Taricone. Bene la presenza di Gabriele Lavia.
Vorrei trovare qualcosa di buono in questo filmaccio, ma proprio non posso. Dopo il discreto esordio de L'ultimo bacio Muccino ci propone un altro film urlato, paranoico e troppo distorsivo della pur distorta famiglia media italiana. Gli ottimi Bentivoglio e Morante non riescono a salvare un film che langue tra luoghi comuni e cadute di stile, con una Bellucci al top della sua scarsezza recitativa e un Muccino Jr. dall'irritante sigmatismo. Stupisce in positivo la Romanoff, odiosa ma ben calata nella scomoda parte. Inguardabile.
Devo riconoscere che qui Muccino ha fatto proprio un bel lavoro, fotografando di fatto la decadenza della famiglia contemporanea che, partendo dai genitori, finisce per coinvolgere inevitabilmente anche i figli. Ciò che viene messo in disparte è proprio il senso di appartenenza alla famiglia e al rispetto verso gli altri. Ognuno pensa per sé senza prestare attenzione alle conseguenze del proprio agire. L'amore per gli altri è costantemente ostacolato dall'egoismo che pervade ogni elemento del nucleo familiare. Niente vincitori, solo vinti.
Un Muccino ruffiano che spinge lo spettatore nella forte drammaticità – anche strappalacrime, si ammetta – per poi pescarlo e riportarlo a galla una volta che lo spettatore ha abboccato (se non abbocca va male). D'altronde la storia, al di là degli stereotipi (soprattutto nei confronti del mondo giovanile), si segue bene malgrado la divisione a quattro intrecciata. La regia procede con qualche strizzatina d'occhio al moderno cinema francese mentre il cast non delude, in questa prova difficile. Senza troppe pretese si può anche apprezzare.
Ottima regia per una storia di una coppia alla soglia del limite massimo di sopportazione e dei loro figli, desiderosi di un futuro nel quale sperano di essere migliori. Muccino mette tutto ciò che serve, compresa una non memorabile Bellucci, nel ruolo di ex fidanzata che non ha dimenticato il passato. Prova eclettica come sempre di Bentivoglio, insieme a quella solita, folle, della Morante; brava la Romanoff, mentre il baby Muccino non sembra adatto al ruolo. A parte qualche momento non esaltante il film procede molto scorrevole.
Analisi riuscita a metà: gli adulti velleitari e i giovani di Muccino sono delineati all’eccesso, a scapito dell’intreccio, a tratti irrisolto. Luci e ombre anche nella recitazione: l’unica a convincere senza riserve è la Romanoff; la Morante è forse troppo intensa per essere credibile, mentre Bentivoglio e Lavia sono fin troppo compassati. La dizione disastrosa di Muccino jr. è comunque funzionale al personaggio, mentre la Bellucci che si atteggia a intellettuale riesce solo a essere ridicola.
MEMORABILE: Lo "straccio in bocca" di Muccino jr.; La corsa della Romanoff; L’espressione di Bentivoglio, che sembra sempre non rendersi conto di ciò che accade.
Muccino conferma la propria bravura confezionando una buona pellicola dal gusto agrodolce. Il merito va soprattutto alle prove di Bentivoglio, nonostante sembri sovente un po' stralunato nella prima parte, e della Morante, pienamente calata nel ruolo della moglie insicura e gelosa. Il resto del cast complessivamente non delude, pur considerati certi limiti di dizione di Muccino junior (che rendono spesso difficile comprendere delle battute) e della sceneggiatura. Enigmatico l'epilogo, ma va bene così.
Storia della rottura dell'equilibrio di una famiglia borghese di Roma. Sembra una telenovela della durata di due ore (scorrevoli) che ha un unico scopo: annoiare. Non c'è un personaggio che non risulti inutile o patetico (su tutti quello interpretato da Silvestrin). L'unica cosa indimenticabile sono le urla della (brava) Laura Morante. Mediocre la colonna sonora.
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DiscussioneGugly • 24/06/08 12:37 Archivista in seconda - 4712 interventi
Ho rivisto pochi giorni fa questo film, e bisogna ammettere che Muccino sa girare una scena, sa costruire buone ambientazioni e anche la fotografia è funzionale alla storia e buona come livello; quanto alla tenuta della storia in sè è un altro discorso, però io vedo bene Muccino come un buon artigiano del cinema italiano, che non a caso è riuscito a lavorare anche in America. Forse sarebbe opportuna una riflessione da parte degli addetti ai lavori italiani.
DiscussioneZender • 24/06/08 13:58 Capo scrivano - 48848 interventi
Concordo. "Ricordati di me" lo vedo un po' come un Vanzina-movie riadattato a certe esigenze della critica mainstream (quindi meno caricaturale, ad esempio). A me è piaciuto e non mi aspettavo veramente nulla...
MusicheAlex75 • 16/08/17 17:41 Call center Davinotti - 710 interventi
La canzone "Des ronds dans l'eau", cantata da Françoise Hardy (musica di Francis Lai) era già stata utilizzata per il film Vivere per vivere e qui commenta efficacemente la corsa di Valentina (un verso del brano recita: "l'ambition est ton culte")
MusicheAlex75 • 16/08/17 17:45 Call center Davinotti - 710 interventi
L'elenco delle canzoni utilizzate nel film. La colonna sonora uscì in contemporanea con la prima nazionale, il 14 febbraio 2003.
Elisa - Almeno tu nell'universo
Gomez - Waster
Françoise Hardy - Des ronds dans l'eau
Mousse T feat. Emma Lanford - Fire
Pacifico - Il faraone
Geri Halliwell - Look at Me
Lina - Ange Decu
Marina Rei - La parte migliore di me
The Gimmicks - Roda
Zoo di Venere - Killer (Ogni istante è l'ultimo)
Lionrock - Rude Boy Rock
Mina - Sabor a Mi
The Coda - Have Some Fun
Lucio Dalla - Anna e Marco
Imani Coppola - Fake Is the New Real
Pacifico - Ricordati di me
DiscussioneAlex75 • 21/08/17 17:06 Call center Davinotti - 710 interventi
E' l'unico film di Muccino (regista piuttosto lontano dalle mie corde) che ho visto. Lo vidi "a scatola chiusa", il giorno della prima nazionale, a Padova, senza grandi aspettative (per quanto nutra grande stima per la Morante e Bentivoglio) e mi sorprese abbastanza positivamente, per i ritratti piuttosto spietati dei membri della famiglia Ristuccia. Mi spiace che non abbia continuato su questa strada.