La grande commedia all'italiana, beffarda e irridente come nelle corde della sua migliore tradizione, piazza uno dei suoi ultimi capitoli sfiorando la perfezione con un eccellente lavoro di gruppo, regalandoci cinque personaggi entrati ormai nella storia del nostro cinema: l’architetto Melandri (Moschin), il Conte Mascetti (Tognazzi), il giornalista Perozzi (Noiret), il barista Necchi (Del Prete) e il dottor Sassaroli (Celi). Amici che si ritrovano di tanto in tanto, senza scadenza alcuna, per divertirsi alle spalle del prossimo. La “zingarata”, la “supercazzola”, sono termini entrati nel linguaggio comune a testimonianza di un successo nel tempo e meritato. Avrebbe dovuto dirigere il film...Leggi tutto Pietro Germi (che l'aveva ideato immaginandolo a Bologna), ma questi morì e fu sostituito da Monicelli (che spostò l’azione a Firenze). Il ritratto dei cinque amici è esemplare, con i cinque caratteri che emergono prepotentemente completandosi al meglio. Il più presente in assoluto è Tognazzi, con una situazione familiare drammatica (vive in uno scantinato con la moglie Milena Vukotic e la figlia), un'ossessione per i vezzi signorili (l’ospitalità innanzitutto) e un'amante - Titti (Dionisio) - diciottenne. Ma l'animo romantico di Moschin, l'autoritarismo esilarante di Celi, la genialità di Del Prete, l'umanità di Noiret (anche voce narrante, doppiato da Renzo Montagnani) sono comunque fondamentali. La forza sta in una sceneggiatura e un soggetto zeppi di trovate, cui la regia esperta di Monicelli dà vita con una profondità e un trasporto non comuni. Non sempre tutto funziona a meraviglia, ma basterebbe l'ultima mezz'ora con il prolungato e folle scherzo al pensionato Righi (Blier) per consegnare AMICI MIEI alla storia. Gioiello! Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Commedia divertentissima ma anche amara e spietata, dove è evidente la mano del Germi più graffiante. Cinque vitelloni che ricorrono a frizzi e lazzi per alleviare incertezze, sofferenze ed insoddisfazioni. Eccellenti tutti gli attori. Ad un certo punto Celi cita il suo Emilio Largo di Thunderball mettendosi una benda sull'occhio.
Capolavoro della commedia italiana.
Bellissima commedia all'italiana, ideata da Germi ma poi firmata da Monicelli, a causa della prematura scomparsa del regista genovese. Il risultato finale è straordinario, in perfetto equilibrio tra divertimento (anche tanto) e un sottofondo di amarezza. Contributi determinanti la perfetta interpretazione dei cinque attori principali (Tognazzi, Noiret, Celi, Moschin e Del Prete), ma anche dei comprimari (si pensi ad esempio al personaggio interpretato da Bernard Blier). Da vedere e rivedere.
Sicuramente uno dei pilastri della commedia all'italiana, con uno stuolo di attori veramente da prima classe. Risate assicurate, ma anche situazioni amare che fanno riflettere. Bravissimo Ugo Tognazzi, celebre la sua "supercazzola", ormai entrata nel collettivo quotidiano, maestosi anche Celi, Moschin e Noiret. Sicuramente un film imperdibile, da gustare più volte. Rivederlo strappa sempre grosse risate.
Film particolare, in cui le tensioni sociali dell'Italia Anni 70 vengono inserite nella commedia con tutta la loro amarezza, le illusioni di vita, gli sconforti, ma anche i momenti divertenti nel segno dell'amicizia e della compagnia. Il film ha momenti assolutamente comici (in particolare il personaggio che si diverte a parlare in linguaggio incomprensibile). Il punto più espressivo di tutto il film è quando si capisce che i protagonisti sembrano non riuscire a smettere di giocare mai, nella vita.
Risate agrodolci per uno dei momenti più alti nella storia della commedia nostrana. Fantastiche la "squadra" dei protagonisti, le zingarate e la supercazzola (ormai roba da enciclopedia), anche perchè ormai fanno parte del linguaggio comune. Basti questo a spiegare il successo e la resistenza al tempo della pellicola, che segue l'eterna gioventù, l'immaturità scanzonata degli amici che di crescere proprio non ne hanno voglia. Direzione inappuntabile di Monicelli. Cult indimenticabile.
Perfetta miscela agrodolce ottenuta da cinque grandi attori (segnalarne uno in particolare sarebbe sminuente per gli altri (solo Duilio Del Prete resta leggermente indietro). Nessuno li può fermare, a parte la morte, che comunque non influisce in nessun modo su chi resta vivo del diabolicamente geniale gruppo di amici, sempre e comunque in vena di zingarate. Amaro il rapporto tra Noiret (Perozzi) e il figlio (serio e tutto d'un pezzo, ma che della vita non ha capito nulla). La supercazzola è geniale, come quasi tutte le zingarate. Da applausi Celi che prescrive le "cure" ai 4. Grande!
MEMORABILE: Adolfo Celi racconta a Moschin di quando l'ha lasciato la moglie: "Anch'io ho sofferto, ho sofferto come un cane... per quasi tre quarti d'ora!".
Una commedia amara e cinica, in cui l'ironia va di pari passo con una profonda malinconia, accentuata dalla bella colonna sonora e dalla fredda fotografia degli esterni, che ritraggono una Firenze diversissima da quella che ci verra riproposta in seguito nella commedia italiana. Alcune parti sono abbastanza tirate per le lunghe, ma tutto il resto funziona alla perfezione: eccezionale il cast (penso non abbia bisogno di commenti) e indimenticabili alcune battute o sequenze, come quella che chiude il film o quella, celeberrima, del treno. Notevole.
Prodotto Anni Settanta, icona del decennio. Oltre agli esilaranti avvenimenti, sono da porre in rilievo un aspetto amaro (il "non voler crescere" [si pensi, levandola dal contesto, alla frase dello schiaffeggiato figlio del Perozzi] è, in verità, una fuga dalla realtà, un esorcizzare la paura dell'inesorabile vecchiezza che arriva) e uno sottaciuto (un antifemminismo che è tipico del marito ultraquarantenne, specialmente quando interagisce con altri uomini). Difficile scegliere fra i cinque mostri sacri, ma Celi ha un briciolo di classe in più.
MEMORABILE: L'arrivo di Celi nel reparto in cui i quattro sono ricoverati. La confessione di Noiret, che ne richiama un'altra, ma di Citti...
Uno degli ultimi grandi esempi di commedia all'italiana nel senso più positivo e nobile del termine, da un'idea del grande Germi splendidamente realizzata da Mario Monicelli. Il regista utilizza interpreti (non solo i protagonisti ma anche i personaggi secondari) in stato di grazia: su tutti Ugo Tognazzi e Philippe Noiret. Indimenticabili le battute e le zingarate per un film che si colloca tra i capolavori del cinema italiano.
Verrebbe voglia di invecchiare solo per poter rivivere appieno, con i propri amici, le gesta indimenticabili dei 5 protagonisti di Amici miei. La sceneggiatura è "piena"; ampio spazio per risate grazie alle seimila trovate geniali che rendono leggerissime le oltre due ore; il registro è però dolce-amaro, quasi un "gusto pieno della vita" e lo si evince sin dalla voce narrante del Perozzi, con cui si apre. La chiusura è perfetta, con quelle risate solo apparentemente fuori posto, quasi catartiche per gli amici che le hanno trattenute sino a quel momento.
MEMORABILE: Il treno con lo schiaffo al figlio e la lite tra il conte Mascetti e Titti, nella stanza del suddetto.
Un classico che si rivede con vivo piacere anche dopo cento volte. Non c'è più la Mini 90, sono cambiati i giornali, i cornetti caldi, i treni e anche le schedine del toto non hanno più i bollini da incollare, ma questo film ha una freschezza tale che sembra sempre girato ieri. Difficile dire chi sia il meglio disegnato dei cinque protagonisti; forse Melandri e Sassaroli sono i più veri. A voler proprio trovare un difetto, l'ultima parte con Bernard Blier avrebbe potuto essere scorciata di cinque minuti, ma sono inezie.
MEMORABILE: E' una catena di affetti che né io ne lei possiamo spezzare: lei ama mia moglie; mia moglie è affezionatissima a Birillo. Birillo adora le bambine...
Film (giustamente) diventato un classico ma con una misoginia di fondo a volte disturbante. Ma tant'è, gli amici vanno in vacanza dalla vita e anche il sesso diventa un elemento secondario rispetto alla burla. Grandi caratterizzazioni di tutti i protagonisti, con qualcosa in più del personaggio di Sassaroli, che si pone a volte come osservatore distaccato della vicenda a cui pure partecipa.
Un autentico fuoriclasse della commedia all'italiana. Misto insuperabile di comicità e
dramma, straordinariamente diretto da Monicelli, con battute e scene entrate nella storia del nostro cinema. Cast leggendario. Tognazzi rimarrà sempre il conte Raffaello Mascetti, Noiret un memorabile Sor Perozzi, Del Prete un esilarante Necchi, Moschin un effervescente Rambaldo Melandri e, su tutti, irrepetibile, un maestoso Adolfo Celi nel ruolo del Professor Sassaroli. Indimenticabile la colonna sonora.
MEMORABILE: "Chi è ?" "Gli Zingari"; "Tu ha clacsonato?"; "Ma che parti sempre, te? Sempre in mezzo me lo ritrovo."; "Endovenosa sorella? Sono pronto."
Difficile rilasciare commenti senza scadere nel già detto, già sentito; ma è il pegno da pagare quando il film in questione è un cult, un must, un gioiello. Noiret e Tognazzi strepitosi (come ne La grande abbuffata), in più ci aggiungiamo un grande Moschin ed un Celi che ha, di sua natura, la faccia del primario bastardo e cinico, ed ecco il capolavoro. Anche l'idea dell'eterogeneità del gruppo di amici è un altro punto di forza. Sceneggiatura notevole e regia da Monicelli!
Una pietra miliare della commedia all'italiana non impegnata, quasi un manifesto dei vitelloni fine Anni Settanta. Regia capace che gestisce al meglio cinque attori di varia estrazione, combinandoli alla perfezione. Il conte Mascetti-Tognazzi è quello più appariscente, Sassaroli-Celi il più perfido, Perozzi-Noiret il più tormentato, mentre Necchi e Moschin rimangono più defilati. Diverse scene cult: dal vigile alla stazione, dal primario che lascia l'operazione al vecchino ruba brioches, poi vittima del raggiro dei cinque.
Si rimane con una sensazione di malinconia dopo aver visto questo film. Perché è vero che seguire i cinque amici nelle loro zingarate risulta divertente, ma in fondo quello che il Perozzi ci suggerisce con i suoi commenti (bellissima la voce di Montagnani) è che in fondo il loro è solo un tentativo di non pensare a quanto triste sia la vita. Visto in quest'ottica, anche la risata dello spettatore assume un sapore agrodolce.
MEMORABILE: Le risate trattenute a stento durante il funerale finale.
Celeberrima e magnifica commedia all'italiana, caratterizzata da un alto tasso di cattiveria che, pur essendo tipico del genere, qui raggiunge livelli più alti del solito. Monicelli è in gran forma, così come pure gli sceneggiatori, nonchè uno splendido quartetto di attori davvero strepitosi. Tantissime le scene entrate nella memoria, nonché gli scherzi che in molti hanno tentato di emulare nella realtà e in pellicole simili.
Classico senza tempo. Basterebbero solo i protagonisti a renderlo degno di culto: Celi, Moschin, Noiret, Tognazzi e tutto il ricco cast di contorno ovviamente (stavolta cito la Karlatos). Cosa dire: scene come quella del treno in stazione si commentano da sole. Non bastano le parole, in certi casi.
Secondo me è uno dei film italiani più importanti degli anni settanta. Non so quanto dello spirito di Pietro Germi sia rimasto nel film, certo è che il mix tra humour e malinconia è perfetto, così come gli attori, dal grandissimo Adolfo Celi (il mio preferito dei cinque, lo ammetto) ad un immenso Ugo Tognazzi, che dona al suo Conte Mascetti, nobile decaduto, una triste maschera di indescrivibile dignità. In più, il celeberrimo finale è di un'intelligenza rara.
MEMORABILE: Il dialogo Melandri-Sassaroli in cui quest'ultimo sbologna all'altro moglie, figli, cane e governante tedesca "severissima in uniforme"...
Ci sono film che escono dallo schermo per entrare nella vita quotidiana. Non è detto che siano capolavori (anzi, talvolta i capolavori suscitano sentimenti incomunicabili, troppo intimi), ma riescono, per un insieme di circostanze, ad entrare nell'immaginario comune, come la fantozziana nuvoletta dell'impiegato. In questo inno all'arte della burla come esorcismo nei confronti del peso della realtà e della morte in attesa, ciò avviene per la supercazzola o la catena di affetti, oppure per i ceffoni al volo alla stazione. Beffarda fino alla crudeltà, una commedia con un cast in stato di grazia.
Amato ormai da due generazioni di spettatori, questo film a dispetto dell'aura che lo accompagna è una riflessione dolceamara sulla vita. Soprattutto amara. Attraverso la voce narrante del Perozzi (Noiret) si narra il bisogno di 4 e poi 5 amici di mezza età di affrontare la vita, le responsabilità e gli anni che passano, al di fuori degli schemi, vivendo da "zingari", a dispetto di tutto (e tutti). E pagandone il fio, fino alla fine, ed alle estreme conseguenze. Un manifesto di vita. Quando il genio sfiora la stupidità (e viceversa). 5 pallini.
MEMORABILE: Inutile dirlo: le supercazzole, ma praticamente ogni battuta del film ("eravamo alla Nato, ma ci siamo liberati in tempo...")
Manifesto del cazzeggio (qualcuno disse reazionario) negli anni dell'impegno, il film è soprattutto la summa delle analisi corrosive fatte dalla commedia italiana negli anni precedenti, che prende di mira gli italiani utilizzando come bersagli 4 (+1) arci-italiani al loro peggio: cialtroni, bugiardi, nullafacenti, prepotenti, indebitati, infedeli. La chiave è questa, a mio parere. Il fatto che, alla fine, sia impossibile non solidarizzare coi 4+1 dimostra la validità della tesi: i 4+1 siamo noi, gli italiani. Come fossimo antani.
MEMORABILE: Più o meno tutto il film è "memorabile".
Proprio vero che comico e tragico sono due facce della stessa medaglia. Risate apotropaiche, la beffa elevata a regola di vita per allontanare la paura della morte. L'unica forma di creatività ancora possibile per cinque signori di mezza età avanzata è quella di inventare burle ai danni del prossimo. Non possono più reinventare se stessi, ormai sono "inquadrati" in un ruolo, in un destino, oltre non si va. Non c'è niente, oltre: ci sono la vecchiaia e la morte. E loro lo sanno benissimo. Perciò ridono.
MEMORABILE: La Titti quando urla al Mascetti, che per mezz'ora le ha spiegato che vuole lasciarla: "Ciao, merdaiolo, ci si vede domani all'una!"
Blinda la supercazzola come se fosse antani. Non si tratta solo di una battuta ma di una filosofia di vita. Ma sì, forse i 5 protagonisti di questo capolavoro (il Perozzi, il Melandri, il Necchi, il Mascetti ed il Sassaroli) hanno ragione: l'unico modo intelligente di vivere la vita è non prenderla sul serio. Commedia brillante ed esilarante, ricca di dialoghi graffianti. Se avete voglia di ridere ad alta voce non perdetevi questo film... ovviamente, come se fosse antani.
Testamento cinematografico di Germi, da cui discendono le venature gioiosamente misogine, l'amarezza di fondo, la risolutezza nel prendersi gioco della morte con l'amicizia. Monicelli alleggerisce l'insieme e trova la misura perfetta fra l'allegro e il grave. Montagnani doppia Noiret, mentre nel sequel sostituirà Del Prete; grandi Tognazzi e Celi, ruolo della vita per Moschin. Germi voleva ambientarlo a Bologna: ma la Firenze gelida fotografata da Kuveiller calza a pennello allo humour caustico e anarcoide degli "zingari".
MEMORABILE: L'incipit, sincero omaggio alla Firenze notturna.
Pietra miliare della commedia all'italiana. Basta solo vedere chi scrive, dirige e interpreta il film: praticamente il gotha del nostro cinema popolare di quel periodo. Sul tema dell'amicizia virile (vera architrave della carriera di Monicelli) si snodano le vite di questi bambinoni burloni e inaffidabili, o più semplicemente uomini che vivono a cuor leggero, sospesi tra goliardia e malinconia. Le scene passate alla storia sono tante e conservano una freschezza e una vivacità uniche anche 35 anni dopo. Straordinario il gruppo di attori, Tognazzi in primis.
MEMORABILE: Gli schiaffi ai passeggeri del treno, la mestizia del tono di voce del narratore (è Montagnani che doppia Noiret).
Risate amarissime e indimenticabili, grazie ad un quintetto di attori eccellenti e a una regia pressoché perfetta per il genere. Monicelli rilegge il suo personale leitmotiv dell'amicizia maschile in chiave malinconica, dissacratoria e grottesca. La tristezza e l'allegria "bischera" si combinano amabilmente, regalandoci dei momenti comici veramente esilaranti. Chi non ha mai provato a fare almeno una supercazzola, dopo aver visto questo film?
MEMORABILE: La confusione scatenata all'ospedale; i ceffoni ai passeggeri del treno in partenza.
Pilastro inimitabile della commedia all'italiana, è ancora oggi ricordato da molti per le numerose scene memorabili (tra cui gli schiaffi alla stazione e la storia di come conobbero il loro quinto elemento, Sassaroli), per gli interpreti, che non potevano essere più azzeccati e per la genialità dimostrata nel tratteggiare i protagonisti, disillusi dalla vita ma ancora capaci di divertirsi come bambini dispettosi. Un classico senza tempo.
MEMORABILE: "Bella figlia dell'amore... schiavo son dei vezzi tuoi..."
Nobile arte della beffa perpetrata con boccaccesca goliardia da cinque impenitenti compari di mezza età. Più amaro che divertente, vagamente funereo e non proprio irresistibile come si dice in giro, il canto all'amicizia cameratesca di Monicelli (irriverente e antimachista) è mosso da un cuore livido, disincantato e cinico che traghetta l'interminabile sequela di "zingarate" dallo spasso puro all’esasperazione coatta. La scena dei ceffoni alla stazione, però, è da antologia nazionalpopolare del ludibrio. Il focus passa da Tognazzi a Noiret rivelando due interpreti esemplari. Acclamato.
Splendido film, uno degli ultimi colpi di coda della commedia all'italiana pura. L'idea di partenza è banale quanto accattivante e l'affiatamento tra i cinque protagonisti rende il tutto un gioiello del nostro cinema. Pieno di momenti divertenti ma con l'amarezza pronta a spuntare fuori dopo ogni scherzo dei cinque amiconi (e con un finale triste e sorridente allo stesso tempo), il film è uno di quelli che andrebbe portato come esempio per tanto cinema italiano di oggi.
MEMORABILE: "Guardi... guardi il dito: non vede che stuzzica? e brematura anche?"
Non fosse intinto con abbondanza nell'ironia (anche greve, talvolta), sarebbe stato un film drammatico nel senso più ampio; il risultato è però una commedia, sì, ma ferocemente amara, assai ben recitata e diretta con mano ferma da Monicelli. Tognazzi è il personaggio più malinconico, Noiret il più "cerebrale" (idea gli scherzi e narra la storia), Del Prete il più posato (grazie alla moglie) e Celi il più cinico. Una bel quartetto che fa ridere, sorridere e in fondo, anche commuovere.
MEMORABILE: Le "supercazzole" di Tognazzi; Perozzi figlio che chiede al padre "Ma quando cresci, babbo? Quando la smetti di fare l'imbecille?"
Come si può commentare un film simile? È assolutamente una pellicola di culto, battute che sono entrate nel linguaggio comune e ancora oggi, nonostante siano trascorsi parecchi anni, vi restano. L'interpretazione dell'intero cast è magistrale, attori che hanno fatto la storia (come la pellicola stessa, d'altronde). Va visto assolutamente.
MEMORABILE: Il bello della "zingarata" è proprio questo: la libertà, l'estro, il desiderio.
Un'opera omnia in cui Monicelli crea situazioni e personaggi irripetibili supportato da interpreti al massimo della loro forma. Le gag sono notevoli, frammiste a momenti di cinica ironia ben orchestrata e mai stancante. Il ritmo incalza con buona lena. Tra tutti gli interpreti il mio plauso va a Moschin e Celi.
Pietra miliare nella storia del cinema italiano. Ancora oggi fonte di ispirazione per numerosissimi comici e registi. Un Monicelli super dirige un mega cast in stato di grazia: Tognazzi, Noiret, Celi, Moschin ecc. tutti magnificamente calati nei loro personaggi: sempre seri e faceti al tempo stesso in una valanga di battute passate ormai alla storia e divenute in uso nel linguaggio comune come la "supercazzola". Non si può non puntualizzare, con rabbia e nostalgia, che questo genere di cinema è stato affondato dai moderni, pseudo, cineasti.
Ci sono capolavori che, a decenni di distanza, risultano inevitabilmente datati e debbono far ampio ricorso alla capacità di contestualizzare e ci sono capolavori che, più trascorrono gli anni, più divengono dannatamente vaticinatori. Quadro di un'epoca che, verrebbe da dire, non esiste più, ma che più spesso di quanto si possa pensare sradica attitudini tutt'oggi predominanti. Un perenne aleggiare tra il substrato tragico e quello comico, un binomio irripetibile, che rende il film unico nel suo genere. Cast in evidente stato di grazia. *****
Immortale ritratto dell'amicizia maschile, tipicamente cameratesca e all'insegna del divertimento che unisce piuttosto che delle intime confidenze. Interpreti spettacolari, su tutti il mitico conte Mascetti e il Perozzi, attori di grandissima qualità inseriti in un ambiente perfetto. Non è puro divertimento goliardico, Monicelli lo tinge spesso di tinte fosche, rivelando a tratti le esperienze tragiche di ognuno; ma è proprio questo che lo rende più di una commediola piacevole, elevando Amici Miei a fenomeno di costume, tutt'ora attuale.
MEMORABILE: "Ma perché, bisogna proprio essere qualcuno nella vita?"; "Mi chiedevo se fossi più idiota io che prendevo la vita giocando o lui come una condanna".
Straordinario nel suo essere imperfetto, contemporaneamente comico e cinico (Monicelli era maestro assoluto in questo), malinconico ritratto della Firenze di una volta, inizio di una saga che mai avrebbe partorito episodi deludenti o al di sotto delle aspettative. Un film dal linguaggio umoristico estremamente personale e innovativo: trovarvi dei difetti, comunque presenti, è impresa davvero ardua, soprattutto se ci si concentra sulla sublime performance dei cinque "zingari". Puro genio made in Italy.
MEMORABILE: "prematurata la supercazzola... o scherziamo?"
Un film di Pietro Germi, non c’è dubbio. Infatti tutto, al di là degli episodi comici e dell’ambientazione pesantemente malinconica, sembra impostato a decostruire la mitologia della bontà delle comunità, dei rapporti di amicizia, delle famiglie. Gli amici non risparmiano, a se stessi e agli altri, scherzi che spesso si rivelano vere e proprie crudeltà assortite e la fuga nella zingarata rimane l’unica parentesi di sincera fratellanza. Amaro.
Con l’amara forza della commedia all’italiana Monicelli dipinge i ritratti di quattro amici più uno, maschere di grandi attori cui spetta l’onore di aver raccontato con toccante umanità l’evasione dal grigiore quotidiano. La sporadicità dei loro incontri si percepisce benché la complessa struttura a flashback figlia di una sceneggiatura virtuosistica ce li mostri sempre in scena: episodi brevi e lunghi che racchiudono l’essenza del vocabolo chiave: la “zingarata”, dopo questo film, è diventata per molti l’utopico zenith dell’amicizia.
MEMORABILE: Tutto il lungo, ponderato, perfido scherzo al povero Righi (Blier).
Lo scherzo goliardico come antidoto al tempo che passa, la "zingarata" come filosofia di vita per sfuggire alle responsabilità. I 5 amici, anarchici giullari intrappolati nei panni della rispettabilità borghese, inventano burle con fantasia travolgente: linguistiche (la "supercazzola"), sociali (il paesino da abbattere), futuriste (i ceffoni al treno), cinematografiche (il clan dei marsigliesi). Film divertente ma non spensierato, perché la realtà tanto esorcizzata è sempre lì, spietata, e stende una patina malinconica sulle risate. Notevole.
Da un'idea di Pietro Germi, una delle pellicole più indovinate, degli anni '70, diretta da Mario Monicelli. Cinque amici fiorentini cinquantenni che, fra burle e zingarate, cercano di non pensare troppo al tempo che passa. Indovinato il cast principale, le mogli, le amanti, i figli e la vittima, un pensionato mangione e antipatico, che si merita tutti i tiri di Tognazzi & co. Fra le risate, ci sono anche i pianti e la perdita dolorosa di uno di loro. Eccellenti Tognazzi, Noiret (doppiato da Montagnani) e Moschin, un po' meno del Prete. Cinque.
MEMORABILE: La zingarata alla stazione: "Buon viaggio, signore!"... e giù schiaffi ai passeggeri che partono.
Ecco LA commedia all'italiana: diretto in maniera perfetta da Monicelli, questo film di Germi è un manifesto del genere. Perfetti gli attori (forse Moschin è quello meno azzeccato ma funziona anche lui), supreme le gag, con Tognazzi mattatore che infila spesso le supercazzole. Da vedere e rivedere: questa era commedia!
MEMORABILE: Tognazzi fa la supercazzola al telefono; L'appuntamento con la Dionisio; I marsigliesi; Il funerale.
È sempre bello vedere e rivedere Amici Miei. Un film che ti fa sorridere e che allo stesso tempo ti lascia dentro una grande malinconia. Tra una supercazzola e l'altra si assiste al tentativo di trovare un rimedio per affrontare i lati drammatici della vita attraverso zingarate e goliardie. Termini come supercazzola e zingarata, così come i personaggi del film (direi tutti), sono entrati di diritto nell'immaginario di ogni cinefilo (e non solo). Bellissimo.
MEMORABILE: La storia del conte Mascetti e della sua famiglia; Lo scherzo al pensionato Righi; Gli schiaffoni ai passeggeri del treno.
Un vero è proprio capolavoro della commedia italiana. Questo è "Amici miei", il miglior esempio di commedia all'italiana: ironico, dissacrante, amaro e malinconico, come dovrebbe essere un vero capolavoro. Monicelli si conferma il "genio" del cimema italiano perché, oltre a riprendere un'idea non sua ma di Germi, sceglie per questo film cinque grandissimi attori in stato di grazia tra cui spiccano Ugo Tognazzi (alias il mitico Conte Mascetti), Adolfo Celi e Philippe Noiret (doppiato da Renzo Montagnani) che rappresentano i personaggi più significativi del film.
MEMORABILE: La "Bella figlia dell'amore" cantata dai cinque; La supercazzola al vigile; Commento di Mascetti dopo aver visto l'amante con una donna; Fregatura a Righi...
Capolavoro assoluto, definitivo della commedia italiana. Arrivò nel bel mezzo di quegli anni tristi, ma quando c'era anche voglia di scherzare, di stare assieme. I protagonisti se la ridono della vita e della morte, cercano di prendersene gioco, perché capiscono che è sì un gioco, ma essi sono soltanto le pedine. Il Perozzi se ne fa beffe fino in fondo. È il cinismo dei diseredati della speranza (quali siamo noi, ora, ma senza alcuna voglia di scherzare). Trovo che Firenze sia la città più adatta, per lo spirito degli abitanti.
MEMORABILE: Il Mascetti accompagna a casa la Titti e pazientemente spiega perché devono lasciarsi. Al momento dell'addio, lei gli fa: "Ci vediamo domani all'una!"
Non il capolavoro inattaccabile che molti credono, ma comunque un grande film: questa autocelebrazione/autocommiserazione di una generazione di cinquantenni negli anni '70, all'insegna di una goliardia e di un senso del cameratismo tipicamente pre-sessantottini, ha saputo travalicare i suoi confini particolaristici e diventare un monumento inamovibile. Lo spostamento dell'azione da Bologna (come voleva il soggetto originale) alla più centrale Firenze fu l'ultima vittoria delle teorie linguaiole del Manzoni.
MEMORABILE: Melandri: "Come si sta bene fra noi, fra uomini... ma perché non siamo nati tutti finocchi?"
Divertente e nostalgico, spassoso e malinconico, straordinario capolavoro che racchiude questi e tanti altri sentimenti, che esorcizza l'incedere degli anni ed usa la morte per creare un'ennesima occasione per scherzare ancora. Attori perfettamente immedesimati, sapiente regia edottime musiche ne fanno, sequel a parte, un cult unico e inarrivabile.
Grandioso capolavoro della commedia all'italiana la quale, assieme a tutto il cinema italiano, non raggiungerà più certi fasti. Una commedia amara. La morte esorcizzata attraverso le 1000 bischerate dei protagonisti, mai realmente cresciuti. Grande prova del cast (su tutti Tognazzi, Celi e Noiret) e splendida la musica di Rustichelli. Cult imperdibile. *****
MEMORABILE: Il finale vale da solo il prezzo del biglietto.
Il genio di un grande regista e l'abilità di interpreti come Tognazzi hanno reso mitico ogni fotogramma di questa pellicola. Film dal maschilismo spietato, mostra però anche qualche spiraglio di rivoluzione sessuale ancora in atto in quegli anni. I cinque amici sono tratteggiati a tinte forti, ognuno con una sua storia quasi estrema da raccontare, ma tutti uniti dall'esigenza di partire per le "zingarate" e vivere la vita in totale spensieratezza. Il finale non lascia adito a interpretazioni. Grande commedia nostrana.
Memorabile, cinica, spumeggiante commedia diretta in modo magistrale da Mario Monicelli con un quintetto di protagonisti indimenticabile (Tognazzi, Del Prete, Moschin, Noiret e Celi) e il valore aggiunto del cameo di Bernard Blier. Il meccanismo è perfetto, le gag feroci e rimangono nell'immaginario collettivo così come l'insuperabile "supercazzola".
MEMORABILE: Lo scherzo al Righi; Lo scherzo della cacca del bambino; Gli schiaffi alla stazione.
Non riesco a essere originale. Un capolavoro della commedia (amara) italiana, girato alla perfezione e interpretato da attori straordinari, Tognazzi e Noiret su tutti. Duilio Del Prete ci regala un Necchi lontano dal più debole Montagnani (che comunque lo doppia) dei due film successivi. L'atmosfera degli anni 70 dà quel tocco in più. Musiche azzeccate e supercazzole a gogo! Diverte e immalinconisce. Voto massimo!
L'amicizia vince su tutto, in barba al grigiore dell'esistenza e alla pesantezza degli obbligi sociali; la zingarata come momentaneo antidoto al greve peso delle responsabilità. Oltre alla portata del messaggio, la grandiosità dell'opera risiede nel registro malinconico, nella straordinaria amalgama di un cast sensazionale e nella puntuale regia di Monicelli, che non spreca un metro di pellicola. Semplicemente un film, con trovate geniali (gli schiaffi alla stazione e lo scherzo al povero Righi), che ti entra dentro e che non esce più.
MEMORABILE: Adolfo Celi che sbologna famiglia e governante all'ignaro Moschin; Lo scantinato del Mascetti.
Discreto, per carità, ma sopravvalutato. Amici miei non è tra i migliori film di Monicelli, su altri livelli dai tempi de La Grande Guerra fino a Cari fottutissimi amici. Permane, in questo equivoco critico, la sensazione di un passato italiano considerato suppostamente glorioso rispetto al presente, laddove probabilmente l'arte non è che sia cambiata granché, al contrario di una fama internazionale dei nostri registi (come di tutti quelli europei) in inevitabile declino dovuto all'inarrestabile boom americano dagli anni '80 in poi.
MEMORABILE: L'idea della supercazzola, indubbiamente, ha fatto storia.
Mario Monicelli regala uno dei film italiani più famosi di sempre, un'icona intramontabile della commedia all'italiana. I personaggi (Mascetti, Perozzi, Necchi, Melandri, ai quali si aggiungerà poi il Sassaroli) sono rappresentati nella loro quotidianità, nelle vite diverse, nelle difficoltà, uniti dalla forza dell'amicizia che permetterà loro di rimanere uniti, sempre pronti compiere le "zingarate". Fa ridere, fa riflettere e rattrista, come commedia all'italiana vuole. Questo primo film è un capolavoro.
MEMORABILE: Gli "antani" di Tognazzi; Il Righi che crede di trovarsi tra banditi; La Titti.
Per ragioni anagrafiche e caratteriali è un film che ho faticato un po' a comprendere, scoprendolo solo dopo ripetute visioni. Chi cerca il puro divertimento sbaglia: questo è un film veramente amaro (al pari del coevo Fantozzi), ricco di metafore anche profonde (lo schiaffo "generazionale" di Noiret al figlio), che tuttavia riesce a farci ridere e al tempo stesso riflettere sul senso della vita. Inutile ricordare la grande performance di tutti i protagonisti; personalmente ho trovato Tognazzi comunque una spanna sopra gli altri. Grande cinema.
MEMORABILE: Lo schiaffone involontario (o no?) del Perozzi al figlio: "Ma babbo!" "Ma che parti sempre te?!".
Un gruppo di amici storici si ritrova per una "zingarata", un'escursione per evadere dalla mondanità, dalla routine, dalle pressioni e dallo stress. Scene assurde, di puro e goliardico divertimento semplice, fatto di scherzi e battute. Alzando però il velo di Maya ciò che traspare è uno spaccato estremamente amaro della vita, goduta nelle sue piccolezze e della sua fugacità. Storia del cinema è quella sequenza di schiaffi alla stazione, dove si va dall'emiliano al napoletano, dal fiorentino al romano. Meraviglioso.
Visti gli anni della commedia all'italiana, che verteva inesorabilmente al becero, il bel soggetto di Germi poteva essere sprecato in un dozzinale film di cassetta; invece Monicelli e il parterre d’attori presente l'hanno reso un monumento della nostra cinematografia Anni ‘70. Storia di virile amicizia tra uomini non più giovani ma ancora ragazzini dentro che, con i loro scherni, esorcizzano amarezze della vita o semplicemente una noia borghese. Un velo di malinconia esistenziale - mai banale - accompagna la pellicola. Capolavoro.
Difficile catturare in poche parole tutti i pregi e le tante sfumature che rendono questa pellicola un qualcosa di straordinario; si potrebbe partire dagli attori, bravissimi, oppure dalla storia e della messa in scena, capaci di tenerti incollato per più di due ore; o forse chissà, dall’amarezza di fondo che accomuna le zingarate e le risa dei protagonisti. Ma alla fine è meglio di no, forse è meglio guardarselo e lasciarsi conquistare da ogni singolo fotogramma senza troppe domande.
Magistralmente interpretato e diretto, in sintesi può essere descritto come un affresco agrodolce sulla vita e l'amicizia. Vi si raccontano le storie di cinque amici fiorentini di varia estrazione sociale e dei loro espedienti per sopravvivere alla routine quotidiana. Così, tra zingarate e supercazzole (termini ormai di uso comune), scherni e dolori, anche lo spettatore finisce per commuoversi di fronte a quello che in fondo è lo spettacolo della vita. Stupenda colonna sonora di Rustichelli. Capolavoro del genio italico.
MEMORABILE: "Lo vede il dito? Stuzzica!" (Tognazzi tenta la supercazzola con un vigile).
Da un soggetto di Germi una leggendaria commedia ottimamente diretta da Monicelli. Inconfondibili la malinconia e la disillusione tipica del regista toscano, dove le "zingarate" degli amici sembrano voler esorcizzare la paura del futuro e della morte. Un cast davvero stellare dove tutti gli attori sono su livelli altissimi di aderenza ai personaggi. Stra-cult.
L’amicizia che crea unione senza gerarchie, ognuno spalla dell’altro nel capirsi al volo per combattere vanamente l’avvicinarsi della vecchiaia. Sceneggiatura che spazia dal ludico al dramma, sbeffeggiando anche la famiglia e in ultimo la Chiesa. Personaggi entrati nell’immaginario come il Conte Mascetti, il Melandri innamorato e lo stanco Perozzi; Celi ha quel tocco di autorità e di cinico divertimento in più del gruppo. Da allora il vagare senza meta e senza pensieri gli deve qualcosa. L’unica pecca lo scherzo al Righi, che è un filo lento.
MEMORABILE: La risatina del Melandri; Il litro di benzina; La marmitta a scoppio; Le telefonate in ospedale; Lo scontro coi Marsigliesi.
Ormai assurto - e meritatamente - allo stato di classico. Funziona tutto, gli interpreti ovviamente e ci mancherebbe, la mistura nel giusto dosaggio di sberleffo e amarezza, goliardia e disincanto, umanità e cinismo. E una Firenze ormai lontana (il bar del Necchi ha chiuso da pochi giorni). Rimane il dubbio di come sarebbe stato con Germi, ma Monicelli non perde un colpo. (Ri)visto in sala nella bella copia proiettata per il quarantennale.
Con questo straordinario film, nato da un'idea di Pietro Germi, termina simbolicamente il ciclo della commedia all'italiana. Monicelli disegna un affresco notevole di virile cameratismo che travalica e travolge qualsiasi altro elemento si frapponga, amori, famiglie, lavoro. Le zingarate, che hanno fatto epoca, sono anche l'icona di uomini che non vogliono crescere, consapevoli del brutto mondo che li circonda dove la loro amicizia rappresenta un'isola felice a cui naufragare dolcemente. Attori tutti di gran lunga al di sopra della media. Cult.
MEMORABILE: La zingarata alla stazione; Le supercazzole.
Da un progetto di Pietro Germi, Monicelli realizza, mostrando le goliardate di un gruppo di amici che cercano così di esorcizzare l’ineluttabilità del tempo che passa, una delle commedie all’italiana più rappresentative, in cui l’apparente allegria cela a stento disincanto, cinismo e malinconia (che si ritrovano soprattutto nei personaggi di Tognazzi, Celi e Noiret). Non è un caso che molte scene e alcune invenzioni linguistiche abbiano lasciato una traccia indelebile nella nostra cultura.
MEMORABILE: I passeggeri del treno presi a schiaffi; La supercazzola; Lo scherzo a Righi; Lo scantinato di Mascetti.
Raramente un film mi ha suscitato sensazioni così differenti nel passare degli anni: dal divertimento gogliardico alla tristezza. Mi sembra veramente difficile capire ancora, dopo tanti anni e tante visioni, se quello che muove questi 4 amici+1 sia il gusto della risata o la disperazione della fuga dalla loro vita quotidiana. O forse si uniscono nelle loro zingarate come i malavitosi per un "colpo", ognuno con le loro differenti ragioni. Comunque un film straordinario, unico, ineguagliato.
Capolavoro! Il film è perfetto, nel suo genere massima espressione della commedia italiana cinica e scanzonatamente feroce. I protagonisti recitano quasi sempre assieme (altro che i tristi film a episodi di oggi!) e sono dei fuoriclasse, il linguaggio e certe battute sono entrate nel lessico comune (ad esempio la supercazzola). Originale, esilarante, a tratti amaro... Spesso i protagonisti riflettono e affrontano il momento della loro vita... Insomma è il film comico italiano come dovrebbe essere!
MEMORABILE: "Prematurata la supercazzola o scherziamo?" (Tognazzi/conte Mascetti).
Un film sull'amicizia, condensata qui nella goliardia (che è il mezzo per sfuggire al nulla, alla noia, alla serietà della vita). Il gruppo è ben assortito (sia come attori che come personaggi), qualche trovata geniale e, oserei, ardita per quei tempi. Ma chi pensa che la pellicola contenga unicamente l'aspetto comico si sbaglia di grosso: alla comicità di sequenze memorabili vengono abbinate le riflessioni tutt'altro che scontate del Perozzi. Ma forse è giusto così, ridere sempre in faccia a questa vita fugace finché una risata non ci seppellirà.
MEMORABILE: La sequenza delle sberle alla stazione.
Film cui il tempo passato ha donato un'aura di solennità trasformandolo in un classico, una specie di archetipo di un cinema successivo che ha prodotto emuli di livello molto inferiore, almeno in Italia. Una riflessione sul senso della vita in puro stile Monicelli, dove spesso la risata catartica nasconde una feroce critica sociale. Attori principali in grande spolvero con Celi primus inter pares, comparse all'altezza dirette da un Monicelli rigorosissimo. Un film di valore storico che quei pochi che non l'hanno visto dovrebbero vedere.
Senza nulla togliere al valore del film e alla comicità vera di alcune scene, c'è un amaritudine quasi spietata di fondo che lo rende uno dei lavori più dolorosi sul tempo che passa, in cui un gruppo di amici cerca di esorcizzare le proprie paure e le responsabilità della vita come meglio può. Personaggi perfettamente ritratti, situazioni rimaste memorabili e uniche nella commedia all'italiana in un'opera che erroneamente è ritenuta solo comica e spensierata.
Si è ormai depositato nell'immaginario italico grazie alle goliardate dei vari protagonisti (che oggi appaiono un po' stanche), al di là, forse, delle intenzioni del regista. A Monicelli forse preme più mostrare, a un primo livello, il senso di vacuità e solitudine dei protagonisti, ragazzi invecchiati e in patologica fuga dai fallimenti della vita; a un livello profondo far notare come essi siano gli ultimi esponenti di un'Italia cialtrona, ma antica e vitale (e, infatti, gli amici non hanno eredi): di qui l'amaro e diffuso senso di nostalgia.
Non è il capolavoro di Monicelli ma è comunque un gran film, ricco di trovate comiche e con un cast in forma smagliante. La disperazione dei personaggi è palpabile, il loro continuo fuggire sintomatico. Frasi e scene entrate di diritto nella cultura popolare e in più d'un'occasione scimmiottate in pellicole successive (la scena degli schiaffi si ritrova in Fantozzi alla riscossa e in A spasso nel tempo, le supercazzole in Febbre da cavallo). Avrà un secondo e un terzo atto più un prequel. Immancabile.
Probabilmente l'ultimo grande capolavoro di Monicelli. Il divertimento è scatenato e ne è una dimostrazione la nascita di moltissimi modi di dire italiani che ritroviamo nelle varie zingarate del film, ma forse il punto più travolgente è proprio la capacità di unire questa comicità a una malinconia profonda che si fonde nella commedia virile, con i volti dei bravissimi Tognazzi, Noiret, Moschin, Celi e Del Prete a fare da sfondo a un fortissimo sentimento d'amicizia. La scena finale del funerale è la punta più alta di questo sentimento.
Rappresenta la fine di un'epoca filmica del cinema italiano, ovvero quella della commedia all'italiana che tanto aveva spopolato negli anni 50 e 60 ed è allo stesso tempo uno dei migliori film italiani di sempre. La cosa più bella è vedere questi uomini di mezza età in fuga da una vita spesso difficile e grigia verso tutta una serie di avventure fatte di supercazzole e scherzi (primo tra tutti quello alla stazione dei treni). Se si pensa a un film sull'amicizia questo è il primo che deve venire in mente. Un vero capolavoro.
Personalmente, più che farmi ridere, mi ha sempre messo addosso una tristezza che definierei quasi cosmica. Troppo intenso l'odore di vita che se ne va, non sempre per il verso giusto, che traspira dai fantastici volti dei cinque protagonisti al punto che le ormai celeberrime "zingarate" mi appaiono più fragili e mesti tentativi di arrestare l'inarrestabile che goliardiche scampagnate. Resta comunque un film che va visto almeno una volta: tante infatti le scene entrate nell'immaginario nazional-popolare, come la supercazzola o gli schiaffoni. Crepuscolare.
Visto e rivisto, è sempre lo stesso mix di emozioni, che oscillano tra grosse risate e lacrime amare, mentre il film scorre leggero ma pregno di contenuti. I quattro amici (che poi diventano cinque) regalano interpretazioni magnifiche, di pari livello: ognuno incarna bene il proprio ruolo che si fonde perfettamente con gli altri, con l'ambiente che li circonda e con i personaggi che vi gravitano attorno. "Le zingarate", "la supercazzola"e tante altre beffe ingegnose che tengono arzilli gli spiriti nella speranza di allontanare lo spauracchio della morte.
Colonna portante del cinema italiano "leggero" con interpreti al meglio, i cui personaggi sono ancora celebri ai giorni nostri e inventore di termini entrati nel vocabolario (supercazzola, zingarata...). Ottima sceneggiatura, innovativo nella forma ma il punto forte del film sono i personaggi, fantasticamente tratteggiati: nominare oggi Mascetti, Perozzi, Necchi, Melandri e Sassaroli equivale a fare l'esercizio con il quale si recitano le antiche formazioni delle squadre. Basilare, immediatamente richiamante un seguito (uno solo però...!).
Capostipite di una trilogia forse unica. Monicelli sostituisce Germi e sposta l'azione da Bologna a Firenze. Quintetto valido e affiatato (Del Prete è doppiato), ben coadiuvato da un valido cast femminile (Angela Goodwin, Franca Tamantini, Milena Vukotic, Olga Karlatos, Silvia Dionisio). Grande anche Blier. Qualche dubbio su alcune scene (quella della festa, un po' volgarotta), ma rimane sempre un capostipite della commedia all'italiana. Da menzionare le musiche di Carlo Rustichelli. Vanzina aiuto regista.
MEMORABILE: Gli schiaffi in treno: la prima e la seconda volta.
Un film per capire davvero lo spirito della Toscana. Inarrivabile, una delle migliori pellicole italiane della storia: scanzonatamente riflessivo, tristemente allegro, drammaticamente dissacrante. È tutto perfetto: la regia, la sceneggiatura geniale (supercazzola in primis), gli attori, la musica, le ambientazioni che spaziano dalle case signorili alle catapecchie di periferia, dal bar in città ai paesini di campagna. Va visto.
MEMORABILE: La scena iniziale; La descrizione tragicomica della nuova casa del Mascetti.
Pilastro della commedia all'italiana, il film racconta al meglio le avventure di un gruppo di uomini che sfuggono alla monotonia con scherzi memorabili. Il gruppo è ben affiatato ma è inutile dire che la parte del leone la fanno Tognazzi e Celi, mentre gli altri vanno più a rimorchio. La regia di Monicelli è ottima e mantiene alta l'attenzione per le due ore, dando un filo logico a una sequenza di episodi separati. Buoni anche la sceneggiatura (che infila battute gustose) e i comprimari.
MEMORABILE: La cena dei cinque; "La vogliamo dare una pennellata di sesso?"; Tognazzi introduce la supercazzola; Gli schiaffi alla stazione.
Da un soggetto ideato per Germi, Monicelli estrae una commedia molto amara. Film maschile crudelmente misogino, "Come si sta bene tra noi uomini, ma perché non siamo nati tutti finocchi?" dice uno dei protagonisti, che esalta l’arte toscana della burla quale antidoto ai mali del quotidiano vivere. Ma dietro il divertimento goliardico si nasconde la morte. Certo qualche gag risulta grossolana e banale, ma l’atmosfera generale riesce a catturare il disagio esistenziale negli anni di piombo preannunciando il cupo scenario del Borghese di Sordi.
MEMORABILE: “Ci vorrebbe qualcuno con cui ridere e parlare, ma non una puttana: un amico”; La supercazzola; Gli schiaffi alla stazione; Le risate al funerale.
Nato da un'idea di Pietro Germi e diretto da Mario Monicelli, è uno dei capolavori della commedia all'italiana; malinconico e dissacrante, fulgido esempio di amicizia potente contro tutti e al di spora di tutto. I personaggi del film rifiutano infatti di crescere e combattono un mondo avvilente, rinchiudendosi in una sorta di virile combriccola tanto disincantata quanto cinica. Attori superlativi. Cult assoluto.
Un autentico schiaffo - come quelli in stazione - a cinema, pubblico e morale dell'epoca. Ad oggi, più che perfide, le trovate appaiono malinconiche per quel cameratismo (di quartiere) perduto. Non sembra neanche necessario sforzarsi in forzate letture allegoriche tanto il suo (geniale) lato sovversivo ha fatto scuola e ne si gode il taglio cinico e privo di tempi morti tipico di Monicelli. Tognazzi (forse) chiamato alla sua più grande prova tra metafore sociali e supercazzole, Noiret e il trio restante perfetti nell'equilibrio generale. E si ride di tutto, anche della morte.
MEMORABILE: "Cos'è il genio?..."; Supercazzola; Il finale; Tutta la sequenza delle telefonate in ospedale.
Dietro a una maschera di allegria e comicità si cela una profonda e amarissima riflessione sull'inesorabile scorrere del tempo e della nostra vita. Tanti momenti di ilarità, ma anche altrettanti tristi, pieni di nostalgia per una gioventù che vorremmo fosse eterna ma che possiamo solo cercare di tenere in parte viva. Oltre all'immortale colonna sonora, il film poggia su una straordinaria sceneggiatura, su una serie di scene la cui fama è andata oltre il cinema e su un quintetto di protagonisti che non ha bisogno di presentazioni. Un capolavoro che non conosce tempo (almeno lui).
Amarissima commedia drammatica ideata da Pietro Germi e affidata a un Mario Monicelli all'apice della sua arte. I numerosi e spassosi momenti comici alternati lungo il film altro non fanno che accentuarne il suo vero significato di fondo, malinconico e spietato a morte verso lo spettatore: di fronte alla vecchiaia che avanza e la morte che incombe tocca solo non prendere nulla sul serio. Grande scandalo all'epoca: all'inizio venne addirittura proposto il divieto ai minori dei 18.
MEMORABILE: La celeberrima zingarata degli schiaffi ai passeggeri dei treni in partenza: praticamente il non plus ultra del cameratismo maschile fatto film.
Trionfo e forse canto del cigno della grande commedia all'italiana, frutto dell'anima di Germi e del corpo di Monicelli: la commedia e il tragico, il basso e l'alto si fondono nella maniera più sublime e tipicamente toscana. Film indimenticabile a cominciare da un cast in stato di grazia (a parte Del Prete in un ruolo che sarà in seguito migliorato da Montagnani); per non parlare della colonna sonora e dell'aria plumbea e crepuscolare che pervade l'intero film. Si piange con la Vita e si ride, e parecchio, con la Morte. Un tassello fondamentale della cultura italiana tutta.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare la registrazione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE:
Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT):
Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ:
Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICA:
Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
DiscussioneManfrin • 5/11/15 13:49 Servizio caffè - 490 interventi
In occasione del 40° compleanno nelle sale dei circuiti "THE SPACE " ed "UCI" i giorni 16 e 17 novembre verrà proiettato questo intramontabile film.Un'occasione per (ri)vederlo sul grande schermo.
DiscussioneManfrin • 5/11/15 13:52 Servizio caffè - 490 interventi
Gianmarco Tognazzi,figlio del grande Ugo,produce vini nella sua tenuta chiamata Tognazza e,tra questi,potreste apprezzare ad esempio il "Tapioca",l'"Antani,il "Come se fosse".
CuriositàRuber • 24/11/15 18:16 Contratto a progetto - 9216 interventi
Quando gli amiconi attraversano “periodi di depressione esistenziale” sono davanti a un cinema hard a leggere fantomatici titoli di film a luci rosse. In evidenza c'è una locandina ben visibile, dal titolo farlocco: Annabella la calda monella. La locandina però è verissima ed è presa da un film dell'anno precedente, La nipote:
Su Wikipedia si legge che inizialmente il ruolo del Conte Mascetti era stato pensato per Mastroianni, mentre Tognazzi avrebbe dovuto interpretare il giornalista Giorgio Perozzi. Mastroianni rifiutò ritenendo che nei film corali la sua prestazione venisse sempre offuscata dagli altri attori e così la produzione si rivolse a Raimondo Vianello che pure rifiutò, dirottando Tognazzi sul ruolo del Mascetti, mentre per il Perozzi sarà contattato Noiret.
A conferma di quanto segnalato su wikipedia, durante la diretta odierna dalla casa del Grande Fratello Vip Simona Izzo (che, ricordo, è la moglie di Ricky Tognazzi), ha aggiunto che il rifiuto di Vianello fu motivato dal fatto che le riprese si sarebbero svolte durante alcune importanti partite che l'attore, notoriamente grande appassionato di calcio, non avrebbe potuto vedere.
LA SCENA DEGLI SCHIAFFI raccontata da Moschin
"Monicelli intimò di darli con forza. Le comparse rimasero sorprese. Quando i finti viaggiatori tornarono indietro ci fu una specie di insurrezione. Volevano picchiare i delegati di produzione e li volevano picchiare sul serio."
HomevideoRocchiola • 16/03/20 08:32 Call center Davinotti - 1224 interventi
Ad un mercatino sono riuscito a trovare il bluray del primo film disgiunto dagli altri due dischi (evidentemente hanno aperto un cofanetto per provare a vendere i film singolarmente) e l'ho comprato. Ebbene sono stato sorpreso dall'eccezionale qualità delle immagini presentate nel corretto formato panoramico 1.85 ed estremamente pulite, nitide e dettagliate. L’audio è disponibile in tre versioni DTS Master Audio (la traccia migliore sicuramente quella dal suono più aperto), Dolby Digital 5.1 e Mono 1.0. Malgrado l’assenza di indicazioni in copertina il master utilizzato dovrebbe essere quello del restauro effettuato nel 2010 sulla versione regolare di 114 minuti che come già precisato è quella preferita da Monicelli. Anche personalmente preferisco questa versione a quella una più lunga di 140 minuti che allunga il brodo degli scherzi soffermandosi sull'aspetto goliardico senza apportare sostanziali modifiche al senso finale dell'opera. la versione di 140 minuti che in DVD diventano 130, è disponibile solo nella vecchia edizione Filmauro del 2002 che non era restaurata.
Direttamente dall'Archivio cartaceo Lucius, il flano d'epoca con la frase di lancio a dir poco goliardica. Si tratta della riedizione del film, uscita in un secondo tempo in versione lunga e per tutti:
Direttamente dall'Archivio cartaceo Lucius, il flano d'epoca con la frase di lancio a dir poco goliardica: [img size=350]https://www.davinotti.com/images/fbfiles/images59/amicimiei.jpg[/img]