Macchina a mano puntata addosso per tutto il film a Naomi Watts nei panni di un'australiana a Hollywood in cerca di fortuna: provini, crisi di nervi, il rapporto con l'amica del cuore con cui vive, quello più bizzarro con uno strano tipo che l'ha tamponata in strada (che è poi Scott Coffey, regista e sceneggiatore del film)... La vita insomma, raccontata in digitale quasi come un montaggio di clip amatoriali, con sovrabbondanza di primi piani che mettono in risalto la bravura indubbia della protagonista (oltretutto doppiata qui davvero bene, e non era facile), la grande espressività e la disinvoltura con cui passa da un registro all'altro. Purtroppo a tanta grazia...Leggi tutto non corrisponde un copione altrettanto felice: poco o nulla di interessante accade, i dialoghi sono uguali a quelli sentiti già mille volte in opere simili, i personaggi non bucano lo schermo e il ricorso alle tipiche immagini tremolanti del finto filmato casalingo a lungo andare stanca. Buona la partecipazione (8 minuti) di Chevy Chase nel ruolo dell'agente di Ellie, comprensivo e simpatico (benché non comico come si sperava) e quella di Keanu Reeves nel ruolo di stesso, bassista della sua band Dogstar, ripresa dapprima sul palco e poi nel backstage, a parlare con Ellie e le sue amiche. Non disdicevole ma un film superfluo, fatuo, di scarsa rilevanza generale.
Quasi una biografia di Naomi Watts prima della svolta lynchiana: ovvero, i continui provini e le peripezie di un’attrice australiana in attesa di sfondare nel controverso mondo di Hollywood. Coffey adotta uno stile underground e riprende a distanza ravvicinata imponendo naturalismo agli ambienti (quasi sempre interni), al linguaggio e ad una protagonista funambolesca in grado di recitare con disinvoltura tutte le espressioni richiedibili da un regista: in lei Lynch aveva visto giusto.
MEMORABILE: Ellie che si cambia i vestiti e prova le parti mentre guida nel traffico cittadino.
Affascinante affresco sulla vita di un'aspirante attrice a Hollywood. La Watts si produce in una prova superba di cinema e metacinema, coadiuvata da un buon cast di contorno nel quale spicca il suo fidanzato-musicista Pellegrino (il Jacob di Lost). Scott Coffey - oltre a recitarvi - dirige la pellicola e lo fa completamente con la macchina da presa portata a mano, una scelta piuttosto coraggiosa che tuttavia conferisce alla pellicola una interessante confezione mockumentary. Il montaggio è veloce e i dialoghi brillanti. Cameo di Reeves.
MEMORABILE: Coffey che si finge il suo (inesistente) fratello gemello e che ringrazia la Watts dopo aver fatto sesso per avergli fatto capire che è gay.
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