In un perfetto clima da fine Impero (che non a caso a molti ha richiamato alla mente il Pasolini di SALÒ), quattro amici (Mastroianni, Tognazzi, Piccoli e Noiret, tutti in scena col loro vero nome di battesimo) si ritrovano in una villetta parigina per mangiare fino a scoppiare. Il primo a sentire l'esigenza di aggiungervi qualcosa è Marcello, il quale di fatto ingaggia tre prostitute per unire il sesso alla cucina. La quarta "incomoda" è Andrea (Ferréol), un'insegnante conosciuta da poco che senza troppi problemi condivide coi quattro "satiri" l'atteggiamento libertino...Leggi tutto spinto fino al massimo della dissolutezza. Tra un pranzo e un amplesso (l'invito a mangiare è ripetuto allo sfinimento), una colazione e mille spuntini divorati senza sosta, si consuma il dramma surreale di una borghesia che al fascino discreto sostituisce l'estasi dell'eccesso. Non tutto è studiato con il giusto equilibrio nella regia di Ferreri e probabilmente il film poteva durare di meno guadagnandone in efficacia, ma anche cosí resta un'opera unica e coraggiosa, che non ha paura di affondare nel triviale (i devastanti attacchi di areofagia di Michel, il water che esplode) perché la sua cifra (e quella di Ferreri) è il grottesco. Finale - ma lo è l'intero film - altamente simbolico, attori in parte. Ad accettare il gioco ci si diverte.
Lo vidi da giovane e non mi disse nulla. La rivedo oggi e il giudizio è ben migliore. Non è neppure un film difficile da capire, perché ho intanto appreso per davvero cosa siano la bramosia, la smodatezza, la voglia di piantare tutto e tutti, per isolarmi e fare ciò che amo. E tante altre simbologìe sono trasparenti: il talamo dalle coltri nere, l'autunno della vita e della stagione... Dei quattro mostri sacri i più centrati mi sono parsi il prodigioso Tognazzi e l'efficacissimo Piccoli, gran signore anche quando spetazza. Perfetta la Ferréol.
MEMORABILE: Noiret si sveglia: sopra di lui, se vedo bene, una riproduzione del "Banchetto nuziale" di Pieter Bruegel...
Anche se ritenuto dalla critica ufficiale, nonché da una grande parte di pubblico, un autentico capolavoro, non mi è piaciuto per niente. Probabilmente non ho interpretato correttamente le metafore che vi compaiono (forse i quattro amici che si ammazzano di cibo rappresentano una società che ingerisce qualunque cosa, causando così la propria morte? Mah?!), ma sostanzialmente l'ho trovato davvero noioso. Peccato, perché vi recitano quattro autentici mostri sacri, più una convincente Andrea Ferréol. Ho visto la versione televisiva, quindi sicuramente cut.
Film acclamato per la sua metafora di una società che tende al suicidio collettivo per appagare oltremodo i propri istinti, anche se non lo definirei capolavoro. I quattro protagonisti organizzano un ritrovo basato su cibo e sesso e decidono di continuare, nonostante gli incidenti di percorso. Un insolito Mastroianni, cinico ma con stile, i soliti Piccoli e Tognazzi dissacratori e un plauso alla Ferréol (maestra coinvolta per caso, che trova nei quattro uomini i suoi nuovi alunni).
Potente affresco in tono gustosamente grottesco sulla decadenza di una borghesia priva di valori e una crudele satira della società consumistica che divora sè stessa tramite il proprio edonismo. Alternando ironia e sarcasmo a momenti drammatici e tragici (tutte i decessi, ma in particolare quello di Mastroianni), Ferreri mostra quattro uomini pronti a compiere il loro suicidio con agghiacciante lucidità e metodica calma. Molte le scene di culto e le provocazioni; il cast è eccellente e il film è permeato da un'incredibile atmosfera "decadente".
MEMORABILE: Più o meno l'intero film, ma in particolare la morte di Mastroianni.
Dopo Dillinger il vertice di Ferreri, una specie di Salò bonario e borghese, vissuto da quattro uomini "fatti" come potevano essere gli adulti di una volta, che vissero almeno una guerra: crebbero in fretta, cercarono il benessere per rivalsa ma non rifletterono mai su loro stessi, mimeticamente incarnati da quattro amici più che quattro attori. Ma attenzione: questo non è un film "all'amatriciana", è un balletto di morte, un film sul fallimento di una generazione puntuale ed implacabile.
MEMORABILE: La torta Andrea; le flatulenze di Michel.
Diventato molto famoso (soprattutto in modo negativo), non è il capolavoro di cui molti parlano, ma si inserisce perfattamente in una linea di medietà. Coraggioso in numerose scene (e ancor più coraggiosi i quattro mostri sacri interpreti della pellicola), meravigliosa la Ferreol.
Eccezionale satira-apologo sul consumismo, diretta dal grandissimo Ferreri qui al suo meglio, aiutato anche da un poker di attori semplicemente fantastico (corroborato dalla brava Andréa Ferréol) e da una splendida sceneggiatura. All'epoca suscitò grande scandalo, oggi continua a mantenere intatta tutta la sua forza e continua ad essere sempre attuale. Imperdibile, anche se alcuni potrebbero non gradire.
Rappresenta il lato farsesco e grottesco di Amici miei. La storia della maratona erotico-gastronomica che coinvolge quattro amici di diversa estrazione sociale, accompagnati da una figura femminile dalla simbologia materna, è forse il film migliore (e tra quelli di maggior successo commerciale) di Marco Ferreri. La componente grottesca e satirica del cinema del regista milanese trova qui un maggior equilibrio che altrove, grazie ad una sceneggiatura compiuta e ad un cast di attori straordinari.
Il film più famoso di Ferreri, forse, ed anche uno dei più turbanti e grotteschi si possa immaginare su pellicola. In certi passaggi è talmente estremo da nauseare e farci sentire un po' anche noi come su un tavolo a premerci la pancia per farci entrare più cibo. È un capolavoro, come lo sono le interpretazioni degli attori. Una perla di truculenza assoluta. Imperdibile!
Non sono tanto la grottesca, feroce critica alla voracità borghese o la prevedibile, eccellente prova attoriale dei protagonisti, a farmi adorare il film, quanto il connubio di queste peculiarità, con l'impeccabile girato, le perfette geometrie (interni/esterni) e l'acuto simbolismo che scaturisce da ogni inquadratura. Non sbaglia una virgola, Ferreri. Sodoma e Gomorra dice(va) qualcuno. Per me, una lucida, equilibrata parabola di vita, portata per mano, con passo placido, alle estreme conseguenze.
È sicuramente il film più politico di Ferreri, apologo grottesco e apocalittico sulla società del consumismo in cui il cibo ed il sesso da piaceri della vita si trasformano in veicoli di morte. Forse, assieme a Dillinger è morto è il miglior film di Ferreri, provocatore dai toni spesso intellettuali ma mai intellettualistici.
MEMORABILE: "Il diluvio universale!!!" - "Della merda!"
Quattro amici si rinchiudono in una villa dove mangiare senza fine. Spietato apologo grottesco sull'autoannullamento dell'individuo e della società borghese, eccessivo e funebre, amaro e tragico, dove anche l'eros - condotto da una disponibile magna mater - è viatico della fine. Omaggio al banchetto satirico di Boileau, citato nel film, ricorda la Sodoma dei quattro potenti autoreclusi di Sade, ma ha il sapore di un lungo funerale. Notevoli i grandissimi attori coinvolti (forse Mastroianni un po' meno degli altri).
Idolatrato all'inverosimile, considerato il capolavoro di Ferreri, questa "abbuffata" - intesa, in accezione simbolica, come parabola del consumismo e rivestito di profondi significati politici - è opera crepuscolare, sgradevole e poco accostabile al pubblico gusto. Ricorda, per certi aspetti, Le 120 giornate di Sodoma per l'impostazione claustrofobica e la narrazione di esperienze estreme dei quattro amici, riunitisi in casa di uno di loro e alla ricerca del suicidio collettivo, a base di sesso e cibo. Anche il grottesco (le flatulenze, gli odori disgustosi, talune grevi battute) è ripugnante.
Anche volendo, difficilmente Ferreri avrebbe potuto fare di meglio: grande regia (asciutta, essenziale e simbolica), cast eccezionale (su tutti quel grande attore di Tognazzi) e profonda idea di partenza, che identifica nel cibo e nel sesso i due simboli di una società che, abbandonato ogni ideale, si è ridotta a farsi esplodere la pancia (che poi il consumismo, invece di morire spetazzando, sia vivo e lotti ancora insieme a noi dopo quasi 40 anni dal film è un altro discorso). Gran film.
Un film originalmente inquietante in cui quattro affermati professionisti, con la compagnia di una burrosa donna, si dedicano a imponenti libagioni mangerecce e sessuali. La narrazione è strabordante con un cast di livello superiore e suscita financo una certa repulsione in alcune immagini.
Ecco un altro film dove si passa da un pallino a cinque pallini, quindi bello o brutto che sia, un certo segno lo ha lasciato. Per quello che mi riguarda, lasciando da parte i vari messaggi e metafore, ormai già svelate, lo trovo discontinuo, con momenti veramente felici e altri, di transizione, stanchi e ripetitivi. Il soggetto è originale, certo, però si ha il sospetto che per dilungare i tempi a volte ci sia una specie di improvvisazione rudimentale e di livello medio-basso. Gli interpreti sono eccellenti per cui tutto si salva.
MEMORABILE: Tognazzi: "certo che Marcello è un gran chiavatore" (riferito a Mastroianni, amante di donne e motori).
Apologo culinario e freudiano sulla società capitalistica destinata a collassare sotto il peso della propria opulenza e a restituirsi all’Es. Commensali dell’apocalittica crapula quattro individui - variamente frustrati - che si autoannientano negli spasmi di un edonismo tragicomico, ove leccornie da gourmet si mischiano a vomito, liquami, coiti promiscui e peti, e i profumi dei cibi svaniscono in una cupa atmosfera di malinconia, dolore e morte. L’erudizione della messa in scena e la somma bravura e signorilità degli attori edulcorano il disgusto, stimolando sane risate e amare riflessioni.
MEMORABILE: Ugo e i suoi coltelli legati al ricordo del padre; l’esplosione del wc; le morti, ciascuna delle quali corrispondente a passioni o vizi dei quattro.
Riuniti in una villa, quattro apocalittici amici decidono di porre fine alle loro vite con un'ininterrotta orgia culinaria. Una delle vette del cinema di Ferreri, il ritratto ferale di una borghesia consumistica destinata, prima o poi, a divorare anche sé stessa. Grandi interpretazioni del quartetto di protagonisti, accompagnati dalla leziosa complice Ferréol. La profusione di allegorie e simbolismi trasforma questa commedia scatologica in un banchetto di morte, una danza macabra condotta a suon di flatulenze.
MEMORABILE: L'esplosione del wc; l'ultima torta di Philippe.
Mi si lasci definire così questo certo modo di farla finita: splatter introspettivo! Con le acuminate armi del grottesco più impietoso, malato ed inesorabile, si fa carne di porco (meglio ancora di quanto non facciano i protagonisti in cucina col maiale vero) dell'individuo a-morale, più o meno benestante. Quella casa livida, a suo modo soffocante, con quel giardino attorno che agonizza nel grigiore, alla fine risulta più malsana di Amytiville, senza soprannaturale. Si (sor)ride cinico, meglio se a pancia vuota.
Il surrealismo ed il grottesco di Marco Ferreri si avvicinano molto a quelli del grande Luis Bunuel. Qui l'ingordigia per il cibo ha come unico obiettivo quello di "scappare" da una società troppo imborghesita. Un quartetto di grandi attori: a Tognazzi la palma del migliore.
Le atmosfere (e i risultati) sono le stesse di un film horror: gli ambienti cupi della casa, il giardino secco e gelido, le musiche inquietanti. Così come inquietante è lo scopo ultimo dell'abbuffata dei quattro amici protagonisti. Una commedia originale, che intreccia la goliardia di Amici miei (il quale però è successivo) con la satira della società e il rifiuto dei dogmi della borghesia. Eccezionale il cast: tutti superbi. Alcune scene provocano davvero il disgusto per quanto sono realistiche. Da non perdere.
Un'autentica vergogna di film e non so come ho fatto a resistere per quasi due ore. I peti a me non hanno fatto ridere per niente, anzi, mi han fatto venire il voltastomaco... Se avevano tante paranoie per stare al mondo, perché non l'han fatta breve facendo un volo dall'ottavo piano o prendendo il primo aereo per l'Africa? Fa pensare a Mussolini che guardava male le persone obese, accusandole di mangiare oltre il necessario e di sottrarre nutrimento alla Patria... Sai che poesia la scena del diluvio di escrementi? La stelletta del Gran Mogol!
Apologo nero pece, funereo e orgiastico sull’autodistruzione umana - in questo caso - borghese, simbolo indissolubile di opulenza, consumismo e superficialità, dipinta con occhio irriverente e surreale. Una delirante ballata di cibo e sesso dove eros e thanatos si uniscono esplodendo in pulsioni irrefrenabili, in un gabinetto che rigetta in forma aberrante e liquamosa ciò che gli straordinari interpreti avevano ingerito. Il tutto è stupendamente ammantato dal sopraffino tocco grottesco, alienante e divoratore di Ferreri. Bellissimo.
MEMORABILE: Michel e i suoi "problemi" intestinali.
Danse macabre che turbina greve e macilenta sull'horrror vacui della società dei consumi: la presenza di Tognazzi e Noiret, l'ecatombe dell'anima sottesa alla goliardia, rimandano ad Amici miei, altro apologo funebre sulla modernità. Edotto e raffinatissimo, oltre il flaccido promanare di peti e liquami, coiti e impietosi decessi, fa della bulimia uno specchio tetragono del nec plus ultra, costringendo a puntare diritto lo sguardo nel buco nero dell'esistere. Come sempre in Ferreri, il femminile evolve, tracima di significati: qui Andréa Ferreol è Madre, Morte, Maestra e Meretrice arcana.
I film di Ferreri o si amano o si odiano e anche per questa produzione vale lo stesso discorso. Il regista non regala nulla alla sua critica spietata sul vuoto esistenziale dell'uomo contemporaneo. Film di eccessi e paure allo stesso tempo che termina in un preogressivo, macabro "cupio dissolvi". Grandi interpretazioni di tutto il fantastico cast a disposizione. Poco altro da dire. Ennesimo cult del maestro.
Un film sicuramente particolare per le sue premesse e il suo svolgimento: cucinare e poi mangiare il più possibile. L'atmosfera è perlopiù opprimente e più che una commedia sembra una grande tragedia, con i protagonisti sospinti in un vortice di autodistruzione tra prostitute e cibo. Ottime le interpretazioni.
Lucido e asettico atto di ribellione alla società che, attraverso il consumismo, condanna il genere umano a lui sottoposto alla distruzione. L'impossibilità di soddisfarsi in modo permanente con l'effimero porta i protagonisti al suicidio che, se attuato all'apice della soddisfazione, appare ai protagonisti come unaica possibilità per rendere duraturo, fisso, il presente. Ferreri, al contrario di Bertolucci, scandalizzò davvero la società benpensante e il film "fisiologico" che si augurava di fare lo ha realizzato sul serio. Bravo.
Un film molto duro da digerire. Attraverso uno stile grottesco e disgustoso che accompagna l'intera pellicola, vediamo i quattro protagonisti declinare lentamente, cercando di togliersi la vita attraverso il cibo. Perfette interpretazioni, curiosa l'autodistruzione-metafora della nostra civiltà. Un film esagerato che esaspera il voltastomaco facendone la forza stessa del film.
MEMORABILE: La frase pronunciata da una delle prostitute racchiude l'essenza intera della pellicola: "Disgustosi! Perché mangiate se non avete fame?"
Trovo l'ambientazione del film uno dei suoi maggiori punti di forza: veramente sulfurea, a volte fatata ma sempre accompagnata da un'angoscia di fondo che fa galleggiare lo scorrere del tempo come in un'eterna apnea. Cibo, sesso, consumismo, autolesionismo, finta o vera felicità, il tutto mischiato per celebrare l'autodistruzione. Attori di spessore e magnifiche interpretazioni.
Lo chef, il produttore televisivo, il pilota e il giudice: quattro amici di varia estrazione sociale e caratteri diversi decidono di rinchiudersi in una villa e mangiare fino alla morte... Svaporata l'aura di scandalo col passare dei decenni, il capolavoro di Ferreri mantiene però intatta la sua forza di limpida metafora: quel che divoriamo, ci divora ed il cibo, nella società opulenta veicolo di piacere fine a se stesso, è l'arma utilizzata per un paradossale suicidio causato da un'abbondanza che provoca assuefazione, noia, infine vuoto esistenziale. Banchetto sadiano con un cast memorabile.
MEMORABILE: All'arrivo alla villa, nello scaricare le merci dal furgone, vengono minuziosamente elencate tutte le vivande e le carni; il budino mammelloso
Ferreri giustappone senza soluzione di continuità manicaretti artistici e liquami, discorsi esistenziali e flatulenze, a rappresentare il “cupio dissolvi” di una società consumistica, opulenta eppure interiormente vuota. Si arriva alla fine con un senso di nausea, a dimostrazione che Ferreri colpisce nel segno, anche grazie ai mostri sacri del cast (in particolare, Tognazzi e Piccoli sono grandiosi e compensano un Mastroianni leggermente sottotono) e alla giunonica Ferréol in un ruolo chiave.
MEMORABILE: “Hanno ragione le lesbiche... gli uomini sono così stronzi”; “Se non mangi non puoi morire”; Il monumentale patè di Ugo; Il budino di Philippe.
Sovente accostato al Salò di Pasolini, di cui condivide in effetti il nichilismo e la struttura "chiusa", il capolavoro di Ferreri tuttavia è un film sadiano ma non sadico, allegorico ma trasparente, grottesco ma non improvvisato, eccessivo ma elegante, pessimista ma (a suo modo) pietoso, in cui tutta la pellicola (scenografie, inquadrature, pietanze) è pervasa da un impianto pittorico di grazia quasi preraffellita. La Ferréol è forse la vera protagonista, mentre nell'eccezionale quartetto maschile Piccoli svetta su tutti.
MEMORABILE: Piccoli, con gli abiti dell'amico Mastroianni, suona il piano per l'ultima volta e gli altri: "Sentito come suona bene Marcello? Quasi come Michel!".
Quattro uomini si rinchiudono in una casa per porre fine alle loro vite mangiando. Metafora di una società che ingurgita oltre al necessario col contrappasso; ciò che sembra una festa può portare alla morte. Clima decadente in uno spicchio triste di Parigi dove non vengono risparmiati olezzi e feci. Mastroianni ha sempre un guizzo più degli altri, Tognazzi un paio di scene da grande attore, i due francesi solo l'atteggiamento nichilista. Nota per la Ferréol: materna, amante e becchino.
MEMORABILE: Tognazzi che imita Brando; Mastroianni con la mano sul sedere alla statua; La morte di Tognazzi; L'arrivo del cibo.
Il più esplicito, carnascialesco, bachtiniano e compiuto dei lavori di Ferreri, quasi un'anomalia formale incastonata tra le inebetite ossessioni di Dillinger è morto, le tortuose anse de L'udienza e le astratte deflessioni de Il seme dell'uomo. Per certi versi una versione gastronomica del Salò pasoliniano, sia nella stilizzazione della società che nell'incarnazione di vizi e virtù, nel ruolo deviante dell'elemento femminile e nell'"eccesso" come traino materiale di una borghesia arrivata alla fine della propria esistenza. Memorabile.
Film di Ferreri che più di altri ha diviso critica e pubblico, contiene scene decisamente rivoltanti in cui ci si deve districare fra ogni tipo di liquido organico e situazioni agli antipodi del buon gusto, che ne frenano leggermente l'impatto sociale. Cast con i cinque protagonisti da applausi, con Piccoli che suona il piano e Tognazzi che cucina, entrambi dal vivo. La regia di Ferreri è misurata, quasi austera, come un contraltare agli eccessi mostrati, e il giudizio finale non ammette repliche o buonismi di comodo. Per stomaci forti.
Grottesco, surreale e a tratti disinibito. In tre parole si può riassumere questo film diretto sapientemente da Marco Ferreri che alla sua corte ha chiamato un quartetto di grandi nomi come Tognazzi, Noiret, Piccoli e Mastroianni (quest’ultimo ha forse il personaggio meno riuscito) con l'aggiunta di una stupenda Andrea Ferrèol. Alcune scene come i peti di Piccoli possono apparire triviali ma in questa pellicola sono incastonati bene. Poi certo i tempi sono dilatati e qualche fase di noia non manca. Da amare od odiare.
Grottesca commedia che lascia spazio a diverse opinioni e si avvale di grandi attori, tra cui Mastroianni e Tognazzi, che però sono un po' sviliti da una sceneggiatura a tratti fiacca e una regia discontinua che alterna ottime scenette a momenti monotoni e ripetitivi, causando a volte dello smarrimento. Peccato perché l'idea di partenza era buona e gli attori potevano dar vita a un ottimo film, ma devono recitare scene fin troppo spinte, parzialmente giustificate da una critica alla borghesia.
MEMORABILE: I morti conservati nel frigorifero vista tavolo della cucina; Il cesso che "esplode".
Film che sfocia a piene mani nel surrealismo e proprio per questo risulta difficile da comprendere e da valutare. Pasolini disse al riguardo: "corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione". È questo ciò che sono i quattro uomini più Andrea, pazzi condotti da una follia lucidissima alla morte per eccessi. Per due ore si è sballottati come su una barca in tempesta, poi rimane quella sensazione amara, nauseabonda, che fa capire che il film ha colpito in pieno.
MEMORABILE: I quattro sozzi maiali spellati, lasciati nel bel mezzo del giardino nella scena finale.
Irritante, sgradevole, volutamente lontano da qualsiasi compiacenza nei confronti dello spettatore, questo film diventato ormai un cult del discusso Ferreri rappresenta una beffarda e spietata critica alla società del consumo, che tutto ingloba senza preoccuparsi del domani. La scelta perfetta dei protagonisti, la location decadente e una sceneggiatura politicamente scorretta e grottesca ne fanno un'opera riuscita e unica.
È come se gli incubi di Luis Buñuel si fossero annidati nello sguardo di Mario Bava. “La grande abbuffata” raduna così echi e acumi in perfetto equilibrio tra simbolismo e realismo, con le sue associazioni incongrue e i suoi squarci gotici, incarnazione perfetta di un cinema sensoriale, nostalgico, grottesco. Il cast è di assoluta perfezione e la messinscena una gioia per gli occhi. Capolavoro.
Un misterioso concentrato di genio, una somma di scene indimenticabili e di personaggi incredibili. Si lascia dietro molte domande inevase (era un suicidio organizzato? è venuto così? quali tormenti di vita guidano in quella villa quegli uomini?), come tutti i grandi film esistenzialisti. Uno dei cast migliori della storia del cinema, combinazione irripetibile di personalità compatibili.
MEMORABILE: Mastroianni congelato sulla Bugatti; La cupola di San Pietro.
Pur senza arrivare a quegli eccessi, il film ricorda parecchio il Salò pasoliniano, prodotto due anni dopo. I quattro amici che si ammazzano a suon di cibo sono una chiara critica al consumismo occidentale, critica portata avanti di stomaco più che di testa. Questo porta quindi alla produzione di scene geniali ma non sempre coerenti, specialmente per quanto riguarda il ritmo, che infatti a metà pellicola cala, anche perché le idee sembrano venir meno. Il resto però è memorabile, per non parlare del quartetto protagonista, con Ugo Tognazzi sempre a suo agio tra i fornelli. Da vedere.
Alcune scene veramente sgradevoli sia alla vista che all'udito (la morte di Ugo su tutte), ma è comunque un capolavoro, con una sceneggiatura unica, una regia puntuale, una fotografia azzeccatissima e soprattutto con i quattro attori/monumenti del cinema che rendono il film talvolta anche piacevole (Tognazzi e Mastroianni sublimi). La giunonica Ferréol, nonostante la giovane età, regge la scena e si interfaccia bene con i mostri sacri. Irripetibile!
Divisivo oltre ogni limite, come quasi tutte le opere del controverso Marco Ferreri: o lo spettatore è portato a cogliere l'onirica e perversa atmosfera della vicenda, oppure la respinge dalla sfera razionale al punto di distaccarsene completamente. Non può esistere indifferenza in un'opera interamente fondata sulla rappresentazione metaforica di un eccesso vizioso il cui sesso e cibo sono solo meri esempi.
Ferreri tocca, inscenandoli esplicitamente, tutti i vizi della società borghese e consumistica. Vizi, che presi di per sé, non lo sarebbero nemmeno, ma inseriti in un contesto così estremo e grottesco lo diventano eccome, all'insegna del più profondo antiborghesismo e anticonsumismo. Anche la scelta degli attori è azzeccata, pur se è strano vedere attori come Tognazzi, Mastroianni, recitare in un film così estremo e pesante. Ottime le musiche, adatte a calare chiunque assista alle scene in uno stato di malessere, proprio come quello in cui si trovano i protagonisti.
MEMORABILE: "Essere o non essere"; L'esplosione del gabinetto; Il poema di Tognazzi.
Non si discute la prospettiva autoriale e nemmeno la caratura dei protagonisti. La storia è “eccessiva”, radicale, impressiona e crea disagio; a tratti nauseabonda e rivoltante, presumibilmente come nelle intenzioni del regista. Il problema che dopo un po' diventa noiosa per la ripetitività del tema, ossessivo, che permea l’intera durata della (lunga) pellicola. Senza analisi la visione è sconcertante e repulsiva, mentre l’approfondimento scopre il “mandante ideologico”, ma resta quanto detto prima. Un film va sì “capito”, ma deve essere anche “goduto”, nella sua visione.
MEMORABILE: Lui, veramente felice con la vecchia automobile (forse uno dei pochissimi momenti di sincera felicità).
Quattro amici si ritrovano in una villa elegante ma decadente con il pretesto di un weekend goliardico all'insegna dell'ingordigia. Si rivelerà un viaggio autodistruttivo verso il rimpianto e l'abisso. Film dalle intuizioni mature e profonde, un amaro percorso tra l'opulenza irrefrenabile di una vita gustata a grandi mani e senza inibizioni e un amaro dolore inevitabile e funereo. Attori al massimo dello stato di grazia. Un film onesto, vero e fraterno come solo certe opere Italiane sanno essere. Da non perdere.
A un passo dal capolavoro, il film di Marco Ferreri si barcamena tra barocco, surrealismo e iperrealismo, coi suoi codici esistenziali volti a scarnificare le paranoie borghesi e con la sua amara, grottesca critica sul consumismo bulimico. Fatidica, quasi catartica, la figura femminile, pronta a ricondurre nell’oblio dei sensi quei corpi oramai fagocitati dai doveri e dai grigiori quotidiani. Meraviglioso.
Film simile a una nerissima barzelletta, tanto grottesco e goliardico quanto lugubre e funereo, nonché inesorabilmente decadente. Chiaro l'intento di critica verso consumismo e possesso senza freni (non sempre essere benestanti vuol dire vivere bene) mentre, visto il contesto generale, tutto sommato giova non eccedere in pasoliniane nefandezze o volgarità. Sceneggiatura e soprattutto cast contribuiscono a rendere l'intera operazione difficilmente dimenticabile (sono tutti bravi, ma chef Tognazzi e l' "angelo della morte" Ferréol stanno un gradino sopra). Non per tutti ma notevole.
MEMORABILE: L'aerofagia di Michel; La fine di Ugo, ridicola e contemporaneamente straziante; I cani in aumento nel giardino.
Apologo al vetriolo sull'autodistruzione della società dei consumi vista come una struttura chiusa (la villa). È un superbo meccanismo a orologeria basato su contrasti: provocatorio fino ai limiti (mai volgare) ma anche elegante, annuncia la fine fin dall'inizio ma la concretizza con un crescendo rossiniano nella mezz'ora finale, ha un approccio registico fenomenico ma anche esiti simbolisti, una natura apparentemente impassibile che a tratti si fa veicolo di sentimenti e pietà. Perfetto il quartetto d'attori e la Ferréol: femmineo, polisemantico simbolo di sessualità e morte.
MEMORABILE: "Se tu non mangi tu non puoi morire"; Tognazzi: " (...) le uova (...) sono il simbolo della morte". Alle sue spalle il volto della Ferréol.
NELLO STESSO GENERE PUOI TROVARE ANCHE...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Rebis ebbe a dire: Deepred89 ebbe a dire: Sul perchè la versione in dvd duri meno di quella di Iris non ne ho idea.
Ho fatto un raffronto tra la versione DVD General/Medusa (1;51;52) e la versione TV Iris (1;54;18): si tratta naturalmente di due versioni cut, ma diverse, perché la versione tv presenta tutta la lunga sequenza dopo la morte di Mastroianni con il trasporto del cadavere in casa e la scena di sesso in cucina tra Tognazzi e la Ferreol, del tutto assente nel dvd Medusa. Nella versione tv però sono drasticamente decurtate tutte le altre scene di sesso, anche se quella tra Mastroianni e la Ferreol in camera da letto presenta un dettaglio assente nel dvd (un nudo integrale di Mastroianni da dietro). Nel complesso il dvd pur avendo una duranta inferiore è più esplicito nella componente erotica e ha una qualità video superiore rispetto al master tv: come sempre bisognere fare un taglia e cuci tra le due versioni, ma probabilmente non si arriverebbe comunque all'integralità.
La versione "classica" editata da noi in VHS, che coincide con quella cinematografica d'epoca (quindi non totally uncut come dovrebbe essere invece la versione francese) dura 1;57;52: è una buona media fra le due edizioni succitate (TV e DVD ita) nel senso che presenta sia la lunga sequenza successiva alla morte di Mastroianni con il trasporto del cadavere nella cella frigorifera, la solitudine di Piccoli e la scena di sesso in cucina tra Tognazzi e Ferreol (tagliata nella versione DVD), sia le varie scene di sesso epurate dalla versione TV. Non c'è però il nudo integrale di Mastroianni da tergo nella scena in camera da letto con la Ferreol (pertanto se ne deduce che la versione TV, contenendo il suddetto dettaglio assente nel DVD e nella VHS, derivi da un master diverso poi censurato per adattarlo al palinsesto).
Non riesco a capire se sono presenti le scene indicate da Deepred all'inizio del topic, perché sono descritte in modo molto generico: per dire, il risveglio di Noiret ingozzato dalla badante c'è, ma forse è stato ridotto, mentre le slinguazzate tra Ferreol e Mastroianni mi sembrano palesemente scorciate con un brutto colpo di montaggio...
La VHS presenta colori piuttosto slavati (almeno quella allegata a l'Unità) ma con un buon settaggio qualcosa si riesce a recuperare (ad esempio, col mio televisore, in opzione "Sport" il film ha un netto miglioramento...); ha però il pregio di avere il formato video corretto.
Bravo Rebis, ottima analisi.
Rimane però molto strana come faccenda, dato che non si spiegano almeno due elementi: come mai effettuare nuovi tagli per l'edizione dvd (ipotesi: master già lacunoso in partenza; rullo in qualità non all'altezza - in fondo si tratta di un unico, ampio taglio - e quindi per questo eliminato) e perché, per l'emissione televisiva derubricazioni annesse, non partire dal positivo italiano depositato in censura come - se non erro - previsto per legge e sempre più o meno effettuato dalle tv nazionali, almeno fino all'avvento dei dvd (due ipotesi: come scrive Rebis, semplicemente si parte da un master non coincidente con la copia censura; la scena è passata in censura ma è la vhs ad essere filologicamente inattendibile).
Si potrebbe ipotizzare per assurdo che la vhs possa provenire da una copia pre-censura, ma ciò viene automaticamente confutato dall'ora e 57 di durata.
Già, per altro la cosa strana è che sia la versione TV che la versione VHS iniziano con il logo FIDAS CINEMATOGRAFICA (quindi a rigore dovrebbero coincidere, ma così non è), mentre la versione DVD inizia con un fermo immagine e ha i titoli in francese (quindi dovrebbe essere la versione integrale... e invece non lo è).
Inoltre, riguardando meglio il DVD ita, noto che il risveglio di Noiret è identico a quello della VHS, mentre le slinguazzate tra Mastroianni e Ferreol che nella VHS sono appena accennate, nel DVD sono tagliate via di netto! Sembrebbe che su un master francese abbiano operato grossolanamente i tagli previsti per la versione italiana (???).
Credo che abbiano combinato dei gran pastrocchi in Italia con questo film...
CuriositàAlex75 • 29/11/16 17:46 Call center Davinotti - 710 interventi
I manicaretti - coprotagonisti a pieno diritto del film - sono stati ideati e realizzati da Giuseppe Maffioli, che qui figura come "consulente gastronomico".
CONTIENE SPOILER ATTENZIONE! IL POST ILLUSTRA CON PAROLE E FOTOGRAMMI L'ULTIMA SCENA DEL FILM.
I VERSI DELLA GURNEY NELLA SCENA FINALE All'inizio dell'ultima scena, dopo due ore e due minuti dall'inizio del film, vediamo Philippe (Philippe Noiret) che esce dalla villa e camminando in giardino "entra" in un raggio di sole. Tutto questo mentre sentiamo in sottofondo il cinguettio degli uccelli. Dopo qualche secondo raggiunge la panchina e si siede. Sulla parte alta dello schienale, alla sua destra, si possono leggere due versi della poesia God's Garden (Il giardino di Dio) di Dorothy Frances Gurney.
The kiss of the sun for pardon The song of the birds for mirth
che tradotti in italiano significano Il bacio del sole per il perdono Il canto degli uccelli per l'allegria
Sulla parte che resta coperta da Noiret (cioè a destra dell'immagine), sono scritti i due versi seguenti della poesia, che sono comunque leggibili quasi per intero seguendo la scena.
One is nearer God's heart in a garden Than anywhere else on earth.
Cioè:
Uno è più vicino al cuore di Dio in un giardino Che in qualsiasi altro luogo sulla terra.