Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Ruber: Discreto film sull'epoca dell'ascesa al potere di Mussolini che cerca di raccontare il tutto visto da quattro donne con opinioni diverse. Godibile per tutta la sua durata, in diversi momenti della storia appassiona per il modo di raccontare un dramma senza mai lasciarsi andare alla stretta cronaca di quei tempi. Ottimi i dialoghi e direi abbastanza buona la parte della cantante Cher, che qui dimostra anche di avere buone doti teatrali oltre che vocali; ottime le musiche e la sceneggiatura del bravo Zeffirelli. Scenografie ottime.
Ronax: A un anno di distanza dal finto contestatario Quarta parete, il prolifico sceneggiatore Adriano Bolzoni torna dietro la macchina da presa ma cambia registro e ripiega su un tradizionale film di guerra (sia pure con un'insolita ambientazione nella Cipro del 1956, dilaniata dalla guerriglia anti-britannica e dalle lotte fra greci e turchi). Mezzi e stilemi sono quelli del bellico tricolore di serie, ma con un pizzico di professionalità in più. Fra gli interpreti tante glorie del bis e, ancora giovanissimo e sconosciuto, il povero Alessandro Momo.
B. Legnani: Decoroso, ma invecchiato. È interessante notare come il personaggio, calcatissimo, di Walter Chiari funzioni egregiamente quando gli fa da efficacissima spalla un Enzo Robutti sobrio ma con occhio semichiuso e significativo, mentre nel contesto familiare risulta troppo fracassone. Salce irresistibile, Cortese eccessiva, Méril "normale". Perfetto Chevalier, che pare pulcino nella stoppa, mentre non è al meglio la Fani. Ruoli vistosi per i c.s.c. Stracuzzi e Mancini. Strappa più di una risata, ma dal processo in poi cala assai.
B. Legnani: Discreto. L'eccesso di avvenimenti-limite (su tutti la vigilia delle nozze) comprime il valore del film, scritto a dodici mani (forse pure per questo ci sono effetti dissonanti), che ha invece il punto di forza nella resa attoriale degli interpreti principali. Certo, è dificile trovare verosimile una Silvana Mangano giovane (peraltro doppiata dalla Simoneschi) come suora (pur se prima dei voti), ma la sua intensità riesce a renderla accettabile, almeno parzialmente. Melodrammatico a piene mani (non calca più di tanto sul pedale religioso, però), presenta le due sorelle della Mangano.
MEMORABILE: L'attrazione carnale verso Vittorio, prima fatta solo intuire, poi fatta capire senza remore.
Markus: "Il mammasantissima", ovverosia capo rione per vocazione e trafficante di sigarette per "lavoro". Ancora una volta ci troviamo in bilico tra brutto film e fascino per il grande Merola, che dal canto suo riesce sempre con il suo carisma e il suo volto riempi-schermo a salvare i suoi film. Sceneggiata napoletana che, come di consueto, affonda le radici nel senso di rivalsa dell'uomo comune di fronte alle prepotenze. Qualche scena di troppo come riempitivo per arrivare al minutaggio ottimale.
Galbo: Questo tentativo di realizzare una commedia western italiana coinvolgendo un cast internazionale (indiani compresi), benché realizzato con larghezza di mezzi economici, si può dire completamente naufragato. La sceneggiatura è assolutamente inconsistente: per quasi tutto il film non succede quasi nulla al di là di qualche gag insipida e scontata. Pieraccioni inoltre, pur mettendocela tutta, non emerge dalla mediocrità e i due illustri stranieri del cast, benché siano presenze carismatiche, sono assolutamente sprecati. Da dimenticare.
Daniela: Breve incontro in Normandia: lei è una biologa marina che sta per imbarcarsi verso l'Artico, lui si fa passare per ingegnere idraulico ma è una spia diretta in Somalia. Entrambi si troveranno in pericolo, ma non cesseranno di amarsi... Quasi tre film in uno, non ben amalgamati: se la storia d'amore è banale e la vicenda artica annoia, la parte con McAvoy prigioniero dei jihadisti è più interessante, anche se non esente da stereotipi. Fatta salva la bellezza dei luoghi esaltati dalla fotografia, difficile appassionarsi per questi viaggi wendersiani fino alla fine del mondo, ora come nel passato.
MEMORABILE: La finta esecuzione, immerso nel mare fino alla cintola.
Domino86: Un film che ha poco da raccontare di nuovo: rivisto oggi dopo parecchi anni l'ho trovato veramente pessimo. Tuttavia va detto che quasi tutte le ragazze (più o meno di primo pelo) hanno sognato il giovanissimo Raoul Bova uscire dall'acqua sulla musica di Enya.
MEMORABILE: La nonna dell'erede al trono di Sassonia.
Nando: Western convenzionale che presenta tutte le caratteristiche del genere: il buono e il cattivo, i feroci indiani e i disertori. La narrazione è lineare, con sparatorie varie e dialoghi nella norma. Appropriati i due interpreti, vere icone di un cinema oramai passato. Kennedy più incisivo ma Ford rimane una certezza.
Ciavazzaro: Ho preferito gli altri film di Greggio. Il ritmo è abbastanza fiacco, le interpretazioni modeste e si ride davvero poco. Però sentire la versione in inglese con Greggio che parla americano è una goduria!!! Nel cast c'e il solito Rudy De Luca. Il più brutto film del conduttore di Striscia.
Cotola: Contaminando i moduli del western con quelli del neorealismo e il cinema di impegno e denuncia con quello spettacolare, Germi confeziona un buon film caratterizzato da una egregia confezione e ritmi elevati per quasi tutta la sua durata. Bravi Girotti (il pretore), Urzì (il maresciallo), Mastrocinque (il barone). E' vero però che c'è qualche schematismo di troppo nella descrizione della Sicilia e dei suoi abitanti (ma siamo nel '49) ed un po' di ambiguità nel descrivere le figure dei mafiosi, specie nell'ultima scena. Ma secondo me c'è anche il coraggio di girare un film così all'epoca.
Rocchiola: Un buon thriller che è diventato un oggetto di culto riscoperto in occasione del remake di Scorsese. A spiccare è soprattutto l’interpretazione per l’epoca piuttosto spregiudicata di Mitchum, che valse al film un divieto ai minori. Comunque le situazioni più violente si esplicano quasi sempre fuori campo e la divisione tra buoni e cattivi è talmente netta che si finisce col simpatizzare per il criminale. A spiccare, oltre a Mitchum, sono il tema musicale di Bernard Hermann divenuto ormai un classico e uno splendido bianco-nero quasi espressonista.
MEMORABILE: Il pestaggio della prostituta; Il confronto finale nelle paludi tra luci e ombre.
Maxx g: Non l'ho trovato proprio disgustoso. Diciamo che dal trailer sembrava un film da non perdere, pieno di trovate, con molti personaggi simpatici, da Giovanni Storti a Elio, alla stessa Angela Finocchiaro. Invece alla resa dei conti ci si diverte solo per la protagonista e per i duetti proprio con Storti. In definitiva è un film che merita di essere visto, anche se lascia l'amaro in bocca perché suona un po' discontinuo. Elio delude (ma non è un attore d'altro canto), Raul Cremona è credibile ma non troppo. Così così.
Zardoz35: Emozionante creare identità fasulle sui social, fingersi chi non siamo e abbandonarsi a sessioni di chat bollenti. Però prima o poi bisogna fare i conti con la realtà, leggasi passaggio da virtuale a reale, e qui casca l'asino. Un tema piuttosto intrigante in questa pellicola decisamente divertente per la prima metà, ma che poi strada facendo si perde in elucubrazioni psichiatriche, universi paralleli e via dicendo. Bravissima e anche bella la Binoche, troppo ingessata la Garcia. Maschietti non all'altezza: non basta recitare la parte del toy boy. Ritmo soporifero, almeno a tratti.
Silvestro: Un Verdone piuttosto misurato che rinuncia alle solite caricature e ai tipici personaggi, puntando meno del solito sull'effetto comico e più sulla storia. Ne esce fuori un film gradevole, nel quale il mestiere di Verdone sia come regista che come attore c'è e si vede, ma che manca della brillantezza dei film più riusciti del comico romano. Simpatico, ma niente di più.
Saintgifts: Nonostante le sparatorie e tanti morti ammazzati, lo definirei un western per famiglie. Per famiglie perché "morbido": non c'è nessuna tensione, si sa in anticipo quello che succederà con la certezza che tutto andrà per il meglio. Ci sono pellerossa buoni, troppo buoni e pellerossa cattivi ma che non fanno paura. Hondo è sicuro di se, nulla gli può succedere; se non fosse per qualche bicchiere di whisky sarebbe il più morigerato degli uomini. Una visione rilassante con vicende e personaggi reali, ma lontani dalla realtà.
B. Legnani: Avventuroso destinato alle sale parrocchiali. Non si contano le voragini di sceneggiatura (come è entrato Sandokan nel tempio?), le cose non spiegate (perché la colonna deve necessariamente dividersi?), le assurdità (ridicola la conquista della nave da parte di Yanez). Le scene esotiche estrapolate da altri film hanno uno sbalzo cromatico che lascia interdetti. Si aggiunge una recitazione spesso sotto il limite di guardia, con un protagonista che non ha un'espressione che è una. Pessimo (ma incredibilmente salvato dal Morandini, che gli dà **).
Puppigallo: Pellicola che dimostra tutti gli anni che ormai ha, risultando fuori tempo massimo durante la visione. Ciò non toglie che ci siano anche momenti simpatici, soprattutto quando il piccolo interagisce col maggiore. Il resto, tra scambi con la bella e brava di turno e la cocciutaggine militaresca del protagonista che si scontra con i ragazzini, non va al di là dell'appena vedibile. Innocuo, con moraluccia, può al massimo essere consigliato ai giovanissimi.
Jdelarge: Mediocre thriller che non riesce assolutamente a coinvolgere e creare suspense; la prima parte del film è troppo prevedibile e si perde in lungaggini inutili, mentre la seconda riscatta (ma solo parzialmente) la pellicola. La sceneggiatura ogni tanto è decisamente improbabile e l'inserimento di cospicue dosi di sentimentalismo (specialmente nel finale) peggiora solamente le cose. Strano vedere Washington recitare in un così piccolo film. Scarso.
TomasMilia: Vanzina ritorna alla commedia sofisticata dieci anni dopo South Kensington. E purtroppo il risultato è scarso. La storia è carina: Bova viene trasferito a Milano, conosce quattro ragazze e ognuna investe sentimentalmente su di lui per rimuovere i problemi con il proprio partner. Fin qui, niente di male. Però la recitazione è mediocre: Bova è bravo, come la Bobulova e la Reilly, ma la Stella non si può sentire e Dionisi è monocorde e monoespressivo. Inoltre, certe battute generano involontariamente la risata. In alcune scene fastidioso il doppiaggio.
Caesars: Questa volta Morini tenta strade nuove; abbandonato lo stile parodistico delle pellicole precedenti, si cimenta questa volta con un giallo fantascientifico. La sceneggiatura presenta parecchie situazioni che richiedono una forte sospensione dell'incredulità tentando di regalare anche qualche sorpresa nel finale. Il risultato non può dirsi completamente riuscito, ma è sicuramente un passo avanti verso un cinema più maturo. Però questo può anche essere un difetto dell'opera: mancano l'ingenuità e la freschezza che caratterizzavano i suoi lavori. **!
Piero68: Che la regia non fosse mestiere di Ruffini lo si era già capito. Errare è umano, perseverare è diabolico. Soprattutto se si decide di far fare il co-protagonista a un Matano qualsiasi che attore proprio non è. Sarà anche personaggio del momento, ma una cosa è girare per strada con una video camera sparando finte scoregge, un'altra è recitare. Senza contare l'assenza di una sceneggiatura congrua e una serie di battutacce completamente avulse dal contesto e slegate tra loro. Stranamente Ruffini rendeva meglio con le vanzinate. Irritante.
Fabiorossi: Il primo e probabilmente anche il migliore di una fortunata serie di film, grande ispiratrice di quel filone cinematografico chiamato commedia rosa all'italiana. Comencini ce la mette tutta e riesce, con l'aiuto di un magnifico Vittorio De Sica, a dare uno spaccato sociale di una realtà più vera del vero. Da sottolineare la grande interpretazione di Pietro Roberto Strub (in arte Roberto Risso) nella veste del carabiniere Stelluti, un esempio di cine-realtà dimostrata da un attore quasi alle prime armi. Irrinunciabile una Tina Pica magistrale.
MEMORABILE: De Sica a un paesano con del pane in mano: "Cosa mangi?" e lui: "Pane", De Sica di nuovo: "Che ci metti dentro?"... "Fantasia marescia".
Herrkinski: Decisamente valido questo adattamento del racconto di Dick (che non ho mai letto purtroppo). Verhoeven, reduce da quel piccolo capolavoro che è Robocop, realizza un film che conferma il suo stile futuristico e visionario, traboccante di violenza; infatti, come in Robocop, anche qui non mancano molte scene veramente truci e splatter, coadiuvate da ottimi effetti speciali. Eccellenti anche gli effetti visivi e le scenografie, complicata ma bella la sceneggiatura del bravo O' Bannon. Arnold se la cava, Ironside è un cattivo da manuale. Molto buono.
MEMORABILE: La faccia che si gonfia mostruosamente in assenza di ossigeno; la fine di Ironside.
Caveman: Praticamente un cinepanettone della nuova era: Un matrimonio a Gaeta in questo caso, ma senza la verve di un De Sica e con i due giovani sposini terribili! Per fortuna i protagonisti sono altri, ma non basta il solo Abatantuono a tenere su la baracca. Anzi, si naufraga a vista, con un Salemme spento (i momenti si per lui avvengono solo negli scambi di battute con la ex moglie) e il resto della truppa svogliata. Finale buonista da denti cariati che non fa che scavare la fossa di un film che aveva già abbondantemente toccato il fondo!
Dusso: Pensavo fosse un po' meno serioso; invece, nonostante sia presente una sottile vena umoristica, è proprio la vicenda in sé ad essere interpretata in modo più impegnato di quanto pensassi. Il film è ben fotografato e con effetti all'altezza; a lungo andare però soffre di un po' di staticità nella fase sott'acqua e di una sceneggiatura che a parte l'idea del recupero dei lingotti non offre altri spunti; comunque la noia la si trova altrove: il film regge discretamente.
Didda23: L'ennesima variazione della geniale intuizione di Ramis genera un film che riconferma la potenza di tale semplice idea. Una rom-com di indubbio valore, con dialoghi mai inutili e con qualche trovata oltremodo divertente (il personaggio di Simmons è uno spasso). Nonostante qualche déjà vù (i tentativi di suicidio), sa distaccarsi con orgoglioso affrancamento dall'opera di riferimento, scegliendo un registro che spinge più sul lato dolce e romantico della vicenda. Parte del merito va dato alla coppia protagonista, con leggera preferenza per la Milioti (gli occhi sono indimenticabili).
MEMORABILE: Il tiro con L'arco; Il balletto nel locale; La scena post titoli di coda.
Daniela: Lui ama tanto la sua donna che dopo essere stato ucciso continua a farle accanto come fantasma, anche con l'intenzione di scoprire chi è il suo assassino... Sarebbe stato un film sentimentale da coma glicemico nonostante qualche risvolto thriller se non fosse per il personaggio della medium cialtrona interpretato da Goldberg che imprime una svolta comica alla pellicola salvandone almeno in parte le sorti agli occhi di chi non resta conquistato dal fascino glamour ma plasticoso della coppia Moore-Swayze. Successo eclatante di pubblico, baciato da due Oscar di cui solo uno meritato.
Mco: Un vedovo accetta un compromesso per usufruire di una vacanza in Africa con i suoi figli. Deve fingere di formare una coppia con una bella donna dal cuore spezzato. La coppia Sandler-Barrymore è rodata e i meccanismi empatici funzionano alla perfezione. Il tema delicato di un'adolescenza (o di un'infanzia) senza entrambi i genitori al proprio fianco è trattato in modo gradevole, così come risulta delizioso l'approccio tra due soggetti ai margini della vita sentimentale da troppo tempo. Qualche occhio lucido nel finale...
Nando: Commediola italica che vede un sempliciotto diventare prima carica dello stato. Nella prima parte qualche situazione e la verve di uno scatenato Bisio conducono la pellicola a livelli accettabili con sporadici sorrisi. Nella seconda parte tutto implode scadendo tristemente tra incontri in camera da letto con una monolitica Smutniak, sviluppi narrativi con brodo allungato e ridicolaggini (vedi la famiglia della stessa protagonista femminile). Si poteva far meglio, simpatico Popolizio.
Almicione: L'originalità è completamente assente, così come ogni possibile aspetto positivo. Lei viene da Il diavolo veste prada e si impegola in una storia alla Io vi dichiaro marito e... marito, con la nonna (ma era inevitabile la danza?) che appartiene ai Focker. Battute programmate, sviluppo della trama prevedibile e purtroppo non ci scappa neanche qualche buona risata. Reynolds è da scartare, mentre la Bullock ci si impegna ma fallisce comunque. Si salvano giusto un paio di inquadrature naturalistiche, ma il resto è da dimenticare. Già dimenticato.
MEMORABILE: Negativamente memorabile: il personaggio di Ramone (anche per lui: lo striptease era inevitabile?).
Capannelle: Il film è sicuramene godibile e non delude chi si aspetta situazioni paradossali e le classiche mimiche e facce stralunate di Steve Martin. Il tutto è girato con un certo stile, con la Keaton e il divertente Short efficaci nei rispettivi ruoli. La prima parte è più vivace e scoppiettante, nella seconda ci si incanala verso dialoghi più "posati".
Daniela: Lei scala le vette del successo grazie al suo talento, mentre lui, suo pigmalione un tempo famoso, quelle scale le sta discendendo sentendosi inadeguato. L'amore che li unisce riuscirà a rimanere saldo nonostante tutto? In film come questo, dove la trama è troppo nota per riservare sorprese, contano altri elementi. Gli interpreti sarebbero all'altezza dei ruoli ma vengono penalizzati da una sceneggiatura traboccante di dialoghi banali e di sequenze da pubblicità bacioperuginesca che la regia impagina senza evitare il kitsch. Pregevole ma a patto di concentrarsi sulle sole parti musicali.
Saintgifts: I buchi di sceneggiatura sono una fortuna per questa non troppo divertente commedia: troncano situazioni altrimenti difficili da portare avanti riducendo quasi tutto a una serie di sketch legati solo dall'esile filo conduttore, quello che mostra come far innamorare una ragazza usando "scientificamente" un decalogo inventato dal genitore del povero ragazzo innamorato. Genitore a parte è un film di giovani e bambini (questi ultimi sono i migliori), giovani che sono una copia non ben riuscita dei veri giovani della realtà. C'è pure quello che coltiva canapa.
Gottardi: Alla fine della Prima guerra mondiale ex soldato asburgico trova lavoro come fotografo dei morti in uno sperduti villaggio ungherese. Horror calligrafico che ricerca nella lenta atmosfera più che negli avvenimenti la chiave della suspense, salvo poi a tratti far esplodere la tensione. Nel complesso operazione poco riuscita che cerca di innovare la solita minestra di zombi, ma al di là delle trovate scenografiche e registiche si auto-annacqua in una ridda di situazioni cervellotiche su cui alla fine incombe la peggior sciagura per un film horror: la noia.
Didda23: Un'opera sempre in perenne bilico fra il genio più assoluto e la sciocchezzuola più becera, che stuzzica per l'idea di fondo ma che non convince troppo sul versante narrativo (in questo senso più visioni potrebbero aggravare più che migliorare). Gilliam rinchiude la propria visionarietà solo nel mondo futuro e sottoterra, mentre nel resto opta per un registro registico più convenzionale. Willis è attore vero in un ruolo più sfaccettato del solito mentre Pitt è rinchiuso in un personaggio che viene a noia dopo due minuti. Ci si accontenta.
MEMORABILE: Il sogno ricorrente; L'evoluzione del rapporto con la dottoressa; La natura del proiettile nella gamba.
Giùan: Sincero come abitudine in Audiard, vi si ravvisa però, rispetto alle opere migliori (Il profeta su tutte), un esito semplicistico determinato da eccesso di ambizione nell'approccio narrativo. Così la storia degli immigrati srilankesi che ritrovano la guerra interiore (e non solo) nelle banlieu francesi appassiona sul piano del coinvolgimento cinematografica ma non convince, mancando il raccordo tra intento autoriale e resa quasi di genere (si pensi al finale con la strage della ex "tigre" tamil). Plauso agli interpreti, i cui nomi mangerebbero metà commento.
Markus: Trentenne ama ancora, segretamente, il suo "ex". L'occasione per un rincontro avviene, ma per farlo ingelosire la ragazza architetta un perfido accorgimento. Siamo alle solite: scaramucce femminili per bramare, costi quel che costi, un "lui" accanto. Il film di Clare Kilner inserisce una sorta di "pochade" degli equivoci di poca sostanza, tanto per addizionare di brio una vicenda altrimenti risaputa e alquanto prevedibile. I passaggi-chiave sono poi riassunti in pochi istanti, confermando quindi la scarsa consistenza della pellicola.
Undying: Ritorna il gruppo costituito da Samperi (regista), Jemma (sceneggiatore), Antonelli (divina creatura) e Momo (l'adolescente inquieto) già rodato e rinvigorito dal clamoroso successo di Malizia. A tempo di record si ripropone il tema morboso, acceso dalla torbida relazione tra Laura ed il piccolo cognatino, Sandro. Come si usa dire, però, non tutte le ciambelle riscono con il buco e la volgarità dei dialoghi (molto spinti per l'epoca) raggiunge un effetto contrario a quello cui la pellicola propone di arrivare. L'erotismo è, inoltre, molto contenuto rispetto all'indimenticabile precursore...
MAOraNza: Di una cosa sono sicuro: che questo fosse l'unico modo per poter permettere a chiunque non avesse mai letto il fumetto originale, di percepire la grandezza dell'opera di Moore e Gibbons. Zack Snyder si conferma regista di grandissimo talento e di una rara intelligenza. La resa in immagini delle tavole colorate è maniacale, quasi al livello della rappresentazione di Rodriguez del milleriano Sin City. A parte qualche variazione sul tema, la versione del grande schermo incanta sotto tutti i punti di vista: un grande esempio di cinema.
Soga: Devo ammettere di essermi approcciato al film con un pregiudizio molto negativo, dovuto alla pubblicità. E invece mi ha colpito perché, pur essendo assai dolciastro, la tematica ha una certa profondità. I toni della commedia e quelli del dramma si alternano a delineare una storia toccante nella sua prevedibilità; meglio di molti altri.
Corinne: A rendere intrigante una trama banale, l'ambiguità che pervade il film dall'inizio all'ultima scena e il rapporto tra paziente e psichiatra, quest'ultima forse innocente, forse colpevole, forse abile manipolatrice... Non un capolavoro ma merita una visione, se si ama il genere.
Markus: Se l'esordio alla regia di Siani - a dispetto di molte aspettative - non era stato dei più felici, con questa seconda opera è andata vanificata anche la speranza che in quell'occasione si trattasse solo di inesperienza. Nonostante il ridanciano e opinabile calore partenopeo (a me, per dire, fa più ridere l'accento milanese), la vicenda è poca cosa: allo spettatore è scaraventata addosso la solita storiella consunta del bene contro il male e una carrellata di sentimentalismo spicciolo a buon mercato. Valida la colonna sonora.
Marcolino1: Il titolo punzecchia Dante e coinvolge gli astri ai quali s'incolla un vezzeggiativo, frutto di scarsa elaborazione mentale, del primo amore: e l'insieme vacilla. La scuola diventa sede psicanalitica dove gli alunni parlano incantati dal flauto del politicamente corretto suonato da una strizzacervelli: e il crollo è assicurato. Niente eros perché la morale impone che non può sussistere a prescindere dall'amore. Le navi dei cinefili si spingano verso i rigogliosi lidi del passato, dove vagonate di film sull'adolescenza delizieranno le avide pupille.
Pesten: Ultimo giorno di scuola che stavolta non sarà un incubo per gli studenti bensì per i professori, vessati da scherzi assurdi. Nel marasma, due di loro arriveranno alle mani. Film molto divertente, ironico, scorrevole e piacevole grazie alla coppia Day\Cube, che con i caratteri opposti interpretati strappano più di un sorriso. L'ottimo risultato della pellicola lo si evince anche da un uso mai eccessivo o fastidioso della volgarità e da una conclusione prevedibile che non rovina il giudizio finale.
Herrkinski: Abatantuono vecchia maniera con questo film riesce a creare, insieme ai fidi Castellano & Pipolo, un nuovo sottofilone del cinema bis: lo storico/demenziale. Che ce ne fosse bisogno o meno, è un altro discorso. Certo, lo slang del terrunciello-misto-barbaro è di rara genialità e alcune battute sono entrate di diritto nell'immaginario collettivo, ma al di là di alcuni momenti divertenti il film è abbastanza imbarazzante, specialmente per la messa in scena, di una povertà deprimente. I comprimari fanno pena e la sceneggiatura arranca troppo.
Kinodrop: Pur basandosi su una storia vera, la regia di Waller non ci fa percepire quasi nulla del reale dramma sia dei bambini prigionieri della grotta, sia dei familiari, per puntare tutto sulla spettacolarità costruita a tavolino sull'organizzazione dei soccorsi e su intoppi e problemi che distraggono più che renderci partecipi. Quasi un documentario con personaggi/supereroi (l'irlandese stratega volontario, il decisionismo dei militari) che smentiscono un po' la coralità della narrazione per un finale dalla patina moraleggiante e sentimentalistica. Una tragedia ridotta a entertainment.
Galbo: Lo sdoppiamento dell'ultimo volume della serie degli Hunger games in due film, utilissimo dal punto di vista commerciale, "allunga il brodo" oltremisura, producendo un film che ha palesemente poco da dire e che rappresenta l'episodio più debole della serie. Poca azione, che a ben vedere rappresentava la cosa migliore degli episodi precedenti, e molti momenti di pausa che costringono gli interpreti (davvero sprecati) a tirare fuori il meglio della professionalità posseduta per non indurre lo sbadiglio, obiettivo peraltro mancato. Pessimo.
Pigro: Due storie parallele: la poetessa ebrea che fugge dal nazismo e la fondatrice dei primi kibbutz ante litteram nella Palestina degli anni 30. Prese una per una sarebbero state interessanti, ma insieme mostrano un’esasperata volontà dimostrativa sulle aspirazioni progressiste del sionismo. Ma il problema vero è la noia mortale del racconto, complice una sceneggiatura didascalica e una regia sonnolenta che si risveglia solo nel (bel) piano sequenza finale che lega il passato e il presente in un ultimo affondo propagandistico anti-arabo.
Almicione: Di questi film se ne vedono a decine e alla fine non sono mai così terribili. Questo, in particolare, è segnato da una generale mediocrità nella realizzazione, soprattutto per l'aspetto registico. La trama ci può stare, ma non brilla certo per originalità e quindi ogni colpo di scena è annullato o quantomeno smorzato. Insopportabile l'inizio del film, scontato il finale. Forse meritanoun minimo di considerazione la figura di Chae e qualche suo dialogo, ma per il resto la pellicola può finire direttamente nell'oblio.
Ryo: Scarsa parodia che mescola Una notte da leoni e Hunger games. Si sorride (forzatamente) solo all'inizio, alla presentazione delle squadre in cui vengono parodiate decine di blockbuster divisi in distretti. Decisamente (manco a dirlo) debole come sceneggiatura, l'unico intrattenimento è dato dalle ragazze pettorute del distretto della nudità gratuita. Recitazione ai minimi termini, comicità squallida e ripetitiva. Da evitare.
Ruber: Discreto film sull'epoca dell'ascesa al potere di Mussolini che cerca di raccontare il tutto visto da quattro donne con opinioni diverse. Godibile per tutta la sua durata, in diversi momenti della storia appassiona per il modo di raccontare un dramma senza mai lasciarsi andare alla stretta cronaca di quei tempi. Ottimi i dialoghi e direi abbastanza buona la parte della cantante Cher, che qui dimostra anche di avere buone doti teatrali oltre che vocali; ottime le musiche e la sceneggiatura del bravo Zeffirelli. Scenografie ottime.
Disorder: Quasi non sembra vero di vedere un buon film di genere poliziesco datato 1992, girato da un professionista ancora in palla e con un budget decente: probabilmente un miracolo dovuto al "botto" di Besson e della sua Nikita giusto un paio d'anni prima, che fece riaccendere un po' di interesse per queste produzioni. La pellicola scorre bene; forse si poteva fare qualche sforzo in più per la trama (abbastanza prevedibile), ma tutto sommato si arriva alla fine senza problemi, nonostante la cospicua durata. Brava anche la protagonista. Discreto.
Markus: Le bugie tra amici, da piccole, diventano nove anni dopo... grandi. Guillaume Canet riprende la coralità del gruppo (gli amori, le ansie, l'età che passa) e di fatto replica, nello stesso vacanziero teatro di Cap Ferret, la magia di un film ancora ben riuscito e a tratti anche migliore del primo. Nonostante la lunga durata e l'impasto delle dinamiche amicali/sentimentali, il film riesce a schivare il rischio di essere logorroico (in analoghe pellicole un pericolo sempre dietro l'angolo) e talvolta anche a strappare un gradito sorriso.
Ciavazzaro: Classico, neanche paragonabile allo scialbo remake degli Anni Novanta, con una strepitosa interpretazione di Robert Mitchum. Bravo Gregory Peck, perfetta madre di famiglia Polly Bergen. Girato in uno stupendo bianco e nero. Da vedere il finale sul promontorio.
Vitgar: Western italiano non troppo riuscito e spesso inverosimile (non ho mai visto cowboy con una mira così scadente). Allucinante il tentativo di prendere a cannonate Acquasanta e Donovan. Gli attori fanno la loro parte senza demeritare, Silvia Monelli sembra davvero una chica messicana. Bisogna amare molto il genere...
MEMORABILE: L'albero che dopo la cannonata è ancora perfettamente integro, solo un po' bruciacchiato...
Ronax: Non siamo nella Framcia del Re Sole ma nell'Africa postcoloniale degli anni '60, dove la figlia di un magnate della finanza parigina si reca per recuperare il fratello, un ex collaborazionista dei nazisti lì rifugiatosi. Banale nel mix di avventura e di dramma psicologico, il film trova qualche bel momento nella descrizione del torbido ambiente del villaggio sahariano, rifugio di relitti, criminali e avventurieri di ogni sorta. Bravo Daniel Gelin, come sempre sopra le righe Valentina Cortese, da cardiopalma la splendida Michèle Mercier.
Galbo: Tra le opere migliori del cinema italiano degli anni '70, L'albero degli zoccoli è un imponente affresco dell'Italia contadina del nord italia, ben conosciuta dal regista. Il film è impregnato di religiosità derivante dalla vicina osservazione dei riti della civiltà delle campagna, fatte di lavoro, sacrifici ed onestà di fondo non intaccata (o quasi e forse è questo uno dei limiti del film) da sentimenti e caratterizzazioni negative. Olmi dimostra come si possa fare un grande film adoperando l'umiltà del quotidiano.
Il Dandi: Dieci anni dopo la fine della guerra Paolo torna in Italia, dove ha modo di riincontrare tutte le donne della sua vita tranne Anna, per scoprire che morì di parto dando alla luce la loro unica figlia. Melodramma strappalacrime minore ma rappresentativo, modellato sull'esempio de I figli di nessuno da cui si saccheggiano situazioni (l'amore contrastato per differenze sociali) e personaggi stereotipati (la contessa cattiva, la sorella bigotta). Boccia non è Matarazzo e Fiorelli non è Nazzari, ma la struttura "indagatoria" a flashback ha un suo perché.
MEMORABILE: L'impresario di pompe funebri che si lamenta della crisi del settore.