Esagitata, eccessiva, grandguignolesca, survoltata e vertiginosa biografia estremizzante del monaco pazzo che trascinò nella rovina, oltre a se stesso, anche Nicola II° e i Romanov; talmente sgangherata e con la volontà di stupire che sembra girata da un aiuto di Zulawskij. E difatti non c'è da stupirsi che le autorità sovietiche lo abbiano bloccato dal 1975 al 1981. Ciononostante, per pregi e difetti è un opus magna dello stile fiammeggiante, visionario e vorticoso di Klimov, autore di non moltissimi film e proprio a sé, nella cinematografia sovietica. Massiccio ricorso al sesso.
MEMORABILE: Il montaggio di scene ricostruite così come gli storici dissertano, con i cinegiornali originali d'epoca; L'avvelenamento e l'indistruttibilità.
Klimov si cimenta con la figura del celebre monaco Rasputin di cui ci racconta la vita al servizio dello zar e della zarina che erano succubi di lui. Ma non siamo dinanzi a un usuale ritratto biografico: colpisce infatti per lo stile spesso esagitato, frenetico, eccessivo che per alcuni potrebbero essere difetti ma che sono invece le qualità che ravvivano il film rendendolo diverso dal solito e perciò meritevole di essere visto. Meno riuscita di altre opere del regista, ma non manca, sebbene solo a tratti, di potenza visiva e acume psicologico.
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La ragione probabile per cui l’uscita del film è stata ritardata è che presentava, per la prima volta in quasi sessant’anni di cinema sovietico, una visione comprensiva di Rasputin.
A differenza delle versioni diffuse in altri paesi, quella russa elimina tutti i riferimenti ai desideri sessuali e alle perversioni di Rasputin, facendo perdere al film il suo carattere "caligulesco".