L’influenza di Alfred Hitchcock su questo terzo, e ancora acerbo, lungometraggio del futuro genio Stanley Kubrick è visibile fin dalle prime sequenze: un certo modo di usare la fotografia, di inquadrare i volti degli attori, la presenza della bionda “fatale”, alcune location e soprattutto il finale, inatteso e apparentemente inconcluso, sono segnali di un linguaggio cinematografico derivativo, testimonianze di un'approfondita conoscenza di chi, con la tensione e il thrilling, ci ha giocato fin dall'inizio. Ciò che più colpisce, in THE KILLING, è l’insolita struttura temporale, in cui i flashback si mescolano con le azioni in “tempo reale” interrompendo continuamente la logica prosecuzione...Leggi tutto della vicenda. L’idea era ottima, ma l'inevitabile confusione creata penalizza lo spettatore, sintomo di una padronanza non ancora totale di ogni componente cinematografica da parte di Kubrick. L'interpretazione degli attori non è memorabile e, escluso Elisha Cook (il cassiere con la moglie avida), si fatica spesso a riconoscerne i volti. Personaggi stereotipati, poco convincenti e una sceneggiatura (co-scritta da Kubrick stesso e tratta da un romanzo di Lionel White) che tralascia molti particolari alla ricerca di un difficile spettacolarismo. Non ci sono ancora sequenze da ricordare e tecnicamente Kubrick non apporta qui innovazioni particolari. THE KILLING non è ancora al livello dei grandi capolavori del regista, troppo immaturo per svettare decisamente tra le buone produzioni “giallistiche” del periodo nonostante un certo perfezionismo formale che già comincia a intravedersi e la gustosa caratterizzazione di qualche personaggio secondario (il lottatore russo ingaggiato per fomentare una rissa).
Francamente, mi pare tutt'altro che indimenticabile. Pellicola che ci regala inquadrature interessanti e molti indizi (però è decisamente facile ragionare a posteriori...) che fanno intravvedere il futuro grandissimo regista. Recitazioni non particolarmente incisive. Se dire che un film di Kubrick è "discreto" non costituisce bestemmia, diciamo che è un film discreto...
Non è un capolavoro assoluto, ma è pur sempre Stanley Kubrick. E tanto basta. Già qui si vede quasi appieno ciò che sarà il suo cinema: storie mai banali, cura dei particolari, inquadrature impeccabili, attori fatti rendere al meglio. Il film in sè per sè è interessantissimo e ha idee da vendere, ma pecca un po' nello svolgere completamente la vicenda: sembra abbia (troppa) fretta di chiudere i conti e il tratteggio dei personaggi risulta essere un po' troppo grossolano. Ma va bene anche così.
Notevolissimo. Prima prova matura del Sommo, destinata a esercitare una duratura influenza (qui si comincia, già con eccellenti risultati, la manipolazione della cronologia, che altri porteranno a livelli sublimi), e al contempo con un piede bello saldo nella gloriosa tradizione americana (efficace e esecca la rappresentazione dell'hold up). Ottimo Hayden, fra i comprimari spicca, nel solito ruolo d'omarino, Elisha Cook, peraltro una tantum non con l'eterna voce italiana di Gianfranco Bellini, che doppia un altro personaggio.
Film interessante ma la fama di cui gode è eccessiva. Kubrick ricama una originale struttura narrativa (ottima tra l'altro la voce narrante) ma il pathos non regge per tutta la durata e lo sviluppo della rapina pare poco coerente. Tra i personaggi da ricordare un discreto Hayden (capo della banda) e la coppia cassiere-moglie avida (già dalla prima inquadratura si capisce la dissonanza tra loro).
Splendido, teso e angosciante. Eccellente la costruzione della sceneggiatura, con una scansione temporale incredibilmente articolata. Personaggi memorabili. Regia superlativa di Kubrick, dinamica, funzionale, sempre controllata. Uno dei noir più belli della storia del cinema.
Capolavoro. Insieme a Giungla d'asfalto, la più bella rapina mai apparsa sugli schermi. Quel che nel confronto col film di Huston perde sul piano del disegno dei caratteri e del cast (funzionale, ma, a parte il granitico Sterling, solo Elisha Cook jr. si ritaglia uno spazio permanente nella memoria), lo pareggia con la potenza della costruzione narrativa, frantumata in piani temporali intersecanti con un montaggio magistrale che consente di seguire la vicenda da diverse prospettive. Il finale, non drammatico come in Huston ma beffardamente deciso dal caso, è di quelli che non si dimenticano.
L'inizio non è promettente, anzi, è quasi noioso. Ma poi, quando la pellicola entra nel vivo, le cose cambiano. Il piano per rapinare l'ippodromo è notevole, visto il numero di persone coinvolte (ognuno ha un compito ben preciso, da svolgere nei tempi prestabiliti, o son dolori). Significativa la figura della donna del povero burattino, che lei manovra senza scrupoli, tradendolo con estrema naturalezza; lei ama solo i soldi ("Hai un grosso dollaro d'argento al posto del cuore"). Nota di merito per il russo che scatena la rissa (in sei faticano a tenerlo). Bel finale (risolve il cane Fifì).
MEMORABILE: Per convicere l'uomo a sparare al cavallo all'ippodromo: "Uccidere un cavallo non è un omicidio. Ti accuseranno di caccia al cavallo fuori stagione".
Siamo di fronte ad un buon film, ma sicuramente ancora lontano dai capolavori che Kubrick saprà sfornare negli anni a venire. Lo svolgimento del film è teso e le interpretazioni più che dignitose, manca però un maggiore approfondimento dei personaggi e la costruzione del film è ancora un po' acerba. Interessante e sicuramente da vedere, se non altro per conoscere un Kubrick "agli albori".
Il nome Stanley Kubrick non deve impressionare né tantomeno condizionare. Sappiamo tutti chi è poi diventato il regista di questo film ma bisogna sforzarsi di commentarlo come se lo si avesse appena visto nel 1955 alla sua uscita. Un buon gangster/noir ma con alcune forzature che vanno accettate così come sono per godersi lo svolgersi del colpo. La più evidente mi sembra quella dell'amante della moglie avida che si improvvisa duro e fa la fine che fa uccidendo però tutti solo perché così doveva essere. La tensione sale solo all'aereoporto.
Non ancora trentenne, Stanley Kubrick realizza un notevole noir in forma di gangster movie che sarà in grado di unfluenzare una parte del cinema successivo del genere. In poco più di 80 stringatissimi minuti, il regista racconta la storia di una rapina dove la violenza e la manipolazione dei personaggi sono funzionali alla storia e con un indimenticabile beffardo finale.
Un noir eccellente, nel quale il talento di un giovane Kubrick si è potuto dispiegare interamente. L'innovativa scansione temporale e la profonda caratterizzazione dei personaggi hanno consentito a questo film di attraversare intatto oltre 50 anni di storia cinematografica. Hayden guida un cast di grande talento, che raffigura personaggi variegati e cinici, che credono di manipolare gli altri e invece sono marionette del fato. Semplice, ma impeccabile. ****!
MEMORABILE: Il confronto finale fra uno dei complici e l'avidissima moglie. Soldi al vento.
La cosa magnifica di questo film è il dispositivo narrativo che disarticola la tradizionale successione temporale, mostrando la storia con continui salti a ritroso e riuscendo, nonostante questi sbalzi che spezzano il racconto, a mantenere un'altissima tensione. Inoltre, non solo la storia della rapina all'ippodromo è notevole in sé (con uno superbo finale, poi), ma Kubrick ne ricava un film davvero eccellente, mostrandoci un misero mondo di piccole sordide avidità, che suscitano quasi tenerezza e al tempo stesso disprezzo.
Un noir stupendo, un gangster movie a tinte cupe che non si limita alla storia in sé ma delinea perfettamente anche i personaggi. Taglia quest'opera raccontando di omicidi e rapine. Grandissima regia, sublime direi, che cesella un montaggio alternato facendo uso di flashback e sovrapponendo le varie visoni dei personaggi l'una all'altra per ricostruire una temporalità falsata. La fotografia magnifica e dettagliata in B/N, le interpretazioni asciutte e perfette! (su tutti il protagonista Hayden).
Film tecnicamente perfetto e molto innovativo per l'epoca (Kubrick fu il primo ad utilizzare il flashback di tipo sincronico, meccanismo narrattivo qui assolutamente funzionale alla notevole sceneggiatura). Buone le interpretazioni dei personaggi assolutamente profondi e non stereotipati. Apprezzabile in ogni sua fase, soprattutto nel bellissimo finale. Semplicemente straordinario.
Grande rapina all'ippodromo: tutti i particolari nello script del ventiseienne Kubrick, che smonta il meccanismo dell'hardboiled e lo rimonta a sua immagine, con una struttura destinata a numerose imitazioni. Il regista mette i pezzi su una scacchiera e mostra la sua scarsa fiducia nella ragione umana. Il piano perfetto non può fallire, peccato che il piano perfetto non possa esistere, esiste solo il fato. Grandangoli noir, esterni da cinegiornale, cast perfetto: un puzzle che si incastra a comporre un disegno che i giocatori non conoscono.
MEMORABILE: La struttura con i flashback mai annunciati "canonicamente" da un effetto visivo ma mascherati nel presente dell'azione.
Un ottimo noir diretto da un giovane Kubrick, che riesce a girare il film attorno ad una rapina durante una corsa di cavalli. Il tutto brilla per tecnica registica e fotografia, che con un fantastico bianco e nero riesce a dare il meglio di sè. La sceneggiatura è ben scritta e si conclude in un finale davvero notevole.
Un gruppo di uomini decide di compiere una rapina ai danni di un ippodromo, per poter dare una svolta positiva alla loro vita. Ma la cosa sarà tutt'altro che semplice... Già da questo film possiamo percepire le grandi doti del regista: disegna un film essenziale e lo dirige con notevole maestria. La natura delle persone viene mostrata al pubblico attraverso il livello di manipolazione che subisce o impone agli altri componenti del gruppo. Ottimo.
MEMORABILE: La scena della rissa al bar dell'ippodromo.
Dopo il pauperistico esercizio stilistico di The Killer's kiss, il giovane Kubrick prosegue il suo apprendistato cinematografico, continuando a giocar sugli stilemi permessi dal "genere" noir. Stavolta siamo decisamente dalle parti di Huston (per trama, contenuto e fari puntati sugli "unlucky losers"), mentre di suo Stanley ci mette la scansione temporale del racconto, oltre a dei tagli di luce abbacinanti. A colpire comunque sono, più delle novità, la matura aderenza ad un retroterra filmico e la ammirevole direzione degli attori. Grande flemma Hayden.
MEMORABILE: I pezzi di bravura di 2 caratteristi di lungo corso: il cecchino Tim Carey e il cassiere Elisha Cook; I duetti Cook-Windsor; Lo scacchista Kola Kwariani.
Il secondo noir di Kubrick, supera il primo che già era di ottimo livello.
Scritto in maniera superba, con una grande struttura narrativa, imitata più e più volte in futuro, che riesce a tenere sempre alta la tensione. Gli ottanta minuti scorrono così velocissimi fino al beffardo finale. Il cast è tutto di livello, ma dinanzi ad un Hayden così, non si può far altro che togliersi il cappello. Tra i più "facili" del regista e quindi anche per non kubrickiani puri. Gli amanti del genere non lo perdano.
MEMORABILE: La scena della rapina: in particolare Hayden che si toglie la maschera.
Una delle prime produzioni di Kubrick adoperate per fare pratica e, probabilmente, sperimentare. Senza la sicurezza dell'affermazione e senza i grossi budget, il cineasta americano mette in scena un film essenziale, privo di nomi di rilievo (a parte Hayden, che poi ritroveremo nel Dottor Stranamore e nel Padrino, per citare due titoli) e senza scene da storia del cinema. Insomma, un film minore rispetto ai capolavori successivi, tuttavia gradevole, non banale nel suo complesso, con interpretazioni più che dignitose.
MEMORABILE: Il cassiere che rientra insaguinato a casa.
Ottimo noir in cui troviamo una regia abbastanza pionieristica: non tanto nella confezione (niente salta particolarmente all'occhio) quanto nel trattamento cronologico della vicenda a salti temporali che, per quanto talvolta ci mostri il "già accaduto" da punti di vista diversi, enfatizza e impreziosisce l'intera struttura tensiva del film. Sceneggiatura quanto mai spassosa: i dialoghi sono una vera goduria nel loro sarcasmo e cinismo acuto (specie quelli che coinvolgono la ragazza, Cherry). Ottimo, scenograficamente e narrativamente, il finale.
Celebratissimo e riuscito film di Kubrick, nel quale più che la trama in sè (semplice e con personaggi piuttosto schematici) colpisce il modo in cui essa è narrata (una serie di blocchi narrativi non sempre cronologicamente consequenziali, disposti in crescendo). La progressione funziona, il finale convince, così come risulta apprezzabile l'assenza di punti morti. Buona tecnica e cast discreto, nel quale però solo Hayden riesce ad incidere. Non il miglior Kubrick, ma decisamente sopra la media dei noir dell'epoca.
L'allora appena 28enne Stanley Kubrick firma un noir d'effetto che già fa risaltare il suo talento. La sporca storia di un colpo architettato nei minimi particolari ma che non tiene conto dei fattori umani e dell'imprevedibilità si dipana felice (si fa per dire) fra dialoghi realisti, personaggi ben disegnati, storia che prende e finale ad effetto. Originale è il racconto che procede, smembrato, su più piani sequenziali, dandoci un'idea "trasversale" del tutto.
Ottimo noir: una rapina tesa, coinvolgente e amara. La cosa che colpisce di più è ovviamente la libertà temporale della narrazione, con salti avanti e indietro nel tempo scanditi dalla voce fuori campo. Bravo Hayden, ma è Cook a rimanere impresso nella memoria, con i suoi occhi perennemente sgranati. Prima grande prova di Kubrick.
Visto oggi, colpisce per la modernità della narrazione, per i dialoghi brillanti e curati, il ritmo veloce e conciso: Tarantino deve averci pescato a piene mani, qui dentro. La storia è quella classica (abbastanza scontata oggi, credo molto meno nel '55) del colpo progettato nei minimi dettagli ma in cui, ovviamente, alla fine nulla va come dovrebbe. Un po' invecchiata la confezione. Parco attori non indimenticabile, ma la direzione di Kubrick rende il film, come già detto, molto fluido e scorrevole. Decisamente buono.
MEMORABILE: La rissa al bar dell'ippodromo, col lottatore russo che mena a destra e a manca e lancia in aria almeno una decina di malcapitati agenti!
Un giovane Kubrick, dopo le tematiche affrontate nel precedente Il bacio dell'assassino, ci riprova con il genere noir. La trama, pur essendo talvolta blanda, trova un'ottima costruzione della regia e un ottimo espediente narrativo di montaggio, in cui la stessa situazione viene ripetutamente mostrata ma dalla prospettiva di ogni personaggio. Espediente insolito e innovativo per quei tempi, verrà ripreso in numerosi film sino ai giorni nostri.
Parlare di Kubrick è sempre difficile, almeno in poche righe. Questo è il terzo film del regista ma il primo veramente importante che realizza. Si dice che Tarantino si sia ispirato a questa struttura per il suo Le iene. Un noir teso con vari spostamenti temporali sottolineati dalla voce fuori campo. Ottimi gli attori, con in testa ovviamente Sterling Hayden. Da ricordare anche la presenza di Joe Turkel, futuro barista di Shining. Davvero da non perdere.
Terzo lungometraggio di Stanley Kubrick, assolutamente ottimo. Non mostra cedimenti dall'inizio alla fine mantenendosi a livelli molto alti. Di gran classe la scelta di raccontare lo svolgimento della rapina con precisione, valutando le azioni di ogni singolo personaggio, di quando in quando ricorrendo a flashback. Sicuramente una rapina da storia del cinema. Finale bizzarro, probabilmente l'elemento più kubrickiano del film.
Essenziale nella struttura, senza fronzoli nella regia, lucido nel racconto, inflessibile nello stile, questo film di Kubrick ha i principi costitutivi del noir quali personaggi frustrati e sconfitti dalla vita, la cupidigia di tutti verso il denaro, il sentimento della rivalsa, l'omicidio e il tradimento per motivi abietti. Manca la cifra onirica tipica del genere sostituita dall’analessi sincronica che ci dimostra come un’azione avverata è fatalmente e ineluttabilmente realizzata ed è impossibile da cambiare da qualsiasi punto di vista la si osservi.
MEMORABILE: Dialoghi brillanti e insieme profondi; La superba interpretazione di Hayden; Ottima Maria Windsor in un ruolo da dark lady di rara ripugnanza.
Abituati, come siamo, a Tarantino e al suo cinema, il terzo lungometraggio di Kubrick può risultare alquanto datato. Ma è proprio questa tecnica narrativa che inserisce The Killing tra i migliori noir realizzati. I continui flashback all'interno della storia lo rendono più che interessante e abbastanza teso.
In primo luogo lo trovo un ottimo film. Poteva essere un classico del noir se non avesse qualche falla. Non sono in grado di giudicare, ma direi che il montaggio poteva essere migliore con i suoi avanti-indietro. Che so... far vedere un orologio? Una voce fuori campo? Poi lo trovo fin troppo secco, grigio, senza qualche attimo di ironia (a parte il simpatico lottatore russo). Il noir di qualità, che non sia un telefilm, ha momenti di commedia. Apprezzo l'uso della violenza di quell'epoca, che era esplicita solo nei momenti giusti, con discrezione.
Pur mostrando un evidente debito nei confronti di Hitchcock, il giovane Kubrick dà il suo tocco personale al genere noir ricorrendo a una struttura a flashback per mostrare una stessa vicenda da diversi punti di vista. A questa originale innovazione, il regista unisce l’approfondimento dei caratteri e dei moventi dei vari personaggi. Le interpretazioni non sono memorabili e il meglio doveva ancora venire, ma il mattino della carriera di Kubrick aveva già l’oro in bocca.
Un giovane Kubrick si fa notare con un film dalla costruzione atipica. Ispirandosi al romanzo omonimo di Lionel White sia per il soggetto che per il modo di impostare la narrazione, utilizza un tipo di flashback innovativo che non va mai in confusione, una sorta di “rewind-forward” che rende il film più incisivo e più descrittivo. Bello anche il finale, dimostrazione di come il caso possa mandare al vento anche un piano criminale studiato nei particolari.
La mediocrità regna sovrana nel soggetto, nei personaggi e perfino negli attori che li devono interpretare; impossibile uscirne vivi. Il discorso di manifesta inferiorità e sottomissione della fidanzata dell'ideatore è infimo quanto quelli, al contrario avidi, della moglie del cassiere; non li sovrasta quel cialtrone del poliziotto che vive di debiti o il barista che fa finta di curar la moglie allo stadio terminale... Da una plebaglia del genere ne scaturisce una cianfrusaglia di rapina, un'insulsaggine di film e un finale da prendersi la testa fra le mani.
MEMORABILE: La reazione finale del cassiere (almeno non è tonto come Mastroianni ne La dolce vita); Il finanziatore quando dichiara il suo "affetto" all'ideatore.
Film scritto in maniera perfetta, così come è l'organizzazione di questa rapina che ha come obiettivo l'incasso di un ippodromo, ma tutto dovrà andare alla perfezione. Il racconto è descritto da una voce fuori campo che accompagna e descrive le scene, contornate da un'ottima colonna sonora, che si susseguono in un bel montaggio. La regia è molto buona, così come i tempi della storia; un noir davvero bello, con un finale che vale tutta la visione comunque leggera, nonostante la peculiarità e la complessità della rapina. Modesti gli attori.
Noir del giovane Kubrick che si presta, come tante altre opere del Maestro, a molteplici letture concentriche. In primis la rapina in sé, girata con maestria, i cui tempi sono scanditi da una voce fuori campo onnisciente sullo stile dell'Erlebte Rede. Ma a voler scavare troviamo i personaggi, cesellati col bulino che si astraggono dalla loro dimensione quotidiana e trovano l'inevitabile Nemesi, come dei vinti verghiani. Al centro della spirale c'è il Chaos (il cane), che sovverte i piani a suo piacimento e affonda l'ultima zampata. Capolavoro!
MEMORABILE: La scansione temporale degli eventi da parte della voce fuori campo; La scena nel parcheggio sud; Il cagnolino che sfugge al controllo della padrona.
Un giovanissimo e talentuoso Kubrick reinventa il montaggio cinematografico tessendo una perfetta ragnatela di flashback e flashforward atti a raccontare una rapina dal punto di vista di tutti i personaggi coinvolti. Nel farlo non manca inoltre di descrivere la mediocrità e la goffaggine dei protagonisti. Gran ritmo, molto divertente la Windsor nei duetti col marito. Notevole.
La Giungla d’asfalto diventa ancora più violenta e spietata in questo magistrale heist-movie. Con uno stile per l’epoca molto teso e crudo Kubrick firma il suo primo capolavoro. Un’opera molto innovativa sia nelle scelte estetiche (con l’uso della maschera da clown durante il colpo) che sul piano narrativo (con la visione degli eventi riproposta secondo la soggettiva dei singoli protagonisti che influenzerà anche Le iene di Tarantino. Splendido bianco-nero di Lucien Ballard e grande cast di nomi storici del noir (Hayden, De Corsia, Gary, Cook).
MEMORABILE: “L’individualismo è un mostro che va strangolato in fasce se si vuol vivere tranquillamente in questo mondo”; I soldi al vento nel finale.
Gruppo eterogeneo progetta di rapinare le casse di un ippodromo. Noir basato sull’organizzazione meticolosa del colpo dando importanza ai singoli ruoli. Per ravvivare gli accadimenti vengono usati flashback che si incastrano perfettamente nella storia con l'aggiunta di una piccola tensione data dal fatto che un imprevisto possa sempre accadere. Kubrick si fa notare più per le luci che per le inquadrature (discrete ai cavalli) e con dialoghi serrati che fan risaltare la figura della furba moglie. Viene evitata una cupa drammatizzazione per lasciare spazio alla beffa.
MEMORABILE: La lotta al bar; Il ferro di cavallo dal custode; Lo sparo in stile Oswald.
Un giovane Kubrick si cimenta in un genere molto popolare, cercando di dare una svolta innovativa e personale a una storia di ordinaria rapina, soprattutto per l'uso di una tecnica narrativa che mischia i piani temporali. Ma questa scelta di individuare tanti punti di vista e tanti personaggi più o meno fondamentali (tutto fuorché memorabili) fa perdere il focus sul momento clou della rapina, svuotandola della tensione (sia pre, che durante). Evocativo e straordinario il b/n che risalta ancor più negli interni, voce off e musica ingombrante (tipo peplum). Bel finale hitchcockiano.
Non è ancora il Kubrick che conosceremo negli anni a venire, parte del suo stile ancora non è presente, ma il tocco registico e la sua mano sono già notevoli. La storia è quella di una tentata rapina ad un ippodromo, piuttosto banale dunque. Il giovane Stanley la arricchisce mettendo la vicenda su diversi assi temporali e rendendola più avvincente di quanto lo potesse essere da sola. La recitazione soffre ancora di un certo anacronismo, ma gli attori principali si fanno comunque valere. Belli e intensi alcuni primi piani. Veloce e spiazzante il finale. Un Kubrick sulla buona strada.
Primo squillo in carriera per Kubrick, cui sono sufficienti 80 minuti per inscenare una delle rapine più ingegnose mai apparse al cinema senza trascurare una buona caratterizzazione dei personaggi. Certo i riferimenti a Giungla d'asfalto sono palesi (a cominciare dalla scelta di Hayden protagonista), e se qui manca ovviamente l'ampio respiro del film di Huston, il montaggio frammentato rende la narrazione più moderna, e oltre alla drammaticità (incarnata dalla consueta femme fatale) ci si mettono gli sberleffi del caso. Splendida fotografia di Lucien Ballard, discreti gli interpreti.
MEMORABILE: I dialoghi tra Cook e la Windsor; Il lottatore che inscena la rissa; Il finale all'aeroporto.
Più che un semplice noir è un sperimentalismo assoluto su cui si basa una vicenda che ora prosegue in ordine cronologico ora andando a ritroso. Il ritmo non rallenta mai, la confezione è di una raffinatezza disarmante, ma ciò che impressiona maggiormente la grande introspezione psicologica con la quale Kubrick riesce a sfaccettare tutti i suoi personaggi in così poco tempo e senza mai annoiare o fare aspettare lo spettatore. Davvero notevole e pregiato.
MEMORABILE: La rapina a mano armata che dà il titolo al film; L'incontro finale tra il cassiere e la moglie adultera.
Stanley Kubrick, al suo terzo film, abbandona definitivamente, purtroppo, le sceneggiature originali e inizia ad attingere a piene mani dai romanzi. In questo caso da "Clean Break" di Lionel White, uno scrittore dal quale il cinema statunitense (e non) ha spesso tratto i soggetti. Il risultato, grazie anche al co-sceneggiatore Jim Thompson (scrittore pure lui), è un ottimo heist movie che ha la pecca di scadere parecchio nel finale, giacché quella valigia legata con lo spago e la scena del cagnolino starebbero molto meglio in un cortometraggio comico dei mitici Stanlio e Ollio.
MEMORABILE: Il lottatore: "I gangster e gli artisti sono uguali per gli dei. Sono ammirati e adorati, ma c'è chi si dà da fare per distruggerli, annientarli".
Un noir in apparenza molto simile ai tanti altri che venivano prodotti in quel periodo, ma che visto oggi dmostra tutte le enormi potenzialità che in seguito Stanley Kubrick ha saputo sviluppare. La narrazione prosegue avanti e indietro nel tempo ed è diventata un modello per chi vuole creare suspense e stimolare lo spettatore. E Sterling Hayden, con la sua faccia da perdente, è magnetico.
Classico del genere gangster/noir di chiarissima derivazione hitchcockiana. Pellicola che ancora non indica il vero stile di Kubrick ma che sicuramente ne mostra già il talento. Il regista gira una pellicola tesa e coinvolgente, ma la cosa che più colpisce è l'utilizzo della disposizione narrativa, che con continui salti temporali confonde lo spettatore. Attori buoni ma sicuramente non memorabili. Sicuramente tra i migliori nel cinema di genere ma anche una perla nel cinema in toto.
MEMORABILE: Il finale all'aeroporto.
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- Nel libro di Wensley Clarkson "Tarantino - The man, the mhtrs and his movies" edito nel 2007 viene citato come uno dei film e delle fonti di ispirazione che più di ogni altro hanno influenzato la carriera registica di Quentin Tarantino.
- In un'intervista inedita per la rivista nostrana di cinema Ciak, James Ellroy lo ha citato come un esempio di crime movie che ha incendiato la sua fantasia. Ecco le sue parole:
Un'altra rapina finita a puttane. Anche se gli ingredienti sono sempre gli stessi non è affatto facile fare un crime movie: la caratteristica principale è che sia credibile e lo spettatore ne sia coinvolto, amando o odiando i personaggi. Altra grande prova di Hayden, ma come rapinatore.
CuriositàColumbo • 16/06/11 09:30 Pulizia ai piani - 1097 interventi
L'auto del killer che nel finale spara al cavallo in corsa dal parcheggio, è una bellissima MG TD del 1950:
L'auto di Johnny (Hayden) è un curioso esemplare di Chevrolet Styleline De Luxe Wagon del 1952:
CuriositàRaremirko • 19/02/14 23:26 Call center Davinotti - 3863 interventi
Curiosamente l'audio della telecronaca della gara dei cavalli (relativamente alla scena dove Hayden è alle prese con il fucile, nello spogliatoglio) è stato omesso nelle versioni italiane e tedesche del film, risultando invece presente in quelle spagnole, inglesi e francesi.
HomevideoRocchiola • 9/06/19 19:08 Call center Davinotti - 1278 interventi
Il DVD della A&R rimasterizzato in alta definizione propone finalmente il capolavoro di Kubrick in HD con tanto di audio italiano. Credo abbiano utilizzato il master del bluray inglese della Arrow uscito nel 2015 (ma in precedenza era ucito anche il BD della Criterion Usa). Come al solito la A&R non fornisce alcuna informazione sulla provenienza del master però c'è da dire che l’immagine è davvero buona e supera agilmente il mediocre DVD della MGM che era presentato in 4:3 mentre qui il film è proposto nel corretto formato panoramico di 1.66 in realtà forzato ad un più tradizionale 1.85. C'è da dire che il BD Arrow pur non presentando l’audio italiano aveva però tra i contenuti speciali anche il film precedente di Kubrick Il bacio dell’assassino anch'esso proposto in HD.
A questo punto speriamo che la A&R recuperi anche Orizzonti di gloria in HD sostituendo così il vecchio DVD MGM.
Le proiezioni in anteprima non ebbero successo: indicavano nella struttura non lineare il problema principale del film. Stanley Kubrick fu costretto a tornare indietro e montare il film in modo lineare, rendendo il tutto ancora più confuso. Alla fine, il film è stato distribuito nella sua forma originale e ha avuto un'enorme influenza su altri film non lineari come Le iene (1992) e Pulp fiction (1994) di Quentin Tarantino.
Fonte: IMDb
DiscussioneZender • 15/03/24 19:44 Capo scrivano - 48328 interventi
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