Wenders in questo film dà il meglio di sè dal punto di vista visivo. Un on the road fuori dagli schemi che porta il suo protagonista (il bravo Hurt) a spasso per i continenti a caccia di immagini. Buona l'ambientazione futurista (il film è ambientato nel '99) e ottima la colonna sonora, un vero valore aggiunto tra cui spunta la celebre "Until the end of the world" degli U2. Forse eccessivamente prolisso (la versione italiana era anche tagliata) e concettoso, riesce comunque a incuriosire e a regalare attimi di incanto.
Quasi una summa del Wenders pensiero cinematografico. È un polpettone monumentale recentemente rieditato nella sua forma originaria, quella voluta dal regista (una trilogia di tre parti da 95 minuti l'una!) Passa un po' di tutto in questo fumettone d'autore: road movie (ovviamente), fantascienza, noir, commedia e dramma. La prima parte, un incredibile road movie in tutte le parti del mondo, diverte e affascina. I guai cominciano a metà film, giunti a destinazione, quando si comincia a filosofeggiare e diviene una palla micidiale. Ottima comunque la soundtrack.
C'è chi lo considera il miglior film della storia del cinema e chi invece una palla di dimensioni cosmiche. La verità, come spesso accade in casi del genere e per Wenders in particolare, sta nel mezzo. È un road movie attraverso il mondo, onirico ed esistenziale, nel quale vi sono sequenze stupende e momenti di autentica poesia per immagini con musiche straordinarie, che nel complesso risulta eccessivamente prolisso, spesso scombinato e con attori non convincenti. Colonna sonora eccellente.
Film oceanico e caotico, che mescola fantascienza e intimismo, rappresentazione della realtà attuale e simbolismo. Wenders stende sullo schermo un mosaico di storie e di visioni, i cui pezzi si fatica a riconoscere, fuorviati da una narrazione a singhiozzo e spesso pretenziosa, con scivolate nel ridicolo. L'incredibile dispiegamento di mezzi e l'uso di location in giro per il mondo (nonché di artisti della scena musicale) si scontra con il senso di banalità del discorso e dei simboli. Presuntuoso. Da dimenticare.
Non c'è via di mezzo per questo film: spazzatura!!! Completamente ridicolo nel suo vagheggio filosofico su visione, realtà virtuale con un protagonista catatonico è ottimo per chi concepisce il cinema come contenuto senza vederne la forma. Che davvero raramente ha raggiunto livelli di abissale presunzione, puerilità e ridicolaggine "autorale" come in questa pellicola. Dommartin da uccidere! Film che ha fuso i cervelli di alcuni miei amici in preda a elucubrazioni; ciechi difronte alla sua forma, sordi al suo velleitarismo liceale.
La prima parte del film è eccellente, quello che io considero vero cinema che ti fa sognare, ti diverte e ti porta in un secondo in giro per il mondo. Grande ritmo e inventiva. Poi, da Tokio in avanti il film cambia in peggio e di molto, in modo da uccidere anche il buono già visto. Diventa un altro film, un brutto film che a fatica anche gli attori stessi, seppur bravi, riescono a portare avanti con convinzione. Brava la Dommartin, che ha collaborato anche al soggetto e la sua doppiatrice, meno Hurt, bella fotografia e colonna sonora special
MEMORABILE: Il software cercapersone con l'orso che ti scova tutti.
Epico e assoluto tra i migliori di Wenders, narra delle peripezie di una donna alla ricerca di se stessa che segue in capo al mondo un uomo che ha rubato degli opali ai fini di un esperimento condotto dal padre ed è ricercato dai servizi segreti. Fantastiche le location (Venezia, sud della Francia, Lisbona, Berlino, Parigi, Mongolia, Pechino, Tokyo, Mosca, California, deserto australiano) e superbi gli attori (su tutti la Dommartin già angelo berlinese per Wenders nonchè sua musa del periodo).
Dopo un'ora e mezza d'"intrigo internazionale" riveduto e corretto il film entra nel vivo con una storia tutto sommato affascinante ma che rivela la sua debolezza nella lentezza infinita degli esperimenti e della finta patina di seriosa patafisica che lo permea; immagini bellissime e musiche ruffiane ma efficaci.
Ambientato in un futuro tanto prossimo da essere ora passato, il film tallona un tizio che gira mezzo mondo per registrare memorie, fra catastrofi imminenti, rapinatori, cacciatori di taglie, misteriose invenzioni, scienziati pensosi e mamme cieche... Rivisto in versione breve (si fa per dire) tanto per verificare se avevo sbagliato allora a considerarlo tanto pretenziosamente noioso e se era il caso di affrontare la versione da 280 minuti. Sentenza di appello: belle immagini, bella colonna sonora ma il film è proprio una pizza autoreferenziale e per il director'cut meglio gettare la spugna.
Ricercatore di immagini viene accusato di essere una spia industriale. Girando mezzo mondo Wenders fatica a incastrare una storia fantascientifica (con esplosione nucleare) con la meraviglia di chi, cieco, riprende la vista. Se ci si abbandona invece all’idea del viaggio e ai propositi familiari si resta spesso affascinati. L’assuefazione ai sogni sembra un po’ forzata. Colonna sonora ottima che accompagna i vari spostamenti. La Dommartin non sembra all’altezza, Hurt è freddino, per quel che deve fare.
MEMORABILE: In negativo: la sparatoria a Tokyo; L’oasi; La commozione della Moreau per aver rivisto delle immagini.
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A inizio film la protagonista interpretata da Solveig Dommartin si sveglia in una villa a Venezia nel letto con un uomo che tenta invano di svegliare. Si tratta di Nick Cave in un breve cameo.
Curiosità: Claire parte da Venezia per il suo lungo viaggio uscendo da un parcheggio multipiano (Tronchetto Parking). È facile notare che imbocca la rampa a spirale sbagliata, cioè la rampa di ingresso piuttosto che quella di uscita. Infatti è chiaramente visibile un segnale EXIT che indica la direzione opposta e un segnale di divieto di accesso posto all'inizio della discesa. È più che probabile che la scelta fosse voluta dal regista. La motivazione può essere pratica: è più facile chiudere temporaneamente l'ingresso del parcheggio al piano terra piuttosto che evitare l'uscita contemporanea di qualche auto già presente al piano. Oppure può essere simbolica: l'andare "contromano" potrebbe essere una metafora del viaggio anticonvenzionale e fuori dalle regole intrapreso dai personaggi nel film.
L'automobile azzurra con targa SVT 85L con la quale Claire parte da Venezia è una Rover P5B "3,5 litre" (1967-1973), con motore V8 di 3532 cm³ da 146cv e trasmissione automatica, ovviamente con guida a destra, immatricolata per la prima volta il 18/04/1973. La Regina Elisabetta II di Inghilterra ne possedeva due in versione 3 litri.