Stroncare un'opera di Terry Gilliam? Difficile, vista la sua propensione naturale per un cinema comunque di qualità capace di esprimere sempre le innegabili doti del suo regista attraverso uno stile visionario immediatamente riconoscibile. Scialbo e troppo pretenzioso fu LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE, ma qui l'ex Monty Python riprende in pieno le atmosfere futuristico-mistiche di BRAZIL, film culto per eccellenza (anche se sopravvalutato) e quindi torna nel suo habitat naturale: la fantascienza d'elite. Eppure tutto il primo tempo è confuso e fastidiosamente...Leggi tutto prolisso (un difetto che Gilliam pare non riuscire a togliersi di dosso), e bisogna aspettare un bel po’ prima di riuscire a entrare nella testa di Bruce Willis e nell'ottica del film. Si parla di viaggi di andata e ritorno nel tempo utilizzando idee classiche, luoghi comuni e paradossi che fanno sorridere gli amanti del genere; ma nonostante ciò TWELVE MONKEYS possiede ugualmente un certo fascino: sarà una sceneggiatura discreta, saranno forse le scenografie barocche e ridondanti caratteristiche del Gilliam più ispirato, o magari gli isterici monologhi di uno stupefacente Brad Pitt (candidato all'Oscar), la fotografia "sporca", chissà. Il colpo di scena finale è molto azzeccato, e permette a 12 MONKEYS di entrare a far parte del ristretto novero di pellicole fantascientifiche d'autore. Raro trovare cadute di gusto, se mai sarebbe da fare un appunto per il cast: la coppia Bruce Willis/Madeleine Stowe convince assai poco. Da vedere e, poi, rivedere per capire.
Un film ricco di grossi nomi, con una trama difficile da seguire e, spesso, troppo avvolta su se stessa. Nonostante tutto, Gilliam si conferma un visionario d'eccellenza e, soprattuto nella seconda parte del film, riesce a mescolare e incastrare dettagli che, spesso, solo ad una seconda (o terza o...) visione si riescono a recuperare. Avendo una spiccata predilezione sia per Willis che per la Stowe, non posso essere imparziale sulla loro recitazione, stranita e allucinata al punto giusto.
Mah, alla fine sono rimasto poco convinto. Brazil era lungo e pieno di nonsense ma aveva dei contenuti originali, qui invece la storia è troppo assurda e pretenziosa. Un Bruce Willis più filosofico del solito, per riavere la libertà, vaga per luoghi e situazioni che non legano secondo logiche normali e Gilliam non fa nulla per aiutare lo spettatore. Bella la fotografia "sporca" (modello utile per tanti film a venire), non male lo stranito Brad Pitt. Se avrò la pazienza di rivederlo per apprezzare? Quando finirò in convento.
Questo più che un film è un rompicapo. Non ne sono ancora venuto a capo. Non so se perché ho una qualche tara io (può starci) o per un'eccessiva pretenziosità del lavoro di Gilliam. È comunque innegabile il fascino di questo film e anche delle singole interpretazioni (ottima quella di Pitt). Alcune parti oscure rimandano a Brazil, anche se di quest'ultimo non ha il fascino né il messaggio illuminante di fondo. Fotografia buona. Da vedere più volte.
Bruce Willis, Brad Pitt ed il resto degli attori sono bravissimi; Terry Gilliam è regista che non necessita presentazioni. Però questo astruso fantascientifico accarezza temi filosofici difficilmente accostabili e, nonostante un ottimo reparto trucchi, non diverte lasciando, nello spettatore, un vago senso di disagio. Meglio: d'incompletezza. Forse andrebbe rivisto, se non fosse che dura quasi 130 minuti e che l'impresa appare ardua, anche al più masochista di questo mondo...
Discreto esempio di fantascienza. Willis, che in questo film mostra anche un nudo destinato a diventare famoso, è un protagonista più che discreto, Pitt che fa il pazzo è a pieno agio nel suo ruolo (chissà perché???). Finale cattivo. Si fa vedere volentieri.
Dal futuro approda nel passato per scoprire l'origine del morbo che ha sterminato l'umanità. Un film di fantascienza? No, piuttosto un film onirico e febbrile, che intreccia temi forti su un registro grottesco e giocato sull'eccesso. La storia è complessa (per le dinamiche dei salti temporali ispirate a La jetée, con lo spiazzante paradosso del bel finale) ma affascinante, grazie a una sceneggiatura che non perde ritmo e a una regia sempre brillante e inventiva, con una splendida sensibilità visiva. Strepitosi e istrionici Willis e Pitt.
Discreto film fantascientifico firmato dal visionario Gilliam che in questo caso conferma solo in parte il suo talento visivo. Colpa anche di una storia non pienamente riuscita e con qualche buco e ovvietà di troppo. In ogni caso scorrevole, piacevole e con un finale sicuramente più coraggioso della media del genere.
Recuperando l'armamentario visivo retrò/futuribile di Brazil, Gilliam racconta la storia apocalittica della fine dell'umanità. Il passato non si può cambiare, solo studiare per trovare rimedio alla cattività sotterranea dei sopravvissuti a un virus letale. Ma inspiegabilmente un uomo del futuro (Willis) e una donna del passato (Stowe) ricordano un evento non ancora successo, che legò/lega/legherà i loro destini. Complicato e affascinante, non sempre consequenziale, il film suggerisce temi alti all'immaginazione più che alla ragione: in questo è perfetto.
Un decennio dopo Brazil, Gilliam torna con un altro ottimo film di fantascienza. Meno allegorico e grottesco rispetto alla precedente opera, ed in compenso più spettacolare e ricco di azione e tutto ciò (al di là dello snobismo di certi critici) non appare affatto disprezzabile. Gioco di rimandi tra passato e presente, con una ricostruzione del futuro cupa e molto personale. Bella interpretazione di Willis in un ruolo da brutto sporco e bastonato. Tre pallini e 1/2.
MEMORABILE: Di gran rilievo, oltre che inattesa, la performance attoriale di Brad Pitt, che riproduce una serie riuscitissima di tic, gesti, ecc. per il suo "matto"
Particolare e onirico (come vuole la tradizione Gilliam) pur nella narrazione di figure classiche di fantascienza. Ciò che più mi è piaciuto è la ricostruzione degli ambienti: il manicomio negli anni 90, il carcere nel futuro... c'è una perfetta ricostruzione di atmosfere oppressive e claustrofobiche. E Sia Willis che Pitt sono bravissimi. La storia in fin dei conti non è il massimo dell'originalità ma con il ritmo sempre arzillo, la frenesia e la confusione negli agganci a psicologia e paradossi tra immaginazione o realtà, questo film ha un gran fascino.
Anche se la storia a tratti non è chiarissima, direi che è venuto fuori un film riuscito. C'è molto di Gilliam, anche se il soggetto non lo aveva scritto lui e questo dice già molto sul fatto che nei suoi film a prevalere sia ovviamente il lato visivo. A livello teorico è uno di quelle pellicole da rivedere una seconda volta, per capire bene certi faticosi snodi narrativi: ma in realtà il suo innegabile fascino si respira anche vedendolo una volta sola.
Non lo so. Ho visto il film almeno tre volte ma ogni volta rimango dubbioso sopratutto per la sua farraginosità e complessità. Tutto mi sembra poco credibile e pretenzioso e quasi ai limiti del paranoico. Trovo più azzeccata l'interpretazione di Brad Pitt rispetto al duro di "Die Hard" che mi appare eccessivamente monotona. Terry Gilliam, nonostante sia ritenuto uno dei registi più bravi ed eclettici, non riesce a convincermi ed eccede anche in questo caso in esercizi visionari.
Film basato su contenuti post-apocalittici con l'aggiunta dei viaggi spazio-temporali. Gilliam riesce a tenere il fiato sospeso perché non si riesce a seguire il filo del discorso fino alla seconda metà del secondo tempo. Confuso, ma tuttavia riesce ad intrigare anche grazie alla migliore caratterizzazione di Willis e Pitt rispetto allo svolgimento stesso della trama. Gilliam anche qui non sembra avere troppo chiare le idee. La matassa si districa per fortuna col finale che salva il film.
Avendo visto Brazil prima di questo, l'esperimento fantaparanoico di Gilliam mi è sembrato eccessivamente diluito, privo di quelle genialate che lo hanno sempre contraddistinto (eccetto un paio di scene) e, alla fine, decisamente prevedibile. La cosa buffa è che gli elementi prevedibili vengono rivelati dal film stesso, perso in adorazione della sua stessa compiacenza. Cast pure così così: Pitt rivela di nuovo la sua incapacità attoriale, Willis ghiacciato e Stowe inutile. Di per sè è un film piacevole, ma niente di speciale.
MEMORABILE: Il pappone infastidito che spunta dal nulla; il rapporto tra gli ospiti della clinica psichiatrica e la realtà.
L'ex Phyton è capace di un cinema sempre molto riconoscibile e che a me piace, fatto com'è di visionarietà e di inquadrature lunghe e "storte". Forse stavolta la storia non ha la carica anarchica di Brazil, ma l'avventura a spasso nel tempo di un grande Willis ha un fascino non indifferente perché unisce il post-atomico all'oggi e getta uno sguardo, dissacrante, sull'uomo che pensa (o forse spera) di aver ormai imprigionato la natura ed il tempo. Tanta carne al fuoco, forse troppa, ma Gilliam è un cuoco capace di farmi digerire quasi tutto.
MEMORABILE: L'arrivo imprevisto di uno stranito Willis in una trincea francese; gli scienziati.
Gilliam ha sempre fatto film complicati e visionari e questo, pur con qualche debito verso Ritorno al futuro, è uno di quelli che mi è piaciuto di più. All'inizio è molto difficile da seguire, ma una volta capito il meccanismo conquista sia per le trovate che per le interpretazioni. Bruce Willis è davvero bravissimo, la Stowe gli fa bene da contraltare e Pitt è schizzato come richiede il personaggio. Finale pessimistico ma splendido. Bella anche la colonna sonora; da non perdere.
Film complesso e affascinante diretto da un regista che congerma la sua natura di geniale visionario affrontando il genere fantascientifico in modo assolutamente personale e lontano da ogni ovvietà stilistica. Colpiscono le immagini di un'umanità cupa e desolata, il fascino delle quali consente di superare una sceneggiatura un pò ostica. Ottima la prova degli attori, con Bruce Willis ad una delle prove migliori della carriera.
Un virus ha sterminato 5 miliardi di persone e costretto i superstiti ad una vita sotterranea di stenti e sofferenze. Nel tentativo di rintracciarne il ceppo originario, un detenuto è spedito indietro nel tempo, nel 1996, ossia alla vigilia dello scoppio dell'epidemia... Fantascienza d'autore che, a differenza del capolavoro Brazil, declina in modo meno innovativo, ma pur sempre intrigante, temi classici quali i viaggi spazio/temporali e lo sterminio virale. Belle fotografia ed ambientazioni, di grande impatto talune sequenze, funzionale il cast con un sorprendente Pitt pazzo da legare.
Ottimo il lavoro degli sceneggiatori, ben rappresentato sullo schermo con la solita regia distorcente di Gilliam. Lo spettatore subisce in questo modo una confusione che somiglia a quella del protagonista, con il quale tende a immedesimarsi. Con questo meccanismo vengono condotti molto bene i primi 80 minuti, in seguito ai quali la struttura inizia a mostrare la corda precipitando sino a un finale deludente. Pessima la fotografia e non strabiliante il cast. Comunque l'intreccio, da solo, rende la pellicola degna di visione.
Se vogliamo premiare il non lieto fine, ci basti ricordare che tale tendenza era ormai consolidata, quindi faccio prima a dire che le scimmie, vista l'insulsa conclusione, le potevano lasciare alla fortunata saga. Sì, perché si parte da un titolo carico e da un'idea futuristica, con annesso ritorno, promettente, ma da lì si fanno dipartire 7-8 derivazioni in cui la corrente non ne vuol sapere di passare e tutto si spegne maldestramente. Tanto che con l'immancabile feedback o onda di ritorno si capisce che proprio il titolo è una gran presa in giro...
MEMORABILE: Alla fine le due parrucche li rendono più carini, specie dopo aver visto gli uccelli hitchcockiani.
Abbastanza inaccessibile nei primi minuti, il film cresce passo dopo passo col progressivo disvelamento della sua natura complessa e stratificata, tutto risvolti inattesi, salti temporali e paranoia. Più un film sull'ineluttabilità del destino che sui paradossi temporali e forse per questo piuttosto prevedibile nell'ultimo anello della sua catena, ma l'enorme potenziale del film non ne esce intaccato. Buona la coppia Willis-Stowe, sopra le righe come il copione richiede Brad Pitt. Qualche grandangolo non propriamente necessario, ma è Gilliam.
Sono le musiche di Piazzolla a condurre egregiamente, per quanto con un solo, splendido tema, un film ricco quanto anomalo, che regala interpretazioni sotto certi aspetti sorprendenti di Willis (che conferisce al suo personaggio una maschera splendidamente cupa e disperata) e di Pitt (grandissimo nella sua mente e progetti folli). Su tutto e tutti un destino già compiuto, impossibile da modificare nonostante gli estenuanti e sofferti viaggi nel tempo. 19 anni dopo, uscirà una ben strutturata serie in 13 puntate con attori e registi diversi.
Un film di fantascienza riuscito, con una trama piuttosto complicata e difficile da capire alla prima visione, ma comunque ben girato e ben interpretato. Bruce Willis è l'assoluto protagonista, a cui fa da contraltare uno scatenato (e schizzato!) Brad Pitt. I salti temporali possono far perdere il filo allo spettatore, ma se lo guardate con attenzione ne rimarrete soddisfatti. Un po' lenta la parte inziale, buona la seconda, con un finale degno. Niente male.
Ottima fantascienza con un grande Bruce Willis e uno schizzatissimo Brad Pitt. Gilliam dirige col suo stile sperimentale, personalissimo, un incubo tetro e claustrofobico liberamente ispirato al corto La jetée di Chris Marker. Pellicola dal ritmo allucinato che provoca continui dubbi allo spettatore sulla realtà che sta osservando, fino all'ambiguo finale. Un uroboro totale tra viaggi nel tempo, follia e bellissimi scenari apocalittici.
Non è di certo facile entrare nella testa di Gilliam, ma ogni volta è sempre un viaggio affascinante e spiazzante; in questo caso dirige un ottimo Willis, che fa la parte di una cavia inviata nel passato, in maniera sublime. La parte restante del cast si comporta bene, in particolare un bravo Pitt psicolabile figlio di scienziato. La fotografia è molto contrastata e le scenografie sempre tra la realtà e l'immaginazione tipica del regista, ma ci fanno vivere esperienze uniche anche quando mostrano cose brutte. Insomma, un cult imperdibile.
Un'opera sempre in perenne bilico fra il genio più assoluto e la sciocchezzuola più becera, che stuzzica per l'idea di fondo ma che non convince troppo sul versante narrativo (in questo senso più visioni potrebbero aggravare più che migliorare). Gilliam rinchiude la propria visionarietà solo nel mondo futuro e sottoterra, mentre nel resto opta per un registro registico più convenzionale. Willis è attore vero in un ruolo più sfaccettato del solito mentre Pitt è rinchiuso in un personaggio che viene a noia dopo due minuti. Ci si accontenta.
MEMORABILE: Il sogno ricorrente; L'evoluzione del rapporto con la dottoressa; La natura del proiettile nella gamba.
Questa volta Gilliam pretende troppo da se stesso e il risultato è un coacervo di dramma filosofico, catastrofismo e psicoanalisi. Nonostante la trama sia attuale e la regia concreta, durante la visione si ha la sensazione costante che qualcuno stia spingendo l’acceleratore con nessuno al volante. Willis e Pitt sono perfetti nelle loro follie, ma la maggior parte delle volte sono fini a loro stessi. Cast di contorno tutto sommato ininfluente. Insomma, un film che punta tutto sulle suggestioni più che sul concreto. E almeno in questo fa centro.
Davvero avvincente e, per gusto personale, secondo solo al Memento nolaniano nel saper incrociare ambizioni narrative (di gran gusto la complessa intelaiatura temporale, anche se qualche salto all'indietro risulta di troppo nell'equilibrio complessivo) e spirito popolare (i conti, nel finale al cardiopalmo, tornano perfettamente). Anche il logoro enigma bipolare tra sogno e realtà trova una sua giusta collocazione. La scelta di Willis come protagonista sorprende, ma è centratissima: il grosso dell'azione è sulle sue spalle e su quelle di Pitt.
Forse la vetta più alta raggiunta dal Gilliam post-Python, che si cimenta nuovamente del distopico ma stavolta con un po' più di coerenza narrativa. Ad impressionare è soprattutto Brad Pitt, in un ruolo per lui atipico ma condotto con grande padronanza. Anche Bruce Willis è a suo agio, almeno fin quando il regista non decide di fargli perdere la testa per la co-protagonista (stessa sorte di Pryce in Brazil). David Morse ha la faccia che serve, così come Plummer. Fotografia alla Blade runner, belli gli omaggi a Hitchcock (La donna che visse due volte e Gli uccelli).
Un virus stermina l'umanità e i sopravvissuti si affidano ai viaggi del tempo per trovare l'antidoto... Gilliam affronta il tema da par suo, con il suo inconfondibile stile visionario, buffonesco, lisergico, con spunti alla Monthy Pyton. Ma quello che gli interessa di più è sempre, da Brazil in poi, il confronto tra il singolo, senza speranza e il Potere, che lo domina e lo schiaccia. Geniale in alcuni tratti, ingarbugliato, folle e commovente in altri, una delle migliori opere di Gilliam. Nelle sue mani anche Willis e Pitt convincono non poco.
MEMORABILE: Lo scafandro/preservativo con cui Willis esce nel mondo contaminato; Il manicomio; La liberazione delle 12 scimmie; Il commovente finale.
Dopo il futuro orwelliano Gilliam si cimenta nuovamente con la fantascienza ispirandosi al corto sperimentale "La Jetée". Rispetto a Brazil si tratta di un’opera meno grottesca e ironica, in cui vengono rispolverati alcuni topoi fantascientifici come il viaggio nel tempo e il virus letale. Il soggetto del corto originario spalmato sulla durata di oltre due ore mostra la corda, ma la visionarietà del regista salva il film e vale da sola il prezzo del biglietto. Willis per una volta non solo non le dà ma le prende di santa ragione in ogni dove.
MEMORABILE: La città abbandonata dominata dagli animali; L’immagine ricorrente del bambino all’aeroporto; La citazione della Donna che visse due volte.
Ergastolano viene riportato nel passato per bloccare un’epidemia. Tema fantascientifico in cui Gilliam propone le sue idee visionarie in maniera alterna. I viaggi nel tempo, quelli sbagliati s’intende, lasciano perplessi per via degli scienziati e per la gravità della situazione (oltre al proiettile nella gamba). Le atmosfere degradate comunque sono ricostruite molto bene e Willis si cala nel personaggio; male Pitt come personaggio in sé. Macchinoso lo svolgimento nella seconda parte con la salvaguardia ambientale debole come pretesto. Conclusione in stile blockbuster scarsa.
MEMORABILE: Gli animali in possesso del mondo; Il risveglio dagli scienziati; La fuga dallo zoo degli animali.
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L'idea di fondo del film, come dichiarano i titoli di testa, è ispirata al cortometraggio sperimentale francese del 1962 "La jetée" di Chris Marker. Il film è in sostanza un montaggio di fermi-immagine in sequenza.
Probabilmente sfrutteranno la suggestiva ambientazione fantascientifica post apocalittica.Il film è a sua volta ispirato a "La jetée" di Chris Marker, cortometraggio sperimentale francese del 1962.
DiscussioneRaremirko • 1/08/13 19:49 Call center Davinotti - 3863 interventi
Lucius ebbe a dire: Probabilmente sfrutteranno la suggestiva ambientazione fantascientifica post apocalittica.Il film è a sua volta ispirato a "La jetée" di Chris Marker, cortometraggio sperimentale francese del 1962.
Boh, ripeto, una notizia che mi ha spiazzato.
Sono curioso di vedere cosa azz potrebbe venire fuori.
HomevideoRocchiola • 22/03/20 11:45 Call center Davinotti - 1290 interventi
Il bluray pubblicato dalla Universal nel 2009, tuttora disponibile a prezzi medio-bassi, è un prodotto discreto che si lascia vedere senza problemi. Le immagini sono mediamente pulite con qualche eccesso fi grana qua e là, ma poco incisive in fase di definizione. C'è poco dettaglio sullo sfondo e ciò non esalta la profondità di campo di alcune sequenze. Probabilmente è l'aspetto stesso della pellicola ha non permettere una presentazione più esaltante. Infatti la fotografia soprattutto nelle scene diurne è venata di un alone biancastro voluto forse per esaltare l'effetto onirico di alcune parti del racconto. Anche l'audio italiano in DTS 5.1, benché pulito e chiaro, manca di potenza e soprattutto nei dialoghi bisogna alzare di molto il livello del volume. Nel 2018 la Arrow lo ha ripubblicato con un nuovo trasferimento in HD che stando alle recensioni è superiore all'edizione Universal però comunque privo dell'audio italiano.