Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Rambo90: Filmetto senza spessore, tutto giocato sull'inedita coppia Vitti-Celentano, tra l'altro non troppo affiatata. Valgono di più i loro assoli che i duetti (in particolare Celentano riesce a strappare qualche risata con alcune battute non-sense). Molto meglio Carotenuto, naturale e simpatico come sempre. La regia di Rossi è fiacca, ma se non altro riesce nella scelta delle location. Mediocre.
Magerehein: Secondo capitolo dell'agente speciale più ignorante e politicamente scorretto della storia recente (un Dujardin sempre esemplare nel risultare sgradevole a 32 denti e nel peggiorare le cose tentando di correggersi), ha qualche sequenza non necessaria (in spiaggia con gli hippy) ma vanta generalmente un maggior ritmo del primo e, specialmente nelle scene d'azione (vero punto di forza del film), un azzeccato e surreale umorismo. Tra l'altro mettere accanto al Nostro una donna ebrea gli permetterà di esprimere tutto il "meglio" di sé stesso, riempiendo i momenti di stasi. Riuscito.
MEMORABILE: Al belvedere; In ascensore; "Come possono degli ebrei dare la caccia a un nazista? Li riconoscerebbe"; Alle cascate; L'inseguimento in ospedale.
Pessoa: Terribile commedia di Tarantini in cui oltre all'assenza di una sceneggiatura (costante di quasi tutti i film del regista) si sente la mancanza di attori in grado di improvvisare situazioni che suscitino una qualche forma di ilarità. Si viaggia nel vuoto spinto riproponendo, nel migliore dei casi, le peggiori battute del vecchio avanspettacolo. Forse Gianni Ciardo riesce a strappare qualche sorriso grazie alla sua maschera, ma in generale si tratta di un film di cui avremmo volentieri fatto a meno. Insalvabile sotto tutti i punti di vista!
Saintgifts: Asciutto, realistico, nessun fronzolo inutile, con buoni interpreti tra i quali emerge, naturalmente, Lino Ventura, ma in cui ognuno fa bene la sua parte. Per certi versi crepuscolare e malinconico, duro come la pietra. Il mondo dello spionaggio senza esaltazioni, nella sua spietata routine, dove si spara per uccidere senza lasciare spazio a spettacolari lotte (un ceffone ben assestato è sufficiente). Non mancano comunque elementi enigmatici a completare un film diretto con decisione da un Deray agli inizi.
Samuel1979: Divertente commedia che ci porta indietro nel tempo, quando la vincita al Totocalcio era considerato il sogno di ogni italiano. Il binomio Banfi-Calà funziona molto bene: se la prova dell’attore pugliese non fa una piega come al solito, Calà invece nei panni inediti di un muto che fa tanta tenerezza convince dando dimostrazione del suo buon talento. La sequenza di Banfi che ascolta le partite alla radio è sicuramente la migliore, così come l'apparizione del vantaggio del Catania con il gol di Cantarutti.
MEMORABILE: Banfi che torturato dal nipote gli mette le mani sul viso e dice: "Bello di zio!!!"
Daniela: L'Ape Maia può stare tranquilla: nonostante le meraviglie della computer grafica, non è certo Barry Benson che può contenderle le scettro dell'apetta più simpatica dei cartoni animati. Il film funziona abbastanza finché resta all'interno dell'alveare, per alcune trovate divertenti, però quando Barry va in giro per il mondo, diventa amica di una fioraia e poi rivendica in tribunale il diritto delle api di sfruttare il proprio miele, arriva il messaggio, apparentemente progressista, ma in realtà forcaiolo: è bene che ciascuno resti al suo posto.
Panza: Unico film della serie dei "mafiosi" in cui i protagonisti (Franco e Ciccio) siano davvero dei picciotti. Gli unici sorrisi vengono naturalmente grazie al duo siciliano e non certamente per la sceneggiatura, che ruota attorno al solito e improbabile scambio di valigie. Prolisse le riprese di balletti parigini che risentono molto della moda dei mondo (vedi film come Europa di notte), ma che annoiano lo spettatore moderno. Stranamente il film non è malaccio; anzi, è abbastanza simpatico (anche se si poteva fare di meglio sfruttando i due attori).
Trivex: La piccola "peste" Alvin e i suoi fratellini questa volta sono coinvolti in un affare di "cuore" altrui. Film per bambini (più adatto ai maggiori di 4-5 anni) e non, con una storia in cui non manca il sentimento e che avrà anche un discreto colpo di scena nel finale. Dinamico e divertente, con qualche momento in cui si ride per davvero, si evidenzia per l'importante colonna sonora di numerosi autori, oltre alle affascinanti location di New Orleans e Miami (in cui Miami Beach appare un po' "sponsorizzata" con immagini da "richiamo").
MEMORABILE: La parte a New Orleans, con la serata di baldoria generale.
Daniela: Dopo un film onesto anche se poco esaltante come Sully, Eastwood firma la sua regia più anonima: davvero arduo rinvenire la mano dei capolavori del passato in questo semi-documentario su un evento di cronaca in cui l'aver ingaggiato come attori i veri protagonisti della vicenda non riesce a rendere più appassionante una storia penalizzata da una messa in scena sciatta, a tratti persino dilettantesca: banale il prologo sugli anni dell'infanzia, zeppo di stereotipi e dialoghi insulsi il tour turistico, troppo sbrigativo e carente di pathos il momento clou. Da dimenticare.
Mascherato: Con Stealth, Cohen subisce la stessa nemesi toccata a Bay con The Island: fiasco al botteghino a dispetto della maggior ambizione dei progetti. E se il primo punta in alto quanto a plot, ma non cambia di una virgola il suo stile baracconesco, Cohen abiura l'estetica e l'ironia da b-movie dei precedenti Fast and Furious e XXX per catapultar(si)ci nel costosissimo blockbuster. Seriosissimo, noiosissimo, con un Jamie Foxx che arretra non tanto rispetto all'Oscar vinto per Ray, quanto rispetto allo stereotipo dell'attore afroamericano buono per fare da spalla comica e sacrificabile.
Dengus: Sognare le donne dell'Est negli 80's era una costante per tanti uomini. Tagliata la Cortina di ferro, ecco arrivare in Italia due belle ragazze bulgare conosciute durante un viaggio di lavoro. Buona la prova di Calà e simpatica la situazione che vede la sua amante diventare cameriera di sua moglie (un'affascinante e rassicurante Clery), noiosi Greggio (sempre il solito clichè Drivein-iano) e l'inadatto Laganà, in una parte in cui avrei visto meglio Boldi. C'è un buon Dogui meno dirompente che si fa circuire da un altrettanto buon Santonastaso pazzo!
MEMORABILE: Calà: "Questa non è una camera! È il Camerun!"
Parsifal68: Nella breve filmografia di Michael Cimino, eccezionale regista del bellissimo Il cacciatore, ricordiamo anche questa pellicola che, seppur con qualche stereotipo (il poliziotto bello e dannato), riesce a calamitare l'attenzione dello spettatore grazie a una trama dai ritmi serrati. La location è quella di Chinatown, dove regna l'illegalità e quindi la lotta tra bande cinesi rivali; il bravo Rourke cercherà di contrastarne il potere e, allo stesso tempo, di sconfiggere i fantasmi della sua mente. Bravi gli attori asiatici comprimari. Da vedere.
Giacomovie: Una brava violinista e un brillante studioso di storia vivono un amore intenso ma condizionato da paure e rimpianti. Tratta dal romanzo di Ian McEwan, è una pellicola stilisticamente ammirevole, diretta con attenzione al dettaglio e con diverse sequenze che esaltano bei paesaggi. Però la storia, pur se ricca di emotività, manca di fluidità, anche per il frequente ricorso ai flashback.
Rambo90: Brutto ritorno al cinema di Jerry Calà dopo ben 7 anni di assenza. Purtroppo lui si ritaglia un ruolo abbastanza piccolo nella parte di sè stesso e quindi si ride poco. Si concentra su storie che dovrebbero rappresentare il mondo giovanile ma che sono solo banali e zeppe di luoghi comuni. Si salva la simpatica canzoncina in colonna sonora e qualche duetto con Guido Nicheli e con Umberto Smaila.
Puppigallo: Una di quelle pellicole che non hanno grandi pretese, nonostante la condizione della protagonista, ma che, grazie a una certa freschezza nella narrazione e alla ragazza patita di Star Trek (che però si spinge anche oltre), finisce per avere un suo perché. Certo, non si approfondisce più di tanto l'argomento autismo, ma comunque si impara un po' a conoscere un qualcosa che crea un muro con gli altri, a meno che non si voglia andare al di là dell'apparenza, scoprendo le enormi potenzialità di chi magari ha difficoltà nell'interfacciarsi ma nasconde un mondo da scoprire. Non male.
MEMORABILE: Il cagnetto al fast food; La fuga dall'ospedale con stratagemma; L'attingere di lei a Kirk e Spock; Il finale della sceneggiatura.
Rambo90: Uno dei prison movie per eccellenza del cinema americano. Tutto funziona molto bene, dalla caratterizzazione dei personaggi al modo in cui socializzano tra loro, dalla estremamente tesa sequenza della fuga ai piccoli tocchi di umanità mostrati dalla sceneggiatura. Cast ben scelto: a Clint il ruolo calza a pennello ma anche le altre facce, tra cui un giovane Ward e un odioso McGoohan, sono azzeccate. Bel finale con colpo di coda beffardo.
Vitgar: Non male, questa commedia di Risi. Trama simpatica nella sua innocenza ben condotta con educazione e senza quell'eccesso di comicità un po' da caserma a cui Calà ci aveva abituati. Interpretazioni buone da parte di tutto il cast con un plauso per Vanessa Gravina, a suo agio nel ruolo e che già faceva intuire la bellissima donna di teatro che è oggi.
Noodles: Florestano Vancini tenta la strada del western, ma con poco successo. Il suo film infatti non coinvolge mai, appare rigido e con poche idee, giusto quelle tipiche del genere. La durata è eccessiva, ma soprattutto non convince Giuliano Gemma. Né la sua recitazione, poco espressiva, né il suo personaggio, che non pare per nulla il classico giustiziere dei western ma solo un ingenuo ragazzino. Qualche momento buono, qualche personaggio interessante ma il tutto è in generale deludente.
Rambo90: Commedia western innocua, con qualche spunto interessante nei cenni alla lotta tra allevatori di bestiame e di pecore, ma un po' ripetitiva e scontatissima nell'incedere. Doris Day incarna il suo ruolo combattivo da femminista ante litteram molto bene, così come è valido l'apporto di attori come Graves e Kennedy, ma la sceneggiatura offre loro dialoghi molto stereotipati. Qualche simpatica battuta qui e là e una buona regia, ma si dimentica presto.
Rambo90: Divertente film tv dei Vanzina, che sfruttano la narrazione (classica per loro) a episodi intrecciati: il migliore è quello con Brignano finto arabo che corteggia una bellissima Martina Colombari, poi viene Buccirosso (simpaticissimo quando litiga con la moglie), il bravo Mattioli in coppia con la Cucinotta (che per me però ha sempre recitato male) e infine il terribile ma immancabile episodio giovanile col pessimo Branciamore. Nel complesso è una commedia piacevole, migliore di altri prodotti che i fratelli hanno portato al cinema.
124c: Clint Eastwood in questo film da lui stesso diretto e interpretato non è più l'ispettore Callaghan che prima spara e poi pensa ma un attempato (e sempre sexy) giornalista che, passando da un lenzuolo all'altro, cerca di togliere dagli impicci un povero innocente condannato a morte. Divertenti i bisticci fra lui e l'editore impersonato da un sempre ironico e graffiante James Woods e col collega/rivale impersonato da Denis Leary. Bravo Isaiah Washington, divertente la visita lampo di Clint allo zoo con la figlia piccola.
Raremirko: Rivisto da poco, l'ho trovato molto più cupo (sia visivamente, sia come contenuti) di quanto ricordassi. Tecnicamente è molto molto buono e gli attori convincono, ma l'ho trovato un po' macchinoso a livello di script; a ogni modo ha retto benissimo la prova del tempo e a tutt'oggi rimane un buonissimo western.
Galbo: Prodotto televisivo di media qualità nel quale i fratelli Vanzina dimostrano il loro pugnace attaccamento alla mitologia degli anni '60 dal quale non sembrano volersi distaccare nè al cinema nè in televisione. In realtà la capacità rievocativa degli autori è discreta ma il loro sguardo ha il grosso limite di essere assolutamente acritico ed impersonale, tutto giocato sull'aneddoto e l'episodio senza mai osare, cosa forse ingiusta da chiedere ad un prodotto televisivo.
Galbo: Film per famiglie fruibile da un pubblico abbastanza vasto e realizzato con cura ed eleganza. Ben realizzata e sufficientemente credibile l'animazione digitale che fa del protagonista un personaggio simpatico, se non fosse per il fastidioso doppiaggio italiano. Bravi gli attori, con particolare riferimento all'inglesissimo ed autoironico Bonneville, mentre non incide positivamente la Kidman, che interpreta un personaggio senza grande spessore. Non male nel suo genere.
Reeves: Nelle intenzioni doveva essere un peplum di buona fattura intellettuale, dato il valore dei tre sceneggiatori, ma il risultato è decisamente deludente. Manca tutto l'aspetto favolistico e ingenuo che faceva grande il nostro cinema mitologico degli anni Sessanta e non ci sono nemmeno masse muscolari fuori misura da ammirare. La noia prevale fin dalle prime battute.
Saintjust: Male contro bene, maghi contro streghe, maestro Gregory (Bridges) contro madre Malkin (Moore). Così si potrebbe definire la trama di questo canonicissimo fantasy. Manicheo è l'aggettivo più calzante per questa pellicola: buoni e cattivi non hanno alcuna sfumatura "grigia" e questo è un bene vista la moda attuale, ma ciò conduce la trama verso un totale appiattimento. Non v'è un guizzo, nessuna invenzione, solo frequenti scene d'azione e amoreggiamenti tra l'insipido Barnes e la deliziosa Vikander. Leggerezze sono sparse ovunque. Sciapo.
Siska80: Difficile ammetterlo, ma è così: la tipologia di molte commedie romantiche italiana ricorda spesso quella tedesca e il film in questione ne è una prova lampante, a partire dalla trama obsoleta che vede il solito matrimonio osteggiato per motivi di ceto, anche se il nostro cinema si riconosce per una maggiore, passionale sbrigatività (a nemmeno dieci minuti dall'inizio i due protagonisti sono già nudi a farsi un bagno insieme nella vasca). Nella mediocrità generale (che include un happy end movimentato), si salva comunque la simpatia dell'intero cast, ma una visione basta.
Cotola: Ottimo film, firmato da Kostner, che permette di riassaporare il western classico con i suoi ingredienti. Non ci sono quindi novità da segnalare, ma tutto è svolto nel migliore dei modi, tanto che alla fine il risultato è ragguardevole. Regia invisibile,
bella sceneggiatura, ritmo elevato, buone prove degli attori, gran bel finale. Chi ama il genere farebbe bene a recuperarlo.
Galbo: Prendendo spunto dalla realtà storica (in particolare la guerra fredda e gli scambi di spie oltrecortina) il regista Bianchi dirige i due grandi attori in un film che non si può dire molto riuscito. La trama è confusa e la sceneggiatura (come spesso purtroppo accade ai film con Totò) alquanto raffazzonata. Il film diventa quindi una prolissa (e in parte noiosa) avventura intervallata da divertenti (ma non sempre) sketches. Piuttosto inutile.
Guru: Commovente e ricco di emozioni, questo film, interpretato divinamente da Gere, esalta il rapporto indissolubile tra un uomo e cane. Storia vera avvenuta nel 20 in Giappone, tocca la sensibilità umana e non mancano i momenti di grande intensità emotiva. Buon film, buona fotografia e bravo regista.
Nando: Inquietante pellicola che vede un monumentale Hopkins alle prese con una vicenda in cui il titolo già conduce a una certa predisposizione narrativa. Situazioni al limite del grottesco con altre che illustrano il disagio di un'importante malattia neuro-generativa che viene mostrata in tutta la sua "normalità". Indubbiamente interessante e soprattutto da vedere.
Viccrowley: Bollitissimo adattamento cinematografico di uno dei casi letterari degli ultimi anni. Dovrebbe essere sexy, ma a confronto anche le "Orchidee selvagge" di Kinghiana memoria sembrano erotici e profondi. Cinematograficamente patinato, oltre che ruffiano, il film nato per dare scandalo scandalizza solo per ciò che alla fine comunica. E cioè il vuoto pneumatico dei sentimenti e dell'eros ai giorni nostri dove vaghi accenni al sadomaso sembrano chissà quale lussuria. E mostrando poco o nulla ottiene l'effetto opposto, risultando bacchettone oltre misura.
Galbo: Percorrendo le strade di Teheran a bordo del suo taxi, il regista Panahi compie un viaggio nella coscienza critica del suo paese, tormentato dalla mancanza delle libertà civili che minano la sua libertà espressiva. Una struttura minimale, fatta di frammenti di conversazione e personaggi presi dalla strada, e un riuscito insieme di verità e finzione che produce un opera compatta che parla di un paese più di tante opere di fantasia.
Rambo90: Lo spunto prometteva molto, ma la sceneggiatura dopo una partenza sprint e anche discretamente realistica si perde in una deriva improbabile con sviluppi sentimentali che si potevano evitare (per non parlare della sottostoria di Liverani). Peccato perché la coppia Volo-Francesconi funziona e alcuni caratteristi sono ben scelti. L'argomento influencer/social attende ancora idee migliori. Mediocre.
Zardoz35: Il film che non ti aspetti, camaleontico e dal ritmo sostenuto, parte lento e sembra la classica pellicola su amori studenteschi di bassa lega. Poi si vira bruscamente sul processuale, ti aspetti un processo con infiniti botta e risposta tra avvocati e invece altro cambio di scenario. Per farla breve, nessuno è perfetto, nessuno è pulito. Cast notevole, con Dillon in parte, Murray fantastico anche se un po' troppo marginale, Bacon poliziotto testardo, Campbell e Richards perfette come bad girls, la Russell ricca viziosa con toy boy a rimorchio. Gradevole.
MEMORABILE: La tentazione della detective Rubin-Vega, a casa di Dillon in piena notte: le due labbra si avvicinano, ma l'arrivo di un taxi rovina tutto.
Didda23: Simpatica commedia romantica che gioca sul presupposto che gli "opposti alla fine si attraggono". Niente di originale da un punto di vista narrativo (finale, ovviamente, compreso), da annoverare nella schiera di quei film "rassicuranti" e che danno speranza agli eterni sognatori. Formalmente si vede che c'è una produzione di livello che lo discosta da molti prodotti alla Hallmark. I protagonisti sono - more solito - bellissimi e brillanti, anche se le rispettive caratterizzazioni non sono proprio tondissime. Un'opera indicata unicamente agli appassionati del genere.
MEMORABILE: Le visioni differenti in ambito lavorativo; L'appuntamento fatto per ingelosire; In ascensore.
Didda23: L'ultima opera del veterano Taylor Hackford (L'avvocato del diavolo) è senza dubbio un buon action-thriller con un bravissimo Jason Statham nel ruolo del protagonista. Se da un lato la sceneggiatura non si inventa nulla (si parla di rapine e vendetta), la regia mostra solidità e attenzione nel ritmo che, nonostante la durata (quasi 2 ore), non cala mai. Il resto della "ciurma" vede un ottimo Chiklis nei panni dell'antagonista. Indicato per una serata di puro relax (mentale).
Ryo: Eccezionale commedia, giocata interamente sui temi classici e lo stile di Massimo Troisi: le relazioni sentimentali, raccontate nei loro momenti meno piacevoli quali ansie, timori, dubbi. Il regista e protagonista riesce con una dimestichezza rara a far divertire e far riflettere allo stesso modo, analizzando dinamiche quotidiane, senza banalizzarle. Una delizia.
MEMORABILE: "No ma comunque, cioè... sei svenuta bene..."; "Vieni a vedere la Madonna che piange?" "Non mi va di vedere gente che piange. Se rideva, sarei venuto".
Mandrakex: Una guardia di diligenze, tradita e ingannata, viene scambiata per un fuorilegge di una banda di razziatori. Routinario western di serie B, insolitamente girato perlopiù in città, che ha dalla sua un ritmo sostenuto, un buon cast di contorno e più di un colpo di scena. Scott è una garanzia come sempre mentre tra le seconde file compare un giovane Bronson. Sorprendente per un film di questo livello il gioco di ombre e luci del finale. Nonostante una prevedibilità di fondo si lascia vedere volentieri. Può piacere anche ai non esperti del genere.
MEMORABILE: La voce narrante di Scott che introduce la vicenda; Lo stratagemma delle selle slacciate; La resa dei conti nel buio del saloon.
Lovejoy: Dal classico della Christie un giallo che, nonostante gli anni, riesce ancora a tenere con il fiato sospeso. Merito di una storia che non invecchia minimamente, di una regia calibrata e di un cast all star al meglio delle proprie possibilità. Da ricordare: Ingrid Bergman (che ricevette un meritato Oscar come Non Protagonista), Bacall, Balsam, John Gielgud, Widmark e, su tutti, il carismatico Finney nel ruolo di Hercule Poirot.
Faggi: Opera evanescente (ornamentale potrebbe essere l'aggettivo definitivo) di David Hamilton. Fanciulle in fiore nude o seminude, adolescenti turbati, promiscuità, servitù vogliosa, capricci. Atmosfera languida, a tratti dolcemente perversa, dai colori pastello; tessuto figurativo opaco. Trama quasi inesistente (si tratta quasi di una serie di quadretti fotografici giustapposti).
Galbo: Declinazione action e fantascientifica sul tema di Ricomincio da capo. Un uomo ripete centinaia di volte una movimentata giornata nel tentativo di venire a capo della misteriosa scomparsa della ex moglie. La regia di Carnahan assicura un ritmo notevole alle scene d’azione benché alla lunga si avverta (inevitabilmente) un certo senso di ripetitività. Per fortuna, il film non si prende mai sul serio, complice anche la performance auto ironica di Frank Grillo (complimenti al suo personal trainer !) e di Mel Gibson, quest’ultimo efficace vilain. Più defilata Naomi Watts.
Pumpkh75: Muoviamo subito il pressoché unico appunto: il prologo, seppur destabilizzante e audace, ha l’effetto di un grosso spoiler inopportuno e spostarne qualche brano più avanti a mo' di flashback avrebbe creato quel mistero che invece così manca integralmente. Con le reprimende però ci si ferma qui: accurata la regia di Plaza (e scenografie/fotografia non certo da meno), bravissime le due protagoniste, mostra acume nell’affrontare disagi oggettivi e soggettivi della sfera senile ma, soprattutto, in taluni frangenti, mette sinceramente paura. Tormentoso.
Galbo: Ordinaria giornata lavorativa per tre poliziotti francesi alle prese con una crisi di coscienza legata a un caso del proprio lavoro. Un film che punta sulla caratterizzazione dei personaggi che alternano i problemi lavorativi alle problematiche vicende personali; questo doppio piano di lettura tende però a "diluire" e rendere meno incisiva la vicenda principale che è quella maggiormente interessante. Buone ambientazione e prova degli attori, tra i quali spicca la bella e brava Virgine Efira.
Ultimo: Un buon thriller giudiziario diretto e intepretato da Clint Eastwood, qui nei panni di un giornalista alla ricerca della veritá. La vicenda si segue con interesse, e se non fosse per una durata eccessiva staremmo parlando di un grandefilm. Resta in ogni caso un lavoro di ottimo livello, con poche pause e un finale un po' ai limiti ma perdonabile. Spassosi i dialoghi con James Woods. Consigliato.
Galbo: I complessi rapporti inter-razziali nell'america degli anni '50 in una commedia sentimentale che nonostante le ampie dosi di buonismo e una morale semplicistica di fondo, riesce a divertire e in fondo a coinvolgere umanamente lo spettatore. Le vicende sentimentali di un giovane vedovo che si innamora della governante di colore della figlia, funzionano anche grazie alla simpatia e bravura del cast.
Ruber: Incursione documentaristica nella vita di una famiglia ebraica proprietaria di un piccolo strip club. La famiglia è per certi versi bizzarra: il padre un fumatore incallito che pesa oltre duecento chili, una moglie anoressica, due figli che insieme al padre portano avanti il locale tra alti e bassi. Non si capisce bene cosa voglia raccontare il filma, se i rapporti tra i componenti dei Cohen oppure la vita dentro il locale, visto che i nudi delle ragazze sono ridotti all'osso e le decisioni sulla gestione vengono sempre prese dal patriarca. Deludente.
MEMORABILE: L'intervento allo stomaco del padre per perdere peso, che poi fregandosene delle regole riprende i chili persi!
Vstringer: Cult assoluto nelle zone d'origine dei tre protagonisti, in ragione di un rimarchevole fuoco di fila di gag che prendono a pretesto il Pinocchio di Collodi per far ridere in ogni modo possibile, dall'intenzione slapstick del burattino Paci ai grandi tempi comici delle volgarità di Ceccherini, passando per cenni di satira di costume. Robusta la dose di autoironia. Grandi risate.
Tomastich: Il luciferino Spacey e l'annebbiato Kline danno vita (insieme alla rispettive consorti) ad un thriller convincente, che non lesina suspance anche se alcuni buchi di sceneggiatura fanno perdere credibilità al tutto. Come si può in un thriller non mostrare gli omicidi chiave?
Magnolia: Il film si apre con il bisogno di liberarsi dalle convenzioni sociali (bisogno tipico della generazione dei ragazzi anni '80 e '90) per poi concludersi con la necessità di liberarsi pure dalla natura, che sebbene affascinante, immensa e straordinaria si rivelerà una gabbia dorata. Il messaggio è forse contenuto nel discorso del vecchio vedovo: solo con il perdono si riesce ad essere veramente liberi? Straordinaria la fotografia. Si esce dalla sala con ancora addosso l'aria di montagna, dimentichi che ad attenderci c'è il grigiore della città.
Markus: Commedia scacciapensieri in quattro episodi. "L'amore è cieco" (*!): fiacca farsa con qualche venatura pruriginosa; "Un pane sicuro" (*!): scarso episodio con Salce, ma incuriosisce per la presenza di Funari; "Bisogno urgente" (**!): il più divertente del lotto, con una vicenda puerile (un bisogno fisiologico negato dalle situazioni) resa spassosa da Ponzoni; "L'erede" (**): faccenda di grossa eredità che dà manforte a una storia tra il cinico e il divertito. Molto sexy la Karlatos. Buone le musiche.
Vitgar: Considerando le firme in sceneggiatura (Cimino e Stone) forse ci si poteva aspettare qualcosa di più. Il film è interessante, anche se la trama non offre niente di nuovo. Un ottimo Rourke "sinofobo" mette a soqquadro la malavita di Chinatown dove un perfido John Lone vuole prendere il sopravvento sui capimafia anziani. Gli eventi incalzano in mezzo a una violenza senza appello. Belle ambientazioni, buona la musica. Finale abbastanza scontato ma ben reso.
Paolobrg: A volte certi film distrutti dalla critica negli anni '80 vengono rivalutati perché, visti con gli occhi di oggi, ci offrono un quadro fedele di quell'epoca. Non è il caso di "Italiani a Rio". Il film rimane povero, banale, costruito alla buona per far tornare i conti e strappare qualche risata grassa. Mauro Di Francesco ha un suo perché, Silvio Spaccesi dà il meglio di ciò che è tagliato per fare, Gianni Ciardo è nella solita parte dell'imbranato, Gullotta un po' troppo carico nel ruolo del marito geloso.
Guru: Roma 1921: le vicende si sviluppano durante il nascente fascismo... E’una storia dai colori caldi e dalla retorica che celebra l’anarchia e la rivoluzione. Divertenti e originali alcune scene della prigionia e del “buco silvestre” con un affascinante e giovanissimo Delon che buca lo schermo. Ruolo secondario quello di Ugo Tognazzi, che caratterizza il suo personaggio con astuzia in un finale poco entusiasmante.
Piero68: La sceneggiatura cicca clamorosamente la centralità del magnifico romanzo di Lucarelli: la costruzione del profilo del serial-killer e il suo incontro/scontro con il “cieco”. La maestria dello scrittore nel creare suoni, rumori, atmosfere, essenziali per tratteggiare sia la figura del SK che del cieco scompaiono completamente. Persino la simbologia dell’animale che lo ossessiona, l’Iguana, viene trasformato in un più semplice serpente. Un capolavoro banalizzato in maniera disarmante. Regia insufficiente e Indovina assolutamente inadatta al ruolo.
Daniela: La prima notte di nozze di due giovani sposi, molto innamorati ma anche molto inesperti e sessualmente inibiti... Nel tentativo difficile di tradurre in immagini il bellissimo romanzo breve di McEwan, Cooke se la cava piuttosto bene nella prima parte, anche se l'innesto dei numerosi flashback non appare sempre fluido, ma convince poco nella seconda, in cui i toni si fanno melodrammatici e si sfiora il ridicolo involontario. Anche l'evoluzione del personaggio maschile appare troppo repentina e l'epilogo nel segno del rimpianto è compromesso da un pessimo trucco di invecchiamento.