Convince assai poco questa sottospecie di
Tocco della medusa in chiave femmineo/introspettiva (e non poco nordica, forse anche troppo), dove fallisce proprio sotto l'aspetto "soprannaturale", in una serie di scelte narrative loffie se non ridicole, dove la voglia di fare "qualcosa di diverso" (cheppoi tanto diverso non è) si rivela altamente controproducente.
Dopo un notevole incipit che faceva ben sperare (papà e figlia a caccia tra i boschi innevati, il fucile impugnato dal babbo che cambia traiettoria, dal cerbiatto all' altezza della testa della bimba), il film prende derive da drammone intimista che tira in ballo : solitudine, l'impossibilità di essere normali, la colpa, il peccato, il peso dell'educazione rigidamente religiosa, il risveglio della sessualità che genera inquietudine e malessere, mutandosi in eventi parapsicologici semi catastrofici, incubi, simbolismi e passaggi onirici da
Nightmare in versione extralusso.
Se la confezione è impeccabilie (così come le splendide location norvegesi), il resto è il classico filmettino da festival, laccato, pulitino e indolore, esteticamente affascinate ma freddamente cerebrale e anche un tantino snob, dove Joachim Trier (non facendo onore a cotanto cognome) non vuole sporcarsi le mani più di tanto, percorrendo (senza particolari guizzi) la triste e fastidiosa strada del politicamente corretto.
Tra citazioni sparse quà e là (i corvi kamikaze di
Dark Skies, la piscina della scuola che diventa la vasca da bagno del primo
Nightmare, il bimbo imprigionato dalla lastra di ghiaccio del lago alla
Zona morta, Thelma tra tac e risonanze come la Regan dell'
Esorcista, o bardata "telecinesicamente" sgranando gli occhioni che sta tra
Patrick e
Aenigma), brutti effetti in CG (il serpentone tentarore che si infila nella bocca, il finestrone che esplode, le fiamme sulla barca), la parte "horror" (cheppoi tanto horror non è) accusa squisite puntate nel ridicolo involontario che stridono con il rigore formale che vuole impostare Trier, per poi sfociare nel pacchiano pre finale in odor di miracoloni (tacendo sulla terribile chiusa che manco
Dawson's Creek).
SPOILERLa scomparsa del neonato che continua a frignare, poi , magicamente, ritrovato sotto il divano del salotto è una pseudopagliacciata senza pari-davvero non credevo a quello che stavo vedendo-
Il babbo prende improvvisamente fuoco sulla barca in mezzo al lago (fiamme in CG ovviamente), si tuffa in acqua, riemerge e piglia ancora fuoco.
L'amica innamorata scompare misteriosamente dietro ad un finestrone dopo essere stata investita da una miriade di schegge di vetro (in CG ovviamente), un capello rimane attaccato al vetro-che manco nel più scadente J HORROR-, poi ricompare come se nulla fosse nel finale a baci sul collo, il potere dell'amore vince su ogni cosa
Mammà viene miracolata da Thelma in via di santificazione che nemmeno Bernadette
Thelma si getta nel lago, c'è un trapasso oniricheggiante, poi risale a riva sputando uccelli morti dalla bocca
FINE SPOILERA funzionare un pò di più è forse l'interessante aspetto sentimental/lesbo alla
Vita di Adele che lega Thelma con Anja (l'amicizia chiesta su Facebook, la visita al profilo, la seduzione saffo in discoteca, il feticismo per il capello lasciato sul cuscino, la divertente "gara" di imprecazioni sul povero Gesù, la mano di Anja che tocca Thelma nelle parti intime all'auditorium-con reazione di Thelma che fa oscillare la struttura sul soffitto, il bacio passionale che ne consegue, le chiamate di Anja, senza risposta, sullo smartphone, alla festa casalinga fumando la finta canna, dove le passioni di lesbo si fanno più ardite in un cortocircuito oniricheggiante, rovinate dal serpentone in CG) e qualche buona trovata visiva (il sangue da naso che cola nel bicchiere di latte).
Ma tolto questo rimane poco altro, se non una glaciale deriva nella complessa psicologia femminile, le solite metafore sulla sessualità che si desta all'improvviso fomentata da passioni amorose incontrollabili e una snobistica puzza sotto il naso, dove la visceralità della carne e la crudeltà dell'animo umano rimangono fuori dai giochi, compromettendo uno script che sulla carta poteva anche funzionare se impostato diversamente (sembra più uno "pseudobiopic" di qualche supereroina della Marvel, più che la tanto strombazzata
Carrie kinghiano/depalmiana).
Bravissime le due ragazze protagoniste, che riescono a dare una sensazione di realismo nel loro tormentato rapporto amoroso e la parte medica (che si allunga più del previsto) è francamente noiosa.
Avrebbe funzionato molto di più se fosse stato solamente un dramma LGBT con i suoi crucci e i suoi dolori, senza scomodare gli orpelli extrasensoriali e le derive (ben poco ficcanti, pretestuose se non qualche volta ridicole) nel cinema di genere (che per come la vedo io lo si dovrebbe affrontare con cipiglio impulsivo e passionale, non con irritante snobismo e pedanteria autoriale).
Per quanto mi concerne parecchio sopravvalutato e più convenzionale di quanto non si creda.
Riprovaci Gioacchino von Trier, sarai più fortunato.