THE DEVIL’S ADVOCATE, ovvero come studiare a tavolino un film destinato al veloce successo e all’altrettanto repentina scomparsa. Il primo punto di riferimento è lo straordinario ANGEL HEART di Alan Parker, filtrato attraverso alcune scenografie malate rubate dal thriller rivelazione SEVEN. Ma facili sono anche i richiami al SOCIO di Pollack, con un Keanu Reeves novello Tom Cruise (ma più stereotipato) che si comporta con la moglie esattamente come il suo predecessore e come lui entra in uno studio di avvocati - importantissimo...Leggi tutto e quasi invincibile - in qualità di superdifensore imbattibile, giovane e ambizioso. Al Pacino rifà il De Niro di ANGEL HEART ripetendone quasi il finale virtuosistico e giocando ancora con il nome di battesimo: se De Niro nel film di Parker veniva chiamato Louis Cypher, qui Pacino sfrutta nome e cognome del grande letterato John Milton, autore non a caso del celebre libro “Il paradiso perduto”. In questi tre/quattro titoli stanno le maggiori influenze di THE DEVIL’S ADVOCATE; in realtà regista e sceneggiatori hanno saccheggiato un po' tutti i lavori di maggior successo degli ultimi anni, senza dimenticare il “morphing” di TERMINATOR 2 e le trasformazioni facciali (opera del mago Rick Baker) prese da horror come I SONNAMBULI. Siamo quindi di fronte a uno sterile concentrato di plagi? No, il film regge, è girato con mano sicura e valorizzato da qualche estrosità apprezzabile (vedere ad esempio gli stacchi durante l’imbiancatura delle pareti di casa), sa creare almeno un paio di momenti di pura tensione, centra qualche freddura tipicamente alla Al Pacino e riesce a mantenere vivo l'interesse per più di due ore. Certo, sono da criticare la confusa frammentarietà, il continuo sottinteso promettere chissà quali rivelazioni e novità per confondersi al contrario in una Babele di finti colpi di scena e netta è l'impressione di assistere a uno spettacolo ben fatto, confezionato con tutta la professionalità cui gli americani ci hanno abituato ma privo di una vera anima, commerciale nel senso più deteriore del termine: due ore di avventura assicurate, quindi, ma una volta fuori dal cinema si realizza e si misura finalmente l'inconsistenza di fondo del progetto, mancando THE DEVIL’S ADVOCATE di quel tocco in più che solo i veri autori possono dare. Consoliamoci con la grandiosità degli scenari (le cascate all'ultimo piano del grattacielo, con i due protagonisti che camminano sul ciglio di un tetto senza alcuna ringhiera sono davvero suggestive), buoni temi musicali, un sonoro e un montaggio di qualità, effetti speciali a volte geniali (il quadro vivente alle spalle di Al Pacino nel finale). Protagoniste femminili finalmente in parte, confezione di classe. Chiudono sui titoli di coda i Rolling Stones di “Paint It Black”, brano oscuro e arcano tra i più suggestivi dell'intero repertorio del gruppo.
Kevin Lomax è un giovane avvocato rampante. Il suo successo lo porterà alla corte del misterioso John Milton, che si rivelerà essere presenza alquanto misteriosa. Il film è molto avvincente e gli interpreti bravissimi. Dopo una partenza un po' lenta, si comincia a carburare e i colpi di scena cominciano ad imperversare. Brava la Theron, credibile Reeves, Al Pacino è sempre fenomenale. Bellissimi soprattutto gli ultimi 30 minuti.
Un onesto prodotto che certo non fa gridare al miracolo. Anche l'interpretazione di Pacino, pur sempre buona, non è tra le sue migliori e Keanu Reeves non eccelle per qualità. Niente da dire: il film è ben confezionato e si lascia seguire fino alla fine ma gli manca quel non so che per fargli fare il salto di qualità. Comunque non male, dopotutto.
Sicuramente non è un horror, ma alcune scene inquietano e rimangono nella memoria (le donne trasfigurate, il sogno dell'aborto). Il film lo salva Al Pacino che recita in vena luciferina. Per il resto si può vedere ma con il gioco di incastri realtà/sogno/soprannaturale il film si avvita un po' su se stesso. Alla fine tutto è il contrario di tutto. Insomma, Al Pacino a parte, vedibile e niente più.
Un buon film, che se vogliamo ha il torto di scivolare un paio di volte nel ridicolo involontario. La storia -non originalissima- è quella di Satana al giorno d'oggi, tra i pezzi grossi della finanza USA. Il suo mix tra horror e film drammatico ha il suo fascino e l'interpretazione di Al Pacino da sola eleva il film ad un livello che probabilmente nemmeno gli appartiene. Resta un film ambizioso, non del tutto controllato ma ampiamente godibile, in particolare per i gustosi dialoghi.
MEMORABILE: "Stiamo arrivando! Con le armi in mano!" (Al Pacino)
Bel thriller con puntatine d'horror ben scritto e ben diretto dal bravo Hackford, anche se la parte finale sfocia nel ridicolo. Fino a quel momento, in un crescendo drammatico esemplare, la storia funziona, i personaggi sono interessanti e gli attori sono in forma splendente. Al Pacino, ovviamente, ha una marcia in più. Grande anche Jeffrey Jones.
Il film procede bene per più di un'ora, grazie a un Pacino che sembra divertirsi molto, ritrovandosi nel ruolo del principe delle tenebre; e a un Reeves a suo agio in quello dell'avvocato arrampicatore, attaccato al soldo e a una Theron molto bella (ancora piacevolmente in carne). Poi però, inizia ad arrancare; e non bastano colpetti di scena qua e là, qualche effetto e la lenta dannazione del protagonista, a mantenerlo sui livelli iniziali, perchè in mezzo c'è troppa aria fritta (parti evitabili). Nel finale si sfiora anche il ridicolo. Vedibile, ma deludente.
MEMORABILE: La splendida piscina in cima al palazzo e che rasenta il bordo; Il volto della donna, che allo specchio diventa mostruoso.
Keanu Reeves, Charlize Theron ed Al Pacino sono tre nomi a garanzia di recitazione perfetta. Il film solo marginalmente accarezza i temi horror per addentrarsi, invece, all'interno di una metafora sul concetto di giustizia e "corruzione". È, per meglio inquadrarlo, un feroce thriller/horror, ricco di ottimi dialoghi, ottimamente fotografato che rimanda, per la lenta discesa "agli infèri" al polanskiano Rosemary's Baby e che si chiude su un lungo, allucinato (ma ammaliante) monologo sorretto da un Al Pacino da pelle d'oca...
Buon film 'demoniaco' su cui aleggiano le pesanti ombre di Faust, Edipo e Rosemary's baby, per affrontare senza troppe pretese l’atavico problema della conciliazione tra giustizia e libero arbitrio. Ottimo il cast, dominato da un grandissimo Al Pacino, moderna incarnazione luciferina e citazione nominativa del grande poeta John Milton.
Film di difficile catalogazione (con oscillazioni tra l'horror, il thriller e la parabola morale) ma tutavia piuttosto affascinante sul piano stilistico grazie alle buone interpretazioni dei suoi protagonisti adeguatamente sfruttati dalla buona regia di Taylor Hackford: Pacino in particolare realizza una delle sue migliori interpretazioni (che sarà ampiamente autocitata in diversi film successivi a questo) con un personaggio luciferino in senso metaforico e letterale. Bravo anche Reeves nei panni del giovane che vende l'anima al diavolo.
Pur con tutti i suoi difetti il film ha il pregio di non far pesare i 135 minuti di durata, risultando un prodotto godibile. Sinceramente ho preferito di gran lunga le parti "legal" a quelle soprannaturali, che a ben vedere non aggiungono nulla ad una storia che poteva reggere benissimo senza scomodare gli inferi. Tesi confermata dalla lunga spiegazione finale di Pacino su sfondo infernale, la parte peggiore del film (a mio parere). Ma nonostante tutto, si guarda piacevolmente.
MEMORABILE: Scusate la bassezza, ma non posso non menzionare il nudo integrale della Theron: da applausi (alla mamma).
Film discreto che mi ricorda l'ottimo Rosemary's baby. Grande prova dell'istrionico Al Pacino, medio Reeves e discreta la Teron. Fino alla parte "legal" c'è interesse (degne di nota le ambientazioni e diversi dialoghi tra il vecchio e il giovane avvocato). Quando si sconfina nel soprannaturale pare forzato, specie nella parte finale. Belli alcuni effetti e le protagoniste.
MEMORABILE: La piscina, la donna di colore nel camerino, l'ascensore.
Film vagamente ispirato a Rosemary's Baby e alle favolette morali. Pacino si diverte a gigioneggiare sul libero arbitrio e la giustizia a danno degli intepreti più giovani. La narrazione è a tratti un po' noiosa, ma viene ravvivata dagli inserti simil horror e dalla progressiva alienazione della Theron, che impegna non poco le parrucchiere. Godibile, ma l'intento morale si perde alquanto negli effetti speciali e nelle interpretazioni. Meglio riprendere direttamente il Milton originale.
Non si può di fronte a questa pellicola non pensare a Rosemary' Baby, di cui è debitrice e per la figura della Theron decisamente simile alla Farrow e per un climax di fondo. Fortunatamente, poi, il film assume altri contorni, anche se è forte l'invettiva contro la presunta amoralità di certe scelte dettate dal proprio lavoro o dal successo. Può esser questo il punto di debolezza del film, che scivola via via nella favoletta morale venendone risucchiato. Ottimo cast e buone interpretazioni.
Non male. Keanu Reeves avvocato è al servizio nientepopodimeno che del diavolo alias Al Pacino (che offre una bella interpretazione, un po' gigionesca). C'è la stupenda Charlize Theron. Con qualche interessante scena horror (segnalo quella nel finale) e una buona trama, il film si fa ricordare piacevolmente.
Sarebbe stato meglio calare il sipario e mandare i titoli di coda evitando l'appendice finale che ci riporta ad inizio film. Questa parte posticcia infatti nulla aggiunge alla pellicola e anzi confonde ancor di più le idee allo spettatore. Fin li la narrazione è di tutto rispetto, un po' troppo ambiziosa riguardo alle tematiche spiritual/religiose tirate in ballo ma giustamente né gli attori né il regista sembrano prendersi troppo sul serio. Pacino sontuoso e sopra le righe nei suoi demoniaci panni, molto efficace Reeves, piuttosto inutile la Theron.
MEMORABILE: Pacino/Milton: "È il nostro segreto, garbo e gentilezza!"
Niente più che un discreto intrattenimento, la cosa peggiore è il finale, rassicurante e moralistico, "fabula docet"... Rivisitazione abbastanza prevedibile del mito di Faust, discesa (o ascensione?) agli inferi di un rampante avvocato. Alcune belle trovate visive (ma anche un paio di "stecche"...). Il prefinale è verboso, eccessivo, una dissertazione teologica-demoniologica- escatologica francamente evitabile. Al Pacino fa troppe scintille, Reeves ha la faccia giusta ma è legnoso, la migliore nell'insieme è la Theron.
MEMORABILE: La "passeggiata" sul tetto del grattacielo.
Giovane avvocato viene ingaggiato da un grande legale che in realtà è il diavolo. Una storia intrigante che rilegge il mondo dell'avvocatura (particolarmente mitizzato negli Usa) come un implicito patto col demonio. Ma al di là della specifica critica alla categoria, il film diventa la favola nera simbolica dei nostri tempi dominati dall'individualismo, dalla sete di successo e dalla vanità: verità tanto impressionante quanto è spiazzante l'idea di Satana che passeggia per New York come fossimo in un romanzo di Bulgakov. Sottile.
Quale mestiere poteva fare il figlio del diavolo se non quello dell'avvocato? Scherzi a parte il film risulta ben riuscito. Un po' per il solito inimitabile Al Pacino (doppiato da un altrettanto magistrale Giannini) e un po' per i dialoghi a tratti molto interessanti che completano una trama tutto sommato godibile, il risultato non delude affatto. Poco importa se qualche scena più orrifica si poteva anche evitare, la stupenda Theron imbruttita ed indemoniata è un autentico sacrilegio.. Molto suggestiva nelle scene finali una desolata New York.
MEMORABILE: "Vanità, decisamente il mio peccato preferito".
Il regista di Ufficiale e gentiluomo ci prova con una favola nera avente a che fare con Belzebù in persona. Una sorta di vicenda faustiana adattata ai tempi, insomma, e metafora - un po' troppo facile - della corruzione del potere e del successo. Nonostante i limiti strutturali e, direi, ideologici, il film si lascia seguire, grazie anche alle convincenti prestazioni del cast, nel quale spicca il buon Al Pacino: indovinate che ruolo gli tocca!
Divertente e riuscito thriller "demoniaco" che, pur con qualche lungaggine e caduta
di gusto, coinvolge ed intrattiene lo spettatore per tutta la sua durata. Al Pacino è un adorabile gigione che la fa da padrone, la Teron va un po' sopra le righe mentre
Reeves conferma di non essere certo una cima. Ideale per passare una piacevole serata senza troppi pensieri.
Grande, immenso, incommensurabile Al Pacino, che qui impersona nientemeno che il diavolo. Fa in un boccone Keanu Reeves, un attore troppo belloccio, che considero anche troppo bamboccio, fin dai tempi in cui interpretatava Point Break (che ci volete fare, a me tutti questi "bonazzi" m'insoppettiscono) ed è persino spalleggiato da Charlize Theron, che, ai tempi, era solo una bella modella di uno spot. Un film che spazia in vari generi, con un Giancarlo Giannini doppiatore veramente in parte!
Avvocato di provincia viene ingaggiato da un grande studio newyorkese per il suo talento nello scegliere i giurati. Ma non solo quello interessa al diabolico titolare, che si chiama nientemeno John Milton. Patinatissimo film d'intrattenimento, quasi tutto vapor di zolfo e poco arrosto, con Al Pacino che gigioneggia indisturbato e ghigna continuamente. Reeves è attonito, la Theron era ancora solo decorativa. La parte relativa ai dilemmi morali è buttata lì senza grandi idee. Modesto.
Pellicola di mestiere, portata avanti dalla voglia di vedere Al Pacino che strilla e strepita (strano!), perché il resto della trama è abbastanza telefonata, al di là della tendenza della sceneggiatura di 'stranirè. Che poi in America gli avvocati siano facilmente considerati esseri diabolici non v'è dubbio: sono proprio i clienti di Keanu a diventare innocente e lui a insozzarsi delle loro diaboliche colpe. Insomma, è un filmetto simpatico e ben recitato, che vorrebbe essere più di quel che infine risulta. Ma glielo perdoniamo.
MEMORABILE: "Caduta, caduta è Babilonia!"; la New York praticamente svuotata del finale.
Un rampante avvocato vende l'anima al diavolo per conquistare fama e successo. Una narrazione in bilico tra horror, thriller e dramma che vede un cast di prim'ordine con un Pacino che si esalta nel ruolo luciferino. Certo alcune situazioni sono patinate e scontate, ma sostanzialmente la pellicola è godibile.
Tentativo, in gran parte riuscito, di mescolare i processi ai diavoli. Il giudizio e la conseguente scelta finale spetterà ad una corte composta da un solo uomo, artefice del suo destino grazie al libero arbitrio. Ci sono anche scene forti (vedere solo la versione integrale, quella VM14, please), a partire dal gestaccio del professore maniaco, fino all'orribile rito con il sacrificio animale (simulazione, ovviamente e grazie al cielo). Non possono mancare cenni erotici, vista anche l'estetica dei personaggi, sarebbe stato un peccato evitarli. Un buon film.
Un giovane avvocato senza scrupoli è attratto dai lauti guadagni promessigli da un importante studio legale della Grande Mela. Profumo di zolfo lontano un miglio... In questa straordinaria rilettura faustiana in chiave legal-movie Al Pacino e Reeves fanno a gara a rubarsi la scena. La confezione è così bella che nemmeno ci si accorge delle due ore e più di durata. Splendide le interpreti femminili, ma il corpo nudo della Nielsen nel finale incestuoso-sulfureo è una spanna sopra la media. Da collezione.
Avvocato ambizioso si trasferisce con la bella moglie a New York, coartato da un potente studio legale: è l'inizio di un girone infernale che metterà a rischio la sua vita famigliare e soprattutto l'anima bella... Nessuna novità nell'illustrazione del vecchio detto "non è tutto oro quel che luccica" ma la confezione è di gran spolvero, per cui si segue con interesse la vicenda faustiana fino all'epilogo, che è invece deludente perchè troppo forzato (il monologo di Pacino, qui gigionissimo), oppure troppo didascalico (il testa/coda finale).
MEMORABILE: Quando Pacino-Milton paragona l'amore ad una scorpacciata di cioccolato a livello bio-chimico: diavolo di un satanasso, c'è del vero...
Non che non conoscessimo già la vera natura degli avvocati, ma questo film è abbastanza piacevole da seguire, sebbene non sia chiara la direzione che vuole prendere. Inizia come un film giudiziario (le parti in tribunale sono le migliori) per evolvere in un thriller psicologico con forti rimandi a Rosemary's Baby e infine cade in un horror infernale sopra le righe, dall'impianto morale faustiano decisamente raffazzonato. Al Pacino gigionegga senza sosta, ma riesce comunque a piazzare una serie di battute e citazioni con affabile cattiveria.
MEMORABILE: "Vanità. Deciasmente, il mio peccato preferito"; "A Dio piace guardare! È un guardone giocherellone!"
Un capolavoro! Un thriller-horror metafisico di rara bellezza. Superbo Al Pacino nei panni del principe delle tenebre. Magnifica anche la Theron nei panni nella "vittima" sacrificale. Reeves, a mio parere, un po' troppo "belloccio" per la parte, ma il film è inquietante dall'inizio alla fine. Da antologia il monologo finale sulla vita umana di Lucifero - Pacino...
Reeves e Pacino si dividono la scena in questo horror-thriller-legal movie che, nonostante la lunghezza, riesce ad essere coinvolgente fino in fondo. Pacino interpreta un avvocato mefistofelico, con intendimenti più che simbolici, che lentamente ma inesorabilmente avviluppa il suo nuovo praticante e l’avvenente giovane moglie (Theron), prossimo agnello sacrificale. Non eccezionale, ma in sostanza un buon film.
MEMORABILE: La scena sul tetto con il bordo pericolosamente vicino.
Mi aspettavo poco da questa pellicola e in effetti la trama non è eccezionale; si è cercato di renderla interessante ponendo come base dilemmi etici, religiosi, persino filosofici e arricchendola di riferimenti culturali ("John Milton"), ma bisogna riconoscere che questo non nasconde le sue debolezze. Malgrado ciò, tuttavia, il film risulta molto coinvolgente: non c'è una scena che non ho seguito con la giusta attenzione e biasimo Hackford solo per l'eccessivamente lunga scena clou. Insomma, stranamente meglio il contenuto del contenitore.
Bellissimo. Difficile da catalogare in un genere predefinito poiché salta dall'uno all'altro senza che la frattura formale che si viene creare risulti visibile e alteri il risultato finale. Fiumi di elogi per il mefistofelico Pacino (grande Giannini) che ancora una volta la fa da padrone. Reeves mi ha sorpreso in un ruolo che avrebbe potuto creargli più di un problema, invece ne esce dal fuoco con un'ottima prestazione. La Theron è tutto un programma. ***!
MEMORABILE: Pacino su Dio: "Da all'uomo gli istinti, poi fissa le regole in contraddizione. Guarda ma non toccare. Tocca ma non gustare. Gusta ma non inghiottire".
Mi sono deciso a vederlo dopo averlo accuratamente evitato per anni e mi ha piacevolmente sorpreso. Versione aggiornata del patto col diavolo, costantemente in bilico tra il dramma giudiziario e l'horror alla Rosemary's baby. Sontuoso nella confezione e ben sviluppato nella trama (anche se qualche caduta di tono è inevitabile), può anche contare su una regia capace di non far pesare le oltre due ore di durata. Debordante Al Pacino, Reeves fa quello che può, brava e ovviamente bella la Theron, ma la conturbante Connie Nielsen è molto più sexy.
Film famosissimo, per molti un vero cult, a mio parere si inserisce nella categoria dei "buoni film". La vicenda funziona (avvocato in carriera si trasferisce a New York nello studio del potente Milton e da lì...), così come la prova degli interpreti (non male Reeves, bravissimo ma esagerato Pacino). La storia viene tirata troppo per le lunghe (alcune parti centrali sono evitabili), ma si rifà con una buona parte finale dove si arriva all'horror puro. Quando escono i titoli di coda si inizia a riflettere parecchio.
MEMORABILE: Il tetto dello studio legale di Milton; Il finale spiazzante.
La prima ora è ottima, grazie soprattutto alle atmosfere costruite con cura e ovviamente ad Al Pacino, che mai è stato lasciato così libero di scatenarsi e si vede tutto il suo divertimento nel fare un Satana gigioneggiante. Poi il regista cerca di fare il Polanski con conclusione scontata: un po' di noia, un po' di scetticismo che aumenta sempre di più fino alla morte della Theron e conseguente rivelazione materna. Il finale sembra lasciarci l'amaro in bocca, ma per fortuna ricompare il nostro Pacino all'ultimo secondo e riporta l'allegria.
Tanto rifinito nella confezione quanto modesto nei contenuti, non riuscendo a seguire un’unica direzione stilistica da perseguire fino in fondo. Riesce solo minimamente a stimolare qualche riflessione sull’idea di giustizia percepita dall’occhio di un avvocato ed è un peccato perché si tratta di un terreno fertile. Se avesse osato qualcosina in più sul versante horror avrebbe acquisito quel fascino oscuro di cui dispone solo marginalmente. Discontinuo anche nella resa degli interpreti, senza che nessuno si distingua per meriti eccezionali.
Avvocato di provincia viene assoldato da un grosso studio di New York. Storia non originalissima che contrappone le tentazioni del diavolo al fare la cosa giusta. Buon cast in cui Pacino può dominare la scena (teatralmente parlando) con bellocci a bizzeffe. Reeves è statuario nel corpo e nella recitazione, la Theron è apprezzabile per la sua freschezza (anche se esagerano nel farla diventare psicopatica), Jones (Barzoon) è il più centrato. Discreto quando resta in ambito giudiziario, va fuori giri con il misticismo della madre e nell’esoterismo finale.
MEMORABILE: La cima del grattacielo; Pacino che parla cinese; La corsa a Central Park con omicidio; Gli arredi viventi; Lo sparo.
Se non ci fossero Al Pacino e Charlize Theron con le loro strabilianti interpretazioni (da vedere assolutamente in lingua originale), questo film sarebbe tutt'altra cosa. Keanu Reeves fa il suo dovere ma senza sorprendere. Inizia come una normale storia, realistica e verosimile, per poi virare lentamente sempre di più verso un inatteso exploit teologico con risvolti che attingono dall'horror. Giocato molto sulle suggestioni e sulla morale del libero arbitrio, contiene uno dei monologhi più belli della storia del cinema.
MEMORABILE: "Ho qualcosa da dirti a proposito di Dio...".
In un periodo in cui lo yuppismo aveva ancora i suoi seguaci, questo film sembra un ottimo spot per il suo rilancio. A cavallo tra Rosemary's baby e Il socio di Grisham, cerca di disegnare l'arrivismo con le sue tante sfumature. Ma i contorni rimangono sfocati e vaghi e il finale è un vero e proprio pugno nello stomaco per quanto sia astruso e folle. Pacino regala un'ottima interpretazione, seppur sopra le righe in molti contesti e in una scena omaggia apertamente Scarface (quando Reeves gli spara). Reeves apprezzabile, Theron solo bella.
Un giovane penalista che non ha mai perso una causa e in forte ascesa, accetta di trasferirsi a New York per entrare in uno dei più grandi studi legali degli USA. La sete di successo lo inebrierà sino a fargli perdere il contatto con la realtà. La vanità è sicuramente uno dei peccati più riscontrabili nell'essere umano e questo film ne è l'apoteosi. La brama di successo e di potere calpestano ogni rimasuglio di sentimento. Al Pacino nei panni del grande tentatore è straordinariamente convincente, mentre la bellezza della Theron non si discute.
Poco digeribile; un po' per l'utilizzo del Morphing che ricorda I sonnanbuli di qualche anno prima, un po' per Al Pacino che, nel finale, assomiglia al "Mangiafoco" di Pinocchio, "sovrastato" nella recitazione dal suo doppiatore, Giancarlo Giannini. Peccato perché la confezione c'è, le belle donne pure ma il romanzo di partenza dal titolo così intrigante poteva essere trattato in maniera diversa.
Notevole parabola sull'avidità e sull'ambizione, che Hackford gestisce sapientemente dosando nella giusta misura horror, thriller giudiziario e dramma psicologico. Keanu Reeves se la cava meglio del solito, anche se la scena è ovviamente rubata da un Pacino deliziosamente sopra le righe, specie nell'esuberante terzo atto. Un Rosemary's baby shakerato con Scarface, un elegante mix di erotismo patinato (la Nielsen e la Theron fanno luce), allucinazioni demoniache e sprazzi di morbosità. Indovinato il doppio twist conclusivo.
MEMORABILE: Il viscido professore pedofilo; Il volto della vicina si deforma in un ghigno satanico; La Theron si spoglia esibendo il corpo martoriato; Il finale.
Strabiliante pellicola dominata da un Pacino tanto bravo quanto gigione. Soggetto interessante, sceneggiatura rifinita e ottima regia. L'incedere del film verso il finale è esagerato, ma compensa la compostezza dell'inizio. Finale davvero esagerato, troppo. Un film prezioso e realizzato in modo ineccepibile, che senza la performance di Pacino avrebbe perso moltissimo. Reeves e Theron nella norma. Un film spettacolare e appassionante ma privo di particolari approfondimenti, puro intrattenimento confezionato in modo magistrale. Notevole.
Strano a dirsi per un film con Al Pacino in locandina e l’intento luciferino ben palese sin dal titolo, eppure il congegno funziona meglio quando l’attore ancora non maramaldeggia tramite la sua bravura e l’aura quasi polanskiana flirta con la critica verso parte del sistema giudiziario americano. Nel momento in cui si cede a trucchetti ed espedienti da serie B e gli altri attori finiscono digeriti dalla altrui grandeur, il film si sgonfia inesorabilmente e chiude i battenti con un finale gramo. La durata, più di due ore, non pesa poi tanto. Discreto con la condizionale.
Il messaggio sui patti con il diavolo che impone l’arrivismo della professione dell’avvocato newyorkese è più che chiaro, declinato con elaborate variazioni sceniche con cadute nell’horror più becero. Però, grazie soprattutto un Al Pacino grande e luciferino, il film è accattivante, insolito e curioso, e riesce a tenere un buon livello di tensione. La Theron è ancora giovane e paffuta.
MEMORABILE: “Il libero arbitrio è una fregatura”; “La vanità è il mio peccato preferito”.
Thriller, con qualche spunto horror, che si basa su un'idea di fondo vecchia, abusata e a dirla tutta in parte anche banale, ma che avvince e convince grazie anche a un cast di livello e a un ritmo adeguato. Malgrado qualche ingenuità o faciloneria il film ha un suo fascino e dialoghi curati. Twist finale prevedibile ma decisamente riuscito. Un po' patinato, forse fin troppo ambizioso ma nel complesso è un film meritevole.
MEMORABILE: Il cast; L'arringa di Al Pacino; "Paint it black".
Collocato tra ambizione e intrattenimento sophisticated horror, più fantastico, Blockbuster (esisteva!) mainstream, quando Hollywood cercava tra tangibilità e soprannaturale; a tentare la via fu Taylor Hackford capace di attimi di assoluta classe estetizzante (Dolores Claiborne insegna). Al Pacino era sempre lì sul tetto del mondo, Keanu Reeves sempre capace, Charlize Theron specializzata in mogli apparentemente pazze, ottimi caratteristi tra cui spicca Jeffrey Jones; il resto è bel cinema tronfio, a volte ridicolo a volte esaltante, a suo modo un cult invecchiato benissimo.
MEMORABILE: Il monologo di John Milton (Al Pacino) sull'uomo del nuovo millennio alternato in montaggio alla corsa a Central Park di Eddie Barzoon (Jeffrey Jones)
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La scena di sesso e' ridotta,la morte di Eddie
non e' piu' violenta come nell'originale,e' tagliato il suicidio di Kevin.