Dopo il passo falso del deludente SUPERFANTOZZI Paolo Villaggio si riappropria del suo personaggio riprendendo la saga dell’impiegato più sfigato d'Italia. Il film si apre sulla cerimonia di pensionamento e assieme a Fantozzi (chiamato come sempre Fantocci, Bambocci, Pupazzi...) vengono mandati a casa Filini (Gigi Reder), la Silvani (Anna Mazzamauro), il geometra Mughini e altri nomi conosciuti (manca Calboni, a dire il vero, assente per tutto il film). Ma senza un lavoro è dura, nonostante le solite gite organizzate da Filini (a Venezia e Postumia e c'è poco da divertirsi: sono i momenti meno spassosi) o la...Leggi tutto comprensione della fedele Pina (via Liù Bosisio torna Milena Vukotic, più avvezza al drammatico). C'è da occupare il tempo in qualche modo e l’impronta del film si basa proprio su questo: raccontare i piccoli drammi di un'esistenza che senza il lavoro appare d'improvviso vuota e inutile. Un sentimento che colpisce a fondo la terza età, presa di mira con ferocia dagli sceneggiatori (oltre ai soliti Villaggio e Parenti ci sono anche Benvenuti e De Bernardi) che, riprendendo l'assunto principale della commedia all'italiana (si ride sempre amaro!) contribuiscono a creare il capitolo forse più comicamente triste della saga. Soprattutto nella seconda parte, dopo che la prima si è consumata tra episodi di dubbio gusto e gag troppo spesso imbarazzanti, si solleva e affonda il coltello nella piaga fino al bel finale. Purtroppo chi non sembra al top della forma è proprio Villaggio, più svogliato del solito e sovente incapace di dare al suo Fantozzi quel pizzico di reattività che dovrebbe fare da contraltare ai continui colpi di sfortuna. Comunque ci sono spunti intelligenti, la regia di Parenti è sapiente e, a tratti, ci si diverte.
Sicuramente l'idea di pensionare Fantozzi è stata molto più utile e intelligente che farlo morire resuscitare e clonare. Villaggio ha una interpretazione piuttosto indebolita tuttavia riesce a mantenere un certo stile di comicità, più energico che negli ultimi capitoli della saga. Purtroppo però lo stile del film si allontana un bel po' da quell'umorismo assurdo che trattava i temi della sottomissione e della sfortuna del ragioniere, per promuovere aspetti più drammatici, da un lato più umani (per esempio la lunga sceneggiata con la Pina che lavora).
Da questo sesto segmento della serie, le vicende del ragioniere -ormai costretto alla pensione- si fanno meno frammentarie e segmentate: la trama è incentrata sulla vicenda cronologica della vita di nonno-pensionato fantozziano. Così vediamo come la nipotina Ughina acquisti un padre putativo: Bongo (in realtà sappiamo essere figlia di Loris Batacchi/Roncato). Pina si offre di lavorare affinché il suo stipendio venga riversato al marito, in una finta occupazione. Sino alla chiusa "nerissima" con proposta del Duca Conte Francesco Maria Barambani.
Indecisi fra il surrealismo classico e una comicità più ancorata al reale, Villaggio e Parenti accusano più di una battuta a vuoto, e in qualche caso il film fa veramente tristezza, senza tuttavia mettere a segno una satira davvero efficace. Meglio, allora, le situazioni e i tocchi fantozziani d'antan (l'idea della gita come strumento per l'eliminazione dei pensionati, l'avvoltoio sul tetto vicino all'antenna da riparare), che però non abbondano. Forse sarebbe stato il caso di prendere il titolo alla lettera.
Quinto capitolo della serie e ultimo degno di nota. Ben scritto e venato da un sottile risvolto drammatico, è diretto ancora una volta da un Parenti con mano felice. Si alternano così buone gag comiche a momenti in cui un velo di tristezza prende il sopravvento. Da ricordare: l'inizio; Fantozzi il giorno dopo; l'antenna; gita a Venezia e in visita alle stalattiti ("E mai, mai cadrai"...); al cinema con la Pina. Sempre ottimo il cast, con i due veterani della serie Villaggio e Reder su tutti. Grande cameo dell'indimenticabile Ennio Antonelli al cinema.
MEMORABILE: I trucchi escogitati da Fantozzi per ritirare la pensione; al parco con la nipote.
Ottimo capitolo della serie (il migliore a detta del compianto Reder), in cui si fondono in maniera perfetta comicità (Fantozzi e la moglie vanno al cinema a vedere "Le Casalingue"!) e dramma. Ottimi la Mazzamauro, Reder, Antonelli, ovviamente la Vukotic e di nuovo Paul Muller nel ruolo del megadirettore galattico. Da citare le famigerate grotte di Postumia, l'inizio con l'auto e il finale che fa trasparire un chiaro messaggio: il lavoro è l'unica felicità.
MEMORABILE: Ovviamente il cinema e il finale con un Fantozzi finalmente felice.
Film della serie "recente" meno sgangherato di quelli a venire: il povero Fantozzi va in pensione e non sa più che fare... qualche tocco malinconico serve a risollevare le sorti di un film che ha momenti felici (la corsa mattutina il primo giorno di riposo) e altri diciamo grotteschi (il genero Bongo); tutto sommato un film godibile, che ha nella vicenda della ricerca di un nuovo lavoro eco amarissimi e sin troppo attuali.
Ancora una volta è forte la contradditorietà di Fantozzi: laddove da una parte se ne apprezza e loda la sagacia e la grottesca resa dei nostri vizi e virtù (poche), dall' altra si rimane soffocati da un eccessivo ricorso al tragicomico. Difficile rider di gusto alla seconda visione, difficile non cominciar a provar tristezza per il povero Ugo, ormai logoro, ma difficile anche non pensare che siamo o saremmo un po' tutti dei mentecatti Fantozzi. Alcune scene son comunque strepitose!
Il sesto capitolo della "saga" fantozziana, diretto da Neri Parenti è quello dal tono forse più amaro. Certamente non mancano, come da tradizione gli spunti comici (affidati ad un gruppo di ormai collaudatissimi attori) ma il tono nostalgico e di malinconia diventa molto accentuato insieme ad una satira della realtà che incide forse per l'ultima volta nella gloriosa serie dedicata a Fantozzi.
Anche per Fantozzi arriva il momento di andare in pensione, ma questo non lo salva dalle solite agghiaccianti figure da sfigato. La saga riprende quota dopo la scivolata di Superfantozzi, sia pure senza tornare alle vette del primo e del secondo film. Qui poi la comicità, che mette a segno alcune buone trovate, si tinge di un retrogusto amaro per un Fantozzi che ci sembra quasi di compatire.
Non è certo ai livelli dei vecchi Fantozzi anni 70-80 ma regge benone anche perché ci sono Mazzamauro, Filini e Muller che nonostante gli anni riescono ancora a divertire (in particolare Muller nel ruolo di un direttore-mummia duro a mollare la carica). Ci sono diverse gag azzeccate (specie nella prima parte) mentre andava totalmente evitato il dramma della Pina sgobbona in lacrime: è un comico o un drammatico? Nel complesso più che discreto; quelli a venire rovineranno definitivamente la serie.
Buon ritorno di Fantozzi. Le vicende del ragioniere più sfigato del mondo stavolta si tingono di una forte malinconia, ed è qualcosa che sorprende lo spettatore. Ma resta da chiedersi: è corretto, nei confronti di un'audience che si vuole divertire, inserire elementi così tristi? C'è da dire che nelle parti più classicamente "fantozziane" si ride di gusto (alcune gag sono notevoli), seppur non si sia ai livelli dei primi film. Ottima comunque la prestazione di Villaggio e ancor più della Vukotic, a suo agio nelle parti più drammatiche. Bello, ma amaro.
MEMORABILE: I rapinatori in Vespa che entrano in casa di Fantozzi; il cane.
Considero questo film l'ultimo della saga fantozziana, poiché gli altri a seguire a mio giudizio non valgono il prezzo del biglietto. Ritengo che si tratti di un buon film e ben venga la malinconia mista a trovate comiche presente in questo film.
Per me uno dei migliori, quasi al livello dei primi due. La pensione e il distacco dall'ambiente lavorativo danno nuova linfa al personaggio e nel film ritroviamo quell'ironia intelligente (con una punta di malinconia) che mancava dagli esordi. Riuscite praticamente tutte le gag, Villaggio è in forma come non mai e anche Reder è più irresistibile del solito. Capitolo assolutamente imperdibile della saga!
MEMORABILE: Il bus-navetta di Fiumicino, che invece di portare i pensionati all'aereo li porta direttamente a Venezia! L'eco di "Fantozzi" alle grotte di Postumia.
Uno dei rari passi in avanti dei "Fantozzi" nell'arco della saga (non a caso per Gigi Reder è stato il Fantozzi migliore). Villaggio torna satiro della società a lui attuale; ottimi alcuni spunti (la rapina alle poste è sublime), risulta assai credibile come pensionato frustrato. Difficile darne un giudizio: primo tempo bellissimo, il migliore tra quelli post 1980; secondo tempo in netto calare, a tratti soporifero. Finale azzeccatissimo e raramente a Villaggio è capitato. 3 pallini e mezzo per lui.
Ahimè non sembra neanche più Fantozzi. A mio avviso questo è il peggior film della saga, nel quale mancano le classiche batture e gag divertenti e quasi tutto il film è proiettato sulla malinconia. A differenza dei primi due film, in cui si ride spessissimo, questo non pullula di ironiche battute. Le uniche scene divertenti sono due: Mariangela che porta la "babbuina" dal nonno e il viaggio dei pensionati INPS. Perdibile.
Discreto episodio fantozziano. Persa la "magia" dei primissimi capitoli dell'epopea del Ragionier Ugo si è scelto di calcare il lato agrodolce della faccenda; si ride, piuttosto spesso (le rapine della pensione...), ma i momenti drammatici sono abbastanza calcati (come il lacrimevole episodio della Pina che si spezza la schiena al lavoro) anche se non si eccede mai e c'è sempre un'aura di dolcezza a stemperare le situazioni. Notevoli tutti i comprimari, da Reder a Mazzamauro, passando per quella "maschera" incredibile che è Plinio Fernando.
Fantozzi va in pensione (verrebbe da dire "bei tempi", tenendo conto del sistema pensionistico attuale) è il sesto capitolo di una saga che francamente poteva - e per me doveva - terminare lì, visto che si tratta d'un film ben costruito e nel quale Villaggio - forse per la prima volta - tocca le corde del sentimentalismo; non quello amoroso, certo, ma quello della sincera compassione e dell'adattamento a una nuova vita di molto differente da quella "subita" fino ad allora. Film toccante e anche un po' divertente.
Il più amaro di tutti i lungometraggi con il Ragioniere, ma non mi stanco mai di vederlo. C'è tantissima gente che, al di fuori del mondo lavorativo, non ha interessi e né amici. Si noterà infatti che anche fuori dall'ufficio Fantozzi si vede con colleghi e partecipa a tutte le iniziative fatte specie da Filini, che poi è il suo migliore amico. Per il resto, tutte le occupazioni falliscono e il tempo non passa mai. Credibile il ritorno in ufficio, ma con la differenza che Fantozzi e i suoi colleghi pagano per lavorare.
MEMORABILE: Fantozzi che, il giorno dopo della messa a riposo, pensa di dover andare ancora in ufficio e fa una corsa forsennata.
Dopo il passo falso di Superfantozzi, questo film presenta diversi difetti, primo fra tutti il rapporto tra i coniugi Fantozzi che vira pesantemente verso il patetico/lacrimevole, rinunciando ad ogni sana cattiveria. Ma anche alcune belle idee che lo potevano rendere un dignitoso epilogo della saga (l'agognata libertà del pensionamento di cui Fantozzi non sa che farsene, o il lavoro come sua unica dimensione di vita possibile). Avrebbe mandato Fantozzi in pensione con tutti gli onori, e invece si è voluto continuare...
Dopo l'infelice Superfantozzi, il ragioniere più jellato d'Italia torna per godersi la pensione. Ormai il Fantozzi di Salce non esiste più da anni, ma le situazioni comiche sono molto simpatiche e meno surreali del previsto, così questo film, assieme a quello successivo del 1990, non è affatto male e regala ancora simpatiche situazioni comiche, ovviamente cucite su misura su di un Villaggio in formissima. Se il film lo si pesa per la commedia che è (nulla a che vedere con la denuncia sociale dei primi capitoli) risulta divertente!
MEMORABILE: Le morti sequenziali dopo la pensione; I tentativi di rapina ai pensionati; Il ritorno alla vita lavorativa.
Al di là degli evidenti limiti della pellicola (a volte ci sono cadute di gusto o esagerazioni caricaturali e talvolta Villaggio appare più svogliato del solito), il film lancia comunque un messaggio e lo fa con sufficiente efficacia. Si ride, certo, ma si ride amaro. Fantozzi è ormai vecchio e il tono inizia a farsi alquanto cartoonesco eppure, in questo caso, il calo di ritmo generale ha un suo perché. La saga, a mio avviso, sarebbe dovuta terminare qui.
MEMORABILE: La corsa in ufficio il primo giorno di pensione.
Villaggio ha il grande merito di aver trattato un tema (il raggiungimento tanto agognato della pensione) con molta verità e un pizzico di tristezza, mettendo in luce i disagi che scaturiscono dall'esclusione dalla vita sociale attiva. Al di là di questo pregio, l'episodio è caratterizzato da poche gag veramente divertenti e da scene trite e ritrite che alla lunga non fanno più ridere.
MEMORABILE: Fantozzi: "Piero, ha detto Mariangela che scende subito" Piero: "Ok grazie papà, ciao".
Ritorna il vero ragioniere "estremo" per godersi la meritata pensione. Si respirano i bei tempi e il film fa ridere e poi quasi piangere, quando tocca aspetti personali sensibili che possono realmente incidere nella vita degli uomini. Villaggio è in forma e si vede, ben supportato dal solito ottimo cast "fantozziano" nei microepisodi di cui si compone il film. Mezzo punto in più per la coraggiosa parte che può davvero commuovere e che fa vincere, seppur a suo modo, l'amore della strana coppia.
MEMORABILE: Lo scippo multiplo; "Le casalingue"; "Il cane... piccolino!!!"; "Il lavoro del ragioniere e l'amore di sua moglie".
Sesta saga dell'arcinoto ragioniere in cui le situazioni si concatenano con le solite gag amare che iniziano a mostrare la corda. Malinconia e vicende al limite dell'estremo come di consuetudine conducono a una pellicola scontata che genera tristezza. Solito cast rodato, ma oramai la risata latita.
Fantozzi viene mandato in pensione nel sesto capitolo della saga e riacquista visibilità e gradimento dopo il quasi fallimentare SuperFantozzi. Ci sono alcuni momenti esilaranti che si alternano a scene dal sapore amaro. Bravi come sempre Villaggio, Reder, Vukotic, Mazzamauro e Plinio Fernando (qui nelle vesti anche della figlia di Mariangela).
MEMORABILE: La sfida fra nonni ai giardinetti con i passeggini; Fantozzi e la signora Pina che vanno a vedere "Le casalingue" al cinema.
Fantozzi va in pensione, sia come ragioniere che come personaggio cinematografico. Le scene comiche sono pacchiane e non fanno affatto ridere, ma il film si salva per un retrogusto davvero amaro che aggiunge un senso al personaggio di Villaggio. Per la prima volta è affrontato il problema del sentirsi inutili. Il primo Fantozzi sarebbe stato riassunto come parafulmine, mentre ora è solo un vecchio "sopra i 35 anni" che trova tutte le porte chiuse e fa compassione più di quando era un impiegato.
Prima o poi il famigerato giorno della pensione arriva per tutti i lavoratori e Villaggio e Parenti ne delineano le conseguenze, per lo più negative. Sembra infatti che il sistema insormontabile del lavoro sia stato progettato per non far allontanare mai definitivamente i dipendenti. Il film, pur partendo da una buona idea, regala pochi momenti di divertimento e sia regia che sceneggiatura appaiono spesso in bilico tra due strade da percorrere: comicità o drammaticità. Ne esce un brutto connubio, salvato in parte da un bellissimo epilogo.
Dopo il primo, è quello che preferisco: la carica di cattiveria con cui viene mostrata la categoria dei pensionati, vessati, dimenticati, mal sopportati, minacciati, oltraggiati, rifiuti della società attiva da eliminare il prima possibile, è mirabilmente funzionale al personaggio di Villaggio, che qui sembra favorito da nuova ispirazione. A tratti anche profetico, tragicamente profetico...
MEMORABILE: Gli scippatori ordinati con numeri elimina code; Lei non è afflitto da complesso d’inferiorità, lei E’ inferiore!
Cosa di più avvilente di uno schiavo che rimpiange le proprie catene? E' quel che succede al tapino Fantozzi, una volta raggiunto il traguardo della pensione in una età in cui ancora avrebbe le forze per godersela: cosa fare di tutto quel tempo, se invece di essere "libero", è "vuoto"? Certo il capitolo più amaro della saga, ma col merito di indurre a confortanti raffronti col nostro destino grazie alle recenti riforme in materia pensionistica: noi alla pensione ci arriveremo morti oppure in età tanto veneranda che come occupare il poco tempo rimasto sarà l'ultima delle nostre preoccupazioni.
MEMORABILE: La proposta finale: pagare per lavorare. Paradossale allora, ma diamo tempo al tempo...
La desiderata pensione in cui Fantozzi si ritrova catapultato si rivela tutt'altro che tranquilla: un deserto fatto di giorni tutti uguali per affrontare i quali l'unica parola d'ordine è passare il tempo a costo di subire le solite, tragicomiche, conseguenze. Di tutti i film del ragionier Ugo questo è quello più amaro, velato da un'ironia molto più matura perché, se nei precedenti film il grottesto regnava assoluto, qui una punta di verità c'è e lo spazio per la denuncia pure. A leggere tra le righe, potrebbe essere un film serio. Buono.
Nell'ultimo episodio decente della saga di Fantozzi viene presa come scusa il pensionamento del nostro eroe per sparare la solita mitragliata di scenette di satira demenziale. Lontano dai fasti dei primi due episodi, riesce a regalare qualche spunto divertente, mentre l'amaro ritratto del ragioniere diventa sempre più stereotipato e macchiettistico. Meglio di Superfantozzi o Fantozzi in Paradiso, ma di certo non un film da ricordare.
Ennesima commedia italiana con protagonista il ragioniere più famoso del nostro cinema. Il film vive di alti e bassi: la prima parte (diciamo sino al viaggio a Venezia) è divertente e qua e là si respira l'aria dei primi Fantozzi, con gag a non finire (merito sopratutto di Villaggio); col passare dei minuti però l'umorismo stenta e il tutto diventa più triste e malinconico, specie per il povero Ugo, costretto alla pensione e incapace di trovare qualche buona attività per passare il tempo. Non male, nel complesso.
MEMORABILE: Il pranzo "bagnato" a Venezia; Ugo porta la nipotina al parco.
Film ben fatto, in realtà molto più malinconico che divertente, ma proprio per questo riuscito. Neri Parenti abbandona per una volta la ricerca della gag a tutti i costi e ci racconta il vuoto che può lasciare la perdita del proprio - seppur mediocre - lavoro. Villaggio è particolarmente in parte e ci sono diverse idee simpatiche (tipo lo scippo organizzato delle pensioni), la Vukotic ci regala una signora Pina graziosamente tenera. Forse la saga avrebbe dovuto chiudersi qui.
Un Fantozzi sempre satirico e beffardo ma anche molto malinconico e amaro: ci si focalizza infatti sul disagio dei lavoratori che vanno in pensione. Divertenti le scene al cinema porno o la gita alle Grotte di Postumia. L'ormai consolidato gruppo di attori (Villaggio, Vukotic, Reder, Fernando, Mazzamauro) è sempre in forma. Molto più graffianti però certe trovate come gli scippi ai pensionati con tanto di numerino o la sigla INPS (Istituto Neutralizzazione Parassiti Sociali) che spunta sulla croce in cui è messo Fantozzi alla manifestazione sindacale.
Pur scontando gli eccessi macchiettistici tipici della collaborazione Villaggio-Parenti, è il più amaro della saga e ha il merito di far riflettere sul senso di vuoto e di inutilità che affligge molti pensionati. Villaggio e Reder sono ancora in forma, ma i risvolti drammatici della pellicola, soprattutto nella seconda parte, mettono in rilievo i talenti di Milena Vukotic e Anna Mazzamauro. Sarebbe stato saggio terminare qui le (dis)avventure del ragioniere più famoso d’Italia.
MEMORABILE: Al cinema; Il bus-navetta da Fiumicino a Venezia; Il concorso pubblico; La solitudine della signorina Silvani; Il finale.
L'ultimo capitolo degno di quella che è una delle più grandi e divertenti saghe del cinema italiano. Dopo di questo comincia il declino. I vari episodi sono ancora divertenti anche se si comincia a intravedere la stanchezza soprattutto nel personaggio di Fantozzi. L'episodio del cinema a luci rosse è qualcosa di epico. Il messaggio finale è attuale e un po' malinconico. Divertente.
Dopo l'originalissimo e divertente Superfantozzi, si cambia ancora registro: non più l'ufficio e i colleghi ma un triste pensionato infelice. La regia appare frettolosa e a tratti superficiale (mal realizzate parecchie scene) e Villaggio è legnoso e monocorde, tanto che spesso la scena è retta da Reder, il più in forma. La Vukotic esagera nel dramma e la Mazzamauro, con un po' più di spazio del solito, stufa subito (suo il segmento più noioso). Ci sono comunque alcune trovate notevoli (alle grotte, il travestito) e il finale è azzeccato e originale.
MEMORABILE: La risposta dell'eco; Il travestito brasiliano; Il finale con i colleghi nei sotterranei.
Un Fantozzi malinconico, inaspettatamente reale (benché manchi la ferocia di Salce) che colpisce per umanità e per l'amarezza delle risate che regala. Eccezion fatta per l'episodio a Venezia (un po' debole, ma con qualche buona gag), il film è un tutt'uno di situazioni che ci mostrano gli espedienti del ragioniere per sfuggire a una vita da nullafacente. Villaggio bravissimo, misurato, meno balbuziente che nei due capitoli precedenti, affiancato da una fantastica Vukotic e da una Mazzamauro meno gigionesca. Buon ritmo, notevole davvero.
La formula è la stessa, ma non la qualità. Per carità, alcune gag sono ancora fantastiche, ma si punta molto ad accentuare la malinconia e il vuoto lasciato nella vita di chi per 30 anni ha sempre lavorato e da un momento all'altro si ritrova (finalmente) libero. L'idea potrebbe anche essere buona, ma la messa in scena a volte è fin troppo ridondante (specialmente l'utilizzo dell'orologio). Comunque in troppi momenti sembra più un film drammatico che comico. Fantastica la Mazzamauro nei panni della Silvani, con la sua grevità lessicale.
Tralasciando l'annotazione forse facile che a posteriori la conquista stessa del pensionamento configura una rivincita del personaggio come paradigma del fallito, fin dalla cerimonia iniziale si percepisce la perdita di smalto di soluzioni comiche adagiate su continui ricicli (pure fracchiani) e su esasperazioni sempre più forzate (e un tempo non necessarie). Si ride ahimè poco e l'unico episodio da incorniciare è la disavventura cinefila (per quanto plagiata dal sordiano Comune senso del pudore). I fasti del ragioniere sono lontani.
L'idea di base, che ricorda quella del sottovalutato Il comandante, è molto bella e permette al film di vivere praticamente di rendita. Così se nei primi minuti malinconia e umorismo riescono ad amalgamarsi perfettamente, in seguito si scade nell'episodico e nello scontato, nonostante la puntuale abilità di Parenti nella messinscena delle gag. Il prefinale quasi da melodramma giunge inaspettato ma francamente lascia perplessi; meglio il finale, più coerente con la serie. Interpretazione bipolare di Villaggio: tenero e umano o punching ball balbuziente a seconda della scena.
L’idea di mandare Fantozzi in pensione permette di tornare ad avere una base più resistente per costruire un’opera che abbia un senso compiuto che vada oltre la semplice macchietta. In alcuni momenti sfocia addirittura nel malinconico, riuscendo a trovare una strada alternativa in grado di non ripetere le solite soluzioni narrative. Un bel colpo quell’iperbole finale che riprende e prosegue l’allegoria originale della maschera fantozziana. Non tutto funziona a dovere, però, in quanto si cerca di allungare una coperta ormai troppo corta.
Pellicola ad alto tasso malinconico per il delicato tema della noia e del senso di inutilità che assalgono i neopensionati. Infatti non si ride praticamente mai e tutto l'insieme appare stanco (il cast, i personaggi, le gag, la regia). Tra l'altro l'idea non è neanche originale, poiché già proposta con esiti migliori ne Il comandante con Totò (così come quella della moglie del protagonista che ricorre all'inganno per trovare un lavoro al marito depresso). La serie avrebbe fatto meglio a chiudersi qui, non avendo più nulla da raccontare.
Si respira fin dall'inizio un'aria di mestizia, che si accresce col passare dei minuti. Non tanto per il tema già triste della pensione ma per una certa povertà di idee. Dimentichiamoci i folgoranti sketch dei primi episodi e le risate a crepapelle: qui non si ride quasi mai, al massimo si sorride (al cinema porno con la Pina, episodio però mutuato da Sordi, la nipotina Mariangela 2). Manca lo spirito eversivo dei primi Fantozzi, tanto che sembra un film tv o per famiglie. Villaggio comunque, con la sua bravura, tiene su la baracca, mentre la Vukotic sembra la fata turchina...
MEMORABILE: Il san Bernardo pallido succedaneo di Ivan Il Terribile XXXII; La "rivincita" sulla signorina Silvani; La "riammissione" al lavoro.
L'ultimo capitolo della saga che merita di essere visto. Giunto all'età pensionabile Fantozzi diventa malinconico e per tutta la durata del film si respira la disperazione di chi non ha più motivazioni per vivere dopo la fine del lavoro. Il fallimento sistematico di tutte le iniziative prese dal ragioniere per cercare di uscire dallo spleen in cui è precipitato dona, più che nei capitoli precedenti, una tristezza e una sensazione di amaro in bocca tangibile come non mai. Si ride ma sempre a denti stretti: simboliche le scene con la Silvani disperata e la tragica gita a Venezia.
MEMORABILE: La sigla Inps; Il cinema porno; Il cane; La corsa in ufficio il primo giorno di pensione; Il finale.
L'idea era buona, ma lo svolgimento e soprattutto le situazione e le gag sono spesso fiacche e patetiche. Alcuni momenti brillano ("Le casalingue", il falso lavoro di Fantozzi ecc), ma la regia di Parenti e la tremenda scarsità di mezzi affossano quel poco che resta. Inquadrature televisive e quasi sempre errate, audio in presa diretta confuso, verve cinematografica assente, scarsi commenti musicali (quasi nulli) e un cast invecchiato. Il comico scompare, la critica sociale è blanda e scontata e resta purtroppo uno squallore totale salvato solo da poche scene.
Gli autori, dopo gli ultimi due episodi poco convincenti, decidono di limitare gli eccessi restituendo al protagonista toni più umani che oltre alle risate di ordinanza inducono a riflessioni amare e non banali sulla condizione dei pensionati. Nel cast collaudato torna la Vukotic che dona più spessore al suo personaggio, prendendosi spesso la scena con la complicità di un Villaggio più dimesso del solito. La confezione resta nella media della serie ed alcune situazioni sono riciclate, ma la magica alchimia a tratti ritorna. Se la saga fosse finita qui ci avrebbe fatto un figurone.
Episodio particolare della saga del ragioniere più sfortunato d'Italia. Dopo film costruiti su episodi esilaranti, abbiamo qui un Fantozzi introspettivo, malinconico e che fa ragionare pure noi riguardo all'utilità sociale dell'individuo e a cosa egli rappresenti una volta terminata l'esperienza lavorativa, con la pensione. I momenti divertenti non mancano, ma il film lascia comunque un velo di tristezza, anche perché la vis comica qui comincia a incrinarsi e le gag si fanno scontate. La parte migliore è quella al parco con Ughina. Da vedere, tenendo presente la sua particolarità.
La costruzione narrativa, più semplice e meno incalzante rispetto ai film precedenti, rimane comunque saldamente ancorata alla filosofia tragicomica, alla prestanza degli interpreti e alle gag di routine. Uno sguardo inedito su croci e delizie della terza età con un sottile ma pungente approfondimento esistenzialista. Tra il cast di volti ricorrenti Milena Vukotic spicca.
Per il ragioniere più vessato e umiliato del mondo è giunta l'ora della tanto agognata pensione. Ma una volta arrivato il momento, la routine quotidiana fatta di sotterfugi, imboscamenti e quant'altro gli viene terribilmente a mancare. Arrivata al sesto capitolo, la saga fantozziana comincia a mostrare i segni del tempo ed è palese la sensazione di malinconia che pervade l'intera opera. La prima parte è sicuramente quella più divertente e non a caso è quella che mantiene ancora qualche legame con il passato. La seconda invece è molto più fiacca e povera di idee interessanti.
MEMORABILE: La cerimonia del pensionamento; Il furto dell'orologio a Mughini; Fantozzi e la Pina che vanno al cinema a vedere "Le casalingue".
Dopo l'opinabile excursus fantasy-farsesco di Superfantozzi, la saga torna al vecchio format impiegatistico... o quasi! È giunto infatti il momento per Ugo di dire addio alla Megaditta e di godersi la meritata pensione, sebbene le grinfie della sfiga non siano meno clementi. Nel complesso le gag funzionano un po' a corrente alternata, ma la satira sembra maturata insieme allo stesso Villaggio, diffondendo vaghi sentori di malinconia. Fra depressione, miseria esistenziale, inattesi momenti di tenerezza (da lacrimuccia l'episodio dell'hotel), si è quasi presi alla sprovvista. Notevole!
MEMORABILE: I borseggiatori di pensionati motomuniti; L'uscita di gruppo a Venezia; Fantozzi scopre il segreto della moglie all'hotel; Il ritorno alla Megaditta.
Tra i Fantozzi più amari in assoluto. Di base è il dramma di un uomo costretto alla pensione incapace di relazionarsi con la nuova vita, visto che fuori dall'ambiente lavorativo non aveva mai coltivato amici o interessi. Critica sociale, trovate grottesche, gag comiche e un sottotesto malinconico, nostalgico e addirittura sentimentale notevole. Villaggio in formissima come non capitava da anni, sempre adeguato il resto del cast. Azzeccato il finale (cosa che nella saga non sempre capitava, anzi).
MEMORABILE: La corsa al lavoro il primo giorno da pensionato; Le Casalingue; "Er 90? E quanno scippo?"; Il finale.
Neri Parenti rinverdisce la figura del Ragioniere privandolo di quella che era sempre stata la sua raison d'être: il lavoro. Fantozzi va in pensione ed è allora che il suo mondo, pur già mostruoso, crolla ulteriormente divenendo ancora più cupo e perversamente divertente. Lo sventurato tenta di riempire il vuoto del tempo libero facendo il babysitter per la nipotina, prendendo un cane, con un viaggio organizzato a Venezia... finché arriva a lavorare gratis grazie ai sacrifici di Pina e infine anche a pagare pur di tornare a lavorare nella Megaditta.
Se guardi bene, è la stessa persona. Stessa forma della testa, stesso naso, stessi capelli, stesso mento, stessa pappagorgia, stessa forma della mandibola, stesso taglio degli occhi, stessa fronte, stesse sopracciglia, stesse labbra. Elemento extra: ha partecipato da comparsa a due film con Villaggio girati a distanza di 2 anni (Scuola di ladri e Fantozzi va in pensione). Badrsalem ha i babbroni, è pelato e ha il naso a patata.
DiscussioneZender • 27/04/22 14:27 Capo scrivano - 48842 interventi
Ok, ma dici: Non penso sia Badrsalem, ma quest'altra comparsa presente in "Scuola di ladri", nella scena del matrimonio.
Chi dice che sia Bardaalem? E in riferimento a che scena, in questo film? Da dove vengono i fotogrammi che posti? Mi manca proprio un pezzo della frase...
L'ho scritto! Le foto del tizio vestito (a destra) vengono da Scuola di ladri (1:07:21 dall'inizio del film), quelle con il tipo ignudo da Fantozzi va in pensione, scena del cinema ("Le casalingue", 20:43 dall'inizio).
Zender ebbe a dire:
Ok, ma dici: Non penso sia Badrsalem, ma quest'altra comparsa presente in "Scuola di ladri", nella scena del matrimonio.
Chi dice che sia Bardaalem? E in riferimento a che scena, in questo film? Da dove vengono i fotogrammi che posti? Mi manca proprio un pezzo della frase...
DiscussioneZender • 2/05/22 14:48 Capo scrivano - 48842 interventi
Sì ok, adesso l'hai scritto. Non hai scritto però chi avrebbe scritto che invece lo è. Probabilmente fai riferimento al post che sta in curiosità che ha scritto Mauro. In effetti mi pare che non sia Badrsalem quello nel film, Mauro. perché dicevi che era lui?
Sì ok, adesso l'hai scritto. Non hai scritto però chi avrebbe scritto che invece lo è. Probabilmente fai riferimento al post che sta in curiosità che ha scritto Mauro. In effetti mi pare che non sia Badrsalem quello nel film, Mauro. perché dicevi che era lui?
a dire il vero mi pare di ricordare che il riconoscimento in Badrsalem l'aveva fatto Fedemelis (come ho scritto)
Al minuto 59:32 quelli che sembrano essere dei computer sono in realtà dei terminali. La differenza è semplice: un computer è "autonomo", il terminale va invece collegato per forza a una unità esterna (che può essere un computer o un server) al quale può inviare dati mediante la tastiera e ricevere l'output su schermo. I terminali, detti anche "dumb terminals" (ovvero terminali tonti appunto perchè non hanno tutte le funzioni di un pc) erano molto diffusi negli anni 80, al giorno d'oggi sono praticamente scomparsi.
Il terminale in questione è un "Ampex 220", come possiamo leggere sulla tastiera e sullo schermo (anche se l'immagine è sfocata) quando Fantozzi (Paolo Villaggio) prova ad inviare la risposta corretta. Purtroppo non ho trovato immagini dell'Ampex 220 libere da copyright per il confronto ma qui su youtube c'è un video.
Perché erroneamente? Daidae spiegava che erano terminali e non computer, ci può stare come curiosità d'epoca.
Perché se nel film parlano erroneamente di computer mi pareva giusta conseguenza mettere ciò come curiosità. In caso contrario, me ne sfugge la ratio, ma non è un problema, ci mancherebbe altro.