E se oggi fosse già domani? Giorni della settimana a parte (scritti freneticamente dalla Bullock su un foglio di carta, per districarsi dal bandolo della matassa che la attanaglia), il loop mortifero yapoiano regala una solida atmosfera cupa, un coinvolgimento emotivo ben costruito, lo spaesamento della Bullock che oscilla tra possibile follia femminea e "il giorno della marmotta" e alcuni momenti azzeccati (il corvo morto gettato nel bidone e le miriadi di mosche che ne fuoriescono, la faccia della figlia piena di cicatrici, la bambina che sfonda la vetrata argentianamente,
gli specchi coperti, la forzata apertura della bara al funerale, con testa decapitata che ruzzola sulla strada, la Bullock portata a forza in clinica che si dimena legata alla sedia e lo spettacolare incidente col camion dai riverberi
kinghiani).
Nel suo impianto narrativo il film di Yapo funziona, con attimi di regia anche apprezzabili (la Bullock sulla strada, il giorno del funerale con la donna, in lontananza, che spia la cerimonia dietro ad un albero, il continuo addormentarsi/destarsi che crea un cortocircuito tra la vita e la morte, il passato e il presente) gettando luci e ombre oscure sulla quotidianità interrotta della donna.
Purtroppo la gestione della storia (o, per meglio dire, lo script) non regge fino alla fine e quando c'è da mettere insieme i pezzi del puzzle tutto si affloscia, senza nessun colpo di scena degno di questo nome, con una svolta mielosamente hollywoodiana con troppi abbracci, pianti e stucchevolezze romanticheggianti d'accatto, finendo per gettare alle ortiche un ottimo potenziale di partenza.
Intensa la performance della Bullock e Peter Stormare nel ruolo di un (im)probabile psichiatra a insaporire la pietanza che, ahimè, va man mano sgonfiandosi perdendo quel gusto da fantathriller paranoico che prometteva all'inizio.