Note: Il film, conosciuto anche come "Hachiko: a dog's tale", è tratto da un fatto realmente accaduto in Giappone negli anni '20 e di cui si fece già un film: "Hachiko monogatari" (1987). Forest è il nome del cane che "interpreta" Hachiko.
Hallstrom dirige con buon mestiere una storia fondamentalmente semplice e monodirezionale. A rischio carie per chi pretende personalità e colpi di scena, toccante per chi si focalizza sull'atmosfera abilmente creata con le musiche e le espressioni del protagonista a quattro zampe. A onore del regista aver comunque mantenuto un basso profilo (pochi personaggi, poco autocelebrativo), a suo detrimento aver insistito troppo su un unico e facile elemento emozionale.
Probabilmente non è altro che un concentrato di puro buonismo americano, fatto sta che qui non ci sono cani con facoltà da supereroi né inverosimili pirotecnie. Qui c'è soltanto una commovente storia di lealtà e fedeltà reciproca, una storia qualunque senza macchinoni né champagne, ma in cui tutti coloro che hanno o hanno avuto un cane possono tranquillamente immedesimarsi. Gli altri sono in pieno diritto di non comprendere e prendere questo film con sufficienza. Forest sopra alle righe, simpatico Gere, un po' anonimi i personaggi di contorno.
Il fatto che il film sia tratto da una storia vera può spazzare in partenza eventuali ed inopportune accuse di sentimentalismo gratuito, o di essere costruito per suscitare la lacrima facile ed incrementare spettatori ed incassi. Se non si è prevenuti in partenza, il film dà emozioni sincere, anche grazie alla sua semplicità. Il cane protagonista è un esemplare magnifico che somiglia alla foto di quello reale (vissuto dal 1923 al 1934) che si vede nei titoli di coda. Per molti potrebbe essere utile avere dietro un fazzoletto. Per famiglie.
Nella lunga teoria di film dedicati al rapporto tra l'uomo e il cane, giunge questa pellicola di Lasse Hallstrom ispirata ad una vicenda realmente accaduta in Giappone negli anni '20. Il regista ha il merito di tenere la vicenda entro i limiti del sentimentale non eccedendo nei toni buonisti (che comunque non mancano, anzi!), impresa possibile grazie anche alla recitazione misurata dei protagonisti "umani", mentre quello canino è decisamente istrionico e ruba quasi sempre la scena ai primi.
Tenero e sensibile. Lo si potrebbe ritenere un'"americanata", intrisa di buoni sentimenti, se il tutto non fosse tratto da una storia vera. E questo rende ancora più commovente il film. Sapendo ciò, le lacrime sgorgano come l'acqua da una fontanella. È la storia di per sé ad essere buona, il regista non ha bisogno di calcare la mano sui sentimentalismi. Una storia tra un cane e il suo padrone, legati da un rapporto di reciproca fedeltà. Misurata la recitazione degli attori che lasciano la parte del protagonista al cane Hakita.
Hallstrom è uno specialista nel genere drammatico e si vede. Questo film (come altri della sua carriera) punta sulla lacrima, molto facile effettivamente visto il genere di storia, ma ha dalla sua parte una buona interpretazione di Gere, dialoghi brillanti, una forte sceneggiatura (tratta da una storia vera) e un ritmo veloce. Insomma, un piccolo gioiello del filone dedicato ai rapporti di fedeltà tra cani e padroni.
Hachiko, un cane di una particolare razza reale giapponese, ha un rapporto di estrema lealtà e fedeltà nei confronti del suo padrone. Un esempio, tratto da una storia vera, della trascendenza del vero amore. Commovente nella sua linearità come poche opere riescono ad essere.
Il film è riuscito, trasmette tanta dolcezza il rapporto tra Hachiko e il suo padrone (interpretato da un sempre affascinante Richard Gere). Nella seconda parte questa dolcezza inizia ad avere il gusto di tristezza e amarezza per l'evolversi delle cose. Un valore aggiunto alla pellicola è il fatto di rappresentare una storia vera.
Prova esemplare della fedeltà assoluta del cane all’uomo. Una storia semplice, narrata lentamente, rovinata da una colonna sonora talmente monotona e ripetitiva da risultare irritante. Unica apprezzabile originalità sono le riprese in soggettiva dagli occhi del cane. Due palle.
Preparate i fazzoletti perché è quasi impossibile non piangere di fronte alla storia di Hachi. Il rubinetto delle emozioni si apre spesso in modo inarrestabile, esaltando quest'apologo sull'amicizia e la fedeltà tra uomo e cane. La cosa lodevole è che il film scorre senza pietismo o ruffianeria e narra la vicenda in maniera nettamente semplice, positiva e gentile. Aiutano in tal senso le toccanti note di pianoforte. Gere bravissimo e garbato in un ruolo a lui davvero congeniale. Belli come il sole e tenerissimi i tre cani: sono loro i veri protagonisti.
MEMORABILE: Hachi, nel finale, ricorda i bei momenti passati col suo padrone (a mio avviso una delle scene più commoventi di sempre).
A parte la discutibile scelta del p.o.v. del cane, il film è una botta ai dotti lacrimali senza precedenti! Basato sulla vera storia di un cane e del suo padrone è raccontato da Hallstrom con un piglio fortunatamente non troppo enfatico, limitandosi a rappresentare in maniera lineare i sentimenti senza sfociare nel lacrima-movie; del resto la vicenda a cui è ispirato commuove già quando ne leggi la sinossi... Straordinaria, come spesso accade in questi casi, l'interpretazione "canina". Un'invasione di lacrime e buoni sentimenti. Diabetico.
Film che ha un unico tema, il rapporto indissolubile che si può instaurare tra cane e uomo. Il regista, seguendo giustamente uno stile melodrammatico, non perde mai il proprio ritmo, nonostante la sua semplicità; anzi, attraverso essa è possibile focalizzarsi sulla relazione tra cane e uomo. Commozione inevitabile nel finale.
Da amante degli animali nonchè da possessore di cane non ho potuto fare a meno di commuovermi dall'inizio alla fine. Per l'intensità, per la sua dolcezza e per il suo rappresentare magnificamente (in questo caso) il rapporto tra l'uomo e il cane. La pellicola intera è comunque moloto ruffiana. Per carità, ben vengano film di questo tipo, ma è ovvio che la sceneggiatura è molto strumentale. Bene il montaggio, pessimo invece il doppiaggio di Gere.
Ottima prova recitativa dei tre cani di razza Akita Inu che mostrano di rispondere ad una gamma di espressioni varie, tutte da scoprire e leggere tra le righe. Il resto è melassa appiccicosa, divisa tra attori imprevedibili e un Richard Gere come al solito mediocre interprete. Se non fosse ispirato a una vera storia, non varrebbe la pena dargli troppa retta.
Siamo al livello zero del cinema, un trafiletto di giornale che diviene film senza alcuna cornice, dialoghi inesistenti, un documentario sul rapporto uomo cane, la commozione che nasce spontanea solo guardando gli occhi dell'animale. È inevitabile un confronto con Io & Marley: stesso esempio di azzeramento del pensiero e di sceneggiatura, ma almeno una struttura da commedia divertente e commovente. In Hachiko non ci si sforza nemmeno di costruire qualcosa; ordine: commuovere!
Ispirato a una vicenda nipponica degli anni Venti, il film punta all'emotività dello spettatore con immagini coinvolgenti e comunque commoventi. Il cane protagonista mostra sguardi impossibili da evitare mentre Gere appare ispirato. Doppiaggio inizialmente agghiaggiante, poi quasi dignitoso. Un melodrammone canino dei giorni nostri.
Il film che più mi ha fatto piangere in vita mia. Una storia vera strappalacrime vede la sua prima trasposizione in un film giapponese negli anni 80; dopo 20 anni vede la luce questo remake molto accurato: musiche, fotografia, atmosfere, tutto al posto giusto per una confezione che sembra creata apposta allo scopo di far piangere lo spettatore. E ci riesce!
MEMORABILE: Il cucciolo che mangia i pop-corn con il padrone; La fuga di Hachiko dalla nuova casa; L'incontro della moglie con Hachiko divenuto vecchio.
Sì la storia è bella, è indubbio. Sì la storia è vera e un po' romanzata e sì, Hachiko ci entra nel cuore. Mi chiedo però se il film in quanto tale non sia eccessivamente ruffiano e forzosamente votato alla lacrima. I 9 anni dell'Hachiko attendente vengono condensati in 30 minuti, un terzo del film, dove si assiste solamente al decorrere del tempo e all'invecchiare del fedele quadrupede, e una certa noia affiora. Dal canto suo il regista non eccelle né nella prospettiva visiva canina né in particolari virtuosismi, finendo per divenir anonimo.
Ambientazione americana per una delle storie più note e commoventi di fedeltà canina, avvenuta in Giappone molti anni fa. Hallström la impagina con correttezza un poco accademica - a parte le soggettive in bn che dovrebbero replicare il punto di vista di Hachiko, splendido cane di razza Akita Inu: è lui il vero protagonista, espressivo e anche gigione, mentre gli umani, Gere compreso, saggiamente si limitano a fargli da corona. Congegnato per spremere lacrime, riesce nell'intento soprattutto se si ha avuto la fortuna di avere avuto, almeno una volta nella vita, un cane per amico.
Commovente e ricco di emozioni, questo film, interpretato divinamente da Gere, esalta il rapporto indissolubile tra un uomo e cane. Storia vera avvenuta nel 20 in Giappone, tocca la sensibilità umana e non mancano i momenti di grande intensità emotiva. Buon film, buona fotografia e bravo regista.
Lo confesso, mi sono commosso. Ho avuto un approccio ricco di dubbi ma è un film che, nonostante tenda a volerci a tutti i costi intenerire, lo fa con garbo e poesia. Ispiratosi a una storia vera accaduta in Giappone negli anni venti, Hallström ha il pregio di sottolineare con dolcezza prima e con strazio poi il rapporto intenso che si crea tra uomo e animale che neanche l'improvvisa scomparsa del primo potrà mai incrinare. La musica è struggente. Da vedere e far vedere ai propri figli.
MEMORABILE: La lunga attesa del cane alla stazione aspettando il padrone che non verrà più; La morte del cane con analessi dei giochi festosi con il padrone.
Per chi, come me, non conosceva il fatto come vero, nella prima parte del film si pensa di essere di fronte a una storiella leggera, con il bel cagnolino voluto, non voluto, nella casa dove si immagina facilmente sarà poi accolto. Difficile immaginare l'evoluzione nella seconda parte e il mare di commozione che sa suscitare. In questo senso la lineare sceneggiatura è molto buona e anche la direzione degli attori (umani) è contenuta nella giusta misura per far risaltare le caratteristiche dell'animale. Un solo punto di ruffianeria: la pallina.
Complimenti allo sceneggiatore che dal piccolo dato di cronaca del cane che tutti i giorni continuava ad aspettare alla stazione il padrone morto è riuscito a tessere una narrazione articolata, con un certo respiro, capace di catturare, e senza vere cadute o troppe lagne; c’è qualche toppa riempitiva, ma poteva essere peggio. La simpatia dell’animale supera la performance degli attori, con astuzia e infine aprendo i rubinetti della commozione. Film godibile, che punta più sulla fiaba, senza chiaroscuri, per raccogliere adesioni incondizionate.
Sceneggiatura piuttosto esile, basata su un reale fatto di cronaca che però viene largamente romanzato, a partire dall'epoca e dai luoghi. La storia verte sostanzialmente sul rapporto cane-padrone, con lunghe e metodiche concessioni al lacrimevole in cui il bellissimo esemplare di akita risulta senza dubbio alcuno l'attore più dotato del lotto. Sia chiaro, non è un brutto film, ma al termine della visione a parte gli occhi lucidi resta davvero poco.
Tratto dalla commovente storia vera del cane Hachiko che attese per anni il padrone ormai morto alla fermata della metro. Lasse Hallström ci sguazza nelle storie dolciastre, eppure qui è evidente il tentativo di non cadere troppo nel patetico, saltando a piè pari lunghi periodi di tempo non sufficientemente analizzati e rendendo la pellicola uno scarno resoconto di cui si può tranquillamente fare a meno. Scadente la recitazione, neanche Richard Gere salva la baracca. Fredda ma efficace la fotografia. Si può anche vedere, ma alla buona confezione non corrispondono le dovute emozioni.
Film drammatico tratto da una storia vera in Giappone negli anni 20 in cui il regista si concentra sul rapporto di amore e lealtà tra un cane e il suo padrone, cosa totalmente assente tra essere umani. Protagonista principale della pellicola Hachi, un cane che aspetta con pazienza il suo padrone pur sapendo che non tornerà più, continuando a cercarlo con il suo sguardo profondo tra i vari passanti. I sentimenti prevalgono e i dialoghi sono chiari. Sceneggiatura perfetta. Buon cast di attori. Eccellente l'interpretazione del grande Richard Gere. Film indubbiamente da rivedere.
Anche lo spettatore armato delle più ferree intenzioni non potrà fare a meno di piangere, o quantomeno commuoversi, alla vista del povero Hachiko in attesa del padrone. Regista e sceneggiatori lo sanno e, in pieno stile americano, calcano un po' la mano sugli aspetti più sentimentali della vicenda, lasciando in disparte lo stesso Gere a favore dell'eroico cane. Nel complesso comunque il film si lascia guardare e il resto del cast, pur senza strafare, svolge diligentemente il compito. Da vedere.
MEMORABILE: Hachiko che scappa dalla nuova casa per tornare alla stazione.
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CuriositàCangaceiro • 28/01/11 11:29 Call center Davinotti - 739 interventi
Nel mio commento faccio riferimento ai tre cani protagonisti. Ovviamente Hachiko è soltanto uno ma per le riprese sono stati impiegati tre esemplari di cane Hakita: un cucciolo, uno normale e un altro più anziano per il finale. Lo stesso film è un pò come se fosse diviso in tre atti:
1)Ritrovamento e prime esperienze da cucciolo
2)Vita assieme al padrone
3)Vita dopo la morte del padrone
DiscussioneZender • 15/02/11 18:34 Capo scrivano - 48848 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per Lucky Red/Medusa Video:
DATI TECNICI
* Formato video 1,85:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 Dolby Digital: Italiano Inglese
5.1 DTS HD: Italiano
* Sottotitoli Italiano Italiano NU
* Extra Trailer
Making of
Intervista
Gere al festival di Roma