Aveva ragione Loris Curci a far sorgere il quesito, che nella sua recensione sul tomo
35mm di terrore chiudeva il commento con "
...per cui viene spontaneo chiedersi cosa abbia spinto il buon Charles Band a finanziare l'opera"
E si, perchè questo bizzarro
The Caller rifugge da ogni tipo di produzione Empire (ma c'è dietro anche il produttore del primo
Halloween) risultando tra i parti più ambiziosi e anomali di casa Band.
La regia di Siedelman è giustamente anonima, lasciando ampio spazio a un istrionico e luciferino McDowell dagli occhi azzurrissimi e , stranamente, più controllato del solito. Le fa da contraltare la Smith, non bellissima, ma dotata di una risolutezza femminea che le tiene spago fino alla fine.
Comincia come uno psychothriiler (notevoli i pedinamenti voyeuristici depalmiani iniziali), poi vira nei meandri del gioco psicologico del gatto col topo (chi è davvero la vittima e chi il carnefice?) tra bambole rotte o impiccate negli armadi, accette, balestre, torte di compleanno, diapositive, corse in auto scavezzacollo, incendi, tagliole, mani amputate messe nel frigo come la testa di
Macabro, botta e risposta e punteggio a ogni sgamata (vince la Smith su McDowell, ma deve arrivare a 50 e poi bingo!).
Dialoghi su dialoghi, continui, frastornanti, che intontiscono. Quasi si perde il filo, non ci si raccapezza più, e ci si domanda dove voglia andare a parare lo script di Michael Sloan (presunti omicidi, forse la Smith è un uxoricida , che ha pure fatto a pezzi la figlia sparpagliando i suoi resti nel bosco, ma sarà davvero così?)
Il punto di non ritorno tra accuse e incriminazioni (che fa sembrare il tutto un episodio di
Colombo andato in acido), il gioco si fa pesante, e la Smith pazza oppure McDowell è un "fratello di un'altro pianeta" che sembra sapere molte cose?
Insomma, il teatro dell'assurdo gioca a rimpiattino, sottolineato , poi, da una sinistra atmosfera post-apocalittica (non c'è anima viva nei paraggi, nemmeno in città, c'è stata una guerra a quanto pare, e i due sembrano gli unici sopravvissuti ad un ipotetica catastrofe) e la fotografia di Daniele Nannuzzi ne sottolinea i contorni da fiaba nera.
Poi, tutto ad un tratto, dal kammerspiel della crudeltà si passa, In un attimo, alla fantascienza dispotica, in un finale delirante ma, a suo modo, geniale dove, a farla da padrone, sono i gustosi SFX di John Carl Buechler.
SPOILERLo Skynet profetizzato da James Cameron ha dato i suoi frutti.
FINE SPOILERSe si riesce a resistere al nonsense della storia (all'apparenza) e ai monologhi a volte asfissianti, se ne esce ripagati da un fanalino di coda che sarà difficile dimenticare per il suo scriteriato (e inaspettato) cambio di rotta. Poi, il gioco, ricomincia, così, per sempre, all'infinito...
I fan puristi dei prodotti Empire potrebbero storcere la bocca, ma è la produzione più coraggiosa (e antispettacolare) affrontata da Charles Band (quando ancora era sinonimo di creatività artistica) e , come scrive ancora Loris Curci "
deve più a TRAPPOLA MORTALE che nemmeno a RE-ANIMATOR".
Però se Malcolm McDowell mi bussa alla porta di un casa isolata nella foresta, dicendo che ha l'auto in panne e deve fare una telefonata, io, sinceramente, tentennerei.