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B. Legnani: Tiene 58' poi crolla. Il via ricorda Laurel&Hardy che in Fra Diavolo, improvvisatisi fuorilegge, assalgono l'omonimo bandito. Qui si cerca il colpo a Sancho (El Diablo!). Più che un film è un collage di trovate: tiene solo se l'ideina c'è. Mal usato Sancho, mentre le bellone (Gia Sandri e Rossella Bergamonti) colpiscono per inespressività. La parodia è carina quando si vedono la fantasie di Ciccio e Franco. Pregadio morriconeggia con tromba ed organo, primi piani su occhi e fronte, mentre le labbra giocherellano col sigaro: troppo poco.
MEMORABILE: Franco che gioca, senza capirlo, ad una sorta di roulette russa con i tasti della cassa del saloon.
Galbo: Si rimane alquanto indifferenti di fronte alla trasposizione di una parte delle Mille e una notte realizzata da Mario Bava. Certo, si tratta di opera tecnicamente all'altezza, con effetti speciali e fotografia di pregio, ma il tutto ha il sapore formale del compitino estetizzante nel quale risulta coinvolto anche il cast all stars che non convince quasi mai, a partire da un protagonista improponibile.
Reeves: Non ci si può non divertire di fronte a un Maciste ibernato, ai commenti dei saggi che fanno ipotesi sulla sua natura e alla pagnotta che il buon Kirk Morris addenta appena si sveglia, quasi fosse un muratore. Per il resto siamo nella media dei peplum, con i cattivi cattivissimi e i buoni senza macchia. Un cinema semplice, senza pretese, che si vede sempre volentieri.
Stefania: Ideale botta e risposta a Se permettete parliamo di donne, inferiore come qualità di scrittura, anche se Manfredi si dimostra più versatile e persuasivo di Gassman. Sull'orlo della rovina economica, sull'orlo della senilità, sull'orlo della resa dei conti con la consorte fedifraga, sull'orlo di una crisi di nervi (immotivata, visto che la moglie, contadina, si spacca la schiena a lavorare per lui): il carattere dei quattro protagonisti dei quattro episodi si rivela per intero in situazioni estreme. E non è mai un bel carattere! Quattro caricature, dal tratto non fine. Bravissima la Vukotic!
MEMORABILE: Il finale "diabolico" dell'episodio "Un uomo superiore".
Galbo: Tra love story, film di denuncia antimafia e melodrammone, questo film di Damiano Damiani non riesce a decidere la strada da prendere e finisce per essere un non giusto omaggio al buon passato del regista. Le corrette interpretazioni dei due protagonisti (specie di Jo Champa), non riescono a "redimere" un film la cui sceneggiatura è piuttosto mediocre e nemmeno la regia riesce ad incidere in modo positivo.
Cangaceiro: Uno di quei film girati in fretta e furia in un'epoca in cui il cimena italiano sfornava una miriade di titoli simili (i due mostri sacri nello stesso anno parteciparono a 6 pellicole ciascuno). La trovata dei gemelli separati alla nascita è l'esile pilastro su cui viene costruita la vicenda, con equivoci e scambi di persona sì ripetitivi, ma orchestrati con tempi comici chirurgici. Vianello e Chiari, lasciati allo stato brado davanti alla cinepresa, dimostrano di saperci fare alla grande pure al cinema, oltre che nell'habitat televisivo. Simpatico.
Markus: Lei scrittrice con un recentissimo "ex", lui imprenditore single di successo. Non si conoscono, ma entrambi hanno - tramite i relativi amici - prenotato uno chalet di montagna che li unirà in una approfondita conoscenza. Gary Yates dosa gli ingredienti giusti atti a generare sì uno scontato amore, ma con il garbo e il tatto di chi sa che certe faccende di cuore, al di là dell'attrazione tra belli, devono maturare al punto giusto. Un film banale ma girato con indiscussa professionalità. Il sorriso e la statuaria bellezza di Taylor Cole non potrà che far breccia.
Belfagor: Unico sopravvissuto al massacro della propria famiglia, un ragazzino scopre che questa era implicata in attività criminali ed è costretto alla fuga. Carlei puntava chiaramente al palato d'oltreoceano, come testimoniano le svariate velleità tecniche e registiche: steadycam, riprese azzardate, slow motion e chi più ne ha più ne metta, una confezione leccata e pesante per coprire una sceneggiatura labile. Alla fine, sembra di assistere ad una giustapposizione di sequenze messe lì per far applaudire qualcuno a Hollywood.
Nicola81: Winner prepara il terreno a Il giustiziere della notte, con questo poliziesco meno banale di quel che sembra. In fin dei conti si tratta di incastrare il solito mafioso intoccabile, ma le indagini vengono descritte con una complessità e un realismo non comuni, il ritmo è buono e il finale regala parecchia azione. Bronson granitico come sempre, ma stavolta la sua durezza è stemperata dallo sbandieramento di idee democratiche. Curiosa la scelta di non fare mai incontrare lui e Balsam.
MEMORABILE: L'assalto ai mafiosi; Il volo dal grattacielo; La "confessione" di Balsam.
Myvincent: Terzo capitolo per la coppia Serrault/Tognazzi, questa volta alle prese con un matrimonio che deve realizzarsi a tutti i costi per poter beneficiare di un'eredità miliardaria. Lo script è povero (con un finale miserrimo), la messa in scena trita e ritrita, opacizzata da un ritmo stanco e svogliato. C'é spazio per qualche battuta ben riuscita e qualche gridolino improvviso, ma è davvero poca cosa rispetto ai fasti del capostipite.
Rambo90: Uno dei grandi western della storia del cinema, che declina ad alti livelli il classico tema del rapporto d'incontro e scontro tra due uomini di diversa natura. Wayne in uno dei suoi ruoli migliori è ben supportato da Clift e da un cast secondario di ottima resa (Brennan in particolar modo). Hawks imprime un ottimo ritmo, le sequenze dei movimenti della mandria sono spettacolari e la fotografia è di un bel bianco e nero nitido che dà un tocco in più all'atmosfera del film. Da non perdere.
Myvincent: Black out in un grattacielo di NY, black out nella mente di un uomo che da quel momento in poi non riesce a collegare i pezzi della sua vita. Gregory Peck dà volto a quest'uomo con la classe e la bravura a cui ci ha abituati, zigzagando sul terreno scivoloso di un thriller troppo verboso per allarmare veramente. Come contraltare un Walter Matthau superironico, il cui contrasto funziona alla grande.
MEMORABILE: La caduta tutta hitchcockiana del magnate dal grattacielo.
Il Dandi: Canto del cigno di una serie di successi durata un decennio: non certo il migliore del catalogo (si ripete il canovaccio del Bisbetico domato) ma dopotutto neanche il peggiore (la cornice action-poliziesca funziona assai meglio che in Sing Sing). La verità è che il massimo che Celentano potesse chiedere al cinema lo aveva già espresso nel suo magni(vani)loquente Joan Lui; qui torna momentaneamente nei suoi ranghi ma avrà la saggezza di fermarsi lì, dando l'addio al grande schermo e facendo numeri ancor più grossi nel piccolo.
MEMORABILE: "Tuo marito è morto" "Scherzetto?" "No, è mortone!"
Reeves: Strano western nel quale Primo Zeglio dimostra che forse non sa conferire un ritmo incalzante alle sue storie ma in compenso le sa scegliere bene. I personaggi hanno una loro complessità, il tema della giustizia e della vendetta è trattato in modo non banale e Claudio Undari domina la scena come cattivo intelligente. Notevole l'uso degli zoom, tipico del cinema del periodo.
Rambo90: Divertente incontro fra i grandi Bud Spencer e Tomas Milian, che insieme offrono una delle coppie più simpatiche del cinema italiano. Il ritmo è molto alto e, sebbene la storia sia di una banalità unica, la sceneggiatura offre ai due molte occasioni per far ridere. Non manca una scazzottata finale ben orchestrata e una colonna sonora frizzante; e poi vedere Milian che fa Tony Roman è impareggiabile.
MEMORABILE: Bud Spencer al posto della mamma di Milian!
Parsifal68: Alti e bassi di una coppia formata da un arbitro della NBA americana e una impiegata di una compagnia aerea. Crystal è un gran bravo attore comico, non c'è dubbio e qui affronta da regista una sorta di rivisitazione del ben più divertente e fortunato Harry ti presento Sally. Compito arduo perché gli manca la delicatezza espressiva della coppia Reiner-Ephron e in più sceglie di ambientare la trama nel mondo sportivo che è, da sempre, un campo minato per l'arte cinematografica. Simpatico ma non eccezionale.
MEMORABILE: Cristal invalida il tiro finale di Barkley scatenando le ire dell'intero palazzatto.
Vitgar: Ci sono film che si vedono volentieri anche molte volte. Questo di Sollima è uno di questi. Ben interpretato da quella maschera fantastica di Van Cleef, da un Milian in ottima forma, con un doveroso cenno all'immancabile Sancho, la pellicola pur semplice e senza pretese di messaggi particolari offre ambientazioni azzeccate e situazioni interessanti che la pongono in un possibile spazio particolare del western all'italiana.
Vice: Film di pura propaganda, lontano dallo stile di Sirk, appare insensato come l'assurdo incipit basato su un uomo che cerca la pace andando in guerra (e riesce anche, non si sa bene come, a trovarla). Non aiutano le buone sequenze belliche dall'alto degli aereoplani, un buon Hudson, un cast di contorno di tutto rispetto e una buonissima messa in scena: il risultato è altamente insufficente e fiacco. Sirk farà e ha fatto meglio con i suoi melodrammi che rimangono nella storia del cinema.
Harrys: Dicono sia sintomo di un cinema nostrano in agonia. Credo sia sintomo di una saturazione massima da sciocchezze made in USA. Il diritto alla parodia è sacrosanto (come afferma goffamente lo stesso Greggio nell'allucinante finale), ma perpetrarlo per un'ora e quaranta di tempi pressoché morti è sadismo puro (non essendo David Zucker...). In realtà, trattasi di un prodotto tutto sommato ben confezionato, scevro da strafalcioni tecnici e con i suoi momenti (l'horror-trailer); purtroppo, però, latita nella fondamentale costruzione delle discontinue gag. *1/2
Myvincent: Un Victor Mature (piuttosto mature) nei panni e gonnellini di un Annibale che più impomatato non si può. Al comando di un esercito e i suoi mitici quaranta elefanti attraversa le Alpi in una "mission impossible" che ancora oggi ha del prodigioso, per gli storici. Purtroppo la pellicola non ha finalità culturali e si prolunga in banalità assurde, compresa una love-story stile Romeo e Giulietta. Opera diciamo diligente quanto poco artistica.
Fusion: Un lavoro di tutto rispetto, considerato il fatto che in fondo è il primo film per la regista. Da divoratore di commedie italiane contemporanee penso sia in linea con le uscite degli ultimi dieci anni, inoltre ha il giusto equilibrio tra serio e faceto che caratterizza il genere. Attestato di stima per Sabrina Impacciatore e Edoardo Leo, veramente bravi (senza nulla togliere al resto del cast).
Gabrius79: Film che sull carta potrebbe anche regalare soddisfazioni, visti i due protagonisti, mentre invece ci ritroviamo di fronte a una noia quasi mortale e a un ritmo lento che vengono raramente interrotti da qualche discreto momento. Memphis e Tirabassi appaiono sottotono anche a causa di una sceneggiatura che li imbriglia totalmente. Cast di contorno senza nerbo. Regia incolore.
Pigro: Quella dello straniero bloccato nel limbo dell'aeroporto di New York per una falla nella logica burocratica è una bellissima storia, una bellissima favola sull'attesa e sull'amicizia, nonché un sagace sguardo sui nonluoghi. Ma soprattutto è un film imperniato sul tipico homo americanus (con la capacità di fronteggiare le avversità, far soldi ingegnandosi, avere un sogno) che qui è però uno straniero (come i suoi amici: un nero, un indiano e un messicano), mentre il bianco si atteggia a semidio (come il 'padre' di Truman). Notevole.
Galbo: Film che ha nella minuziosa ricostruzione dei dettagli di una missione di volo di un bombardiere durante il conflitto bellico il suo pregio maggiore. Da questo punto di vista l'opera è quasi un documentario. Dal punto di vista strettamente narrativo il film si presenta invece piuttosto lacunoso in quanto abbonda di stereotipi e non riesce ad andare oltre la retorica inevitabilmente connessa ad opere di questo genere. Buono il cast.
Bruce: Rapine a banche e furgoni da parte di un gruppo di amici di Charlestown, quartiere malfamato di Boston. Il capobanda si innamora di una delle vittime e la vicenda si complica. Riuscita miscela d'azione e di sentimenti, con una buona caratterizzazione dei vari personaggi. Affleck ha i tempi giusti e uno stile asciutto, sulla scia del vecchio Clint. Valido l'accompagnamento musicale.
Ryo: Ottima accoppiata formata da un mostro sacro come Nicholson e un eccellente Freeman, che interpretano un ottimo film sull'amicizia toccando bene le corde emotive. Non disturba il fatto che sia un po' irrealistico: è una buona fiaba felice che la maggior parte della gente comune sognerebbe prima di morire; i tipi di personaggi interpretati da Nicholson e Freeman lo rendono credibile, divertente e commovente nei momenti giusti.
Giùan: Dopo opere alquanto discutibili, sulle quali anzi il dibattito era pressoché nullo, Egoyan torna a far parlare di sé con un film che racchiude alcune tematiche chiave del proprio cinema: la rimozione del passato e la fragilità dell'appartenenza. Lo fa grazie soprattutto a uno script geniale, capace di ravvivare il corpo freddo ma mai esangue del genocidio, ribaltando prospettive e centrando il bersaglio di disorientare le aspettative dello spettatore. Formidabile Plummer, arrancante nel corpo e nella mente. Qualche banalità nello svolgimento a "episodi".
MEMORABILE: La casa dei Kurlander, carica di rigurgiti vetero e neo nazisti.
Mco: La smania di rifare sempre tutto colpisce anche un onesto filmetto come Ricette d'amore, che si ricorda per la buona prova di Castellitto. Qui il cast spreca nomi più altisonanti salvando in toto una formula, quella degli amori sul lavoro, risultata indovinata. La Zeta Jones è brava e eccelle quando si infuria con la costoletta in mano così come sa essere dolce e sensuale quando gioca con la bambina in casa. Eckhart le fa da buon comprimario, senza frizzi o lazzi di sorta. Gradevole, anche per chi non conosce l'originale.
Luchi78: Film-documentario che ha il difetto principale di non riuscire a spaziare sufficientemente nella società tedesca degli anni dell'ascesa del fuhrer traendone una storia dai contorni troppo sfumati, dove però emerge nettamente la fulgida interpretazione di Robert Carlyle nei panni di Hitler. L'odio razziale e la crisi della Germania post-bellica sono solo sfondi accennati alla figura emergente e deviata del folle dittatore tedesco; qualche errore storico (forse inevitabile) ma complessivamente una buona ricostruzione.
Daniela: Durante una gita al lago in camper, una bimba di 10 anni scompare senza lasciare tracce. Mentre la polizia batte i boschi circostanti, i genitori disperati iniziano a fare ricerche per proprio conto combinando guai... La situazione dovrebbe far scattare in automatico l'empatia verso i protagonisti: se qui non accade è per colpa di atteggiamenti così incoerenti e insensati da impedire ogni immedesimazione. Il colpo di scena finale spiega queste assurdità comportamentali ma è tanto forzato da confermare la sensazione di essere stati presi in giro. Felicemente perdibile.
MEMORABILE: In negativo: la lezioncina sull'elaborazione del lutto impartita a 4 giorni dalla data della scomparsa della bambina.
Ale56: Nonostante la trama e il titolo del film possano rimandare la mente a Mary Poppins (la tata arriva volando, fa magie...) il film si svolge in modo completamente diverso dal film appena citato. Restando pur sempre nella linea mediocre/discreto può contare su di un cast di tutto rispetto (Colin Firth, Emma Thompson) e su una fotografia e una scenografia dignitose. Trama banale ma affrontata decentemente. Per il resto il solito film formato famiglia da gustare riuniti davanti alla televisione. Discreto.
Enzus79: Film di carattere storico: un eroe di guerra riprende armi in mano e va a combattere per l'indipendenza americana dagli inglesi nel 1776. Discretamente riuscito, al netto degli errori storici. Intrattiene (nonostante una durata monstre di quasi tre ore) e fa poco riflettere. Kolossal che va preso per quel che è: prevedibile e di parte. Mel Gibson convincente. Colonna sonora firmata John Williams che rasenta il pomposo.
Daniela: Un giovane povero e ambizioso corteggia una ricca ereditiera, ma la sua scalata al successo (la ragazza lo ama, i genitori di lei lo vedono di buon occhio) è messa in pericolo dalla relazione con una operaia che, rimasta incinta, pretende di essere sposata. Titolo divenuto proverbiale, film edulcorato rispetto al romanzo (la colpevolezza del giovane è incerta) ma con ottime interpretazioni da parte di un tormentato Clift ed una sanguigna Winters, mentre la Taylor risulta un po' troppo leziosa.
Herrkinski: Tra il film di spionaggio e il thriller, con contaminazioni di fantapolitica sulla Guerra Fredda. Siegel in regia è garanzia di professionalità e di solidità, Bronson e Pleasence sono perfetti per i ruoli, il resto del cast svolge con talento e misura la propria parte. La sceneggiatura talvolta si fa un po' macchinosa, anche a causa dei numerosi cambi di location tra una scena e l'altra, tuttavia il film si fa seguire con interesse, pur tradendo a tratti una certa lentezza. Le parti degli attentati suicidi sono però eccezionali. Un buon film.
Alex1988: Quattro disgraziati e un sequestro, ovviamente, realizzato nel più maldestro dei modi, come vuole la tradizione della commedia all'italiana (di monicelliana memoria, nella fattispecie). Il fatto strano è che riesce difficile bollare questo film come una semplice commedia; vorrebbe distaccarsi dal genere piazzandoci addirittura, a inizio film, una morte sul lavoro. Ma l'operazione, alla fin fine, si rivela un mezzo fallimento. Bravi Favino (anche se leggermente caricato) e il solito Battiston.
Camibella: Zack è un giovanotto dall'infanzia non facile che decide di diventare pilota della marina. Durante l'addestramento imparerà a stare al mondo e si innamorerà. Grande successo di pubblico per un film che basa le sue fortune quasi esclusivamente sul fascino di Richard Gere e su qualche furbetta trovata romantica. Non un capolavoro ma un discreto lavoro che resiste alla prova del tempo. Grande Louis Gossett Jr. che infatti vinse l'Oscar. Celebre il tema musicale cantato da Joe Cocker e Jennifer Warnes anch'esso premiato dall'Academy.
Pigro: La storia del direttore di museo che si destreggia tra un’installazione artistica buonista e il furto di un telefono è la leva per un acuto discorso sulla fiducia nel prossimo e l’irresponsabilità nelle azioni, attraverso scene simboliche e allusive che ribaltano le aspettative sociali e narrative. Molto interessante il contesto dell’arte contemporanea che innesca riflessioni anche sul ruolo della cultura. Ma purtroppo Östlund la tira spesso per le lunghe, sia nelle inquadrature che nelle scene, confezionando un film prolisso e altalenante.
Galbo: Film dallo stile patinato, interpretato da due ottimi attori e da vedere se possibile in lingua originale. Purtroppo al di là del bello stile, la sostanza è poca, nel senso che si cade frequentemente in cliché riguardanti sia la vicenda che la caratterizzazione dei personaggi, principali e secondari. Non manca una piuttosto banale digressione straniera ambientata in una Parigi anonima, così come è anonima Las Vegas che costituisce la principale ambientazione.
Homesick: Dall'omonimo romanzo di Moravia. Lo scopo di intersecare la decadenza della famiglia borghese con le spinte sovversive dei gruppi terroristici si materializza in un fotoromanzo erotico dai dialoghi crudi e scabrosi, che nell’impatto scenico-drammaturgico ricorre a tinte simili a quelle degli esempi bertolucciani e fassbinderiani. Dopo una brusca cesura, la bulimica e bistrattata Marra si trasforma come per incanto nella provocante lolita Wendel, meritevole primadonna in un cast di nomi illustri che si prestano a personaggi ad alto grado di bassezza e perversione moral-sessuale. **!/***
MEMORABILE: I tremendi insulti della matrigna Sandrelli alla Marra; l’incubo della Wendel; Guerrini “collauda” la Wendel.
Puppigallo: Un Murphy ciarliero, ai limiti del logorroico, viene contenuto da una sceneggiatura che, se da una parte ne limita i vocaboli, dall'altra purtroppo non regge, risultando annacquata e sempre meno generosa di gag passabili. Ed è un peccato, perchè la prima parte, con la rivelazione che costringerà il protagonista a centellinare le parole, non è male. Il suo a dir poco difficile adattamento alla nuova situazione dà infatti vita a situazioni simpaticamente paradossali (il mutismo dallo psicanalista, che a sua volta tace; l'uscita dal bar con cinque ordinazioni; il cieco). Un'occasione persa.
MEMORABILE: "E' una cosa tra lei l'albero"; "E' un movimento spirituale". "Quello che ho io quando mangio la crusca".
Fauno: Se non altro si svela a fondo l'identità del meno appariscente ma più basilare membro degli Stones, che è stato l'unico a mantenere e a coltivare la sua identità nella frenesia più totale del mondo in cui viveva, riuscendo a rinascere spiritualmente per ben tre volte. Il film è meditativo come meditativo è lui, ma nondimeno si resta estasiati dagli incontri con artisti di altre arti (fra cui il grande Chagall) nel suo soggiorno (forzato dal severo fisco inglese) in Francia, nonché dal toccante racconto sul concerto di Ray Charles e dall'ottima collaborazione con Buddy Guy.
MEMORABILE: Le sue collezioni; La sua dura infanzia, col padre che addirittura lo ritira dal liceo classico; La radio con musica country nel servizio militare.
Lou: Lo stile di Burton si vede, anche se in modo meno incisivo che in altre occasioni: mancano i suoi tratti più visionari e provocatori, forse per il necessario rispetto di aderenza alla vera storia della pittrice Margaret Keane, i cui quadri divennero famosi col nome del marito. La vicenda è raccontata con molto colore e teatralità, senza però esplorare adeguatamente le dinamiche della colossale frode artistica e umana.
Luchi78: Non solo l'uscita di scena di Mahoney contribuisce allo scivolone di questo quinto episodio, ma anche una stantia rappresentazione dei soliti personaggi, senza alcun innesto d'interesse. Solo la coppia Proctor-Harris cerca di tenere banco, ma ben presto la ripetitività delle scenette tra i due oltrepassa il limite della sopportazione. Ambientazione in un super-hotel di Miami alquanto fastidiosa. Evitabile.
Il Dandi: Primo cimento di Fulci col western, che non diverrà mai il suo genere d'elezione ma la violenza superiore alla media lascia intravedere qualcosa del suo stile personale. Riconoscibilissima è invece la mano di Di Leo nello script, sia nelle cose riuscite meglio (gli archetipi tragici del parricidio e dell'amicizia virile) che in quelle riuscite peggio (il personaggio del cinese, quasi umoristico). Nero fa Nero (ombroso e silente), Hilton fa Hilton (più ironico e disincantato), mentre Castelnuovo è un sadico che non ti aspetti. Belle musiche.
MEMORABILE: Il lunghissimo pestaggio di Nero seviziato da Castelnuovo a frustate.
Trivex: Micidiale per quanto noioso, in alcuni tratti. Fotografato discretamente e con una dignitosa messa in scena tra costumi e ricostruzioni dei luoghi. Rispolvera una famosa vicenda attraverso una sorta di parodia di due avventurieri, affamati di tutto e senza voglia di far niente. Molto bella la bionda Elena e qualche altra partecipante; anche se non si mostrano sempre proprio come si vorrebbe, il film non passò indenne tra le maglie della censura, come ben si sa. Una versione integrale si sarebbe forse meritata il suo perché.
Schramm: Per cavalcare finché ancora crepita e scalpita il drago scandalistico, Mattei s'accoda al caligoleggiare pallido ma assorto proprio no. Ancora la stessa Storia da Novella2000 a.C., il cui plagio ricade pure sui quotes ("come vorrei che il popolo avesse una testa sola per decapitarlo!"). Guadagna in estetismi inusuali per il regista (si veda il calligrafismo fotografico), ma è anche meno trucido turpe scabroso licenzioso di quanto il sotto-filone esige. Formalmente mancherebbe tutto il resto, ma che vogliamo farci, son quisquilie. Il completista si prepari a recitare l'atto di dolore.
Galbo: Diretto ed interpretato dall'attore Billy Crystal il film segue evidentemente le orme del fortunatissimo (ed interpetato dallo stesso protagonista) Harry ti presento Sally. Di quello, Forget Paris presenta lo stesso tono dolceamaro e lo stesso gusto per la cura della sceneggiatura e per la scrittura dei dialoghi. Manca tuttavia l'equilibrio dei toni del film di Rob Reiner. Il film è comunque gradevole anche per merito del cast bene assortito.
Puppigallo: Buon western, dove la fede è messa a dura prova ed è parte integrante della vicenda, visti i risvolti. L'ombroso (ne ha tutte le ragioni) protagonista è mosso da un irrefrenabile desiderio di vendetta; e chi gli sta attorno, anche per aiutarlo, è spesso visto più come un ostacolo. Dopo una prima parte un po' lenta, di preparazione, la pellicola si anima, proprio grazie alla caparbietà dell'uomo venuto dalla fattoria del fattaccio. Il capo dei banditi non è uno di quei personaggi che si ricordano, nonostante si atteggi. Mentre il più interessante risulta l'indiano, soprattutto nel finale.
MEMORABILE: Visto il risultato del bandito che, a suo dire, tira meglio di tutti, il peggiore dei quattro, come minimo, dovrebbe spararsi in un piede.
Jena: La coppia Friedberg/Seltzer mette le mani su 300 con un risultato semipietoso. E sì che di materiali per una bella parodia ce n'erano, visto che già di suo 300 presentava molte situazioni al limite del ridicolo involontario. Fanno centro due o tre situazioni ad esser buoni (la prova iniziatica col pinguino mostruoso, la sfida di ballo tra spartani e persiani, il Serse panzuto), in mezzo a tante sciocchezze che non fan ridere e riferimenti incomprensibili alla tv americana. Pessimo il finale con Serse/Transformer. Dura per fortuna un'oretta + venti minuti di musical e titoli di coda.
MEMORABILE: Gli ammiccamenti sexy di una non più giovanissima Carmen Electra; La camminata stile musical dei guerrieri spartani; Gli addominali disegnati.
Jurgen77: Bel film d'avventura diretto da Castellari con mezzi discreti e un Franco Nero in piena forma. Spiccano le riprese subacquee e la buone dose di suspance. Il film, pur non essendo un kolossal, risulta godibile dall'inizio alla fine. Castellari è un ottimo regista di azione e avventura; se poi i mezzi a disposizione sono discreti ne esce sempre un buon prodotto.
Victorvega: A differenza del libro, gradevole, il film è di una noia sconcertante, insipido e incolore, livellato e sintetizzato in maniera tale che anche gli snodi importanti sono banalizzati e non evidenziati. Ci si perde in un piattume generale. Anche gli attori pare nulla facciano per risollevarne le sorti, contribuendo anzi alla scarsa resa generale. Dispiace e stupisce vedere qui coinvolto il fuoriclasse Keitel, annoiato e peraltro con un numero limitato di battute. La canzone di Paoli c'entra poco con le azioni che dovrebbe sottolineare.
Myvincent: Il titolo originale è più aderente al genere, in bilico fra il poliziesco-spy e il catastrofico. Tutto inizia con un assassinio di cui è testimone una misteriosa donna che va stanata a tutti i costi. Il film viene poi condito con risvolti rosa e coppie innamorate, presunte o meno. Ancora un ruolo da "sporca carogna" per un giovane Vincent Price. In finale c'è poca suspense con qualche fiato trattenuto nell'epilogo freddo, freddissimo...
Kanon: Rien a faire. Nulla può l'improbabile coppia di stelle cadenti Andrews-Mastroianni dinanzi a simili po(r)chade. Un prêt-à-porter dei clichés: l'italiano gran viveur, guicciardinesco latin lover (inde)fesso tra ma(s)chi(li)smo e mammismo e l'inglesina self control, pragmatica ed algida da tè delle cinque. Svaporata farsetta di trombati che finiranno... ci siam capiti. Sullo sfondo aleggia una torre Eiffel che assume - alla luce di tutto questo - inquietanti simbolismi fallocratici. Champagne annacquato. Prosit!
MEMORABILE: Mastroianni che spara un rutto in faccia alla Andrews.
Nando: Pellicola rarefatta in cui la violenza talvolta è mostrata con veridicità e altre volte appare latente. Phoenix è una maschera impenetrabile che combatte le sue numerose psicosi con tremende sofferenze. Dialoghi al minimo ma comunque efficaci e un finale apparentemente da brivido. Colonna sonora appropriata e probabilmente qualche lieve buco in sceneggiatura.
Homesick: A parte un buono spunto iniziale (l'idea di un Maciste "ibernato" è una probabile allusione alla guerra fredda), si tratta di un peplum assolutamente convenzionale ed inferiore alla media, privo della spettacolarità tipica del genere, anche a causa del poco convincente fisico del bagnino Adriano Bellini nei panni di Maciste. Più interessanti le figure dei due cattivi, resi con fare teatrale dallo zar Massimo Serato e dal suo grifagno consigliere Giulio Donnini. Solo per completisti.
Panza: La vita del compositore Puccini rivive in questo film di Gallone che riesce a tener su la baracca anche grazie a numerosi spezzoni a teatro di opere come la "Madama Butterfly" (il coro a bocche chiuse!) che si mescolano alle parti biografiche. Una biografia tratteggiata molto bene che si concentra fra la vita, le opere e la vita del compositore. Il tutto narrato con un respiro d'opera notevole nonostante qualche concessione al romantico su cui si può chiudere un occhio, vista la gradevolezza di molte scene sorrette da un Technicolor sfavillante.
Rambo90: Western dallo spunto abbastanza interessante, con la riuscita figura dell'antagonista che si ostina a proseguire una guerra ormai finita, ma con una sceneggiatura non sempre all'altezza. Hamilton risalta più di Glenn Ford, che parla poco e in fondo si vede a singhiozzi, perché la maggior parte delle scene sono a favore dei sudisti in fuga. Il ritmo è sostenuto ed è un peccato che la regia sia un po' incolore, perché poteva uscirne un piccolo gioiello. Non male.