Forse perché tratto dal bellissimo racconto di Pavese è uno dei film piu narrativi del regista ferrarese, e a parere di chi scrive anche uno dei suoi migliori in assoluto. Grazie a una sceneggiatura di ferro anche i dialoghi si salvano dal rischio della parodia in cui il regista a volte è incorso in seguito. Eccellente la descrizione della Torino post bellica, bellissima la fotografia e da applausi tutto il cast (soprattutto quello femminile). Molto amaro: una serie di solitudini che si incrociano senza risolversi.
Liberamente tratto dal racconto “Tre donne sole” di Pavese, una delle opere più deboli e meno personali di Antonioni, ancora distante dall’intensità dei capolavori su crisi e incomunicabilità che partorirà di lì a poco. La tecnica del Maestro si vede nella direzione di attori e attrici – comunque non al massimo delle loro potenzialità – e nella fotografia della Torino anni Cinquanta, affidata all’esperto Gianni De Venanzio.
Tra esterni desolati o brulicanti di una folla anonima, tra interni ovattati trillanti del chiacchiericcio di signore annoiate, per le quali indifferenza e cinismo sono pane e veleno quotidiano, si consuma il dramma della bella e fragile Rosetta, suicida per un'illusione d'amore. E per Clelia, unica voce fuori dal coro, neppure un addio alla stazione... L'incomunicabilità narrata in stile più figurativo che astratto, in questo Antonioni prima maniera: l'esito è comunque pregevole.
Il carattere delle protagoniste, tutte diverse tra di loro, è tratteggiato molto bene e anche quello degli uomini, con le loro debolezze e vanità. I rapporti invece sono abbastanza "ordinari" e scontati e, visti ora, fanno un poco sorridere per la loro ingenuità e sembra più di parlare di ragazzini piuttosto che di persone adulte. Eppure siamo in un ambiente borghese con velleità intelletuali. Questa impressione è supportata anche dai dialoghi, spesso di una superficialità disarmante. Il tratto positivo di queste amiche è la schiettezza.
MEMORABILE: Clelia dice a Momina: "Ragioneresti diversamente se tu dovessi guadagnarti la pagnotta". Momina risponde: "Io ce l'ho la pagnotta".
Leone d’argento alla XVI Mostra internazionale del cinema di Venezia, il film racconta uno spaccato di vita di un gruppo di amiche di ceto medio-alto che "sfogliano" la giornata banalizzando le loro esistenze. Una di loro è costretta a guardare fuori dal proprio essere per non cedere alle tentazioni inutili e devastanti. La macchina da presa, con occhio vigile e attento, osserva i rituali della giornata ed esalta con discreta fotografia le torbide emozioni. Gli sforzi della sceneggiatura emergono dalla notevole interpretazione della Rossi Drago.
Nella filmografia del primo Antonioni, qesto film è più vicino a La signora senza camelie che al capolavoro Cronaca di un amore. Comunque opera di passaggio cruciale verso quello che diventerà un cinema nel quale gli ambienti definiscono gli stati d'animo dei personaggi mentre gli artifici narrativi in funzione drammaturgica son progressivamente eliminati. In tal senso il "diario intimo" di Pavese viene tradotto (da Suso Cecchi e la De Cèspedes) in senso ellittico cronachistico. Bel ruolo per la Rossi Drago e intensa prova in tono minore della Cortese.
Uomini e donne: universi in rotta di collisione eppure infinitamente distanti. Antonioni ne mostra le dinamiche relazionali: i rapporti tra le amiche, e tra queste e gli amici. Ma ognuno è solo a questo mondo e nessuna storia d’amore può sussistere. Un film che si aggira tra i minuetti di un bon ton altoborghese (nell’austera Torino), scoperchiando le solitudini e le vacuità a partire dall’iniziale tentativo di suicidio, per proseguire tra raffinate e vuote schermaglie sociali e sentimentali. Amaramente raffinato e disperato.
La crisi dei valori tradizionali, lo sbandamento delle coscienze, l’aridità dei sentimenti: tutti i temi del cinema di Antonioni sono già perfettamente delineati in questa eccellente opera. Amiche dell’alta borghesia torinese giocano cinicamente con i sentimenti propri e altrui finché la più sensibile di loro non decide di farla finita. Il pessimismo esistenziale è la chiave interpretativa per cogliere il significato degli impulsi, emozioni, urti, collisioni ben coreografati dal regista in un turbinio di scene dalla fluidità ed eleganza sorprendenti.
MEMORABILE: La scena della gita al mare è di una struggente poesia; La scena sul treno è intrisa di cristiana pietà; La Rossi Drago vince per bravura ed eleganza.
Solido film del Maestro, liberamente tratto da uno scritto di Pavese, sulla solitudine (di tipologìa ben diversa l'una all'altra) di un gruppo di donne che si frequentano ma che, a ben guardare, non sono veramente amiche. Cast del cinema italiano come ora possiamo solo sognarcelo, all'interno del quale eccellono Ferzetti e la Cortese, davvero superbi. Notevole, nella sua omissiva semplicità, il finale.
Partendo da un titolo spietatamente sarcastico, un Antonioni spogliato dai molti intellettualismi che comporranno più in là il suo cinema racconta con profondità sentimentale e psicologica le ipocrisie, le falsità e l’indifferenza di uno spaccato di società della Torino borghese. Ritratto di una generazione vuota dentro nella quale gli incontri divengono scontri, le apparenze si ramificano, le amicizie sfumano, vanno e vengono come la risacca delle onde. Un covo di serpi, annoiati e paranoici con pochi scrupoli se non quelli di convenienza.
MEMORABILE: La gita sulla spiaggia e l’accanimento nei confronti di Rosetta.
Sceneggiatura che sottolinea bene i caratteri, che si distingue per affrontare di petto dinamiche interpersonali. Le donne vengono rappresentate in una coralità da sesso forte lasciando agli uomini il carico d'insicurezza e spacconeria. Momenti accesi evidenziano il cinismo dei benestanti e l'accondiscendenza del proletariato inferiore. Costruzione delle scene e giochi di luce a dar profondità e angusta solitudine. Finale didascalico ma che intrattiene fino all'ultimo fotogramma.
Tradurre la vita reale in un film, fotografato in un bianco e nero artistico e asettico al tempo stesso come la lucida analisi dei rapporti interpersonali filtrati attraverso una recitazione assolutamente naturale. Uomini e donne passano, coi loro vuoti e i loro egoismi non riconosciuti, vissuti come se fosse un dato ormai fissato nelle loro esistenze e ancor più nei cuori, partecipato profondamente in una sceneggiatura precisa e difficile. Un film dal quale i personaggi escono con una vita davvero propria, nonostante la loro inutilità.
Bel film questo di Antonioni, che certo si avvale di un ottimo lavoro da parte del direttore della fotografia Gianni Di Venanzo, che rende il quadro perfetto, tanto da confondersi quasi con un film d'oltreoceano. Le interpretazioni impeccabili degli attori, diretti come in un balletto a coppie da Antonioni, coreografo sapiente che inserisce qui i germi, presi da un bellissimo (seppur rimaneggiato) romanzo breve di Pavese, che poi saranno il marchio indelebile dei suoi film: i rapporti umani (dei ricchi) indagati con squisita profondità. Bello.
MEMORABILE: La scena collettiva sulla ventosa spiaggia ligure.
Film moderno e ancora attualissimo, è uno spaccato veritiero sull'universo femminile controverso e apparentemente solidale, in contrasto con quello maschile tanto lontano. L'ambientazione borghese in una grande città di provincia italiana come Torino ne esalta le ambiguità e le scelte conclusive della protagonista anticipano i movimenti femministi successivi. Un superbo Antonioni.
Una esistenza vuota avvolta da un chiacchericcio annoiato, punteggiato da malignità ed illusioni passeggere o destinate ad infrangersi: è il ritratto di alcune giovani donne della buona società torinese, per le quali la definizione di "amiche" suona non tanto ironica quanto amaramente sarcastica, e degli uomini che ronzano loro attorno. Migliore di altri film del regista di analogo soggetto anche perché, forse in virtù della fonte letteraria a cui attinge, più interessante nella galleria dei personaggi e meno compiaciuto della propria raffinatezza formale. Buona la prestazione corale del cast.
1950: una dinamica arredatrice (ben interpretata da Eleonora Rossi Drago) conosce casualmente una fragile ragazza dell'alta borghesia torinese che ha tentato il suicidio (perfetta nel ruolo Madeleine Fisher) nonché le sue amiche e i loro fidanzati. Ispirato all'ultimo romanzo di Cesare Pavese "Tra donne sole" ma modificato per problemi di censura, il film è splendidamente diretto da Antonioni. Belli gli ambienti e la fotografia di una sobria ed elegante Torino, brave le attrici e gli attori.
Una ragazza tenta il suicidio, e intorno a lei si coagulano nuove e vecchie amiche di cui si seguono i rapporti reciproci e con gli uomini della loro compagnia. Solo apparentemente un piccolo film che ruota sulla difficoltà delle relazioni umane di amicizia e amore, con il consueto fondo di amarezza, egoismi, e incomprensione. Che sono poi la cifra stilistica del maestro Antonioni, che ne permea impalpabilmente ma efficacemente il film con la sua sensibilità. Permane un senso di vuoto interiore grazie anche agli interpreti azzeccati.
MEMORABILE: Il ritrovamento del cadavere nel Tevere.
Con ogni probabilità si tratta del miglior film del primo periodo di Michelangelo Antonioni. L'analisi del regista sul mondo borghese e sui rapporti umani è di profondità straordinaria, e tutto fila liscio e godibile perché ancora mancano i lati criptici del seguito della carriera del regista. In tutto questo è analizzata perfettamente la psicologia di tutti i numerosi personaggi che partecipano alla vicenda, con chiaro approfondimento sul mondo femminile. Il cast gareggia per bravura, in un film intensissimo e drammatico, e allo stesso tempo molto vicino a noi. Imperdibile.
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Disponibile in dvd dal 31/08/2011
Produttore : 01 Home Entertainment
Distributore: Rai Cinema
DiscussioneDaniela • 13/07/18 10:01 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Da aggiungere al cast (ruolo di rilievo): Ettore Manni
DiscussioneDaniela • 13/07/18 10:08 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Soggetto liberamente ispirato al romanzo di Cesare Pavese "Tre donne sole", pubblicato nel 1949.
E' disponibile una edizione nei Tascabili Einaudi che contiene in appendice la sceneggiatura del film.