Continuano le avventure di Albin (Serrault) e Renato (Tognazzi), proprietari del locale "La cage aux folles" a Saint-Tropez e alle prese, in questo caso, con un matrimonio che non s'ha da fare. O meglio, che s'avrebbe da fare per salvare le finanze dei due, sull'orlo della bancarotta. A contrarlo - per ereditare l'ingente fortuna di un parente scozzese che, morendo, a lui ha lasciato beni mobili (azioni) e immobili (un castello) - dovrebbe essere Albin; il quale solo sposandosi, e perdipiù generando un figlio, potrebbe ereditare; in caso contrario tutta l'immensa fortuna andrà al nipote (Vallone) del defunto.
Per Albin sposarsi a una donna è...Leggi tutto impensabile, semplicemente non fattibile, e per questo, di ritorno dalla Scozia dove si è recato da solo, annuncia a un delusissimo Renato che c'è stato un errore. Questi però, saputa in seguito la verità, decide che i soldi in ballo sono troppi per rinunciarvi, e per questo si finge "malato" (un ritorno improvviso e insopprimibile all'eterosessualità), d'accordo con un loro amico medico. Per curarsi un modo ci sarebbe, dice, ma l'operazione costa troppo. Albin, ingannato e ingenuo, capisce che è il momento di cercare una donna che accetti di farsi sposare e si rivolge a un'agenzia matrimoniale (la rappresenta nientemeno che Stéphane Audran). L'operazione non sembra facile, ma intanto all'orizzonte compare la giovane Cindy (Interlenghi), disperata perché lasciata di fresco da un uomo che l'ha pure messa incinta. Vuoi vedere che...?
Un soggetto piuttosto articolato che riprende l'idea di un Renato nuovamente tentato dal "vizietto" (che continua a essere, per loro, quello di andare con le donne) e prevede un Albin padrone della scena, centrale con il suo personaggio di sempre, tutto mossette e gridolini (da noi immancabilmente doppiato dal sempre straordinario Oreste Lionello). Se tralasciamo la trovata della finta malattia di Renato (davvero poco credibile e buttata lì), qualche spunto per tirare avanti ci sarebbe, ma a cedere è soprattutto la regia di Georges Lautner, terribilmente fiacca, con un Tognazzi che - con essa in linea - appare decisamente svogliato: procede col pilota automatico, si riduce a fare da spalla senza che la sceneggiatura peraltro riesca a offrirgli battute divertenti come nel primo, inavvicinabile capitolo. Perché non basta richiamare il simpatico Benny Luke facendogli interpretare l'iconico domestico di casa Jacob, né il bravo Michel Galabru per riportarlo in scena nel consueto ruolo dell'onorevole Charrier per una catastrofica caccia all'ape regina Zazà/Albin a colpi di fucile.
Manca ogni tipo di grinta, e se anche la confezione è di lusso - con la fotografia di Luciano Tovoli a illuminare begli scorci di Saint-Tropez e una colonna sonora firmata da Ennio Morricone, qui purtroppo anonima - la storia scorre faticosamente, con una Interlenghi graziosa ma poco incisiva e desolanti intermezzi sui binari per i consueti tentativi di suicidio. A salvarsi è un Serrault che ancora sa cavare qualche bel momento dal suo personaggio (come nella perquisizione in aeroporto) e che si conferma attore di talento versato per la parte (spassoso nella sua camminata sbilenca quando non può usare i tacchi). Vedere però un Tognazzi tanto apparentemente disinteressato al film da risultare irritante non depone certo a favore del risultato...
Questo terzo film della 'mini-serie' del "Vizietto" non offre nulla di nuovo; anzi, ripete manieristicamente i cliché della vecchia coppia omosessuale con un Michel Serrault-Albin sempre più isterico/a e un Tognazzi-Renato sempre più esasperato dalle intemperanze del compagno di una vita. I due attori sono ancora una volta, comunque, bravissimi e si vuole istintivamente bene ai loro personaggi, che stavolta potranno diventare ricchi accettando la tostissima clausola di una immensa eredità...
MEMORABILE: Albin-'ape Maia' preso a fucilate dal 'consuocero'-politico durante un suo numero nello spettacolo!
Terza puntata della saga de "Il vizietto", cinque anni dopo il fallimento del secondo e sette dall'inarrivambile primo film. Cosa abbia portato due grandi come Ugo Tognazzi e Michel Serrault a riprendere i panni di Renato ed Albin non lo capirò mai, visto che il film offre pochi spunti veramente comici, se non qualche sporadica risatina qua e là. Stavolta, per mettersi in tasca un'eredità, Renato deve trovare la maniera di far sposare il "suo" Albin con la bella Antonella Interlenghi, già apparsa nel primo Vacanze di Natale. Mah!
Imparagonabile al primo capitolo e più o meno all'altezza del mediocre sequel, questa terza avventura della coppia Tognazzi/Serrault sfrutta ormai oltre i limiti consentiti il tema della "strana coppia", inventandosi una storiella scialba e ripetendo all'infinito gag e situazioni comiche ormai logore.
Terzo capitolo di una "saga" cinematografica che non ha proprio più nulla da dire. La trama praticamente non esiste e la storia gira senza nessun sussulto per circa un'ora e mezza. Il ricordo del divertente primo capitolo è oramai sbiadito e i pur bravi Serrault e Tognazzi non riescono a far nulla per sollevare le sorti della pellicola. L'unica cosa che si salva è la bellezza della Interlenghi, che però come attrice è meglio dimenticare. Proprio perché mi sento generoso regalo un pallino e mezzo, ma credo di aver un po' sovrastimato il film.
Il primo mi era piaciuto e neppure il sequel era male. Questo "matrimonio con vizietto" è invece davvero stanco e penoso, senza idee, banale. Il cast è ottimo ma non basta per sollevare questo film dalla mediocrità. Da vedere solo per completare la trilogia aspettandosi però tanta noia.
La trilogia del Vizietto si chiude in malo modo con questo film decisamente sottotono, dalla sceneggiatura rabberciata che solo in minima parte viene risollevata dalla coppia Tognazzi-Serrault. Il clima irriverente e gustoso del primo film è quasi completamente scomparso e adesso ci troviamo di fronte a un seguito che non ha null'altro da aggiungere.
Certo non al livello del primo ma migliore del secondo. In questo terzo capitolo si abbandona infatti la strada dell'intrigo poliziesco e si torna alla commedia pura, con un altro matrimonio complicato all'orizzonte. I due ormai sono molto affiatati e i siparietti sempre più spontanei, bellissimo il castello scozzese e esilarante la coreografia dell'ape regina. La protagonista femminile se la cava e i suoi dialoghi con Albin sono assai credibili. Degna conclusione di una saga cult.
Terzo capitolo per la coppia Serrault/Tognazzi, questa volta alle prese con un matrimonio che deve realizzarsi a tutti i costi per poter beneficiare di un'eredità miliardaria. Lo script è povero (con un finale miserrimo), la messa in scena trita e ritrita, opacizzata da un ritmo stanco e svogliato. C'é spazio per qualche battuta ben riuscita e qualche gridolino improvviso, ma è davvero poca cosa rispetto ai fasti del capostipite.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71 il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima visione Tv (sabato 21 maggio 1988) di Matrimonio con vizietto (Il vizietto III):