(BABY VINTAGE COLLECTION) Dopo il non del tutto riuscito episodio tratto da Poe nel film DUE OCCHI DIABOLICI, Argento torna al thriller cercando di recuperare parte della stima persa all'indomani del pur affascinante e per molti versi addirittura eccellente OPERA. Lo fa però con alcune “innovazioni” di fondo rispetto al suo stile. Innanzitutto si registra una notevole diminuzione delle scene sanguinare (da sempre trademark del regista), poi anche una decisa sterzata in campo musicale: non più le colonne sonore invadenti ma caratteristiche dei Goblin (o di Claudio...Leggi tutto Simonetti, non cambia molto), ma temi soft a firma Pino Donaggio, già collaboratore del grande Brian De Palma (al quale Argento “ruba” anche l'attrice Piper Laurie per utilizzarla in un ruolo molto simile a quello da lei interpretato in CARRIE). Esiste quindi un palese tentativo di utilizzare un profilo più basso, con meno esagerazioni e ridondanze del consueto forse per cercare di inserirsi nel mainstream e ambire così a riconoscimenti non solo settoriali. Ciò lo porta tuttavia al riciclaggio di idee e stereotipi un po' troppo comuni e a faticare nell'imprimere il proprio tocco personale. Spesso anzi si sfiora l'autocitazione (la collana decapitatroice di PROFONDO ROSSO, solo per fare un esempio) o il plagio di film "minori" (la testa mozzata dall’ascensore è scena identica a quella girata da Dick Maas per il suo classico). Rimangono però una fotografia di alta scuola, le famose riprese “in soggettiva”, l'immagine chiarificatrice che torna più volte alla memoria mancante del particolare risolutivo. TRAUMA è insomma una sintesi dei topoi argentiani filtrati attraverso un'ottica di leggero perbenismo. Carente invece il cast che, ancora una volta privo di veri nomi di richiamo, vede in Asia Argento un'interprete discreta ma diretta non al meglio e nel giovane Rydell un viso dall'espressione vacua e mai incisiva. Non siamo ai livelli dei classici del regista, ma il guru dello spaghetti horror, pur tendendo qui verso una preoccupante americanizzazione, conferma di possedere una tecnica di ripresa invidiabile e uno stile nonostante tutto riconoscibilissimo. Vedremo in futuro se il processo di standardizzazione volgerà verso l'irreversibilità o se TRAUMA rimarrà solo un episodio curioso e trendistico di un regista che ha dato e dà tuttora lezioni di cinema.
No! Non si puo! E' inaccettabile un finale come quello che ci viene presentato; posso accettare i vari buchi nella sceneggiatura (non eccessivi fino al finale), ma un finale così assurdo mi era capitato poche volte di vederlo. Il film nel complesso non è malvagio (ma neanche un gran film), ma finali come questo sono (ripeto) davvero assurdi e inaccettabili (perché sono una presa in giro).
Sceneggiato dallo stesso Argento in collaborazione con Giovanni Romoli, T.E.D Klein e Franco Ferrini, Trauma è un sorta di rifacimento di Profondo Rosso: c'è la medium che comunica con i defunti ed è destinata ad un finale che rimanda direttamente all'analogo decesso di Martha (Clara Calamai).
Il film soffre di un male che già manifestava i suoi sintomi con Phenomena: pur trovandoci di fronte ad un'opera stilisticamente e tecnicamente ineccepibile, quello che fa "acqua" da tutte le parti è lo scarso approfondimento psicologico dei personaggi.
MEMORABILE: La medium durante una seduta spiritica: "la mia testa... ha tagliato la mia testa! Lo sento: ora è qui, è qui in mezzo... è uno di voi!"
Argento prosegue la sua lenta parabola discendente iniziata con Opera e confeziona un giallo con poche idee e traboccante di citazioni e soluzioni prese di peso da Profondo rosso, oltre che suggestioni tipiche del cinema USA. La Laurie funziona (ma assai meno che in Carrie), mentre l’anoressica Asia Argento e l’ex tossico Rydell sono imbarazzanti. Notevole comunque la scena dei veli, dove il regista ritrova per un momento il suo estro visionario.
Un Dario Argento in piena parabola discendente in questa trasferta americana (e il fatto che sia oltreoceano si vede e non in positivo). Sembra mancare al maestro del giallo all'italiana quell'inventiva che contraddistingueva i suoi primi lavori, ma la cosa che più infiacchisce la pellicola è la scelta dei protagonisti: né Ryddell né la figlia di Dario riescono a convincere. Come purtoppo verrà confermato nelle sue opere future (film per il cinema e per la tv) Argento ha perso "il tocco". In attesa di smentita (speriamo presto).
Inizio della fine (?), presagio e al contempo certificazione della morte di un certo cinema italiano e della decadenza di uno dei suoi più influenti, inventivi e capaci autori. Il difetto peggiore di Trauma è la resa incondizionata a uno dei sicari, la tv intesa non come veicolo ma come standard produttivo che appiattisce e impoverisce il linguaggio: ecco, Trauma sembra un tv-movie americano, scritto così così, e nel quale ogni tanto balugina un'ideuzza che sembra venire da un altro mondo. Se non ci fosse scritto che è di Dario Argento....
Discreto film di Argento, piuttosto sottovalutato. Manca l'atmosfera, e questo è il problema più grande del film. Poi gli attori (esclusa l'ottima Piper Laurie) non sono troppo convincenti. Però la storia è interessante e i virtuosismi di Argento (per la verità neanche eccessivi) funzionano ancora bene. Grandioso il colpo di scena finale e geniale l'arma usata dell'assassino. Discrete le musiche di Donaggio.
Confezione extralusso per Argento in trasferta americana. L'operazione (commerciale) è molto simile a quella di certi greatest hits di noti cantanti italiani che rifanno i propri pezzi in lingua inglese per il mercato USA: ovvero cambiano la produzione e le location ma la musica è sempre la stessa. Infatti il film è un coacervo di situazioni classiche argentiane (il più depredato è Profondo Rosso dal quale riprende parecchie intuizioni, ma anche Piume, Suspiria e Phenomena). Girato e confezionato in maniera eccellente ma con occhio troppo accomodante.
MEMORABILE: Notare l'intrusione nella trama di un bambinetto in stile Mamma ho perso l'aereo... segnale indicatore di troppi compromessi.
Bel giallo di Dario Argento, che si dimostra ancora una volta maestro di un genere nel quale quasi mai ha fallito. Il film parte alla grande con una seduta spiritica da antologia e, a parte qualche caduta di ritmo nelle scene anoressiche di Asia Argento, riesce a mantenere viva la tensione sino alla fine, risultando assai avvincente. Molto buono il soggetto, dal quale non mi aspettavo di certo verosimiglianza. La soluzione dell'enigma è in realtà quella più logica: basta riflettere.
Ottimo film horror che, a parte il cast non di elevata bravura (una su tutte la figlia argentiana) gode di una sagace fotografia e trama. Ancora è un Argento in vena. Da segnalare la seduta spiritica e l'epifania della testa mozzata. Moduli ripresi e riadattati dal maestro horror. Ripetitività?
Quando lo vidi fu una cocente delusione. Poi col tempo, viste le sconcertanti prove successive di Argento, l'ho rivalutato. In fondo si tratta di un giallo, piuttosto riuscito, di stampo abbastanza tradizionale che presenta una sceneggiatura certamente non perfetta ma piuttosto logica e dignitosa, con un bel colpo di scena finale. Inoltre bisogna ammettere che alcuni delitti sono "coreoagrafati" davvero bene. L'ultimo Argento di un certo valore. Segna l'inizio del sodalizio, purtroppo, tra padre e figlia che già qui mostra tutti i suoi limiti.
Dopo la lunga pausa post Opera, Argento cerca di riprendersi lo scettro di mago del terrore e non si fa mancare nulla. La produzione americana del film gli garantisce mezzi e interpreti di rispetto ma nonostante non si tratti di un brutto film, la pellicola non decolla. Troppi riferimenti al suo recente passato cinematografico e poca suspence ne fanno un film sciatto e senz'anima. Resta comunque uno dei migliori della seconda vita artistica di Dario, ed è tutto dire.
Comincia il declino per il Darione nazionale. A cominciare dalla pessima ambientazione di stampo americano (scenografie e attori compresi) e dagli attori (si salva solo la Laurie doppiata da Vittoria Febbi). Omicidi sanguinosi ma senza inventiva (non basta certo copiare l'omicidio in ascensore da Profondo Rosso per fare un buon film). La presenza della Argento poi... Da evitare.
Un discreto thriller, dove Argento sa ancora dare delle soddisfazioni (il laccio tagliateste, la seduta, i ricordi, le carrellate con giusta colonna sonora). Ma nonostante questo, purtroppo non tutto funziona (c’è una parte centrale un po’ zoppicante, un bambino curioso da braccia cadute accompagnato da colonna sonora pietosa
e un’Asia Argento, che per quanto qui sia meno peggio del solito, rimane un mistero dal punto di vista attorico). Per fortuna, il finale è in crescendo e il colpo di scena non è male, come non male, in generale, è questo film.
Non un capolavoro ma tra i migliori film dell'ultimo periodo della carriera di Dario Argento, Trauma è più portato verso il thriller alla Hitchock (dichiarato maestro del regista romano) che verso le atmosfere horror e presenta più di un riferimento alla trama di uno dei capolavori del regista, Profondo rosso. Il film, che appare tecnicamente ineccepibile, è un po' limitato nella sceneggiatura e nella caratterizzazione psicologica dei personaggi. Belle le musiche di Donaggio.
Inizio del declino inarrestabile del Dario nazionale. In questa trasferta tutta americana il regista mette insieme un thriller che fa acqua da tutte le parti, salvo in alcune riprese in cui si intravede ancora la mano visionaria dell'Argento che fu. Ma la sceneggiatura è da mani nei capelli, gli interpreti (che lo si creda o no, con l'eccezione di Asia) sono tremendamente incolori, lo splatter latita (perché chiamare Tom Savini?), la psicologia del killer non sta in piedi e il finale è penoso. L'assassino si indovina al 16° minuto. Assurdo.
MEMORABILE: Le teste recise che continuano a parlare: una cretinata oltre ogni pudore.
Un gran bel thriller firmato Dario Argento, non privo di trovate geniali come il particolare delle due teste, questo lungometraggio (primo film italiano ad essere montato in elettronico) vede Asia Argento in quella che è forse la migliore interpretazione della sua carriera. Un film venato di amore con sequenze visionarie (la bacca allucinogena e la scena della stanza dei veli nella casa dell'assassino). Sequenze originali nello sviluppo che lasciano in ombra quelle piccole carenze disseminate qua e là. Atmosfera coinvolgente.
L'ultimo film decente di Argento prima che iniziasse a sfornare vere e proprie porcherie (Il fantasma dell'opera, Il cartaio). Un tipico giallo all'italiana dall'insolita location statunitense, con tutti i crismi del genere che vanno dal "particolare che sfugge" alla figura del killer nerovestito e neroguantato. Niente male gli attori (la Laurie e Rydell convincono), ma sorprendentemente poco il sangue (nonostante si tratti di decapitazioni, abbiamo qualche collo insanguinato e poco più) e la tensione, limitata più che altro alle scene finali...
MEMORABILE: L'odioso geco che si ruba il killer dallo studio medico della chemioterapista di colore e la voce da ubriaca dell'insopportabile Asia Argento.
Opera che migliora sensibilmente rispetto a lavori come La terza madre: rimandi evidenti a Profondo Rosso, un trauma iniziale, il particolare... allora, cosa non funziona? A mio avviso gli Usa sono un Paese troppo grande, troppo "largo" per una storia che invece ha bisogno di vedute più ristrette come può essere una città italiana. In America scattano subito esperti alla CSI e poi, con un trauma del genere, la gente viene ammazzata in Tribunale con cause milionarie. Asia Argento quasi dignitosa, Piper Laurie professionale. Bambino diabolico!
Interessante variazione dello standard argentiano che, pur presentando trovate interessanti (il decapitatore portatile, la storia del trauma e del dramma della protagonista), risente un po'troppo della produzione americana, della sceneggiatura dallo sviluppo travagliato e dalla scelta infelice del protagonista maschile, imposto dalla produzione. Asia Argento, per una volta, in parte. I puristi dell'italian giallo potrebbero storcere il naso, ma il mestiere c'è e si vede.
MEMORABILE: La camminata nella stanza piena di veli bianchi.
A suo tempo l'apprezzai parecchio. Rivedendolo mi devo molto ricredere. Intanto, se vogliamo valutare il trauma, posso dire che è stato causato più da un evento incontrollabile che da un errore... quanto all'arma la reputo ridicola, soprattutto quando non riesce a funzionare per colpa di una catenina d'oro. Per il resto ambientazione mediocre... Quasi quasi mi ha detto di più il bambino muto di tutti gli altri personaggi messi assieme. La scena della doccia poi...
MEMORABILE: Per caso il padre di Aura era di estrazione patriarcale-maschilista? Buona la scena dei veli...
Un giallo argentiano riuscito; all'epoca mi deluse tantissimo. Visto dopo anni (e dopo le tante schifezze recenti argentiane) l'ho rivalutato. Eppure il film ha come pecca principale, oltre ia pessimo cast (eccetto Piper Laurie), quella di un Argento sottotono, americanizzatosi solo per vendere qualche cassetta in più: Dario si cita un po' troppo, scomoda altri film minori; è sempre Dario, la sua perizia non si discute, eppure è evidente una caduta di tensione ed anche di stile. Pessima Asia ma si sa, non è una novità.
Visti gli ultimi sforzi del regista, Trauma è quasi un capolavoro. C'è un minimo di coerenza in regia e gli attori sono ancora degni di questo nome (anche se non brillano certo per ispirazione, qui). Pietosa Asia Argento ma farà molto di peggio in altre pellicole del padre. Ci sono sequenze indovinate (l'ospedale) e altre ispirate a pellicole passate del regista che non lasciano il segno. L'ambientazione americana non colpisce per originalità e risulta abbastanza ininfluente quando per Argento le location sono sempre state fondamentali.
Del regista che abbiamo imparato ad apprezzare c'è rimasto poco e questo film segna l'inizio di uno dei più drastici cali artistici degli ultimi vent'anni. Come per Due occhi diabolici, Argento decide di raccontare attraverso il classico linguaggio del giallo statunitense, mentre la sceneggiatura ravana nei capolavori del suddetto (da Profondo rosso a Suspiria), affidandosi pienamente ad una recitazione alle volte agghiacciante. Noioso, tralascia la detective story per dare spazio ad una relazione descritta in modo piuttosto banale.
Thriller americano di Argento che, oltreoceano, ritrova buona parte della propria ispirazione e serietà d'autore. Riprende bene il controllo della scena e gira con il suo stile tipico un bel giallo, con assassino seriale "cacciatore di teste". Asia non sfigura affatto in un ruolo che è perfetto per lei e anche Rydell è onesto e convincente al suo fianco sino all'ultimo. La tensione è alta, vi sono echi gotici nelle riprese notturne e piovose. Variegato e originale il commento di Pino Donaggio. Un valido prodotto, attuale e anche d'esportazione.
Lo straordinario meccanismo argentiano comincia a incepparsi (patina da tv movie americano, viene meno la visceralità italica tutta argentiana), anche se abbagliato da momenti straordinari (l'incipit con la pioggia battente, il modellino della rivoluzione francese, l'assassino che mostra il suo trofeo di teste mozzate, il crudele marchingegno decapitatore). Ma il brutto score di Donaggio, gli SFX di Savini non al meglio e la stonatura della ragazza che balla sui titoli di coda alla Jonathan Demme, fanno oscillare Argento tra genio e sregolatezza, limitandone la perfezione.
MEMORABILE: L'omicidio di Brad Dourif previo ascensore; La testa decollata che ripete, ossessivamente, "Nicolas, Nicolas, Nicolas...".
Dario Argento sposta armi e bagagli negli Usa, trasferendo di fatto tutti gli elementi a lui cari in un thriller di confezione smaccatamente americama. L'operazione può dirsi riuscita, il film fila bene anche se l'ispirazione registica non è certo quella di una volta. Il vero punto debole è Asia Argento: fisicamente in parte (molto cupa, ombrosa), ha tuttavia una pronuncia davvero inaccettabile (è una ragazzina rumena dall'accento... romano!); l'avessero doppiata, il film acquistava punti. Comunque non male, alla fine.
Il ritorno al thriller di Argento dopo le parentesi horror. La tensione c'è, è dosata accuratamente, nelle tecniche di ripresa si percepisce ancora l'Argento delle origini ma la trama si impantana in uno splatter eccessivo, segno del mutamento ormai innescato dal passaggio all'horror. Una combinazione tra i due generi equivale a due diversi Argento, per storia e strategie creative. Questo primo tentativo di combinazione in tal senso fallisce. I successivi confermeranno il confine invalicabile tra i due.
Teso a soddisfare le aspettative del suo esordio americano Argento confezione un thriller sovraccarico e autocitazionista, non privo di genuinità e ritmo. Se il tasso gore è opportunamente contenuto, proliferano le idee, i personaggi, gli smarrimenti, le visionarie soluzioni di regia e i buchi di logica che si fanno macroscopici: non era impresa facile dargli scacco mantenendo alto l'intrattenimento. Patetica Asia Argento, incapace persino di doppiarsi. Gratuitamente hitchcockiane le musiche di Donaggio; stratificata e densa la fotografia. Grandiosa la matriarcale Piper Laurie. Da riscoprire.
Discreto thriller del 1993 nel quale Argento decide di inserire per la prima volta la figlia Asia (che non mi è mai piaciuta) in uno dei suoi film. La sceneggiatura non mi ha entusiasmato e inoltre l'ecatombe di dottori convince davvero poco: sembra quasi che si debba scappare dalla morte come in Final Destination! La trama di fondo è alquanto improbabile, mentre salvo il marchingegno decapitatore che ha contribuito ad alzare il livello di suspance e la Laurie, unica vera attrice nella pellicola.
Calo tecnico di Dario Argento che, pur proponendo un ottimo giallo, spreca le potenzialità della storia (agghiacciante trovata l'arma dell'assassino) piazzando sua figlia che recita (e si doppia) penosamente e lasciando che effetti sonori stupidi (il verso del geco ad esempio) vengano inseriti in modo da rovinare un discreto prodotto. Lascia un po' interdetti la scelta di lasciare le teste delle vittime coscienti dopo la separazione dal corpo.
Affascinante ma lo stacco si sente: gli anni '90 per Argento non sono traumatici come per altri registi del genere, però alcune trovate non mi trovano completamente d'accordo con il regista romano. Resta il fatto che al giorno d'oggi thriller di questa (buona) caratura ce li sogniamo la notte!
Un po' una summa di tutti i tratti distintivi del thriller argentiano: dalle riprese in soggettiva all'assassino con i guanti neri, dalle morti truculente alla rivelazione finale (con tanto di particolare ricordato in extremis). Stavolta però c'è un passo indietro per quanto riguarda sia il ritmo (spesso troppo blando) che la recitazione: Asia Argento è brava, ma Rydell davvero non si può vedere, sembra catatonico. Buoni gli effetti di Savini, un po' deludenti le musiche di Donaggio. Un buon thriller, ma lontano da quelli degli anni settanta.
L'Argento Anni '90 non brilla più e sarà sempre peggio: con Trauma si ha la netta impressione di un regista che tenta di proporre - senza riuscirvi - il giallo dai meccanismi raffinati, ma cade in errori di sceneggiatura davvero palesi (oltre che in scelte sbagliate nel cast e nell'orrenda location americana). Il film semplicemente non fa paura, non colpisce e in fin dei conti infastidisce. E' l'inizio della fine del regista: le tecniche di ripresa (che ci riportano al suo cinema degli Anni '70) non bastano ad elevarlo dalla mediocrità.
Nel periodo ormai di decadenza del cinema di Argento sembra esserci un film che cerca di rinascere. "Trauma" è come una fenice. Si risveglia dalle ceneri e pian piano cerca di spiccare il volo ma ci riuscirà solo nel finale, uno dei migliori del regista. Purtroppo morirà nuovamente e dalle ceneri, per adesso, non è rinato ancora niente. Buone le ambientazioni, la recitazione di Asia meno, poche le scene splatter, poca la tensione. Basato più sulla psicologia. Un po' noioso in alcuni punti, per fortuna si riprende alla fine (che è davvero notevole).
Argento con un pizzico di sana arroganza non si limita a citare il suo idolo ma addirittura piazza continui riferimenti al proprio capolavoro. E che dire della scelta di Piper Laurie? Dario gira alla grandissima impreziosendo la buona sceneggiatura con virtuosismi che mandano in estasi. Gli ultimi 20 minuti incollano letteralmente lo sguardo sullo schermo e regalano momenti di grandissimo cinema. Discreti gli effetti di Savini e svogliato lo score di Donaggio. Nonostante i suddetti difetti, si è dinanzi ad una prova di prima fascia. Sorprendente!
Gli ingredienti che portarono alla ribalta cinematografica Dario Argento con Profondo rosso furono essenzialmente tre: le scene truculente, il finale spiazzante e la colonna sonora dei Goblin. In mancanza di idee in Trauma il Dario nazionale ne riprende le prime due oltre a qualche altro riferimento a quello che resta il suo capolavoro in assoluto (ascensore, medium). Il film manca di tensione; in mancanza di qualsiasi tipo di ipotesi si capisce e si intuisce un finale a sorpresa. La prova dei due attori protagonisti è davvero imbarazzante.
Un Argento sterilizzato per quanto riguarda la ferocia omicida compone un film thriller-like molto anni 80 che parte benino, annoia nella parte centrale e si riprende nel finale. Tensione scarsa ma poche le pacchianate. Classicheggiante il supporto di Donaggio, bello vedere nel cast Dourif e la Piper: peccato che facciano poco e che i protagonisti siano altri due.
Qualche scena buona c'è (sopratutto quelle interpretate da Piper Laurie maga e strega che ricorda Suspiria) e c'è un aggeggio strano per tagliare teste che rimanda alla scena finale di Profondo rosso. Ci sono anche degli spot sull'anoressia. Il film è alquanto lontano da quello che il regista aveva fatto nel ventennio precedente, utilizzando ambientazione e stile più tipicamente americani. Restano delle suggestioni nella trama (il ricordo falsato dell'assassino) e le soggettive (a volte troppo insistite).
Forse l'ultimo lavoro di Argento veramente degno di nota. La trama è molto ben strutturata e ottimamente curata nel suo finale, gli attori ben calati nella parte, mentre le soggettive dell'assassino offrono sempre una buona dose di suspense. Un buon film.
MEMORABILE: La scena finale nella cameretta del bambino.
Un Argento incline all'autocitazione, meno visionario del consueto ma ancora capace di imprimere il suo inconfondibile marchio a un thriller piuttosto coinvolgente, cui si possono perdonare un paio di scivolate (le teste recise che continuano a dire la loro, il bambino deus ex machina...). Bella fotografia, ritmo sostenuto, sceneggiatura non perfetta ma meno strampalata rispetto a Opera. Alla prima collaborazione con il padre Asia fornisce un'interpretazione convincente. Le magagne, per entrambi, sarebbero iniziate a breve...
MEMORABILE: La seduta spiritica; Gli omicidi; L'assassino con le due teste in mano; La stanza dei veli bianchi.
Trauma rappresenta un elemento di discontinuità nella filmografia argentiana (che per l’occasione vola in America); è una commistione ibrida che a primo impatto stona con quanto realizzato fino a quel momento. Per chi scrive rappresenta l’inizio della discesa; dopo Trauma Argento non sarà più in grado di tornare ai livelli che gli appartenevano. Tutto sommato un discreto prodotto, nonostante un Savini svogliato e Asia Argento non all’altezza.
Un film di Argento che ricordavo pochissimo, ma che mi ha sorpreso non poco. E' vero che manca quella "superdimensione" dei colori, della musica e dell'atmosfera che ha caratterizzato i suoi capolavori del passato e che la sceneggiatura un paio di volte fa storcere il naso, ma la pellicola resta un prodotto valido che si fa guardare molto volentieri. La storia passa via veloce, attraversando il thriller in modo giustapposto a uno "strano" horror, assolutamente non credibile ma da un certo punto di vista geniale. Finale, per me, imprevedibile.
Partendo dagli aspetti meno convincenti, le musiche danno l’impressione di un giallo retrò che non accompagna a dovere l’azione. Oltre a ciò, la Argento non è la Connelly. Comunque qualche buona ripresa c’è: i riferimenti agli animali, i giochi di luce, il pre finale. Spesso però i delitti funzionano a salve, abbondano le citazioni e si resta appesi al prossimo omicidio. Fin troppo americaneggiante, con la chiusura del duo protagonista che lascia perplessi per la sua finta epicità.
Un serial killer si aggira nelle notti di pioggia e commette efferati omicidi tranciando di netto il collo ai malcapitati. In questo horror si possono ritrovare molte delle caratteristiche delle regie di Argento (gli strangolamenti, le decapitazioni, l'uomo che collabora alle indagini, i bambini); quello che manca è la recitazione della protagonista Asia Argento, che toglie molto all'intera opera. Peccato.
Tra tutti i lavori di Argento Trauma è senz'altro il più crudele e angosciante e rimane ancora tra i migliori film che il regista realizza negli anni novanta. Il soggetto è interessante ma lo sviluppo non è stato eccessivamente curato visto che la sceneggiatura presenta tutta una serie di coincidenze che non sfuggono a un'analisi dopo visione. Il film comunque scorre bene senza intoppi fino alla fine. Un'eccellente sincronia tra fotografia e scenografie riesce infine a garantire il giusto tono di funereità che ben si accorda con la storia.
Bel thriller di Argento in trasferta americana. Numerosi i momenti di terrore e buon utilizzo dei tempi e delle dinamiche della tensione e della paura, ottimo e riuscito soprattutto il colpo di scena finale. Brava la giovanissima Asia Argento, ma Piper Laurie nei pochi momenti in cui appare domina la scena.
Il continuo gioco di rielaborazioni e palesi autocitazioni mostra un Argento già di maniera. Stavolta, però, il Nostro cura con una certa attenzione dettagli e trama riuscendo a organizzare un giallo-thriller non originale e sicuramente privo di sussulti ma che si lascia seguire con piacevolezza (al netto dell'imperdonabile protagonista femminile); l'ultimo quarto d'ora, gustosamente improbabile e malsano come ai bei tempi, è uno dei picchi del regista negli ultimi vent'anni. Che sia un Bignami per le platee americane?
Thriller in cui Argento si richiama costantemente ai suoi classici (in particolare Profondo rosso) e a Hitchcock: il gioco di citazioni, rimandi e depistaggi a tratti affascina ancora, anche per la cura di fotografia e dettagli; tuttavia l’alchimia dei primi film è irrimediabilmente perduta, non solo per l’ambientazione anonima ma anche perché il regista si cura poco di assemblare un cast adeguato e di farlo recitare decentemente (soprattutto l’insopportabile figlia e l’imbambolato Rydell).
MEMORABILE: La tecnica dell’assassino; L’ascensore usato come ghigliottina; "Nicholas… Nicholas...".
Forse il film che ha segnato l'inizio del declino artistico di Dario, "casualmente" il primo che vede come protagonista Asia. Non si tratta ovviamente solo del clamoroso miscasting che purtroppo Dario si ostinerà a ripetere in numerosi altri suoi lavori, c'è anche un'assurdità di fondo che va oltre quelle astrusità alle quali eravamo già abituati dal regista romano, unita a una fastidiosa voglia di riciclare idee provenienti dai suoi gloriosi capolavori settantiani. Poche scene buone, ma al trash non si scappa.
MEMORABILE: Il ribes spacciato per bacca allucinogena; La testa mozzata che continua a parlare; Un altro paio di teste mozzate che continuano a parlare.
In trasferta in America Darione limita, in parte, la ferocia dei film settantiani e ottantiani e sforna un prodotto più standard, senza gli eccessi visivi e cromatici dei suoi ben noti capolavori e sicuramente più lineare. Spesso proprio i capolavori sono citati (la strana arma dell'assassinio che rimanda alla scena finale di Profondo rosso o il ruolo del bambino simile a quello della scimmia in Phenomena). La Argento è sopportabile, sfilata di glorie americane (Piper Laurie, Frederic Forrest, Brad Dourif). Avercene film così, al giorno d'oggi.
In questo carosello di decapitazioni la ghigliottina più inesorabile è il ritornello di "Tu vuò fa l'americano", che si era già abbattuta su altri (Leone, Fulci...) e non risparmia neanche Argento. Taluni apprezzabili squarci del genio visivo che fu (il lucertolone, i veli, il trauma del titolo) non riescono tuttavia a nobilitare fino in fondo uno slasher a sfondo psicanalitico dalle atmosfere anonime e manieristiche; anche prendere di peso da De Palma l'allucinata Piper Lurie e lo score di Donaggio si rivela una scelta controproducente.
MEMORABILE: L'omicidio "ricordato male" come ai bei tempi dell'Uccello; In negativo: la recitazione involontariamente comica di quasi tutti.
Bando alle ciance: già nei primi 15 minuti piovono teste come non ci fosse un domani. E ne voleranno parecchie nel corso del film, la cui sceneggiatura non annoia affatto, inserendo qua e là anche alcune delle migliori trovate argentiane. La collaborazione americana si avverte e contribuisce a smorzare quel gusto verace e nostrano, tratto distintivo dei molteplici thriller di Argento. E poi. Poi c'è Asia, che recita come agli esordi. Però siamo avanti anni luce rispetto ad altri del mestiere.
L'ultimo film in cui Dario Argento mostra una parvenza di originalità (geniale la trovata del cappio elettrico) e l'unico in cui il movente dell'assassino e la trama (finalmente un copione degno di questo nome in cui viene affrontato il delicato tema dell'anoressia) sono altamente drammatici. Più che un horror, un giallo con una colonna sonora non eccelsa ma appropriata e un buon cast: stavolta Asia risulta convincente, ma avrebbe dovuto essere doppiata (una rumena trapiantata in America con l'accento romanesco è inammissibile!).
MEMORABILE: Il diabolico (anche se poco verosimile) finale.
Trauma è il secondo film di Dario Argento girato negli Stati Uniti nel 1993 (Asia Argento, giovanissima protagonista) dopo Due occhi diabolici, diretto insieme a George A. Romero. Accurato per location e fotografia, violentissimo, con riferimenti espliciti a Profondo rosso. Colonna sonora per una volta non dei cultissimi Goblin ma di un musicista di valore come Pino Donaggio. E il must di Piper Laurie che ritorna ad essere una madre "da paura" come in Carrie di Brian De Palma.
MEMORABILE: La testa decapitata che sussurra la verità nascosta.
L'America della natura e delle metropoli e una vicenda di stampo giallo/horror in cui si alternano tensione a toni elegiaci e romantici grazie a musicalità celtiche (in voga) dell'OST e richiami alla Romania. "Manifesto" quasi scientifico-psicanalitico di patologie d'interesse sociale: disturbi alimentari e dipendenze da sostanze. Argento tocca terra, ma con grazia e per farlo sceglie location da sogno nel suo amato Nuovo Mondo, pur conservando forte senso critico verso conformismo americano e mondo scientifico. La trama nella seconda parte si disperde in troppi artifici.
MEMORABILE: La villa della seduta spiritica; Primo e secondo incontro fra Aura e David; L'uscita di Aura al mercato; La casa sul lago; "Art is for the spirit".
L'inizio del declino di Dario Argento, Nonostante ciò rimane un film guardabile e decisamente interessante. Ammirevole il fatto che Argento abbia provato a rinnovarsi applicando i suoi tradizionali stilemi oltreoceano (uniti abilmente ai postumi di un decennio di slasher) dando quasi l'impressione di un tentativo di inserirsi nel mainstream più internazionale. Non ci sarebbe nulla di male se la sceneggiatura non racchiudesse in maniera poco ispirata tutti i tratti tipici del regista in palese autocitazionismo in versione soft quando non in quella trash (le teste parlanti su tutto).
MEMORABILE: In negativo: Le teste parlanti, la soggettiva in CGI della testa che urla cadendo nella tromba dell'ascensore; In positivo: il flashback del "trauma".
Portando il suo sguardo oltreoceano e raccontando in modo più disadorno una detection-story, Argento svela il lato morboso di ogni personaggio intrufolandosi dentro il frastornante malessere metropolitano. Minore rispetto ai capolavori che lo hanno preceduto, è un film comunque appassionato, appassionante e con momenti di grande terrore. Asia Argento si interfaccia con un ruolo puramente estetico ma fatto su misura, Piper Laurie irretisce e domina. Femmineo.
Paragonarlo a certi lavori precedenti del regista sarebbe un azzardo. Si tratta di un film dell'orrore tutto sommato guardabile nel quale si notano ancora delle buone e valide trovate (non male l'idea della macchina con filo di ferro). La prova del cast è buona, su tutte quella di Piper Laurie, e c'è anche il grande Brad Dourif. Qualche momento di suspense, buona fotografia e una valida colonna sonora completano il tutto.
MEMORABILE: Le teste nel portabagagli; L'inganno usando una testa e due mani; La testa "parlante".
Ultimo film per Argento prima della frana successiva, di buona fattura registica e generale, tecnico-interpretativa (Asia a parte, più romana che rumena, dalla pessima dizione), in pratica un rifacimento all'"americana" di Profondo rosso, naturalmente di molto inferiore all'originale. Buona la fotografia cupa e dai colori autunnali, che bene cattura l'atmosfera delle strade e degli esterni americani, male l'anonima e senza personalità colonna sonora di Pino Donaggio. Non male l'idea della macchinetta elettrica sega-teste. Ben svolta la sequenza dell'incidente d'auto.
MEMORABILE: La morte della madre interpretata da Piper Laurie; Il montaggio della sequenza di incidente automobilistico; L'omicidio della chiropratica.
Argento fa l'americano e diventa più lineare. I movimenti di macchina e le soggettive complesse non mancano, ma sembra tutto comune, senza personalità. Il plot è un gioco a inseguirsi e imitarsi con De Palma e le uccisioni sono senza particolare estro. Il film scorre, la fotografia di Mertes coglie una certo mistero dell'America, ma l'anoressia così al centro della storia resta una traccia sottoutilizzata, che Argento sembra cogliere solo nella bella chiusa sui titoli di coda, unico momento in cui il film devia e stupisce.
Bislacco in alcuni momenti (il tizio che si ferma con l'auto diverso tempo dopo che David ha salvato Aura dal suicidio) e per la presenza (la prima da protagonista) sempre straniante di Asia, è tuttavia un thriller che gradualmente assume una sua fisionomia magari non originale e potente ma decisa e perfino toccante (l'innamoramento tra Rydell e la ragazza sigillato da quel "ti amo" a fior di labbra di Asia). Sul piano del "genere" ottime le ambientazioni e gli effetti di Savini, discreto il finale cui però si arriva con una certa fatica narrativa. Un Argento ancora (piuttosto) vivo.
MEMORABILE: Il nudo di Asia; Le presenze cult di Piper Laurie e Brad Dourif; Il tagliagole metallico.
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Si era pensato ad una scena iniziale nella quale il trauma inattivo dell'assassino veniva risvegliato assistendo alla decapitazione accidentale di un uomo (interpretato da Tom Savini).
L'altro giorno, postando una curiosità su quello che avrebbe dovuto essere il vero inizio del film, ho capito dopo 26 anni il senso della scena con la ghigliottina accompagnata dalla "Marsigliese"...Argento avrebbe fatto meglio a non cambiare idea, così non si capisce affatto il nesso col resto del film. Cioè, io non lo avevo compreso (ammesso che l'intento del regista con la scena della Rivoluzione francese fosse sempre lo stesso). Forse il Nostro non voleva proporre qualcosa di simile a Profondo rosso.
A novembre uscirà il blu ray edito dalla Vinegar Syndrome, che conterrà la versione uscita da noi al cinema ( con audio italiano) e quella internazionale
Uno dei libri in bella mostra nel magazzino dove David e Aura si recano a seguito di un indizio, utile ad arrivare alla soluzione dell'enigma, è il testo di anatomia "Color Atlas of Anatomy: A Photographic Study of the Human Body" di Johannes W. Rohen, Chichiro Yokochi, Elke Lutjen-Drecoll:
Direttamente dalla prestigiosa Collezione Argentiana Lucius, la brochure apribile della casa di produzione per l'anteprima del film all'estero (1992), qui solo fronte-retro:
Fiore Argentoha smentito di essere nel cast di Trauma. Avevo inserito la curiosità con il condizionale, perché non ci ho mai creduto. Trattasi di un errore di IMDB riportato poi su altri siti. Gliel'ho fatto chiedere da un suo stretto amico che è anche amico mio. Se vuoi ti passo privatamente la conversazione di costui. Personalmente ne avevo sempre dubitato, poi da quando Trauma è stato distribuito in bluray, al cosa è diventata lampante. Da fonte starsicura. Non ha mai messo piede alla Clinica Faraday. Questa l'attrice per cui è stata scambiata: