Il film di Matteo Garrone nasce come ovvia trasposizione su grande schermo del maggiore caso letterario italiano degli ultimi anni, l’omonimo romanzo di Roberto Saviano (anche tra gli sceneggiatori, naturalmente): un nuovo modo di leggere la camorra, infiltratasi subdolamente in ogni ambito possibile e immaginabile, una piovra dai tentacoli illimitati che le pagine di Saviano descrivono farcendo i resoconti di nomi e cognomi, raccontando storie su storie che per forza di cose nel film si limitano a cinque. Il ricorso ad attori non professionisti è fatto con intelligenza, unito alla scelta di nomi noti e indiscutibilmente carismatici (Toni Servillo su tutti, ovviamente). Quello che si fatica...Leggi tutto a comprendere è l’ampiezza del quadro d’insieme, come se si desse per scontato che il libro debbano averlo letto tutti. La frammentarietà della narrazione, la scelta deliberata di cimentarsi con il cinema d’autore seguendo le orme di Francesco Rosi porta a ripercorrere un percorso che incappa necessariamente in una lentezza di fondo talvolta sfibrante. A momenti che colpiscono per forza ed impatto ne seguono spesso altri che hanno un sapore interlocutorio e che forse sarebbe stato meglio utilizzare in altro modo dando più organicità al tutto spiegando magari meglio il preciso ruolo nella società di figure importanti presenti nella storia. Inevitabile il ricorso ai sottotitoli considerato che in un film tanto prossimo alla realtà era impensabile falsare il linguaggio di chi usa quasi esclusivamente il napoletano stretto per esprimersi. Sulla necessarietà e importanza dell’operazione non v’è da eccepire, mentre lo si può fare per la forma, per l’autocompiacimento talvolta fuori luogo che porta il regista Matteo Garrone a privilegiare l’involucro rispetto al contenuto. Piacerà a molti, annoierà alcuni perdendo in parte quel carattere di universalità che un progetto simile avrebbe forse dovuto perseguire. Una chiarezza maggiore, un briciolo di linearità in più sarebbero stati graditi.
Il rischio, che il romanzo non correva (snocciolando nomi, cognomi, cifre, documenti), era quello della mitopoiesi. Ed i molti ragazzini presenti in sala, ci giurerei, erano lì ad aspettare di scaricare la colonna sonora sul telefonino, come accaduto a Napoli per quella di Piovani de Il camorrista di Tornatore. Garrone il rischio lo dribbla. Sceglie di narrare le persone ed un contesto (Sciascia docet!), più che i fatti di cronaca e si rivela scelta vincente. Come quella di non avere (sarà un caso?) colonna sonora, ma solo musica diegetica.
MEMORABILE: "'o saje ca è ggente comme me ca ha purtato in Europa 'stu paese 'e merda" Toni Servillo - stockholder.
Un film difficile da criticare: crudo, sporco, violento, senza speranza e senz'anima, dove le storie sono tutte intrise di di morte, di vendetta, di vermi e assassini senza pietà; e anche chi sembra più ripulito (quasi un signore), è più marcio degli altri. Ma la cosa triste e agghiacciante è che più che un film, sembra un resoconto di ciò che accade realmente (queste cose succedono). Gli attori sono piuttosto credibili e la pellicola, quello che dice, lo dice bene. P.S. peccato per i sottotitoli, che infastidiscono non poco. Comunque, nel suo genere riuscito e meritevole di visione.
Il film rappresenta con grande efficacia il destino comune di violenza e degrado che contagia tutto e tutti nei quartieri in mano alla camorra; tuttavia le singole storie si seguono con un po' di fatica, specie lo scatenarsi della guerra interna al clan per la difficoltà di riconoscere le varie figure. Ma è grave che non emergano in un film di denuncia la dimensione del potere economico/imprenditoriale e la trama dell'organizzazione, così lucidamente analizzate nel libro. La vicenda dei rifiuti tossici è emblematica ma appare isolata dal resto.
MEMORABILE: Il ragazzino appena affiliato costretto a "scegliere" di stare dalla parte di chi gli chiederà di cooperare all'omicidio della vicina.
Neorealista. Un film non per tutti che racconta la camorra con la sua lingua senza essere senzazionalista. Garrone con la telecamera in mano ci sa fare ed è sorprendente nella direzione degli attori (anche non professionisti) e nella scelta dello score musicale tutto diegetico che è parte integrante della vita di certi quartieri. La storia dell'antistato e di chi ci vive dentro.
Molto realismo ma poco spettacolo. Lo stile è sporco, crudo e realista e riesce, anche grazie ad alcuni stratagemmi (l'uso del dialetto stretto, la fotografia trasandata, alcune riprese quasi alla "dogma"), a far entrare benissimo lo spettatore nella realtà descritta. Però le 5 storie narrate non coinvolgono e, anche a causa della durata è eccessiva, la noia incombe. Alcune sequenze comunque sono molto interessanti. Colonna sonora praticamente assente.
Diverse storie ma tutte facce della stessa medaglia: la malavita e il degrado. Il quartiere alveare trasmette prepotentemente un senso di protezione e al contempo di oppressione ma soprattutto di isolamento dal resto. Il resto del mondo non viene rappresentato, come se non esistesse. Pessimismo. Un solo spiraglio viene concesso ed è la figura dell'aiutante di Servillo, ma è veramente troppo poco per uscire dal cinema con lo spirito sollevato. Ottima scelta quella di non doppiare il film.
Devastante pugno nella pancia ti lascia, poi, con un forte malessere all'uscita. Garrone è, forse, il miglior talento italiano e anche qui, pur non avendo la raffinatezza de L'imbalsamatore, ci delizia con la sua bravura. Il film è senza speranza, senza via d'uscita, predestinato e non si esime dallo shockarci, pur senza dover ricorrere ad artifici. Difficile dire cosa maggiormente ci lascia esterrefatti, se i bambini autisti, se quelli killer o se vendere la salute nostra e dei nostri figli per 100 € a camion. Orrorifico.
Garrone ama interporre l'etica all'estetica, e anzi per lui la seconda scaturisce dalla prima.Uno sciagurato rovesciamento che in arte genera scempi sistematici. Non fa eccezione quest'opera, cinematograficamente inesistente, la cui importanza extrafilmica sfugge se non si è prima passati per il libro da cui è tratta. Non cinema tout court, ma coscienza civile prestata al cinema sul tracciato di un Rosi (di ben altra direzione e profondità, anche sul piano della forma). Algido e barboso. Restano enigmatici tutto il clamore, lo sgomento e l'entusiasmo che gli gravitano sopra.
Riecheggiante e ostico perché ci mette di fronte al fatto in sé compiuto, innegabile e scandaloso senza premettere giudizi o ragioni apparenti. Garrone non fa presentazioni, presuppone nello spettatore lo spazio, la capacità di riassorbire il dispiegarsi inesorabile dell'aberrante, lo lascia attonito di fronte alla possibilità del lancio, suicida e ilare, verso il baratro che siamo e generiamo. Ognuno è fatto padre, madre e figlio insieme, senza appello. Consegna agli individui la funzione amplificante dell'informe e vasto. Non il capolavoro, ma il suo film formalmente più distaccato e maturo.
MEMORABILE: Don Ciro cammina sul tappeto di cadaveri; il mostro meccanico che esulta sulla spiaggia.
Speculare a Il divo, Garrone fotografa la realtà del libro di Saviano portandoci dentro una realtà soffocante fatta di napoletano stretto, quartieri alveare e vite a perdere. La bravura di Servillo e degli attori (anche non protagonisti) non si discute, ma il film ha qualche lungaggine e la narrazione frammentata delle storie non aiuta chi non ha letto il libro. Ultima annotazione: perché lo sfondo è continuamente sfocato rispetto al protagonista della scena? Non male, ma troppo compiaciuto.
MEMORABILE: I camion guidati nella cava dai ragazzini; l'immagine finale della ruspa; la desolazione del quartiere Le Vele.
Senza dubbio un ottimo film, scorrevole (nonostante la durata "importante") e avvincente, con un taglio cinematografico che ricorda molto i film di Rosi. Buone prove degli attori, soprattutto quelli di strada. Sicuramente merita la visione a prescindere dal messaggio che porta.
MEMORABILE: La sequenza sulla spiaggia con le armi.
Straordinario affresco di un inferno, un film di guerra e orrore gettato dentro la nostra realtà più profonda, che Garrone racconta con una radicalità, un' efficacia, ma anche un senso del cinema che va nettamente a di là del mero verismo d'apparenza. Cinema che scava nelle immagini e che tramuta la realtà in forma di pensiero. Eccezionale esperienza.
Un pugno nello stomaco che lascia senza fiato, questo film/documento del bravissimo Garrone che con uno stile asciutto e anti-spettacolare fionda lo spettatore all'interno di una realtà che molti conoscono e troppi ignorano. Riprese ravvicinatissime che ti mettono nell'azione e ti fanno respirare la tensione e la rassegnazione degli abitanti di quei quartieri. Un film che fila via senza cali di tensione e senza mai annoiare nonostante i sottotitoli (fondamentale il parlato in napoletano) possano renderlo ostico. Attori perfetti, quasi-capolavoro.
MEMORABILE: L'asta al ribasso per gli abiti, il Boss che esulta per aver eliminato i due scugnizzi, la sequenza iniziale, la scelta: con noi o contro di noi.
Un pugno nello stomaco ma senza che si percepisca la gravità della situazione. Le microstorie narrate non sembrano appartenere all’Italia, pertanto si ha la sensazione di prendere visione di un bel film di genere, senza sovrastrutture particolari. Forse è stato troppo osannato, è stato interpretato secondo una chiave di lettura che non è quella di Garrone. La novità sta nel fatto che le storie sembrano volutamente essere rubate alla realtà e non recitate sulla base di un copione scritto.
garrone dirige in maniera intelligente questo affresco che ha più d'un punto di contatto coi classici del neorealismo. Molto azzeccati l'uso del fuoco, la camera a spalla, la messa in scena curatissima, la resa particolare delle ambientazioni... Chissà cosa sarebbe uscito se si fosse fatto qualche riferimento più documentaristico, una denuncia più diretta (da questo punto di vista si dice molto di più nelle didascalie prima dei titoli di coda).
Storie di ordinaria criminalità che si intrecciano nel bel film di Garrone che (caso piuttosto raro) riesce a trasportare sullo schermo l'essenza (sopratutto in termini di impegno civile) dell'importante libro di Roberto Saviano. Il cinema di Garrone è frutto di una grande passione civile e si colloca nel grande filone delle opere di denuncia morale. Storie brutalmente rappresentate senza alcuna concessione allo spettacolo e all'effetto facile per un film destinato a rimanere nella memoria
Come coniugare un modello stilistico prettamente italiano (il neorealismo) con uno americano (il film corale alla Altman, ma anche la visione gangasteristica antropologica di Scorsese, per non parlare della quasi padodia depalmiana). Nonostante l'ampio uso di camera a spalla e il parlato in dialetto, quello che ne viene fuori alla fine è un film epico di estremo rigore formale. A volte straniante per l'ambienatzione, tanto da sembrare di stare in un film di genere post atomico! Buono l'uso della canzonetta pop-trash napoletana. Davvero notevole.
Un buon film, ma dopo tutto il clamore suscitato negli ultimi mesi speravo meglio. Garrone mostra una buona tecnica anche perché sceglie la strada (ovvia) del realismo, e poi il materiale del film parla da solo. Ma la storia è un po' troppo spezzettata, e le didascalie finali mi hanno un po' irritato (che bisogno c'era di inserirle? Mah). Comunque un'opera che lascia un'impressione precisa e direi anche veritiera di un certo mondo, ma le emozioni abitano da un'altra parte, a mio avviso.
MEMORABILE: L'ottimo Gigio Morra nel ruolo forse più leggero della pellicola.
Il giudizio che ho di Gomorra è piuttosto arduo da esprimere. Per tanti aspetti lo considero un film eccellente, in primis per la qualità della recitazione (soprattutto considerando l'amatorialità di molti attori) e poi per le ottime scelte di regia. Non posso però non criticare l'incredibile mix di storie ed eventi che lasciano indubbiamente lo spettatore in confusione e che sembrano quasi fini a se stesse. Quasi che si volesse dimostrare che all'inferno ci si brucia. Ma lo sapevamo già.
I metodi della camorra in tutte le sue misure, spietata e senza un minimo di compassione, nemmeno per donne o ragazzi. Non c'è una scena che lasci speranza allo spettatore, lasciandolo nel suo pessimismo. Per chi non ha letto il libro, forse, sarà poco chiaro e si porrà degli interrogativi, ma comunque guardando il film si capisce sicuramente come una città sia lasciata al suo destino.
Film su di una realtà descritta onorevolmente da Saviano nel libro omonimo. Raccontata per bene con situazioni diverse che vedono protagonisti adolescenti che si avviano ad una vita crudele e anche dall'ottica di chi, sfruttato, capisce che poteva ambire a qualcosa di più (e da chi capisce la pericolosità che crea tale organizzazione all'ambiente) dannando anche chi lo protegge. Ottimo Servillo, ma pure il cast non professionista che in maggioranza prende parte a questa denuncia.
MEMORABILE: Roberto che rifiuta il suo incarico in aperta campagna. - Io sono diverso -
Gomorra era la città lontana dalle leggi di Dio: oggi è un quartiere di Napoli governato dalle leggi della camorra. Un mondo a parte di cui Garrone, sulla scorta del libro di Saviano, racconta 5 storie, che si intrecciano rivelando un tessuto inestricabile che ha come orizzonte unico la criminalità, senza la minima possibilità di un'alternativa. Il film si addentra nella Gomorra-Scampia (e nella sua lingua difficile e primitiva, ben lontana dal napoletano di Eduardo...) con occhio verista, mostrando l'inimmaginabile. Importante.
Quando il cinema documenta la realtà la regia deve farsi invisibile, "pedinare" i protagonisti, seguirli negli anfratti reali e simbolici del degrado. "Gomorra" è un film storico perché mostra una quotidianità che il resto dei Media ignorano deliberatamente. Nessuna concessione a virtuosismi come il "rivale" Sorrentino, nessuna velleità d'intrattenimento. Questo è un documento di ciò che sta accadendo e Garrone è senza dubbio uno dei pochi eredi della scuola neorelista, nonchè (Primo amore e L'imbalsamatore lo dimostrano) il miglior regista italiano.
MEMORABILE: La sparatoria nella sauna; i ragazzi che "giocano" con le armi e imitano i Gangsters.
Dall'omonimo libro-denuncia di Roberto Saviano, ecco Gomorra sul grande schermo. Il primo impatto durante e dopo la visione è una gran confusione. Le storie si intrecciano in maniera frammentaria e senza linee guida. In questo modo, la visione risulta abbastanza difficile per chi non conosce il "sistema". Senza dubbio preferibile la lettura del libro di Saviano, lungo e diviso in episodi ben distinti l'uno dall'altro, la cui trama risulta senza dubbio più accessibile di quella del film.
Giustamente premiato, in tandem con Il divo) come eccezione positiva nel panorama desolante del cinema italiano, "Gomorra" trae dal lavoro della camera a mano tipico di Garrone, dal distacco dalla materia trattata, dal livore del controluce e dalla nettezza inclemente del sole campano il proprio senso disperato. E poco importa che non sia esaustivo nei confronti del libro. La conferma di un autore forte e personale come da tempo latitava in Italia (con Sorrentino ovviamente).
Non trovo apprezzabile rappresentare al cinema le nostre disgrazie! Che bisogno c'è di fare un film che dà l'immagine di un'Italia sporca e criminale? Forse per compiacere le giurie straniere? O far diventare ancor più ricco lo scrittore (del cui libro si attendono verifiche?). Vero o falso è comunque un film noioso.
Non ho letto il libro e questo ha penalizzato la comprensione da parte mia del film. Mettiamoci poi i sottotitoli microscopici (o li scrivevano meglio o tanto valeva non metterli) e il quadro è completo. Il cinema per definizione è finzione. È strano e spiazzante quindi sorbirsi questa lunga opera di oltre 2 ore simile in tutto e per tutto ad un servizio in stile "Report" (o "Le iene" se volete) girato con le telecamere nascoste. Una sorta di documentario dunque con molti momenti morti spezzati da sporadici ma notevoli acuti. Ottime le scene di omicidio.
Un parallelo viene spontaneo tra questo modo di fare cinema per descrivere la malavita organizzata e quello stile hollivudiano che, seppur violento, non colpisce come questo Gomorra, dove la reale violenza accompagnata dall'assenza totale di un seppur minimo senso morale, sono espressi come se noi stessi fossimo presenti e vedessimo con i nostri occhi. Questo lo reputo un merito per il regista e le sue scelte. Non voglio dare nomi e connotazioni a questo stile, non ne sono in grado; mi limito a dire che per quello che ci propone il film è buono.
L'obiettivo scava e studia i volti di ogni singolo personaggio, stile registico inizialmente straniante. Quando ci si prende confidenza (e non ci vuole molto), si apprezza non poco la scelta. Garrone riesce nell'intento di non far "affezionare" lo spettatore a nessun personaggio, lo istruisce nel rimanere distaccato. Tutto ciò per sensibilizzare la coscienza nei confronti della realtà presa come oggetto e di far elaborare un'opinione del tutto trasparente e razionale allo spettatore di turno. Ottima fotografia, recitazione e soundtrack. ****1/2
Il fenomeno della camorra analizzato attraverso alcune storie che permettono di mostrare alcuni lati di un fenomeno criminale di portata immensa. Garrone dimostra buona capacità di analisi e doti registiche non comuni (già apprezzate in passato in altri suoi lavori). E la tanto vituperata mancanza di linearità narrativa non è un difetto ma un pregio. Inoltre mi sembra che le storie siano ben intrecciate tra loro. Un film importante. Bella la prova degli attori, professionisti e non.
Tentacolare, ravvicinato, greve, degradato, sparso. Con rigore e distacco da minuzioso antropologo, Garrone penetra Scampia, paese campano dove la Camorra impera e condiziona ogni evento o persona: dallo smaltimento dei rifiuti tossici alle vite di due ragazzini che sognano Tony Montana. Senza via d’uscita, tutto è assorbito nell’illegalità, nella violenza e nella sopraffazione. Neorealismo dei giorni nostri, estremizzato dalla frantumazione degli episodi e dal lascito pasoliniano degli autoctoni non professionisti e dalla lingua locale.
Una incursione nel buio del sottobosco napoletano. Là dove si vive di espedienti, dove esiste una logica sociale che sfugge al mondo civile delle leggi. Le regole sono quelle della giungla (nel senso che proprio non ci sono) dove il più forte sopravvive. E' una produzione che manca di spessore cinematografico. Sembra una fiction di Gianni Minoli senza averne lo stesso spessore televisivo. Ha comunque il pregio di far riflettere sulla assoluta mancanza di volontà nazionale (popolazione inclusa, anche del nord) di porre fine a una assurda realtà.
Bello e iper-realistico fin nei particolari, ha il grosso pregio di parlare di mafia in modo molto aprrofondito e avvincente, oltretutto senza praticamente mostrarla. Non si vedono quasi mai i camorristi, tantomeno i classici mafiosi stereotipati dei film ma solo gente comune che, in un modo o nell'altro, è legata alla camorra. Ha un solo difetto: è difficilmente intelliggibile, chi non ha letto il libro faticherà un po' a capire le storie.
Non sono un fan dei film verità. Però ammetto che, o lo fai così o non funziona. Pur con il suo napoletano stretto, con intrecci macchinosi e col rifiuto di una costruzione filmica. Quando Garrone colpisce lo fa alla grande, sia che si tratti di un solarium trasformato in macelleria che coi bambini autisti al soldo di un cinico Servillo o con il ragioniere (un grande Imparato) che vorrebbe starne fuori. In altri momenti il racconto inevitabilmente stagna. Un pezzo comunque notevole per il suo genere e che rende l'idea del mondo parallelo.
MEMORABILE: Arrivano i bambini autisti: la centrifuga criminale si rimette in moto.
Il film è notevole ma la sua valutazione varia a seconda del punto di vista da cui lo si guarda. Buono l’impatto come film impegnato e verista, capace di essere testimone di un nascosto marciume sociale e di mettere in luce diversi aspetti nella realtà solo immaginati. Ma non lo ritengo il migliore in questo genere (gli preferisco Mery per sempre). Come risultato prodotto dal cinema italiano degli ultimi anni è invece tra i migliori. Difetta solo nei pochi picchi di tensione e negli incastri non sempre organici tra le numerose situazioni. ***
Film crudo, con molti attori non professionisti o quasi, in un napoletano a tratti incomprensibile. Un'opera complessa eppure immediata, con questo intarsio di storie che un po' si legano e un po' no, ma il film gira alla grande anche per questo. Bravissimo Garrone nel trasformare il mondo di Saviano in celluloide, con un occhio rivolto al cinema di genere italiano (quasi poliziottesco trash l'inizio con l'esecuzione in un solarium). Drammatico nel senso più pieno del termine. Quattro palle.
MEMORABILE: La frutta da buttare via, assolutamente e guai ad assaggiarla. L'economia cinese e tanto altro ancora. Ruolo importante ma non principale per Servillo.
Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano "Gomorra" e ne riprende alcune storie montate per raggiungere la durata di un lungometraggio. Questo è il suo limite più grande, perché non riesce in pieno ad emozionare come invece il romanzo è riuscito a fare. Film che ovviamente è un atto di denuncia nei confronti della malavita organizzata e che mette in mostra una realtà a cui si fa fatica a credere. Gli attori molto bravi e "naturali" rendono merito al film.
Un film confuso, frammentario, che non rende certo giustizia al romanzo da cui è tratto. Forse Saviano non ha avuto la totale supervisione sul materiale girato? Comunque sia, il film manca di coraggio: il coraggio di fare dei nomi e di mostrare degli intrecci chiari. Senza questi aspetti "sconvolgenti" e "controversi" (in realtà solo necessari per un giusto confronto civile), cosa rimane? Un'operetta di mafia che ha generato uno scalpore ingiustificato. Peccato. **
Siccome nel dare un giudizio non si può prescidere dal libro ispiratore non posso che dire che Garrone ha sprecato un'occasione. Nonostante l'evento mediatico il film è lontano anni luce dalla denuncia del saggio omonimo. Lo sceneggiatore si limita a riproporre dei fatti che nel best-seller sono assolutamente marginali. Al limite del folklore. Una semplice operazione commerciale per spremere il limone un po' di più. Certo, regia e interpretazione a buoni livelli. Ma l'obiettivo è lontano. Parlare di Pisellino e Don Ciro non è parlare di Camorra.
MEMORABILE: Franco: "A gent' cumm a me ha mannat in Europa stu paes e merd. (...)" Roberto: "E tu per salvare un operaio a Mestre uccidi una famiglia a Mondragone?"
Nel panorama italiano, un film che sicuramente si eleva molto al di sopra della media, un lavoro di respiro internazionale molto lontano da certi asfittici stilemi del nostro cinema. Il fatto è che nel modello letterario di Saviano viene proposta una visione deformata della realtà, intrecciando tesi disgraziatamente verosimili con forzature quasi caricaturali. Il merito di Garrone è quello di aver preferito mostrare anzichè predicare, e il risultato è che - pur apprezzando per molti versi il libro - quasi prediligo il film.
Dopo le mille denunce sulla camorra anche Roberto Saviano decide di scrivere un libro (portato poi anche sul grande schermo) per accusare un'Italia del sud malavitosa e camorrista (come se ciò fosse l'unica cosa che fa notizia, come se tutti facessero parte del cosiddetto "sistema"). Non solo il principio, ma anche il film manca di qualcosa di nuovo, di innovativo, i dialoghi sono poco chiari e nel complesso risulta ipocrita e moralista.
Cinque storia di camorra spicciola, raccontate senza lirismo ma con una crudezza e una linearità molto coerente. Lo sfacelo di quell'area campana è narrato osservando i personaggi e cercando di carpire in loro qualcosa di diverso dalla solita violenza. Tra gli episodi mi ha colpito maggiormente quello del sarto che apre una parantesi poetica finale alla narrazione.
Più discusso che visto, in ogni caso pregevolissimo. 4 amarissime vicende parallele, tutte destinate, purtroppo, a finire male per i protagonisti. Garrone non racconta, ma mostra, come in un documentario, rendendo l'opera più realistica e cocente grazie anche ai bravissimi attori (non professionisti), tutte "facce qualunque" che con la loro genuina spontaneità entrano nei personaggi in maniera eccezionale. Da segnalare anche la buona confezione, capace di dare al film una paticolare aura sordida. Un po' lento e contorto però. ****.
MEMORABILE: La vicenda di Pasquale, il sarto. Impagabile quando fa bonariamente dell'ironia sui cinesi ("chin-chun-chan...").
Necessariamente riduttivo e semplificato rispetto al libro di Saviano, questo film di Garrone merita tuttavia le mie (poco importanti) lodi. Anzitutto per la scelta azzeccatissima degli attori (dai protagonisti ai "caratteristi"), poi per l'incredibile realismo che, costantemente, pervade la pellicola. Non sembra di assistere a un film ma al reale svolgersi della (mala)vita in un quartiere scomodo e difficile come Scampia. Memorabilmente violenta la prima scena, immenso Servillo, amaro e quasi insopportabile, nella sua "naturalezza", l'epilogo.
Garrone elimina la spettacolarizzazione, ci offre la radiografia di un microcosmo criminale sotto gli occhi di molti, intrecciando cinque storie, cinque realtà che soffrono e convergono tutte in un unico punto denominatore: la criminalità organizzata. Pedina e osserva con mano sicura, scruta i suoi personaggi con fare intimista e sensibile - mettendone in risalto tutta la fragilità e le paure - ma anche crudo e tagliente nel sondare in profondità un ambiente degradato e pieno di sgomento, quasi arreso al suo ineluttabile destino. Duro e inesorabile.
MEMORABILE: Il discorso tra Totò e Simone; gli spari ai ragazzi col giubboto antiproiettile; l'uccisione di "essa"; l'incipt; il finale.
Probabilmente il film più vero sulla camorra anche nei volti, nelle grida, nei rumori. Girato col permesso dei boss che hanno dato il loro contributo interpretando alcuni ruoli, il film procede per narrazioni parallele e con un montaggio e stacchi decisamente ammirevoli. Forse si può rimproverare al regista la durata perché con le oltre due ore si corre il rischio di assuefare lo spettatore che finisce per vedere nel film una sorta di fumettone e ai titoli di coda tira un sospiro di sollievo. Notevole comunque.
MEMORABILE: La figura del sarto Pasquale e l'espressione con la quale parte col suo camion.
Buone, anzi ottime, le intenzioni: fornire un quadro reale di cosa sia oggigiorno la mafia e di come sia praticamente impossibile vivere al di fuori di essa in certe zone del nostro paese. Buona ma non eccezionale la resa su grande schermo, forse perché viene dato per scontato che lo spettatore abbia già letto anche il libro da cui il film è tratto. Non sempre in verità è semplice capire quali sono i ruoli dei vari protagonisti e le varie storie alternano momenti notevoli ad altri di stanca. Sicuramente da vedere. ***
Per fare un buon film neorealista bisogna calarsi nei giorni d'oggi e rappresentare quel che siamo ora. Garrone vi riesce in un modo cosi vero che la realtà, per chi non la conosce da dentro, può sembrare addirittura caricaturale e grottesca. Gomorra presenta per questo uno stampo fin troppo verista mentre per le modalità di ripresa usa uno stile di tipo documentaristico: camera a spalla, ambientazioni nei posti reali e attori presi dalla strada. L'episodio di Servillo sui rifiuti tossici è agghiacciante.
Un film che nasce dal libro-fenomeno di Saviano. Che si sia d'accordo con la visione apocalittica qui mostrata o che si pensi sia sbagliato mettere su schermo questa immagine dell'Italia poco conta: Garrone lo fa senza spettacolarizzazioni e fotografa in modo efficace 5 storie di ordinaria miseria nelle zone più malfamate della Campania; indubbiamente realistiche, anche grazie alla scelta delle location e all'uso del dialetto (sottotitolato). Ben girato e confezionato, senza fronzoli ma non privo di stile; cinema d'autore ma per nulla noioso.
Tratto dal libro-inchiesta di Roberto Saviano, un viaggio allucinante dentro l'orrore della camorra tra spietate esecuzioni, faide, traffico di stupefacenti, di armi, smaltimento illegale di rifiuti tossici. Ottima la scelta di usare soprattutto attori non professionisti. Documentaristico, brutale e senza speranza.
Acclamatissimo film del bravo Garrone basato sull'omonimo libro di Roberto Saviano. Il regista, seppur meritevole di apprezzamenti per il suo modo vivo e unico di girare (anche nel successivo Reality ne darà prova), non riesce ad amalgamare bene le quattro vicende in cui si divide il film che, stringi stringi, non sono poi così ben confezionate (quella con Servillo su tutte). In definitiva un film interessante ma leggermente sopravvalutato.
La forza del film è il sapersi calare nel vero ambiente malavitoso, nelle Vele di Scampia dove l’embrione della camorra cresce e prospera. Lo stile di Garrone ben si adatta a inquadrare con primissimi piani la cattiveria e la paura che vi abita. La scelta delle storie poteva essere ancora più orrorifica, in quanto nel libro non si lesinano le crudezze della vita da tossico o le vendette durante la scissione. I momenti migliori riguardano il quotidiano; nel complesso colpisce, ma non affonda come un docufilm.
MEMORABILE: La villa di Sandokan Schiavone; Il sarto che torna a dormire; I drogati che acquistano.
Tratto dal best seller di Roberto Saviano, Gomorra descrive la criminalità a Napoli da diversi punti di vista. Un film che può dirsi riuscito, ma dal quale ci si aspetta qualcosa in più. Aver trattato le vicende in modo alternato spesso non giova e porta lo spettatore medio a perdersi in più di un'occasione. Ben fatte le riprese a Scampia, chiare rappresentazioni di una realtà difficile e densa di delinquenza, mentre la vicenda è che attira meno è quella con Servillo. Riuscito nell'intento, non male nel complesso.
MEMORABILE: I due ragazzi rubano le armi e iniziano a sparare, quasi stessero giocando...
Cruda e cruenta rappresentazione della Napoli più becera; il mondo della criminalità è descritto con vicende che coinvolgono dei bambini diventati improvvisamente uomini. Rivisto oggi risulta inevitabile il confronto con la serie TV. Il film non esce male dal confronto, ma pecca dell'assenza di un criminale memorabile come potrebbe essere don Pietro Savastano.
Un film non facile da seguire, per diverse ragioni: anzitutto la mancanza di ritmo, la lentezza, funzionale alla sua volontà di aderire al reale. Volontà che - giustamente - pretende anche l'uso del dialetto stretto (e quindi dei sottotitoli). Ma la sua colpa più grande è la sensazione che rimanga indissolubilmente legato al romanzo di Saviano, o meglio, che possa essere apprezzato a fondo solo da chi abbia già letto il libro. Senza averlo fatto, pare quasi privato di contesto narrativo (l'unico essendo il territorio, una Scampia cruda e crudele), della sostanza di cui l'originale racconto era evidentemente intriso.
Piccola perla del cinema italiano contemporaneo. Mentre il libro di Saviano era una vera e propria inchiesta, seppur narrata con enfasi da romanzo, il film di Garrone si concentra meno su nomi e fatti e mira a descrivere ambiente e atmosfere, avvicinandosi più a un Pasolini che a un Rosi. Il risultato è decisamente convincente, forse un po' asciutto ma proprio per questo si salva da ogni tentativo di fascino malavitoso e mostra la realtà per quel che è: squallore, povertà e cinismo. Non si salva nessuno, dai boss all'ultimo dei ragazzini.
Ed ecco che per Roberto Saviano arriva lo sdoganamento internazionale. Garrone porta sul grande schermo l'omonimo romanzo con uno sguardo documentaristico; camera a mano per quasi tutto il film e dialoghi in dialetto stretto. Tutto sommato, però, è un film non adatto al vasto pubblico, sia per lo sguardo "autoriale" che per la non linearità delle storie. Magari ci fossero, però, più autori in cerca di nuovi linguaggi in Italia...
Garrone riesce nell'impresa di trasporre con successo il fondamentale libro di Saviano. Certamente si tratta di una visione impegnativa: le cinque storie raccontate sono calate appieno nella realtà delle infiltrazioni camorristiche, senza scorciatoie o semplificazioni. Il linguaggio napoletano stretto e la sceneggiatura scarna favoriscono un verismo potente, che lascia indelebilmente impresse immagini agghiaccianti.
Più importante che bello: il merito del film di Garrone (prima che la materia venisse cannibalizzata dalle esigenze di reddito seriale e che lo stesso Saviano scontasse la sua sovraesposizione diventando un opinionista universale) è lo stesso del libro, cioè di raccontare in maniera credibile (anche linguisticamente) la camorra non solo nel suo ambito specialistico, ma anche le sue conseguenze sul mondo esterno (non a caso gli episodi di Servillo e Cantalupo restano i più scolpiti nella memoria). Difficile da giudicare, comunque da conoscere.
MEMORABILE: Servillo riceve in dono casse di pesche coltivate nella terra malata dallo smaltimento abusivo di rifiuti tossici e se ne sbarazza subito dopo.
Cinque storie di degrado in cui Garrone riesce (a differenza di Saviano) a racchiudere un microcosmo criminale e le sue differenti sfaccettature. Il film riesce a trovare una sua cifra linguistica che evita i didascalismi del libro e va dritto al cuore delle cose, con uno stile secco, serrato, in cui più che la caratterizzazione di ogni singolo personaggio si privilegia una spietata visione d'insieme in cui i veri vincitori sono coloro che scappano. Un film che sa raccontare verità scomode ma, che ci piaccia o no, sono quelle vere. Promosso!
MEMORABILE: L'imprenditore veneto che non vuole sapere come vengono smaltiti i rifiuti tossici, basta che tutto sia "clean" (per lui).
Parlare di camorra immaginando di essere una mosca, entrare nelle vele di Scampia e cogliere tutto: è questa la sensazione che si ha nel vedere il film, trasposizione fedele, vita resa pubblica; di trovarsi proprio lì, senza filtri e veli (e persino gli spari sembrano reali, paiono avvenire di fronte a colui che il film guarda). Giudizio ampiamente positivo, anche se il risultato è ottenuto necessariamente mantenendo il linguaggio originale (e il sottotitolo inevitabilmente obbliga a un'attenzione diversa) e comportando un certo sforzo per lo spettatore (con rischio noia).
Era dai tempi di Mery per sempre e di Ragazzi fuori che un regista italiano non adottava uno stile tanto sporco, realisticamente fastidioso. Garrone fa un buon lavoro buttandoci in faccia la Napoli della camorra, dei sobborghi, della droga, del degrado, dell'ignoranza, della miseria, a fare da contorno a cinque storie che a tratti s'intrecciano. Il risultato finale è da pugno nello stomaco, anche se il ritmo lento ci fa digerire tutto. Peccato l'utilizzo troppo a piccole dosi del grande Servillo, unico "vero" attore insieme ad Imparato. Buon lavoro.
Una rappresentazione cruda e diretta che non spettacolarizza più del dovuto, lasciando che siano le immagini a parlare da sé. Piccoli frammenti di un microcosmo che sembra avulso e lontano anni luce dalla società civile e che raccontano miseria e disperazione. In questo Garrone mostra di essere un abile cesellatore, scegliendo volti di pasoliniana memoria sul cui sfondo le vele di Scampia fanno il resto. Non sembra esserci fine diverso dal mostrare una finestra sull’inferno, non palesando risposte definitive né lasciando bagliori di speranza da un baratro profondo e nero.
Garrone fa del crudo realismo il minimo comune denominatore del suo film, mantenendo questo stile con una certa coerenza. Tale crudezza, se da un lato aumenta la forza espressiva dell'opera, dall'altro rende spesso ostica la fruizione della pellicola e dei suoi snodi narrativi. Nel complesso un film forte e interessante, seppur nelle sue varie imperfezioni.
Gran film, senza dubbio il migliore finora di Garrone, che qui riesce a coniugare la sua indole documentaristica con sprazzi di cinema di alto livello. Ovviamente il soggetto aiuta, ma neppure era così facile svilupparlo senza scivolare nel tradizionale crime movie. Il pool di sceneggiatori all'opera ha perciò scelto la strada della struttura a episodi, nello stile Mostri (veri) del nuovo secolo, lasciando al regista il compito di legarli in un'aura di generale tragicità del contesto. Delineato perfettamente. Come lo è la direzione degli attori, specie dei non professionisti.
MEMORABILE: "Ve la dovete comprare la vita vostra. Don Ciro. Io non ve la regalo".
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DiscussioneNeapolis • 29/09/13 20:45 Call center Davinotti - 3254 interventi
Nella mia recensione del 18 gennaio 2013 concludevo così: L'episodio di Servillo sui rifiuti tossici è agghiacciante. Purtroppo, è cronaca di oggi, la situazione è gravissima tale da poterla definire una catastrofe ecologica ambientale epocale. A nulla sono servite la denuncia del libro e successivamente del film
DiscussioneGugly • 29/09/13 21:28 Archivista in seconda - 4712 interventi
Neapolis ebbe a dire: Nella mia recensione del 18 gennaio 2013 concludevo così: L'episodio di Servillo sui rifiuti tossici è agghiacciante. Purtroppo, è cronaca di oggi, la situazione è gravissima tale da poterla definire una catastrofe ecologica ambientale epocale. A nulla sono servite la denuncia del libro e successivamente del film
Purtroppo la catastrofe ambientale nella Terra dei Fuochi va avanti da decenni, è un merito che ultimamente se ne stia parlando di più.
DiscussionePiero68 • 29/08/18 10:00 Contratto a progetto - 245 interventi
Chiedo scusa a posteriori a tutti quanti (ma soprattutto a Greymouser) per il mio post davvero inopportuno. A dire il vero non ricordavo nemmeno di averlo scritto. Chissà che avevo fumato quel giorno e cosa mi passava per la testa! :))
E comunque ho fatto anche un errore di fondo davvero imperdonabile. Gomorra è un romanzo. O almeno è uscito come tale. Certamente non è un saggio.
P.S. E per inciso, in questo periodo, ho stranamente sviluppato una sorta di antipatia epidermica per Saviano. Per i comportamenti che ha avuto negli anni passati mi ha dato tanto l'impressione di essere uno che ha creato una sorta di marchio di fabbrica registrato (Gomorra appunto) e adesso ci stia speculando. Alla faccia dei napoletani onesti che non solo devono convivere con i problemi noti. Adesso anche con questa etichetta appiccicatagli addosso.
DiscussioneRaremirko • 30/08/18 00:49 Call center Davinotti - 3863 interventi
Piero68 ebbe a dire: Chiedo scusa a posteriori a tutti quanti (ma soprattutto a Greymouser) per il mio post davvero inopportuno. A dire il vero non ricordavo nemmeno di averlo scritto. Chissà che avevo fumato quel giorno e cosa mi passava per la testa! :))
E comunque ho fatto anche un errore di fondo davvero imperdonabile. Gomorra è un romanzo. O almeno è uscito come tale. Certamente non è un saggio.
P.S. E per inciso, in questo periodo, ho stranamente sviluppato una sorta di antipatia epidermica per Saviano. Per i comportamenti che ha avuto negli anni passati mi ha dato tanto l'impressione di essere uno che ha creato una sorta di marchio di fabbrica registrato (Gomorra appunto) e adesso ci stia speculando. Alla faccia dei napoletani onesti che non solo devono convivere con i problemi noti. Adesso anche con questa etichetta appiccicatagli addosso.
Cosa ti fa pensare che ci stia speculando?
DiscussioneZender • 30/08/18 07:20 Capo scrivano - 48503 interventi
Si passi al davibook per parlare di Saviano, non qui. Discorso che aprirebbe infinite porte non sviluppabili qui.
La versione in onda stasera su RAI3, e la "New Edition" rivista e corretta dallo stesso regista che così spiega la sua scelta:
“Tempo fa ho rivisto il fllm con mio figlio, non lo vedevo da tempo. Durante la visione mi chiedeva cose che non capiva, ad esempio la scena con il sarto all'asta in cui parlano di numeri non ricordavo neanche io a cosa alludesse. Questa è stata la molla che mi ha scritto a fare queste modifiche, ho inserito i cartelli, togliendoli alla fine, per rendere più comprensibile e delle inquadrature che potessero aiutare a capire meglio certi passaggi, rimontanto sette scene. Ho scorciato dieci minuti il film, fatto cinquanta tagli, stabilizzato alcuni movimenti di macchina, inserito interventi di doppiaggio. Sono interventi fondamentali ma anche invisibili per lo spettatore. Ora considero il film compiuto, finito, giuro che non interverrò più."
Ho visto la "new edition" su Rai 3, sinceramente ho notato solo qualche inquadratura differente e il cambiamento di alcuni sottotitoli. Preferisco la versione originale in quanto anche se a tratti incomprensibile la sottotitolatura rispetta di più le parole dei personaggi. Opinione strettamente personale ma la modifica appare più come una voce narrante fuoricampo che spiega la situazione piuttosto che una traduzione vera e propria
qualcuno che ha visto sia film che serie può confermare se il ballatoio delle vele di scampia dove totò consegna la prima spesa è il medesimo dove nella prima stagione ciro "svezza" gennaro? a me pare la stessa identica location.