Orrori sanguinari nell'Estremadura, in Spagna. Dove vive Piggy (Galán), giovane assai in sovrappeso figlia del macellaio. Presa in giro da coetanee decisamente antipatiche e spietate che sembra di vedere Carrie (chissà se la scena col tampone interno è un omaggio), Sara - questo il suo vero nome - fa una vita quasi da reclusa. Dà una mano al banco in macelleria mentre per il resto del tempo, quando non è a scuola, si rinchiude in casa a guardare il cellulare.
La volta che Sara decide di andare in piscina, scegliendo il momento in cui lì non c'è di solito nessuno, viene...Leggi tutto raggiunta da tre compagne di scuola che non perdono occasione per deriderla. Insulti, ghignate… In acqua qualcuno assiste alla scena seminascosto: è uno strano individuo, silenzioso quanto Piggy. Non contente dell'insistito body shaming, come si direbbe oggi, le tre prendono zainetto, cellulare e cuffie di Sara lasciandola in costume a tornarsene da sola a casa. E sulla via del ritorno cosa nota, la poveretta? Un furgone: alla guida l'uomo che prima stava in piscina, nel retro le tre ragazze, legate, che gridano. Sara quasi non si rende conto di cosa stia accadendo; il furgone parte e delle tre non si hanno più notizie.
I genitori delle giovani scomparse si muovono, localizzano un telefonino e raggiungono il sentiero nel bosco per il quale era passata Sara. Il cellulare è lì, abbandonato vicino a una cameriera uccisa, ma delle tre non ci sono altre tracce. La polizia brancola nel buio, mentre il moroso di una di loro si accorge di aver ricevuto da quella un video che mostra come in piscina, ultimo posto in cui le scomparse sono state viste, ci fosse anche Sara, la quale fin lì aveva sempre negato di sapere qualcosa sulla vicenda.
Il film si focalizza sulla figura di Sara/Piggy, naturalmente: è dal suo punto di vista che seguiamo la storia, che comincia come tanti horror centrati su di una vittima della società, canzonata per il suo aspetto fisico o per il comportamento asociale. La regista e sceneggiatrice unica Carlota Cereda costruisce il film intorno a Piggy fin dal titolo e cerca di disegnarne il carattere schivo, quasi ai confini dell'apatia. Maltrattata dai compagni e non certo consolata in casa, dove la madre (Machi) dà ragione a quelli imponendole una dieta, Sara viene ripresa senza pudore, mostrata quasi a volerne accentuare la generosità delle forme per far capire quanto possa essere frustrante la sua condizione.
L'unico vero guizzo di originalità è la strana, insana complicità di Sara con il killer (Holmes), rotondetto pure lui e a quanto pare unico capace di avvicinarla con affetto, forse con amore. Poco altro da segnalare in verità, anche perché la ragazza parla pochissimo e il killer, di cui nulla si sa (nemmeno il nome), non è certo più loquace. Il che rende faticosi e lenti alcuni passaggi (la regia non può dirsi in grado di supplire alla carenza di dialoghi), con la madre di Sara che, unica, fa valere una buona recitazione di base. L’ultima parte riconduce agli horror moderni, quelli ambientati nel cupissimo covo del killer, con ragazze che gridano e aspettano chi punta a farle fare una brutta fine. Sangue, armi di vario genere e poi magari un piccolo colpo di scena che incornicia un buon epilogo. Il personaggio c'era, una buona idea di fondo anche, ma bisognava dare più movimento, perché in PIGGY c'è troppa staticità. Killer poco carismatico, situazione familiare non molto approfondita.
Sara è un'adolescente bullizzata per il suo peso; un giorno d'estate è testimone del rapimento delle sue aguzzine da parte di un maniaco. La calura estiva della cittadina spagnola è lo scenario per questa efferata metafora sulle difficoltà dell'adolescenza. La violenza sta più nel concetto che nel contenuto: l'intreccio orrorifico è in effetti quasi un contorno ai reali sobbalzi psicologici della protagonista - una perfetta Laura Galán -, ma sa comunque regalare momenti di suspense e situazioni interessanti. Un horror di buon spessore, anche stilistico.
MEMORABILE: Le bulle in piscina con la rete da pesca; Il ritorno a casa di Sara; La fotografia e la scelta del 4:3.
La storia di una cicciona che si ritrova attratta da un serial-killer di ragazzine, responsabile della scomparsa di alcune sue coetanee che la bullizzavano. Curiosa riflessione sul bullismo e sul body-shaming, principalmente perché la regista sembra quasi bearsi nel mostrare in maniera insistita l'obesa protagonista in lingerie o seminuda; interessante invece il rapporto vagamente morboso con l'assassino, purtroppo non approfondito a dovere, a favore di un finale più politically-correct. Resta un lavoro non pienamente riuscito, pur con qualche sequenza interessante e una brava Galán.
Sara, una ragazza in sovrappeso e piena di complessi, viene di continuo bullizzata ed emarginata dai suoi coetanei fintanto che un tenebroso individuo prenderà le sue difese con conseguenze ben oltre l'immaginabile. Un horror atipico ambientato in un assolato paesino spagnolo, di natura prevalentemente psicologica per il vincolo che lega la ragazza al suo "salvatore", impedendole di agire nel modo moralmente giusto coi relativi sensi di colpa. La parte più violenta è concentrata in un finale stringente che la regista ha saputo rendere con giusto climax e coerenza. Ottima la Galán.
MEMORABILE: Gli scherni a bordo piscina; Sara ignora la richiesta di aiuto delle due ragazze rapite; L'infatuazione tra Sara e il suo "difensore".
Adolescente con genitori macellai corpulenti è vittima di un feroce bullismo femminile e maschile sia nei social che nella vita reale, a causa della sua grassezza. Unico suo difensore un muto killer giustiziere che sembra avere un debole per lei. Pellicola spagnola che vince al Sundance e che effettivamente ha delle frecce al proprio arco, come il soggetto curioso sviluppato attraverso una sceneggiatura interessante che sa come intrattenere nel suo evolversi e nei risvolti psicologici non banali fino al 90', in cui Eros e Thanatos si sfiorano. Da vedere tra salsicce, pancetta e vino.
"Attenta a quel che desideri, potrebbe avverarsi"; è quel che succede a Sara, adolescente incompresa in famiglia bullizzata dai coetanei per la sua obesità. La sua vendetta avviene per interposta persona quando un serial killer laconico sembra prenderla sotto la sua protezione... Buon thriller psicologico con epilogo horror che non edulcora in alcun modo la condizione della protagonista: la visione della sua sofferenza è resa credibile dall'interpretazione di Machi, umiliata e offesa costretta a confrontarsi con un mostro più umano nei suoi confronti di quanto lo siano gli altri.
Cerdita durango. Sara dai lardelli grossi va / che meraviglia avere un matto che uccide i bulli per te. Essì: il serial killer angelo custode dell'altrui oggetto di stati di umiliazione/emarginazione progressiva e karmico Todesengel dei creanti tale condizione e annessi conniventi. Di là del sospetto di sussiego moralista, avversato da un 4:3 funzionale a rendere più ingombrante la protagonista, a lasciare a braccia conserte è il costituente tensivo, che fa la bella statuina e scena muta fino al grave-party finale, a mo' di alunno che entra in aula a 5' dalla fine della lezione. Mah.
Sara, figlia obesa del macellaio del paese, viene costantemente umiliata da compagni e familiari, fino a quando un serial killer non la prende in simpatia. Soleggiata variante delle classiche rivalse da film horror contro bulli e seccatori, più intrigante in termini di premesse che non di effettivi sviluppi. Galán e Machi, rispettivamente "Piggy" e sua madre, reggono lo show, grazie pure a un ottimo lavoro di definizione dei personaggi; meno interessante la figura del maniaco, che non si riscatta neanche nello standardizzato finale. Un po' di aggressività in più non avrebbe guastato.
MEMORABILE: Le tre streghette deridono e maltrattano Sara che nuota; Il corpo sott'acqua; L'ignorata richiesta d'aiuto dal furgone del killer; Il covo del pazzo.
Per portare il body shame alla ribalta dell'horror, Pereda sceglie due punti di riferimento totemici: Carrie e Non aprite quella porta, pur mantenendo un profilo basso in termini di truculenza. Inquadra il disagio nello spazio minimo del 4:3, saturato dal corpo debordante di Carmen Manchi, un valore indiscutibile del film. Ma nel finale, quando ogni horror fan sposerà la causa del giustizialismo, Pereda propone una risoluzione edificante. Se si smette di empatizzare con la protagonista per dover comprendere le ragioni della regista, qualcosa è andato storto: si chiama "compromesso".
Decisamente doloroso, con scorci horror se non proprio gore, l’opera prima della regista Carlota Pereda è un malsano coming of age che entra di petto nei ripostigli della repressione e del disagio di provincia. Costellato di elementi psicologici sopraffini, è magnificamente interpretato da Carmen Machi che riesce a metamorfizzare un personaggio schivo e profondamente tragico.
Tutto verte sull’immedesimazione di chi guarda: se le vessazioni subite da Piggy tendono la rabbia con più giri di quanto la molla del perdono possa sopportare allora diventa poco condivisibile, quando lo slasher fa il giocoliere di contenuti e contenitore e la frenesia del contrappasso, si sgonfia come un palloncino forato, la rinuncia a una chiusura liberatoria quand’era invece cinematograficamente giustificabile. Va fatto comunque un plauso alla madida parata di villani e megere di varia età e la Galàn, alla faccia del bullismo e della platea, espone fisico e bravura con fegato.
Due genitori che deprimerebbero chiunque, un problema di peso e ragazze che la prendono ferocemente in giro. Il cocktail perfetto per creare una disadattata, insicura e vulnerabile, almeno finché... La pellicola nel complesso non è male, anche se qua e là sembra un po' stiracchiata; e visto che il minutaggio non è elevato, vuol dire che si poteva fare di meglio. Comunque, la protagonista è brava; e anche chi le ruota attorno fa il suo dovere. L'ultima scena fa però pensare che non si sappia bene la direzione da prendere, ma può essere in linea con l'instabilità della protagonista.
MEMORABILE: Padre e madre, un connubio tossico; In piscina (il retino); "Che si fottano"; La ricerca del cellulare.
Sara è una ragazza sovrappeso che tutti prendono in giro e chiamano Piggy. Un giorno instaura una relazione ambigua con un serial killer, l'unico che sembra capirla. Da sottolineare la buona interpretazione di Holmes e - principalmente - di Galán, che offre il proprio volto e soprattutto un corpo che resta nella memoria. Ottima l'ambientazione. Un film horror che cuoce lento, ma che esplode in un finale (in cui tutti urlano come maiali al macello e non pare una scelta casuale) che nemmeno Leone.
Spagna: ragazza bullizzata per la sua obesità è testimone di avvenimenti che le cambieranno la vita. Thriller drammatico discretamente riuscito. Interessante per come si sviluppa la storia, con un finale che rasenta il cinismo. I ritmi potevano essere un po' più alti. Molto apprezzabile e convincente l'interpretazione di Carmen Machi. Regia efficace di Pereda.
Interessante evoluzione dell’omonimo cortometraggio in questa versione lunga che sviluppa ovviamente meglio il personaggio della cicciona bullizzata e soprattutto le dinamiche: sono infatti le pennellate descrittive sulle relazioni familiari e sociali della provincia la parte più gustosa, mentre nel complesso il film soffre di sbavature e banalità, approdando all’ultima parte horror decisamente mediocre e quasi timorosa di portare all’estremo certe intuizioni coraggiose. Meritano comunque il ritratto della protagonista e alcune ambientazioni.
Personaggi, atmosfere, ambienti sono ben caratterizzati per quanto a tratti un po' stereotipati sebbene verosimili. Tutto però sa di già visto e procede in maniera un po' troppo prevedibile, compresa la storia (che è molto semplice) e l'evoluzione della protagonista. Peccato però che nell'epilogo la sceneggiatura scelga una via troppo "comoda" e non abbia il coraggio di sporcarsi davvero le mani. Il movente del rapimento è molto fragile. La prova della protagonista è buona. Il risultato finale non è malvagio ma abbastanza dimenticabile.
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