Lenzi ha frequentato solo tangenzialmente il western; questo dei due è il migliore. Peter Lee Lawrence è un obiettore di coscienza (!), che però impugnerà le colt per vendicare i genitori. Lo aiuta un predicatore bellicoso (John Ireland), ma ci si potrà fidare? Film dall'andamento canonico, fino a una sequenza quasi horror (l'evasione di un gruppo di pazzi, capitanati da uno spiritato Fajardo, che mettono a ferro e fuoco il villaggio) che apre un profetico squarcio su certo cinema lenziano che verrà.
Gli intrighi e i doppi/tripli giochi tipici dei primi gialli lenziani trasferiti in un contesto western. Protagonista un pistolero testimone di Geova costretto suo malgrado ad impugnare la colt per vendicare i genitori uccisi da una banda di fuorilegge. Interessante la figura del predicatore, resa dall'austero John Ireland, che sembra anticipare il Kinski di 'Black Killer'. Toni horror-grotteschi nella scena in cui un gruppo di matti viene liberato dalla prigione seminando panico e vittime.
Non è stato un bel rapporto quello di Lenzi con lo spaghetti: due film soltanto, ed entrambi mediocri. Questo avrebbe l'idea originale del protagonista obiettore di coscienza (poiché Testimone di Geova), ma non ci vuol molto ad accorgersi che il baldo ragazzo non ha invero un bel nulla da obiettare quando si tratta di ammazzar nemici e pure a sangue freddo, se capita. Nulla di originale dunque, a dispetto delle premesse. Trahissimo Fajardo psicopatico che si diverte a fracassar cranii con una scure. Tutto il resto è anonimo mestiere.
Spaghetti western lenziano non eccelso; artigianale, non lirico ma non privo di dignità conquistata a colpi di intrigo, almeno una sequenza visionaria (i matti squinzagliati che seminano il terrore in paese) e personaggi con un loro perché di genere. Se non si fa caso ai difetti e alla poca originalità e si è nel giusto mood lo si segue volentieri e si apprezza la mano del Maestro nei segmenti più riusciti e in certe evocazioni di climi doppiogiochisti.
Lenzi, non troppo a suo agio nel girare uno spaghetti western, dà il meglio di sé proprio nelle scene che di western hanno poco o niente. Oltre a una certa eleganza scenica, tipica dei suoi film, tutto il resto appare mediocre, complici una storia vista e rivista e una prova abbastanza scialba da parte degli attori principali. Il meglio di Lenzi è sicuramente da cercare altrove.
Terribile incursione di Lenzi nel mondo western. Sceneggiatura (correità di Marco Leto) che è incerta sulla strada da prendere, finendo con l’essere un micidiale mix fra spaghetti tradizionale e spunti spesso deliranti (che il borgo sperduto ospitasse un manicomio è già folle: che muoiano solo gli infermieri e che i degenti siano messi in carcere va oltre il tollerabile). Ovviamente Lenzi ci mette i doppi giochi, ma non si stupisce nessuno (come non sorprende il pazzo che torna nel prefinale). Lawrence a disagio, Ireland non ci prova neppure. Anonimi gli altri, tranne Piero Lulli.
Dopo due anni di lavori forzati per aver rifiutato di combattere, un giovane testimone di Geova si trasforma in infallibile pistolero per vendicare la sua famiglia sterminata da un gruppo di banditi. Sul tema più che convenzionale della vendetta, Lenzi innesta elementi della sua futura produzione complottistica con i doppi e tripli giochi e azzarda un'incursione nel delirante con il gruppo di pazzi evasi e capitanati da Fajardo. Il risultato non è certo esaltante ma neppure spregevole, a patto di passare oltre sulle tante assurdità della sceneggiatura. Modesta la prova degli attori.
MEMORABILE: L'incendio provocato dai pazzi in fuga.
Umberto Lenzi decide di dedicarsi al western ma scrive una storia che forse sarebbe stata più adatta ai suoi thriller, perché si passa da un colpo di scena all'altro. Purtroppo il film rimane un po' irrisolto, soprattutto per la debolezza dell'interprete principale. Per fortuna i caratteristi hanno ruoli che rimangono impressi, in particolare Piero Lulli e Calisto Calisti, e la visione del film è comunque divertente.
Il tema portante è quello solito della vendetta, ma Lenzi (che il western lo frequentò solo marginalmente) insaporisce la pietanza con slanci visionari (la fuga dei pazzi dalla prigione) e una propensione per l'intrigo e il colpo di scena che sarà alla base di molto suo cinema successivo. Pur essendo un testimone di Geova, Lawrence non si fa troppi scrupoli ad ammazzare; meglio Ireland ambiguo predicatore e Lulli feroce capobanda. Entro i suoi limiti (perché i banditi non ammazzano il protagonista quando potrebbero?), un intrattenimento più che onesto. Buone le musiche di Lavagnino.
Curioso western italico che, in soli 80', lambisce varie sfumature di trama, invero in modo un po' frettoloso. Si parte con la classica vendetta solitaria, passando per la banda che mette a ferro e fuoco un paese, fino ad arrivare a un insolito schema di doppi giochi, in cui nessuno sa di chi fidarsi. Tutto è piuttosto semplicistico, quindi la trama, in apparenza più complicata della media, risulta comunque godibile. La parentesi coi matti spariglia le carte. Lawrence discreto ma un po' anonimo come protagonista, un insolito obiettore di coscienza, astemio per religione.
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