Il capolavoro di Pupi Avati extra-horror, una commedia amara che ha avuto non solo in merito di rilanciare Diego Abatantuono dopo il flop di ATTILA FLAGELLO DI DIO, ma anche quello di regalarci forse il più bel film sul poker mai girato. Di un'intensità incredibile, tiene sospesi sulle sorti della partita a ogni mano senza mai lasciarci prevedere il vincitore. Un cast in stato di grazia, con il già citato Abatantuono che ha modo di dimostrare tutto il suo talento (stupendo chi lo considerava un guitto di terz'ordine), con Gianni Cavina e Alessandro Haber al meglio delle loro possibilità, con un George...Leggi tutto Eastman recuperato da set di produzioni spesso di basso livello e diretto magnificamente ma soprattutto con un Carlo Delle Piane da applausi a scena aperta (giustamente premiato come miglior attore alla mostra di Venezia). E’ lui che, nel ruolo dell'esterno al gruppo di amici chiamato da uno di loro per essere spennato, sfoggia una performance incredibile senza mai salire sopra le righe, lavorando di fino sull'espressività del volto e sulle variazioni del tono di voce. Peccato che il sonoro penalizzi lui e Abatantuono, non riuscendo a cogliere le sfumature di una recitazione così sommessa rischiando a volte di rendere inintelligibili i dialoghi. C'è qualche divagazione comprensibile che allenta la tensione con flashback non sempre interessanti, ma è il prezzo da pagare per far emergere al meglio le personalità dei veri protagonisti (Eastman e Haber restano più sullo sfondo), rendendo la partita più reale e non esageratamente “professionale” (che significherebbe un poco auspicabile distacco dall'emozione vera). Il finale non sbaglia un colpo ma è il film nel suo complesso a strabiliare.
Grande cast e grande regia. Pupi Avati ci ha regalato un bellissimo esempio di cinema. Quattro amici si ritrovano la notte di Natale per spennare un ricco imprenditore al tavolo verde. Atmosfere cariche di tensione, attori bravissimi nelle loro interpretazioni, un Diego Abatantuono sopra le righe che dimostra la sua grande capacità interpretativa. Amaro e struggente sono due parole che descrivono bene la situazione. Le sequenze al tavolo sono state coordinate dal giocatore professionista Giovanni Bruzzi.
Pupi Avati ci regala un film amarissimo che, pur essendo di tutt'altro genere, ha una tensione emotiva degna dei migliori gialli. Il merito della riuscita dell'operazione è da ascrivere certamente al regista, ma anche al manipolo di attori scelti, che fanno a gara in bravura. Avati ha inoltre il grande merito di credere nelle capacità recitative di un Abatantuono ormai "bruciato" dal ruolo di "terruncello", ma che qui fa vedere tutte le sue qualità. Un film perfetto.
Capolavoro amaro di Pupi Avati. Film celebre e celebrato, che snocciola con maestria una serata indimenticabile per chi vi partecipa, assiso al tavolo verde. Note le grandi prestazioni di Delle Piane, Abatantuono, Cavina ed Haber, mentre Eastman/Montefiori, qui in secondo piano rispetto agli altri, fornirà una notevole prestazione nel successivo Rivincita.
Sopraffina e tesissima opera da tavolo verde per l'abile regista bolognese. Un manipolo di grandi caratteri: intrecci di vite sfumate, ferite, in alcuni casi umiliate. Un film che tiene col fiato sospeso nel suo crescere fumoso di trepidi sguardi. Senza regole, senza respiro, senza rivincita: davvero un bellissimo "Regalo di Natale"... Abatantuono nella sua opera di Rivalutazione internazionale. Sfrutta la coraggiosa opportunità datagli dal regista con sicurezza e mestiere ben difficili da prevedere, tenendo conto dei personaggi fin lì interpretati.
Commedia drammatica e cattiva, incentrata su amicizie tradite, invidie, donne infide, raggiri, famiglie sfasciate, ricordi di un tempo perduto. Avati inserisce un meccanismo thrilling di grande coinvolgimento, con tanto di colpo di scena finale e numerosi flashback. La regia è al solito magistrale, riuscendo a far emergere il meglio da un eterogeneo gruppo di protagonisti, tra i quali spiccano Delle Piane e Abatantuono. Ottimo.
Commedia senza sorrisi, il lavoro di Avati, salvo per battuta di Abatantuono a proposito della tempra dell'imprenditore interpretato da Delle Piane. Il quale piomba sul tavolo verde, annunciato da un tratteggio fine a sfiorar quasi la poesia; merito del personaggio, ma soprattutto dell'attore che offre una gran prova e, assieme ad Abatantuono - si scrive qui la sua rinascita - ruba la scena a tutti. Nondimeno gustoso l'avvicendamento tra flashback e occasionali incontri coevi alla vicenda narrata, incentrati sulla figura distante eppure centrale della Piaz.
MEMORABILE: Il gran finale e la condizione posta sul "regalo di Natale".
Quando Avati si sbriglia e si lascia andare, rivela il suo lato più cattivo e affascinante e gira dei grandi film. Questo gioiello di cinismo dall'impianto teatrale (in senso buono) e inesorabile come un congegno di orologeria è un saggio di bravura registica e recitativa, di costruzione drammatica, di tenuta della tensione. Una sorta di manifesto dell'anti-cinema italiano (coevo e successivo). Applausi tonanti.
La notte di Natale quattro vecchi amici si rivedono al tavolo verde per spennare un pollo. Durante la serata riemergeranno vecchi rancori, fino a quando uno di loro potrà ricevere un insperato ed inusuale “regalo di Natale”. Il film più amaro e cattivo di Avati e forse anche il più bello. Merito di una grande prova degli attori, Cavina e Delle Piane su tutti, ma anche Abatantuono che lanciò la sua immagine di attore serio e di una sceneggiatura che, sebbene non perfetta, è molto sobria ed efficace, oltre che impreziosita dal colpo di scena finale.
Uno dei capolavori massimi di Avati, un kammerspiel con echi di giallo. Tutto è perfetto in questo film, dalla preparazione della partita a poker alla partita stessa, in cui Avati si prodiga in un bel saggio di regia. Storia di un tradimento e di una redenzione che non ci sarà. Avati sempre più cinico e disincantato: c'è poco da stare allegri. Ottimo il cast coi cinque protagonisti, dai quali si elevano Delle Piane (anche premiato a Venezia) e la rivelazione Abatantuono (tuttavia appare straniante vederlo ancora con le fattezze fisiche da terrunciello).
Forse il miglior Avati con un film di grande intensità e sobrietà al tempo stesso. Difficile scegliere il migliore tra i protagonisti del tavolo di poker dove confluiscono ansie e frustrazioni di ognuno. Dire che Delle Piane è superbo è quasi fare un torto agli altri attori. Dialoghi curatissimi e un ritratto d'insieme malinconico ma sempre avvincente. Senza pause.
Uno dei miei film preferiti in assoluto. Non riesco a soffermarmi su un particolare piuttosto che su un altro: il film è stupendo sotto ogni punto di vista. Considerando il tipo di film, la recitazione degli attori era fondamentale, e Avati ha assemblato un cast spettacolare che sembra gareggiare in bravura (solo Eastman appare defilato), senza tuttavia andare sopra le righe. Da notare che il film funziona sia nei momenti più leggeri (la prima parte) sia nel tesissimo finale.
MEMORABILE: Gli scontri tra Abatantuono e Delle Piane sono forse i momenti migliori della pellicola.
A distanza di oltre venti anni dalla sua produzione, rimane un film giovane, intramontabile. È così per un motivo principalmente: la storia è incredibilmente semplice (quattro amici che si rivedono dopo anni, due dei quali da oltre dieci a causa di una donna, per giocare una partita di poker e spennare un ricco industriale), ma nella sua semplicità essa è sviluppata in maniera tale da renderla incredibilmente complessa ed affascinante. In poco più di novanta minuti Avati ci dà la sensazione di conoscere quel gruppo da sempre.
Davvero un film riuscito. Completamente incentrato sul poker, utilizza alcuni flashback per spezzare la tensione della partita, ma il ritmo del film rimane pressoché uniforme per tutti i 90'. Ovviamente è un film di attori, tutti molto bravi; si è sempre elogiato molto Abatantuono per la sua interpretazione misurata ed efficace, ma io ricorderei anche l'ottimo George Eastman.
Attraverso la metafora del poker si raccontano le storie di quattro vecchi amici, riuniti dietro a un tavolo da gioco la sera di Natale. Al tavolo verde anche un piccolo industriale col vizio del gioco e con la fama di perdente. Straordinaria pellicola di Avati che ci disegna, con la sua solita poesia, storie di inganni, bluff, tradimenti, umiliazioni che, attraverso una catarsi collettiva, sembrano sciogliersi proprio il giorno di Natale. Cast eccezionale, con Delle Piane forse all'apice, e Abatantuono "rivelazione" anche in un ruolo drammatico.
Avati dà il meglio di sé quando è più cattivo e lo dimostra anche in questa commedia che, senza toccare i vertici raggiunti nel campo dell'horror, fa comunque rimpiangere le occasioni perse fra gite scolastiche e feste di laurea. I bravi attori ci sono anche in Italia e tutti qui fanno bene il loro mestiere, facendo passare in secondo piano certe incongruenze nel disegno dei caratteri (in particolare, in quello interpretato dal pur bravissimo Delle Piane). Non un capolavoro, ma un film interessante che lascia un persistente retrogusto amaro.
Con gli attori (vabbè, attori... amici oltre che attori) Avati ci ha sempre saputo fare; inoltre all'epoca Abatantuono fu una rivelazione per chi lo ricordava come terrunciello noioso e ripetitivo. Chiuso in un ambiente (la vera casa di Montefiori), a parte i flashback, il film, amaro e sentito, ha come punto di forza la recitazione e gli attori, ai quali Avati porge con cura la sua cinepresa per interpretarne le emozioni nascoste (stiamo giocando a poker, in fondo...). Uno dei migliori film della sua non esaltante carriera.
Davvero brutta gente, quella radunata attorno al tavolo da poker nella notte di Natale raccontata dal film. Traditori di tutti, direbbe Scerbanenco, tra rancori, ripicche e rivalse per i fallimenti passati e le amicizie buttate via. Niente bonomia padana per Avati, qui le facce sono torve dietro i sorrisi di circostanza, le coscienze sporche e le mani rapaci. Grande prova d'attori per un cast composito ma affiatatissimo, con Cavina per me sopra tutti, untuoso televenditore fallito. Siamo in zona capolavoro.
Il miglior film italiano degli Anni Otanta è un'amarissima commedia sulla fragilità delle amicizie, anche quelle di lungo corso. Tutto funziona alla perfezione: regia dai tempi calibratissimi, sceneggiatura caratterizzata da dialoghi mai sopra le righe, interni splendidi (le scene girate in esterno sono pochissime) e fotografati coerentemente con lo sviluppo della vicenda. Due parole, se ancora ce ne fosse bisogno, sulla recitazione degli attori: intenso Abantantuono, di gran classe Delle Piane, tenero Haber, funzionali Cavina e Montefiori.
Credo lo si possa definire il capolavoro di Avati, credo lo si possa annoverare fra i migliori film italiani. È un'amara cinica perdita dell'innocenza, se tale si può considerare vista l'età dei protagonisti, è la fine dei legami giovanili ed è il più grande tradimento si possa concepire. Se ne La grande abbuffata di Ferreri si celebrava l'amicizia, qui la si uccide. È persino un delizioso e tristissimo affresco del vizio del gioco. Difficile trovarci punti deboli e nel cast eccezionale e nella splendida sceneggiatura. Imperdibile!
Bellissimo film che val la pena di vedere e rivedere, per la sua raffinatezza e la composta recitazione di un cast attoriale davvero al top. Abatantuono è bravo ma soverchiato dall'enigmatico Eastman e dall'eccentrico Haber (che non smette mai di stupire in quanto a bravura), nonchè pareggiato da un misterioso Delle Piane. Seguire il poker vuol dire seguire i passi della vita di ognuno di loro, in un mixtum compositum di ghigni, sorrisi e mementi davvero speciali. Il vero regalo di Natale Pupi lo ha fatto a noi!
Accidenti che film meraviglioso! Tutto (o quasi) sottovoce, girato in interni; le quattro mura della villa racchiudono infiniti mondi, tanti quanti sono gli ormai leggendari protagonisti di questa storica partita a poker con tutti i loro universi personali fatti di relazioni fallite, sogni infranti, tradimenti d'amore e d'amicizia, famiglie sfasciate, falsità. È un film molto virile, c'è un certo codice non scritto di comportamenti tipici maschili recitato alla perfezione. Eccellente.
MEMORABILE: Le patate bollite di Carlo Delle Piane; Haber che sbotta; le squallide televendite di Cavina.
Uno dei picchi creativi della narrativa avatiana: dopo aver conferito nuovi connotati al gotico moderno con Zeder e - soprattutto - con La casa dalle finestre che ridono, Pupi Avati raduna un cast superlativo intorno ad un tavolo da poker dove non solo si gioca pesante, ma si mettono in discussione numerosi aspetti della vita, vecchi rancori e storie da bar, il tutto immerso nell'inimitabile magia natalizia. La vita allontana, l'interesse riunisce: questa potrebbe essere la morale. Delle Piane oltre misura, Haber e Abatantuono pure. Da non perdere.
Forse non il capolavoro, ma sicuramente uno dei film più crudi e intensi di Pupi Avati. Non perde quasi mai colpi (tranne nei flashback, un po' pesanti e noiosi), anzi li acquista con lo scorrere del film. Gli attori sono tutti in forma, Carlo Delle Piane in primis, fatta forse "eccezzzione" per il tanto acclamato Diego Abtatantuono, che dà una prova di attore sì buona, ma forse troppo sottotono. Il finale è assolutamente spiazzante e dà al film quel tocco di cattiveria che ne fa una delle più belle commedie nere degli ultimi 30 anni.
Film incentrato su una partita di poker organizzata per spennare un ricco ed apparentemente ingenuo avvocato. I dialoghi magnifici e le ottime interpretazioni di Abatantuono e, soprattutto, di Delle Piane, aiutano a mantenere una tensione incredibile per tutto il film senza mai farci sospettare quale sarà il finale della partita. Amarissimo.
Partire dal poker per raccontare la vita dei protagonisti, con i loro successi e i loro fallimenti, il loro essere allo stesso tempo amici e nemici, veri e falsi. Grande metafora dell'esistenza che si compone mano dopo mano, con ritmo regolare, senza frenesia, con toni sempre pacati e con una suspence che cresce al crescere della posta in palio. Rilancio di un ottimo Abatantuono e prova memorabile di Delle Piane in uno dei migliori film sul poker mai girati.
Decisamente tra i film migliori di Pupi Avati, è anche quello dove emerge maggiormente l'amarezza, il cinismo e il disincanto del regista bolognese. La sua visione della vita (e anche di un certo perbenismo provinciale che traspare nel film) non concede molte speranze. Su un ottima sceneggiatura (con tanto di colpo di scena finale), il regista utilizza al meglio i suoi attori, scommettendo (con successo) sulla versatilità di Abatantuono qui al suo primo ruolo drammatico.
Un film che può essere paragonato a un ottimo quintetto di musica da camera. In effetti Avati, forse al suo film migliore, studia accuratamente ogni inquadratura e intervento verbale degli attori per dare ritmo e respiro ai personaggi. Il film è una testimonianza amara di come il tempo cambi ogni cosa, compresa l'amicizia, in un percorso che molto spesso prende direzioni diverse da quelle che ci si augura in età giovanile. Totalmente nella parte tutti gli attori, con un Delle piane perfetto anche nel non verbale.
MEMORABILE: Il primo incontro con le patate bollite al ristorante della stazione: "Sono venuto qui perché mi han detto che si mangia bene".
Su un tavolo verde si mescolano le vite di quattro amici e di una presunta vittima sacrificale. Avati immette nella narrazione la giusta dose di vero cinismo che ben si combina con i ricordi e le lamentose rivendicazioni del tempo che fu. Il risultato è valido ed interessante grazie anche al cast che vede Abatantuono alla sua prima parte drammatica e Delle Piane benevolmente luciferino.
Io non ho mai capito nulla di poker e non riesco ad appassionarmene; eppure questo film, che si sostanzia tutto nello scontro decisivo nella notte di natale, è riuscito a coinvolgermi e a tenermi sulle spine; il merito è di tutta la costruzione, molto sensibile nei confronti di ciò che avviene prima, durante e in un certo senso anche dopo. Le amicizie, gli amori, il vizio, la storia triste di quattro amici che si riuniscono dopo anni, con un fenomenale Abatantuono che esprime una grande umanità.
Un film nero, non amaro ma perfido. Tagliente. Una "non-storia" che ti inchioda e ti porta fino a una fine fredda e dura. Avati è un grandissimo regista che sa dare vita ai suoi personaggi i quali, spesso, sono "vivi" e non ombre; un artista che ha l'unica pecca di essere italiano (non siamo per niente bravi a celebrare i nostri grandi registi). Cast avvolgente. Grande film.
Quattro amici si ritrovano per una partita a poker: c’è un pollo da spennare e tutti, più o meno, hanno bisogno di soldi. Durante la partita riemergono rancori passati e storie di tradimenti. Alla fine rimarranno solo macerie. Viene sempre il momento in cui i sentimenti devono fare i conti con le miserie umane: per chi crede nell’amicizia la mazzata è devastante. La sceneggiatura ha qualche buco ma questo è solo un dettaglio. Amarissimo e imprescindibile.
A mio avviso un bel film ma ben lontano dall'essere un capolavoro, questo celebre film di Avati. Inutile ribadire le ottime interpretazioni del cast e come il regista abbia reso interessante (per chi non ci ha mai giocato) un film centrato quasi tutto su una partita a poker; i colpi di scena però sono intuibili e anche se l'atmosfera che viene a crearsi attira lo spettatore, mi aspettavo qualcosa di più
Cosa distingue un bel film, o un bel libro, dalla massa degli altri? Forse la capacità di suscitare emozioni anche a visioni, o riletture, successive. E Regalo di Natale lo si può rivedere più volte senza che il giudizio possa peggiorare, anzi. Un capolavoro sulla meschinità e doppiezza dell’animo umano, interpretato da attori che ostentano un raro amalgama. Avati cura anche i particolari minimi. Le interpretazioni di Delle Piane e di Abatantuono sono memorabili.
MEMORABILE: Vorrei delle patate lesse; Sono venuto in questo ristorante perché mi hanno detto che si mangia bene.
Tutta la genialità del regista bolognese si conferma con questa perfida, splendida commedia drammatica. Avati dirige un'opera dalla regia rarefatta e dal gusto teatrale lasciando tutto nelle mani di un quintetto di attori sublimi. La Santa Notte avatiana è spettrale, onirica, sospesa in un limbo senza fine, esattamente come i conti in sospeso dei protagonisti. Nerissimo apologo sulle amicizie tradite e i rimorsi di un passato immodificabile scandito da una partita a poker metafora e sublimazione dell'umana grettezza. Eccezionale.
MEMORABILE: Le patate dell'avvocato; I movimenti di macchina circolari intorno ai volti e al tavolo verde.
La sera di Natale, un’occasione per rincontrare vecchi amici tra disperazione (economica), dissidi, celati convenevoli; e al di sopra il Dio denaro a scrutare tutti. Amarissimo, dall’atmosfera thrilling e inquieta, un kammerspiel con punte di giallo e squarci vicino al gotico (i flashback), in cui Avati mette in scena il cinismo e l’invidia, l’opportunismo e l’impassibilità dell’Italia di provincia. Fine gioco al massacro di (false) alleanze e doppigiochi, dove la dignità (almeno per un personaggio) non è solo una fiche da gettare sul tavolo.
Magnifica opera di Pupi Avati, non propriamente drammatica ma dal finale incredibilmente triste e spietato, senza alcuna consolazione per lo spettatore. Bei dialoghi (come quasi sempre in Avati) e un cast davvero eccezionale, perfetto nella sua naturalezza e coralità (persino Eastman, più avvezzo a film di serie B se la cava molto bene). Imperdibile.
Pietra miliare della storia del cinema, Regalo di Natale è un viaggio introspettivo nel mondo degli affetti, della realtà e del cinismo contemporaneo. Interpreti da premio internazionale di qualsiasi specie si tratti, i monumentali Delle Piane e Abatantuono trovano eccellenti spalle in Cavina e Haber. Narrazione romantica, nostalgica, fotografia standard, regia in certi frangenti geniale come poche altre se ne sono viste negli ultimi decenni. Arte moderna.
Film nervoso che gioca con la tensione degli spettatori a ogni scena. Avati conosce e frequenta certe atmosfere da tempo e sfodera una delle sue migliori regie. Sarebbe stato interessante vedere Lino Banfi al posto di Abatantuono, come il regista desiderava, ma il comico pugliese rifiutò quella che sarebbe stata forse la sua grande occasione per girare Il commissario Lo Gatto. Peccato. Riz Ortolani accompagna con lo spirito giusto mentre Cavina e Delle Piane disegnano due personaggi ricchi di sfumature. Da evitare se non si conosce il poker.
Un buon soggetto che permette ad Avati di potersi distaccare dai suoi soliti canoni, diciamo così "provinciali", comunque presenti e riconoscibili fuori dal tavolo verde, nei rapporti con gli amici e nei flashback sovraesposti. Gli attori sono credibili, anche un Delle Piane finalmente in un ruolo che lo fa uscire dalle solite interpretazioni stranianti, seppur notevoli, cui Avati lo aveva abituato. Buono il finale, tenuto giustamente moderato ma proprio per questo più incisivo.
Una grande e intensa prova di attori alle prese con una partita di poker diretti sapientemente da Pupi Avati in uno dei suoi film migliori. Abatantuono e Delle Piane sono ai massimi livelli, ma anche il resto del cast è in forma. Vero è che, se non si conosce il poker, il film potrebbe annoiare.
Il capolavoro drammatico di Avati è un film in cui vecchi amici si ritrovano per una partita a carte la notte di Natale. La pellicola deve il suo successo a una sceneggiatura perfetta e ad attori in parte che non sbagliano un colpo: Abatantuono è al primo ruolo drammatico e ne esce ultrapromosso, Cavina è essenziale ma ottimo, Haber molto bravo. Il migliore è però Carlo Delle Piane, una new entry nel gruppo dei giocatori, invitato da Cavina. Un film da vedere e conservare.
Scritto benissimo - quanto a progressione drammaturgica - e anche meglio recitato - pregi che si esemplificano nel personaggio dell'avvocato Santelia, magistralmente interpretato da Carlo Delle Piane - soffre nondimeno dei soliti "vizi" del cinema avatiano: sguardo critico nei confronti dell'umanitá che si risolve in un paternalismo compassionevole e definizione maschilista dei caratteri che appiattisce le figure femminili sullo sfondo riducendole a meri stereotipi. Cose da uomini, insomma. Ovviando ai limiti, il gioco al massacro riserva scudisciate di sapita crudeltá.
Il poker è vissuto con uno spessore culturale certamente più ricco che da un americano e la regia di Pupi Avati, di grande sapienza, ne fa un gran film. C'è sempre la sua vena amara e angosciata, che in questa storia vede la donna come la grande tentatrice e la grande punitrice di chi crede in lei.
MEMORABILE: "Scusi, Lei è una prostituta?" "No, mi dispiace!" "Peccato, avremmo potuto passare una notte meravigliosa assieme" (ma non doveva andare a giocare?)
Un'opera davvero intensa, ben recitata, con un Abatantuono in gran spolvero e un Haber praticamente perfetto. Gianni Cavina impeccabile nel ruolo del viscido e anche Delle Piane se la cava egregiamente, sebbene aiutato dal suo personaggio che è indubbiamente il più carismatico della storia. Finale che definire amaro è perfino riduttivo, molto credibili i dialoghi, tensione crescente che tiene incollati allo schermo. Uno dei migliori film italiani degli ultimi 30 anni.
MEMORABILE: Non saprà mai con quale punto l'ho sfidata a giocarsi 250 milioni: è l'unica condizione che le ho posto, mi sembra un dettaglio trascurabile.
Una spietata partita a poker durante una notte di Natale è il mezzo (o se vogliamo l’escamotage) per raccontare delle storie di vita nella consueta intimistica recitazione richiesta da un Avati in gran spolvero e interpretate da uno straordinario cast. La qualità della narrazione, il ritmo della pellicola e l’allora exploit di Abatantuono come attore serio, oltre a essere valori aggiunti hanno reso di facile fruibilità l’opera anche ai non aficionados del regista bolognese (altrimenti condannato all'ennesimo fiasco al botteghino).
Il rischio di perdere tutto a poker insieme al tradimento amicale porta solo a sconfitte epocali. Avati esce dalle storie popolari e racconta una notte (di natalizio c'è solo l'albero) di bugìe e mani milionarie. La sceneggiatura al tavolo verde regge con pathos da film noir con eccellente interpretazione di Delle Piane e un credibile Abatantuono. I flashback appaiono datati e non girati con buona tecnica. Notevole il finale, che non prende una piega melodrammatica ma mesta.
Sicuramente uno dei migliori film degli anni '80. Genio assoluto Pupi Avati, che con una trama semplice sforna un capolavoro raffinato. È anche il primo ruolo importante per Diego Abatantuono, che in un certo senso anticipa i suoi nuovi personaggi diretti da Gabriele Salvatores. Avati aveva capito tutto e allontana, positivamente, Abatantuono dal solito ruolo del "terrunciello". Carlo Delle Piane assolutamente strepitoso nei suoi dialoghi, come anche Haber, Cavina e Eastman. Pochi attori, ma ottimi. Film straordinario.
MEMORABILE: Le patate bollite di Carlo Delle Piane; I flashback di Diego Abatantuono. Carlo Delle Piane: "Ero interessato a sapere se lei è una prostituta".
Pupi Avati è magistrale nel gestire un cast molto eterogeneo che proviene da mondi cinematografici lontanissimi dirigendo una sorta di kammerspiel di una crudeltà psicologica finissima, eretta sulla conoscenza e sulle debolezze dei giocatori. La regia si muove benissimo negli spazi e si concede flashback sontuosi che permettono di capire meglio la situazione pregressa e i motivi del conflitto fra Cavina e Abatantuono. Quest'ultimo, svestito dalla terribile maschera del terrunciello, si dimostra attore vero. Indimenticabili Haber e Delle Piane.
MEMORABILE: Le patate bollite; Abatantuono che monitora costantemente l'incasso del film che ha in cartellone; Il rilancio inaspettato di Delle Piane.
Un potentissimo dramma dalla struttura perfetta: rancori del passato, invidie del presente e torbidi campanilismi senza tempo si fondono in un velenoso intrigo psicologico che - con la scusa della trasfigurazione teatrale garantita dalla partita a poker - seziona con un bisturi infetto piccinerie e meschinità dell'essere umano. C'è chi fa finta di niente, chi affonda il coltello nella schiena altrui, chi gioca alle regole del mondo lavandosene le mani: sullo sfondo, le luci asettiche e distantissime di un immoto, gelido albero di Natale.
Ormai un classico del cinema italiano, capace di mantenere una certa freschezza anche dopo ripetute visioni. Avati, sfruttando solo un tavolo verde, riesce a costruire un'atmosfera densamente popolata di bassezze umane (maschili) regalandoci una cinquina di personaggi difficilmente dimenticabili. Buona parte del merito va ovviamente riconosciuta a tutti gli attori che, da Abatantuono in giù, paiono veramente in stato di grazia. I flashback esplicativi, mostrando con tanto di filtro ovattato quello che già si era intuito, risultano un po' pleonastici.
Il film più celebre di Avati e uno dei più riusciti. Lontano da certi compiacimenti patetici, è sì intriso di nostalgia ma soprattutto di amarezza e anche di una certa disperazione sui rapporti umani. Buoni dialoghi, bel ritmo e qualche colpo di scena (nei limiti di un kammerspiel), il film è una grande galleria di prove attoriali. Se Delle Piane ha vinto giustamente premi, non si deve dimenticare un Cavina straordinario con una faccia di tolla incredibile; bene anche Abatantuono nel suo primo riscatto dal suo solito personaggio.
MEMORABILE: La scena alla stazione con Delle Piane; Cavina con la famiglia e nello straordinario finale.
Cult di raro cinismo e amarezza; Avati fa sedere al tavolo verde diverse personalità accumunate dall'avarizia e l'egoismo, dissacrando la magia che dovrebbe pervadere la notte di Natale con il gioco d'azzardo, tra invidie e risentimenti. I flashback esplicativi del passato, necessari ma un po' tediosi, sono gli unici difetti riscontrati, per il resto la sceneggiatura non fa una piega. Tutto il cast è davvero in palla, ma Dalle Piane è formidabile, giustamente premiato.
MEMORABILE: Il ristorante dove si mangia bene; Franco a telefono con la moglie; L'albero di Natale; Il dettaglio trascurabile.
Film che rasenta la perfezione, sia per la sceneggiatura che per il cast. Su tutti un inaspettato (all'epoca del film) Abatantuono, che dimostra il suo talento in un ruolo drammatico. La tensione sale con il passare dei minuti e i colpi di scena si susseguono fino all'amaro finale. Da vedere e rivedere. Un eccellente esempio di ottimo cinema italiano.
MEMORABILE: "Ma l'immobile non è suo!" (l'avvocato che provoca Franco per spingerlo a giocarsi tutto).
Per sua stessa ammissione in questo film il regista azzecca la sceneggiatura perfetta, forse anche oltre le aspettative iniziali. Ed è proprio la scrittura, così dosata e sapiente a fare da padrona in un film intimista, sussurrato e a suo modo intimo. Oltre a ciò interpreti superlativi rendono credibile tutta la vicenda, sapendo virare dal divertito, al rabbioso, al sofferente. Una gioia per i sensi del cinefilo e dell'amante dei film "da camera".
Senza dubbio tra i film chiave di certa cinematografia italiana, ha innanzitutto il merito di far convivere un manipolo di attori tra i più memorabili della penisola, con un Abatantuono eccellente che da qui progressivamente abbandonerà il suo personaggio giovanile a favore di ruoli più impegnativi; ugualmente ottimi gli altri, con un inedito Montefiori. Non è esente da difetti; l'audio è spesso confuso, i flashback sono montati in modo grezzo e il film risulta oggi molto invecchiato, ma l'amarezza e la malinconia di molte scene permangono.
Avati conferma in questo splendido film la sua abilità nonché una lucida e disillusa visione dello spirito del suo tempo, segnato dal neoliberismo egocentrico più sfrenato. Alcuni personaggi, come quello di Abatantuono (sorprendentemente azzeccatissimo in un ruolo drammatico) e del fido Cavina sono gli esempi di "self made man" solo in apparenza inscalfibili. Menzione di merito anche per Haber e Delle Piane, mentre Eastman arranca. Peccato solo per alcune prolessi e divagazioni macchinose.
Uno dei film più noti e riusciti di Pupi Avati. La partita a poker la notte di Natale è densa di tensione, di significati, di rancori, di rivelazioni sui trascorsi dei giocatori. Ottima la prova dell'affiatato gruppo di attori italiani, tra cui il mattatore Delle Piane ma anche un Abatantuono che per la prima volta si fa apprezzare in un ruolo drammatico.
Pur con almeno un personaggio memorabile (l'avvocato) e un impeccabile gruppo di attori, il film resta lontano dal capolavoro: spento, grigio, triste, gratuito nella sua amarezza. Efficace dal punto di vista della progressione drammatica, ma i numerosi flashback non riescono a gettare veramente luce sulle motivazioni alla base del tutto, finendo per far assumere al film l'aspetto di una carognata fine a se stessa, certamente piena di finezze, ma che fine a se stessa rimane e neppure particolarmente imprevedibile. Datatissimi i sax di Ortolani.
Un autentico gioiello nella ricca filmografia avatiana, fra le cose migliori dopo La casa dalle finestre che ridono, dimostra come il regista bolognese sia maestro nel trarre molto da poco. La vita vista attraverso una partita di poker, con i vizi, le debolezze umane, gli errori, i tradimenti, di quattro amici un tempo inseparabili. Delle Piane (Coppa Volpi) che legge Pascoli, poeta prediletto da Avati, è il quinto incomodo e anche il più bravo, beffardo, a tratti quasi luciferino.
MEMORABILE: Delle Piane e il cameriere: "Desidera mangiare?" "Perché? C'è qualcuno che viene qui per altri motivi?".
Una perla che porta il cinema italiano degli anni '80, ormai in crisi profonda fra comici televisivi e un genere autoriale ormai autoinvolutosi, ai più alti livelli internazionali. Un capolavoro di recitazione, atmosfera, suspense e colonna sonora. Uno dei film italiani più riusciti dell'ultimo trentennio. Cast in stato di grazia e stupendamente assortito, con un Delle Piane ai massimi livelli artistici e un Cavina sublime. Una perla di umanità, arte e dramma che tiene con il fiato sospeso fino all'ultimo e un Abatantuono rinato. Bravo anche Haber. Capolavoro senza tempo.
MEMORABILE: Il finale; I flashback; Il personaggio di Cavina; L'immenso Delle Piane; Le crisi durante la partita; L' "apertura" fatale di Abatantuono.
Il poker-noir italiano per autonomasia. Punto di svolta per Diego Abatantuono che scoprirà il talento drammatico che in seguito Salvatores sfrutterà all'inizio degli anni 90. Le mani della partita sono incredibilmente realistiche, curate da esperti ingaggiati dallo stesso Avati. La partita stessa, poi, rappresenta metaforicamente l'epilogo della vita passata degli stessi protagonisti. Romanticismo, ipocrisia, eleganza e cinismo alternati in una confezione di gran classe, il cui plot di fondo è l'assoluta inesistenza di quella strana cosa chiamata "amicizia".
MEMORABILE: La litigata-bluff di Lele (Haber) che invece di elargire l'effetto sperato finirà solo per allontanarlo dal tavolo.
Avati dirige un buon film che ha il pregio di restare in bilico fino alla fine, coinvolgendo e trascinando lo spettatore all'interno della partita. Alcune situazioni, come i flashback, appaiono ripetitive e leggermente didascaliche, andando a depotenziare una sceneggiatura che trova la sua forza proprio nella sottrazione. Regia di gran livello, così come la prova di tutti gli attori. Peccato per il sonoro, decisamente non all'altezza.
Notevole kammerspiel avatiano che sprigiona la cattiveria di una black comedy, la suspense di un thriller psicologico e il travolgente pessimismo di un dramma. L'autore, ancor più che ineccepibile conduttore della macchina da presa, si dimostra superbo direttore del cast, dalla sorpresa di un Abatantuono che con questo ruolo si emanciperà dal macchiettismo fino all'indimenticabile prova di Delle Piane, posatissimo, enigmatico e intenso. Ottimi dialoghi, purtroppo inficiati da un audio in presa diretta sovente confuso, grande crescendo tensivo e pregevole colonna sonora di Ortolani.
MEMORABILE: Lo sfogo di Haber all'ennesima vittoria di Abatantuono; Delle Piane si sente male; Il "regalo di Natale"; Il triste finale nel corridoio dell'albergo.
Commedia amarissima come solo Pupi Avati sa fare, quantomeno in Italia. Un grande cast al servizio di un film crudele e che non dà alcuna possibilità di consolazione finale, sia nella trama principale che nella sottotrama fitta di flashback e girata in maniera perfetta, come il resto del film. Personaggi caratterizzati benissimo nei loro drammi privati e comuni, e la bravura degli attori fa il resto. Film intriso di amarezza e malinconia in cui Avati sguazza inserendo tanto del suo cinema e finalmente ambientando la storia ai giorni nostri, aspetto che ce la rende più vicina.
Film che parte in sordina per poi subire un crescendo continuo quando i cinque protagonisti si siedono sul tavolo verde. Ottimo film sul poker (le scene di gioco sono molto credibili e ben realizzate); non solo un gioco di carte ma una metafora della vita. Uno dei punti di forza è senza dubbio l'interpretazione degli attori, tra cui spicca uno strepitoso Delle Piane. Insomma, un grande lavoro di un ispirato Pupi Avati.
C'è un pollo da spennare al tavolo da gioco e Franco è la persona adatta. Per questo è convocato dagli amici la notte di Natale. Uno dei due capolavori di Pupi Avati e forse il più bel film sul poker. È un'elegia funebre su una brutta umanità, ormai incapace di provare buoni sentimenti e anche commedia della miglior qualità. A suggello finale del senso del film c'è la trovata, allegoricamente geniale per antifrasi, dell'annuncio del punto della vittoria. Ottima regia e quintetto di attori in gran forma. Delle Piane premiato come miglior attore protagonista al Festival di Venezia.
MEMORABILE: Le foto in bianco e nero e la voce extradiegetica sui titoli di testa; "Anch'io ricordo ma passò stagione"; "Poker di donne...".
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DiscussioneZender • 6/09/19 16:41 Capo scrivano - 48841 interventi
Non so di che link parli, Striscia. Io da qui accedo senza problemi.
Il film, che resta splendido anche all'ennesima visione, presenta sempre un particolare, un dettaglio che magari le volte precedenti era sfuggito. Ad esempio (meglio metterlo sotto spoiler)
SPOILER Ho notato per la prima volta il fatto che Delle Piane alza leggermente le carte, scoprendole di quel tanto che basta per farle vedere, probabilmente, al suo compare Cavina FINE SPOILER
A parte questo, non mancano alcune imperfezioni, sbavature che comunque nulla tolgono alla tensione e alla bellezza del racconto. Verso l'inizio, quando Abatantuono è a letto con la moglie, e parlano del film che non sta ingranando molto nella sala gestita da Abatantuono stesso, lei cerca di rincuorarlo dicendo qualcosa come 'Oggi è la vigilia di Natale, con tutti i negozi aperti chi vuoi che vada al cinema? Vedrai, stasera andrà meglio' ipotesi alquanto forzata, perché se, ed è vero, difficilmente qualcuno va al cinema il pomeriggio del 24 dicembre (ammesso che siano aperte le sale), è praticamente impossibile che qualcuno ci vada la sera, cioè la notte di Natale :)
Tarabas ebbe a dire: A me pare pacifico che fosse una sceneggiata.
SPOILER
Concordo. Il vomito è una sceneggiata: la porta avanti anche se lì c'è solo Cavina affinché l'eventuale arrivo di uno degli altri non pregiudichi nulla.
Vero, una strategia che può aver concepito la mente diabolica del personaggio.
CuriositàApoffaldin • 22/11/24 10:08 Pulizia ai piani - 262 interventi
GEORGE EASTMAN: UN SOSTITUTO CHE INCIDE
In un'intervista concessa a Venezia il 30 agosto 1986 Pupi Avati dichiarò tra l'altro che per il ruolo che poi fu assegnato a George Eastman (pseudonimo di Luigi Montefiori) era stato scelto inizialmente Jean-Pierre Léaud.
"Eravamo già d'accordo su tutto" poi "mi ha fatto sapere che avrebbe dovuto spostare di un mese l'inizio delle riprese perché erano slittati i tempi di lavorazione del film di Godard. (...) Purtroppo il set era già pronto e non potevamo attendere".
La sostituzione con il massiccio Eastman aveva comportato anche un cambio nella sceneggiatura.
"Ho dovuto modificare il personaggio trasformandolo da proprietario di boutique in proprietario di palestra".
FONTE: G. Ma., Avati: "Il mio campionario dell'Italiache non amo", in Corriere della Sera, 31 agosto 1986, pag.14.
Ho rivisto il film di recente e mi è sorto un dubbio: ma Lele, il personaggio di Haber, può essere d'accordo con Ugo oppure con Ugo e l'avvocato? Quando Lele dice a Franco di venire via per non giocarsi tutto è sincero? Il dubbio viene dal fatto che subito dopo esce sotto il portico e si placa immediatamente, come se avesse recitato come in precedenza, quando getta via le carte e "rallenta il gioco" su richiesta dello stesso Franco.
Ho rivisto il film di recente e mi è sorto un dubbio: ma Lele, il personaggio di Haber, può essere d'accordo con Ugo oppure con Ugo e l'avvocato? Quando Lele dice a Franco di venire via per non giocarsi tutto è sincero? Il dubbio viene dal fatto che subito dopo esce sotto il portico e si placa immediatamente, come se avesse recitato come in precedenza, quando getta via le carte e "rallenta il gioco" su richiesta dello stesso Franco.
Non credo. Anche perché, in caso contrario, questa sottotrama (del tutto ipotetica) sarebbe già stata "confessata" da qualcuno.
@Markus: ti eri dimenticato di questo “angolo del profumiere” in un film cult , dove il buon Delle Piane entra in due distinti bagni della villa dove stanno giocando per darsi una rinfrescata si notano alcuni profumi immagino tutti 80s Completa con i nomi dei profumi che si vedono con tua solita passione profumiera ;)
Infatti, è pure citato negli approfondimenti del film.
Diamine non me ne ero accorto ! Ha ragione Markus! Che svista che ho preso io;) infatti mi pareva strano non lo avessi visto . Ho letto ora i profumi very 80s veramente degni di nota.