Il film parte bene e sembra promettere, ma dopo la scena dello stupro iniziale la trama si inceppa. Capuano stenta a delineare l'evoluzione introspettiva dei due protagonisti, che recitano senza quella carica emozionale capace di rappresentare appieno il loro stato d'animo e le turbolenze interiori per lo stupro eseguito e subìto. Anche i tentativi di contatto epistolare e l'evoluzione delle modalità di approccio appaiono troppo semplificati. In questo contesto perfino la Golino sembra incerta e poco convinta.
Storia di un amore all'apparenza impossibile tra vittima e carnefice, legati da un qualcosa di indicibile e indecifrabile. Vicenda interessante ma sfruttata male e vittima dei soliti problemi del cinema italiano contemporaneo: superficialità, provincialismo, brutte pecche nella confezione. L'incipit moderno e vidoclippoide è maldestro, la recitazione è nulla, lo sviluppo psicologico dei personaggi molto banale. Purtroppo siamo davanti all'ennesimo filmetto all'italiana che anche se tenta di sganciarsi dal becero si impantana nella mediocrità.
Se da un punto di vista tecnico il film è molto riuscito, con un carcere che non solo è mura e sbarre ma anche carcere "d'ambiente" che isola due mondi attratti da una forza misteriosa ma troppo debole per scavalcare quelle mura, dal punto di vista del racconto il film è piuttosto debole. In fondo Capuano cosa racconta? Una storia abbastanza "azzardata", che poi non è storia, perché il film ferma la narrazione al momento del carcere.
È interessante il tentativo di scandagliare l’animo intricato e macerato di un detenuto del carcere minorile attraverso il dialogo a distanza con la sua vittima (di stupro), anch’essa oppressa da un disagio che va ben al di là della violenza e riguarda lo stesso male di vivere di una generazione in bilico. Ma poi, un andamento stiracchiato e soprattutto cadute retoriche o forzature (l’improvvisa trasformazione del ragazzo in cantante rap!) allontanano il film dall’adesione alla verità che vorrebbe avere e dall’efficacia.
Le pene dello stupratore nel carcere minorile e quelle della sua vittima traumatizzata si alternano in successione binaria, scoprendo fugacemente piaghe contemporanee come la solitudine, l’incomunicabilità, il disagio giovanile. Rispetto a tante pellicole contemporanee, questa si avvantaggia di un realismo pasoliniano con l’intensa naturalezza dei non attori, la serietà dei professionisti (su tutti Gifuni, dolce surrogato paterno) e il ricorso ad un napoletano piuttosto stretto. La metropoli del Sud è sfondo attivo con le sue coste meravigliose e gli antichi quartieri.
MEMORABILE: Irene ricompone le lettere di Ciro, che di primo impulso aveva strappato; la visita alla coppia di colore.
Il film prende vita da una costola de La guerra di Mario, sostituendo i reiteratamente frustati tentativi di interazione tra l’aspirante mamma Golino e l’irrequieto figlio dei “bassi”, coi paralleli sforzi di uscir dai rispettivi “carceri” (proletario e borghese) dello stupratore Ciro e della vittima Irene. A restar delusi siam però anche noi affezionati estimatori di Capuano, smarriti di fronte a una “svolta” che surroga al vitale pessimismo del suo stile un indolente irresolutezza da micro cinema italiano finora da lui ferocemente evitato. Dai Antò!
MEMORABILE: In negativo: l’insopportabile incontro/convegno nell’aula magna del carcere minorile, documentariamente affettata e fasulla.
La fiction mediasettara e raidiologica, con tutte le sue sferzate di stomachevole retorica buonista e di lugubre cedimento al sociale per il sociale, ha finito col colonizzare i set cinematografici e di lastricare di sciroppo le migliori intenzioni registiche, facendo i danni che troviamo bene esemplificati in questo posto al sole a scacchi con autorialismo di riporto, manco ci trovassimo davanti all’epigone dell’epigone dell’epigone di Risi. La supremazia del più torvo sociologismo spicciolo è troppo castrante, gli attori bucano lo schermo poco e niente, la renitenza narrativa fa flic floc con un impaccio registico che intonaca ogni frame.
Antonio Capuano HA DIRETTO ANCHE...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Zender ebbe a dire: Sì, questo a quanto pare l'avete visto in molto pochi. Forse titolo e locandina non attiravano abbastanza... eppure e' un ottimo prodotto,forse poca distribuzione??
DiscussioneZender • 18/11/10 16:34 Capo scrivano - 48841 interventi
Ehm, no, io dicevo qui sul Davinotti. Non ho idea se abbia avuto successo o meno :)
Struggente e bellissima la canzone che accompagna il finale del film, Unreachable eyes (musica e testi di Pasquale Catalano, interpretata da Toto Toralbo) e, ahimè, mai uscita in commercio...