Ultimatum alla vita - Film (1962)

Scritta a sei mani, la sceneggiatura sembrerebbe impegnarsi in un progetto ambizioso, includendovi un promettente inizio da wip, numerosi dialoghi in tedesco e una lunga sparatoria finale; ma per la maggior parte del tempo il film si blocca, girando a vuoto sulla banalità del tema la scelleratezza della guerra e l'amour fou tra la figlia di un partigiano e il figlio di un capitano nazista e macinandosi nella sconfortante povertà delle scenografie campagnole di Fidani. Ci si consola con l'illustre cast, che schiera in prima linea il quartetto femminile Bettoia-Gloriani-Gajoni-Perego.

Perfino nei film di guerra Renato conferma la sua unicità: storicamente non c'è nulla di nuovo; per un lungo periodo nessuno dei personaggi emerge sugli altri come caratura, siano essi tedeschi, prigioniere o partigiani (a parte la Gaioni con le sue comprensibili manie sui bigodini). A quel punto si avverte l'impatto del regista e in ben quattro circostanze lo spettatore, pur trovandosi all'esterno degli eventi, si sente come svuotato da quanto il suo animo se ne va a nuotare fra le vene e le viscere dei personaggi, fino a venirne risucchiato del tutto.