Una donna si risveglia su un pianeta ignoto, il suo equipaggio è stato ucciso e non si ricorda cosa è successo... Inizia come un mystery sci-fi per poi diventare un fantahorror tout-court nella parte finale, altamente debitrice di Carpenter, anche nel look del mostro mutante. Ci vuole un po' troppo però per arrivarci, alcune trovate metafisiche lasciano il tempo che trovano e l'ampio uso della tecnologia negli SPFX da un lato crea scenari spaziali suggestivi, ma dall'altro restituisce un senso di artefatto. Interessante comunque l'uso delle luci; un po' meno il film, nel complesso.
Fantastoria che parte con un mistero su un pianeta mutevole e instabile. La protagonista è senza infamia e senza lode; e il tutto inizia già a scricchiolare quando, causa amnesia, partono i flash. Troppo tirato, nonostante il minutaggio vada poco al di là dei novanta minuti. E se già questo non è un buon segno, la soluzione dell'enigma è a dir poco ridicola e irrispettosa nei confronti di pellicole di ben altro livello (Carpenter non guardare). Si salva solo l'attrezzatura robotico-computerizzata per esami e interventi giapponese (assurdamente simpatica nell'audio-video).
MEMORABILE: Il video che segnala il trauma cranico con vocina che spiega; Intervento invasivo al cervello con estrazione senza il minimo danno... mah.
Antropocentrico e psichedelico thriller fantascientico col solito equipaggio (ogni membro rappresenta un continente) in missione sul pianeta sperduto da colonizzare. La più bella si risveglia e scopre che gli altri sono morti. Chi e perché li ha accoppati? Tra continui flashback, luci impazzite, apparizioni e ricordi intermittenti, si arriva allo scontro di civiltà: la nostra bella, ipertecnologica, eroica e l'altra tentacolare, raccapricciante e parassitaria. Il Loto fa voli pindarici. Cast sprecato con Iko Uwais che marzialeggia con doppio passo e protagonista acida e algida.
MEMORABILE: In negativo: Il sasso infantilmente gettato nel reattore per calcolarne la profondità; Chirurgia invasiva senza anestesia.
Sci-fizz come la concepirebbe Konstanski sottovuoto o Cosmatos in threesome con Noè e Stanley. Lontano galassie (ih!) dall‘esordico delirio a squacquera ma anche dalla paccottiglia anodina, Lotus ripalesa insofferenza per la narrazione che slitta lineare da A a Z, la vanifica a tutto sabotaggio rappresentativo, fa del set un terremotato mattatoio lovecraftiano e torna a pasticciare scalmanato col puro genere candeggiandolo tra sangue e viscere anziché rimasticar ciance distopiche. Non ci si strappa le carni in preda a raptus estatici ma neanche ci si sloga le mandibole in sacramenti.
Una donna si sveglia in un pianeta lontano e scopre che il suo equipaggio è stato massacrato: le tocca scoprire chi è stato. La fotografia scadente è il problema più evidente, se si considera che la maggior parte delle sequenze si svolgono a luci basse (e colorate, quindi anche abbastanza fastidiose): in effetti nemmeno la trama offre novità interessanti, ma bisogna ammettere che l'atmosfera carica di tensione si percepisce in più occasioni e la protagonista riesce bene a trasmettere la paura di chi è costretto a stare perennemente sul chi va là. Vedibile.
MEMORABILE: Il mostro coi tentacoli al posto della testa in stile "Half-Life" videogame.
Donna si risveglia priva di memoria: è su una astronave atterrata su un pianeta inospitale e tutti i suoi compagni sono morti, a parte uno che si trovava in orbita. Cosa è successo? La curiosità di scoprirlo dura poco, giusto il tempo di rendersi conto della mediocrità di una sceneggiatura che scopiazza malamente capolavori del genere fantahorror come Alien o La cosa, aggravata da una regia confusa e da una messa in scena approssimativa. Quando al cast, spiace veder coinvolto in questo pasticcio Aaron Paul, i cui fasti in Breaking bad appaiono ormai molto lontani.
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